AIB Notizie 08/2004
Information literacy al salone di Torino
Pierfranco Minsenti
Nell’ambito delle iniziative organizzate annualmente dalla Sezione Piemonte dell’AIB alla Fiera del libro di Torino, quest’anno l’intera giornata del 10 maggio è stata dedicata all’information literacy, un tema legato ai nodi critici della cosiddetta società dell’informazione e tale da suscitare l’interesse di un pubblico composito.
L’information literacy, su cui esiste già un ampio dibattito all’estero, ha costituito anche il tema centrale della conferenza IFLA di Buenos Aires dal titolo indicativo di Libraries: tools for education and development (agosto 2004). Negli Stati Uniti il ruolo formativo delle biblioteche è stato definito da tempo, sia per quanto riguarda le biblioteche scolastiche e universitarie (per queste ultime si veda lo standard ACRL tradotto anche in italiano), sia per quanto riguarda quelle pubbliche, ed è stata messa a punto una politica nazionale in questo settore sancita dalla nascita del National Forum on Information Literacy (1990). In Italia sono nate negli ultimissimi anni alcune iniziative significative in questo campo, prevalentemente in area universitaria, e la giornata torinese ha offerto un’occasione per confrontarle, mettendone in luce gli elementi comuni e gli aspetti più originali, riprendendo il filo del discorso iniziato con un Seminario organizzato nell’ambito di Bibliocom 2002.
La prima parte della giornata, organizzata con la collaborazione della Commissione nazionale Università ricerca dell’AIB, è stata dedicata alle biblioteche universitarie. Hanno partecipato all’iniziativa Valentina Comba (Università di Bologna), Fiammetta Mamoli (Università di Parma) e Laura Ballestra (Libera Università Carlo Cattaneo di Castellanza). Rossana Morriello, coordinatrice CNUR-AIB, ha coordinato gli interventi e introdotto la discussione partendo da alcune considerazioni generali: l’avvento delle risorse digitali ha provocato la disintermediazione dell’utente, ma secondo le statistiche diffuse dal CENSIS solo il 16% dei cittadini italiani è capace di padroneggiare le risorse digitali. Nonostante questo, tra le biblioteche universitarie italiane non sembra essersi ancora diffusa una sufficiente consapevolezza del problema, come dimostrano i risultati del questionario GIM diffuso tra le biblioteche universitarie nel 2003: solo il 15% delle biblioteche universitarie organizza corsi all’utenza in maniera sistematica. In questo scenario le iniziative promosse dalle Università di Bologna, Parma e Castellanza appaiono quindi particolarmente significative, presentandosi come esperienze pilota da cui è possibile trarre ispirazione anche per la varietà di modalità organizzative e di risultati conseguiti che le caratterizza, al di là dei comuni obiettivi generali.
Tre sono gli elementi principali che ricorrono in queste esperienze: innanzitutto lo stretto legame tra la diffusione delle risorse digitali, la conseguente disintermediazione dell’utente e la necessità che le biblioteche assumano un ruolo formativo rispetto all’uso degli strumenti informativi online, senza comunque trascurare quelli cartacei. In secondo luogo emerge soprattutto la necessità di ripensare i tradizionali corsi all’utenza: l’information literacy non intende più limitarsi a insegnare a usare la biblioteca e le tecniche per la ricerca bibliografica. Nell’era digitale è necessario prendere atto che le risorse informative sono anche, e a volte soprattutto, fuori dai confini della biblioteca. Perciò l’obiettivo più ambizioso dei corsi di information literacy è quello di andare oltre il livello delle risorse presenti in una determinata biblioteca e la localizzazione dei documenti per rispondere ai bisogni informativi fornendo gli strumenti metodologici generali utili alla ricerca e all’uso dell’informazione. Infine, l’information literacy è un’occasione per ripensare il ruolo professionale del bibliotecario e l’organizzazione del lavoro in biblioteca. Essere consapevoli del ruolo e dell’importanza dell’information literacy significa innanzitutto che l’«alfabetizzazione informativa» non può essere considerata come uno tra i vari servizi offerti dalla biblioteca, bensì come un’attività pervasiva che giustifica l’esistenza e la specificità del servizio informativo che può offrire la biblioteca a paragone dei servizi informativi online a pagamento e di quelli gratuiti, ma non strutturati, offerti da quella sorta di grande biblioteca ad accesso pubblico che è Internet e da quello che è considerato dai più come il suo catalogo: Google.
Ultima considerazione generale riguarda i costi: la fase iniziale di progettazione dei corsi di information literacy e formazione dei formatori, inclusa la creazione dei tutorial, è onerosa e impone il ricorso a finanziamenti straordinari: nel caso dell’Università di Bologna i fondi sono stati reperiti all’interno del budget del progetto di Biblioteca digitale; nel caso di Castellanza l’iniziativa ha usufruito dei fondi di un più ampio progetto quadro per l’e-learning finanziato dal Fondo sociale europeo.
