AIB Notizie 07/2004
Le biblioteche pubbliche in Italia
Paolo Traniello
Il quadro istituzionale delle biblioteche pubbliche nell' Italia unita si presenta particolarmente complesso sia dal punto di vista degli sviluppi storici che da quello dell'assetto normativo.
Dal primo punto di vista occorre prima di tutto ricordare che al compimento dell'Unità d'Italia, avvenuto con la presa di Roma nel 1870 (poi completata al termine della I guerra mondiale, nel 1918), venivano a far parte della nuova entità politica ben otto preesistenti unità statali, ciascuna delle quali, anche le più piccole, era dotata di biblioteche di interesse storico talvolta assai notevole.
Basti pensare a quelle di origine rinascimentale come la Mediceo Laurenziana di Firenze, la Marciana di Venezia, o tardo cinquecentesche come la Vallicelliana di Roma, alle biblioteche del Seicento come l'Ambrosiana di Milano, l'Angelica di Roma, le Universitarie di Padova e di Roma (Alessandrina), alle numerose biblioteche pubbliche del XVIII secolo e dell'inizio del XIX, come la Braidense di Milano, la Magliabechiana, la Marucelliana e la Riccardiana di Firenze, l'Estense di Modena, le biblioteche reali di Napoli e di Palermo, la Palatina di Parma, nonché a un vasto gruppo di biblioteche universitarie pure aperte al pubblico uso nel XVIII secolo a Torino, Genova, Pavia, Pisa, Napoli, Messina, Catania, Cagliari e Sassari.
Tutte queste biblioteche, appartenenti agli Stati italiani pre-unitari, sono state avvertite e definite come eredità nazionale del nuovo Stato italiano, non solo nel senso generico di una eredità culturale, ma proprio come istituzioni che passavano dal dominio amministrativo di entità statali cessate, ma non per questo considerate come non mai esistite, alla sfera di esercizio del potere politico-amministrativo del nuovo Stato nazionale.
Un tratto comune e caratteristico della situazione italiana, anche se conosciuto, sia pure in misura più ridotta, in altre nazioni europee tra XVI e XVIII secolo, era la destinazione pubblica, nel senso di una apertura al pubblico che non richiedeva particolari autorizzazioni, di tutti gli istituti sopra elencati. Se riandiamo già a alcune biblioteche del periodo umanistico, come la medicea pubblica aperta a Firenze da Cosimo il Vecchio intorno alla metà del Quattrocento e soprattutto a quelle del XVII secolo sopra menzionate, possiamo affermare che la biblioteca pubblica come istituto dotato esplicitamente di questa destinazione, non già come raccolta di libri ammessa più o meno occasionalmente all'uso di determinate associazioni o corporazioni, sia nata all'inizio dell'età moderna principalmente in Italia.
Naturalmente, quando parliamo in questo senso di biblioteca pubblica facciamo riferimento esclusivamente a questo carattere di accessibilità pubblica, di fatto da parte di minoranze ristrette, non certo ai caratteri di servizio pubblico che verranno poi assunti dalle biblioteche pubbliche di origine anglosassone a partire dalla metà dell'Ottocento.
Ma proprio perché questa caratteristica era già iscritta in profondità nella loro storia, quando le biblioteche degli Stati pre-unitari vennero assunte dalla nuova realtà politica italiana, sembrò del tutto naturale che essa venisse immediatamente affermata anche sul terreno normativo.
Infatti, il primo decreto di riordino delle biblioteche statali italiane, quello del 1869, stabiliva espressamente che tutte le biblioteche dotate di fondi provenienti dall'amministrazione statale erano e dovevano essere aperte al pubblico. Si ritrova in questa prescrizione la genesi della categoria, formalmente definita nel Regolamento organico del 1885 ed ancor oggi esistente delle "biblioteche pubbliche statali". Tutto questo settore è poi sempre stato disciplinato da Regolamenti, che fino a quello del 1967 incluso, hanno avuto la forma del "regolamento organico" e indipendente, vale a dire quello di leggi di carattere sostanziale, anche se emanate dal governo e non dal potere legislativo.
La categoria delle biblioteche pubbliche statali, tutte definite organi del Ministero dei beni culturali istituito nel 1975, comprende, anche nell'ultimo Regolamento che risale al 1995, una tipologia di istituti estremamente eterogenea: due Nazionali centrali (Firenze e Roma), che svolgono congiuntamente le funzioni proprie negli Stati moderni delle agenzia bibliografiche nazionali (controllo delle pubblicazioni e controllo bibliografico, quest'ultimo esercitato particolarmente dalla Nazionale di Firenze mediante la Bibliografia nazionale italiana); altre sette pure denominate "nazionali" con compiti non chiaramente definiti in relazione a tale denominazione; una decina di biblioteche "universitarie", per lo più di origine settecentesca, da non confondere con le centinaia di strutture bibliotecarie direttamente dipendenti dalle università; biblioteche con carattere prettamente storico- conservativo, come ad esempio la Mediceo Laurenziana, l'Angelica, la Casanatense; altre poche, infine, con i caratteri di vere e proprie biblioteche pubbliche, come quelle di Gorizia e di Trieste se non addirittura di biblioteca di quartiere (Biblioteca Baldini di Roma).