All’Università di Bologna, la cui esperienza è stata raccontata da Valentina Comba, il primo passo è stato l’organizzazione di un corso di formazione per formatori di 40 ore tenuto da una psicologa e dedicato alle tecniche di comunicazione e di ascolto e alla metodologia per la progettazione dei corsi. La seconda iniziativa è consistita nella realizzazione di un tutorial Web, da utilizzare come supporto in aula e per i corsi di autoapprendimento.
Gli obiettivi generali del progetto consistevano nel coordinare le attività formative delle biblioteche, dare loro maggiore visibilità e istituzionalizzarle anche mediante l’accreditamento di CFU, obiettivo quest’ultimo non ancora del tutto realizzato. Dall’attività progettuale sono scaturiti una serie di corsi distinti per aree disciplinari per soddisfare le esigenze specifiche degli utenti. L’esperienza ha già prodotto risultati positivi: gli studenti hanno dimostrato di gradire i corsi anche se non danno adito a crediti formativi. Per i bibliotecari questa attività costituisce un’occasione per acquisire un nuovo ruolo e svincolare la propria professionalità dalla gestione di una singola biblioteca qualificandosi come professionisti in grado di padroneggiare l’universo virtualmente illimitato delle risorse informative legate a uno specifico settore disciplinare. Tra le sfide da vincere ci sono una collaborazione più stretta con l’attività didattica dell’Ateneo e il riconoscimento istituzionale del ruolo formativo del bibliotecario.
Questo risultato è stato già raggiunto con successo dal Sistema bibliotecario dell’Università di Parma, di cui è coordinatrice Fiammetta Mamoli. Anche nel suo intervento emerge la consapevolezza che i corsi di information literacy rappresentano uno strumento indispensabile per promuovere il passaggio dalla biblioteca tradizionale a quella digitale, caratterizzata da una nuova organizzazione del lavoro. Interessante e significativa la genesi del seminario “Dalla biblioteca alla Rete”, offerto stabilmente dalle biblioteche dell’Università di Parma presso varie facoltà, e nato tre anni fa da un laboratorio di formazione permanente per bibliotecari. Attualmente in alcuni corsi di laurea il seminario comporta l’acquisizione di 2 CFU. Il riconoscimento del valore didattico del corso è stato reso possibile sulla base della riforma dei cicli didattici, che tra le attività formative include anche attività educative finalizzate all’autoapprendimento e alla formazione permanente, e ad acquisire abilità informatiche e telematiche (D.M. 509/99). Da questo punto di vista il Sistema bibliotecario dell’Università di Parma costituisce un esempio unico tra gli atenei italiani di piena integrazione tra l’attività formativa delle biblioteche e la didattica istituzionale. Di fronte ai pochi aspetti critici rilevati (scarsa spendibilità di 2 CFU e insufficiente promozione dell’iniziativa in alcuni corsi), emergono comunque i risultati positivi dell’iniziativa, che comporta effetti benefici non solo per gli utenti, in termini di maggiore conoscenza dei servizi delle biblioteche e delle competenze indispensabili per un utilizzo consapevole e critico delle risorse informative, ma anche per le biblioteche, in termini di maggiore visibilità dei servizi, e infine per i bibliotecari per quanto concerne la conquista di una maggiore consapevolezza del proprio ruolo, il miglioramento della comunicazione e dell’interazione con l’utenza e lo stimolo all’autoformazione.
Il ruolo guida che può avere l’information literacy nell’innescare processi di innovazione in biblioteca ritorna espresso in maniera netta e coerente nell’intervento di Laura Ballestra dedicato a un’esperienza ormai consolidata svolta da tre anni dalla Biblioteca Rostoni della LIUC di Castellanza. Per Ballestra è l’intera biblioteca che deve diventare ambiente di apprendimento, learning library, capace cioè di offrire occasioni molteplici di apprendimento, formali e informali e a vari livelli, sia attraverso forme di insegnamento implicite (l’uso della scaffalatura aperta, la dislocazione degli spazi, la segnaletica, l’offerta e l’organizzazione dei servizi, l’uso di un linguaggio chiaro depurato da tecnicismi, il sito Web della biblioteca), sia attraverso forme esplicite in cui rientrano non solo i corsi strutturati ma anche il servizio di reference e i colloqui di consulenza individuali. La complessità dell’ambiente informativo digitale richiede soluzioni non banali e un approccio basato su strategie di interazione, mediazione e contaminazione delle tecnologie e delle forme di comunicazione. La risposta della Biblioteca Rostoni per i corsi di information literacy è il blended learning, formula mista basata sull’uso di strumenti di e-learning creati dai bibliotecari e utilizzati innanzitutto come supporto durante le lezioni frontali dei tutor. Questi strumenti sono basati su un approccio di tipo problem solving e presentano una serie di case studies come tipi esemplificativi di ricerca. Per rivestire un ruolo di formatore autorevole è necessario che il bibliotecario/professionista dell’informazione acquisisca competenze specialistiche, perché le conoscenze generiche sono incompatibili con la capacità di saper padroneggiare i contenuti informativi utili ai suoi utenti.