Alle biblioteche pubbliche statali sono poi assimilate le più importanti biblioteche di abbazie, come Montecassino, Subiaco, Montevergine, che per la loro rilevanza storica non sono state sottoposte ad esproprio da parte dello Stato subito dopo l'Unità, così come è avvenuto per le altre biblioteche di congregazioni religiose, ma sono invece state direttamente prese in carico dall'amministrazione statale, pur mantenendo il proprio carattere ecclesiastico.
Il concetto di biblioteca pubblica in senso contemporaneo, già discusso durante gli anni Trenta del Novecento, si è affermato in Italia nel secondo dopoguerra, soprattutto in relazione all'altra categoria di biblioteche pubbliche esistenti, oltre quelle statali, vale a dire le biblioteche di enti locali.
Anche in questo campo, l'Italia possiede biblioteche di grande interesse storico, dalla Malatestiana di Cesena che presenta ancora, nella sua parte antica, uno splendido esempio di biblioteca tardo medievale, alla Classense di Ravenna, alla Gambalunghiana di Rimini, alla Queriniana di Brescia, alla biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna e a tante altre ancora: si tratta di un patrimonio storico legato alla realtà locale che ha ben pochi riscontri in altre realtà europee e mondiali.
Tuttavia, il servizio di biblioteca pubblica volto alle esigenze di lettura più attuali è decollato in epoca piuttosto recente e in relazione alla riforma delle autonomie locali attuata dopo la fine del fascismo.
La carta costituzionale del 1948 ha infatti previsto che l'ente regione introdotto nell'ordinamento italiano fosse dotato di autonomia legislativa su determinate materie, tra le quali le biblioteche di enti locali.
La riforma regionale ha tardato ad attuarsi fino al 1972; da allora le regioni hanno incominciato ad emanare proprie leggi sulle biblioteche locali e ad attuare provvedimenti amministrativi rivolti al loro sviluppo. Ciò ha prodotto una grande crescita numerica di questo tipo di biblioteche, che sono attualmente in Italia più di 5000. Inoltre, la maggior parte delle regioni ha cercato di introdurre forme di collaborazione tra i servizi bibliotecari locali, coordinandoli in sistemi territoriali.
Ciò nonostante, a causa della limitatezza delle somme messe a disposizione per investimenti strutturali, la gran parte di queste biblioteche, specialmente nei piccoli comuni, è rimasta di dimensioni troppo esigue per poter svolgere un servizio veramente efficace, soprattutto nei confronti della popolazione adulta, anche se spesso ha assunto iniziative di animazione culturale non prive di interesse.
Nell'ultimo decennio, anche in relazione alla riforma dell'amministrazione comunale e provinciale sancita dalla legge n. 142 del 1990, le iniziative degli enti locali di base e le forme di cooperazione previste tra amministrazioni diverse hanno condotto a un notevole sviluppo strutturale di biblioteche locali, che ha comportato stanziamenti per nuovi edifici o ristrutturazioni a fini bibliotecari con investimenti di diversi milioni di Euro per ciascuna struttura. Nuove e moderne biblioteche pubbliche sono state create, ad esempio, ad Aosta, a Genova, a Bologna, a Pesaro e anche in diverse decine di località minori.
Inoltre, progetti bibliotecari di vastissimo respiro, paragonabili alle maggiori realizzazioni europee sono attualmente in fase di realizzazione a Milano e a Torino.
La situazione bibliotecaria si presenta oggi, in conclusione, in Italia, con luci ed ombre.
Da un lato, oltre alla crescita non solo numerica ma anche strutturale di biblioteche locali a cui abbiamo fatto cenno, va registrata una notevole vivacità di iniziative, ancora in campo locale, per l'espansione dei servizi verso nuove categorie di utenti. Un settore particolarmente degno di nota è quello che riguarda la cosiddetta multiculturalità, o "intercultura", dove diverse realtà locali si sono attrezzate per far fronte anche sul piano bibliotecario alla presenza sul territorio italiano di una notevole quantità di immigrati da molti paesi extra-comunitari (se la percentuale di immigrati sulla popolazione residente non è ancora in Italia tra le maggiori europee, l'Italia presenta però la singolarità del maggior numero di paesi di provenienza rappresentati nell'insieme degli immigrati). Inoltre le biblioteche locali tendono spesso a collegarsi in maniera proficua con altri servizi informativi e culturali destinati alle comunità locali, mediante le cosidette "reti civiche".
Sul piano nazionale sono ormai pienamente realizzate la rete del Servizio bibliotecario nazionale (SBN) che, attraverso un'architettura di tipo stellare costituita da diversi poli regionali collegati a un Indice centrale, permette l'accesso a una base di dati costituita ormai da diversi milioni di notizie catalografiche e la gestione, che deve per altro essere condotta a un migliore livello di efficienza, della circolazione dei documenti mediante il prestito interbibliotecario.
Pure degna di nota è la realizzazione del Censimento delle Cinquecentine italiane che ha immesso nel sito Edit16 raggiungibile in Internet una notevole parte dell'ingente patrimonio italiano di edizioni del XVI secolo.
Anche per quanto concerne i manoscritti è attualmente in fase di realizzazione da parte dell'Istituto centrale per il catalogo unico (ICCU) un progetto per il loro censimento e catalogazione sul piano nazionale (progetto Manus).
Per quanto riguarda la tutela e il restauro del materiale librario, l'Italia dispone di un ottimo Istituto centrale per la patologia del libro e di varie iniziative di formazione per gli operatori di questo settore, la più nota delle quali è la Scuola europea di formazione per conservatori-restauratori di beni librari, con sede a Spoleto.
La maggiore debolezza del sistema bibliotecario italiano è invece costituita dall'eccessivo accentramento che ancora sussiste da parte dell'amministrazione statale nella gestione diretta di una quarantina di "biblioteche pubbliche", tutte considerate organi del Ministero per i beni e le attività culturali. Ciò da una parte limita fortemente i mezzi a disposizione di questi istituti, tra i quali vengono ripartiti i fondi già esigui per le biblioteche di cui dispone il Ministero, dall'altra riduce
l'amministrazione centrale dello Stato a svolgere principalmente attività gestionali assai poco innovative e a rinunciare in gran parte a quelli che sarebbero i suoi compiti reali, vale a dire la promozione e il coordinamento dei servizi bibliotecari a livello nazionale. Questi ultimi, evidentemente, non possono consistere nella sola gestione di SBN, ma devono riguardare anche la creazione di servizi e strutture bibliotecarie adeguate a tutti i livelli: da quello della scuola, dove non esiste in Italia un vero e proprio sistema bibliotecario, a quello dell'università, dove, nonostante stanziamenti per le biblioteche piuttosto ingenti, i sistemi bibliotecari di ateneo devono ancora, nella maggior parte dei casi, raggiungere un pieno sviluppo, a quello della diffusione sul territorio di grandi biblioteche dotate del materiale e delle tecnologie oggi necessarie per la ricerca avanzata.
Vi è però da aggiungere che si sta facendo oggi strada nell'odierna cultura amministrativa e bibliotecaria italiana l'idea della così detta interistituzionalità, vale a dire la consapevolezza che determinati risultati strutturalmente rilevanti possono essere raggiunti solo mediante accordi di programma tra amministrazioni diverse, sia locali che statali. Questa ad esempio è la strada proposta per la realizzazione della BEIC (Biblioteca europea di informazione e cultura) in fase di realizzazione e Milano, ma più in generale dovrebbe essere quella perseguita per la diffusione sul territorio italiano di un certo numero di istituti bibliotecari a carattere portante di cui si avverte il bisogno e sui quali potrebbero utilmente essere appoggiati diversi altri servizi a carattere regionale e locale.
Public libraries in Italy
A public library as an institute that is explicitly destined to this purpose, and not just a collection of books more or less occasionally used by particular associations or corporations, was born at the beginning of the modern age, mainly in Italy: an example of this is the Medici library that was opened in Florence by Cosimo il Vecchio in the middle of the fifteenth century or the Malatesta library of Cesena that dates to the same period.
This characteristic was thus deeply rooted in the history of Italian libraries so much so that when, on the morrow of the Unity of Italy, the libraries of the pre-unitary states were brought into the new State, it was established that they should be considered public. Today, the category of State public libraries, which all depend on the Ministry for Cultural Heritage and Activities, includes institutes that vary greatly in type, among which are the two National Central Libraries (Florence and Rome). These jointly carry out the typical functions of the national bibliographical agencies (control of publications and bibliogrphical control). The concept of a public library in the modern sense was established in Italy after the Second World War, especially with regard to the other category of public library already in existence, apart from the State ones, that is to say the libraries of the local bodies. In the last decade, as a result also of municipal and provincial reforms, the initiatives of the local governments and the forms of cooperation foreseen between different administrations have led to a considerable structural development of local libraries. This has involved funding for new buildings or refurbishments for libraries with investments of various millions of Euro for each structure. New modern public libraries have been created, for example,in Aosta, Genoa, Bologna, Pesaro and also in many smaller localitions.
At national level, the network of the National Library Service (NLS) has been fully implemented. Through a stellar type of architecture formed of various regional poles linked to a central index, this permits access to a data base formed of millions of catalographic items and the management of the circulation of documents through interlibrary lending.
The idea of the so-called interinstitutionalism is now making its way in modern Italian administrative and library culture. That is to say, the awareness that certain structurally important results can be reached only through programmed agreements between different administrations, both local and state.
paolo.traniello@tin.it
TRANIELLO, Paolo. Le biblioteche pubbliche in Italia. «AIB Notizie», 16 (2004), n. 7, p. 13-14.
Copyright AIB, ultimo aggiornamento 2004-08-17 a cura di Franco Nasella
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