La seconda parte della giornata è stata dedicata alle biblioteche pubbliche. Hanno partecipato Franco Perini (Biblioteca di Cologno Monzese), Angelo Marchesi (Biblioteca di Vimercate), Paolo Messina (Biblioteche civiche torinesi), coordinati da Sergio Trevisan, coordinatore della Commissione nazionale biblioteche pubbliche dell’AIB. Le nuove Linee guida IFLA/Unesco attribuiscono un importante ruolo sociale alle biblioteche pubbliche per colmare il divario tra inforich e infopoor (§ 3.4.7.). Più recentemente, il Manifesto IFLA per Internet (2002) raccomanda l’esigenza di proporre iniziative per formare gli utenti nell’uso di Internet. L’impegno delle biblioteche pubbliche italiane si è tradotto soprattutto nell’offerta di numerose iniziative di alfabetizzazione informatica rivolte in particolare alle categorie cosiddette svantaggiate.
Franco Perini ha esposto le iniziative di alfabetizzazione informatica per la terza età organizzate a Cologno Monzese. Il progetto è stato realizzato tramite la costituzione di un gruppo di formatori selezionati tra cittadini della terza età, poi riunitosi in associazione e per i quali i bibliotecari hanno organizzato un programma di aggiornamento permanente. I corsi riguardano l’uso del computer, le strategie di ricerca e la valutazione delle fonti.
Alla Biblioteca di Vimercate, la cui esperienza è stata illustrata da Angelo Marchesi, l’offerta di corsi per la ricerca di informazioni in Internet rappresenta una realtà consolidata da tre anni, anche grazie all’allestimento di una piccola aula informatica. I corsi sono tenuti da studenti in Scienze della formazione (specializzati in nuove tecnologie), che vengono retribuiti regolarmente per questa attività ( i corsi sono a pagamento a un prezzo politico). L’offerta formativa è diversificata e va da corsi flash di 3-6 ore a corsi tematici (come trovare lavoro in Internet; informazioni sull’Unione Europea; corsi per cittadini extracomunitari ecc.). Recentemente la richiesta di corsi è leggermente diminuita, probabilmente a causa dell’attività esercitata da altri operatori, soprattutto le scuole e le associazioni di volontariato.
Paolo Messina ha raccontato l’esperienza delle Biblioteche civiche torinesi che hanno avviato da tempo un rapporto di collaborazione con altre agenzie formative presenti sul territorio, come Informagiovani, i cui operatori organizzano nelle biblioteche di quartiere corsi di alfabetizzazione informatica, introduzione a Internet, valutazione e acquisto di un personal computer ecc. Altri rapporti di collaborazione sono stati stretti con l’Università della Terza Età e con l’Unione italiana ciechi. Stabilire queste sinergie è utile sia per la biblioteca, che vede aumentare i proprio utenti, sia per le associazioni con cui collabora, che hanno la possibilità di estendere le proprie attività e usufruire di nuovi spazi. La ricerca di sinergie per le attività formative si traduce quindi in ricchezza di iniziative e nella suddivisione degli oneri.
Dal confronto tra le iniziative presentate nella giornata emerge la differenza di prospettiva tra biblioteche universitarie e biblioteche pubbliche. Se le prime dimostrano una maggiore consapevolezza teorica dell’importanza e del ruolo dell’information literacy, nel caso delle biblioteche pubbliche l’attenzione predominante sembra ancora quella di raggiungere innanzitutto una familiarità con il mezzo tecnologico, la computer literacy, mentre la necessità di imparare a orientarsi autonomamente tra le risorse informative (“imparare a imparare”: learn how to learn), non sembra ancora aver trovato una soluzione coerente che risponda efficacemente sia agli obiettivi delineati nel Manifesto IFLA («promuovere attivamente e agevolare un accesso responsabile a informazioni di qualità per tutti i loro utenti»), sia ai bisogni della lifelong learning e alle nuove dinamiche del mercato del lavoro. La strada intrapresa, in particolare la ricerca di sinergie con altre organizzazioni formative, potrà servire a elaborare e proporre un programma di iniziative che risponda ai bisogni presenti sul territorio.
pierfranco.minsenti@unito.it
MINSENTI, Pierfranco. Information literacy al salone di Torino. «AIB Notizie», 16 (2004), n. 8, p. 15-16.
Copyright AIB, ultimo aggiornamento 2004-11-07 a cura di Franco Nasella
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