AIB Notizie 4/2003
I bibliotecari e la difesa della libertà intellettuale:
incontro con Mauro Guerrini
a cura di Vittorio Ponzani
Le biblioteche hanno tra i loro scopi fondamentali quello di tutelare la libertà intellettuale e di garantire l'accesso alla conoscenza in tutte le sue forme, fino a comprendere casi estremi di opere discutibili, che possono avere prospettive razziste o revisioniste, pedofile ecc. Pensi che garantire l'accesso a tutte le fonti di conoscenza, non censurare neanche i libri "cattivi", sia il prezzo della democrazia?
Rispondo con riferimento a una posizione ideale; ciascuno vive in una realtà determinata e dovrebbe tradurre l’idealità nella situazione concreta di lavoro, la quale può presentare condizioni che richiedono gradualità e sensibilità. Il tema è delicatissimo e la risposta alla domanda rischia di essere fraintesa e interpretata strumentalmente da chi ha un atteggiamento preconcetto e ottuso.
La libertà intellettuale è una questione molto complessa e sfaccettata. La dichiarazione sulle biblioteche e sulla libertà intellettuale dell’IFLA/FAIFE è assai esplicita: «L’IFLA crede che il diritto alla conoscenza e la libertà di espressione siano due aspetti dello stesso principio. […] L’impegno per la libertà intellettuale costituisce una responsabilità primaria per le biblioteche». Esistono naturalmente posizioni estreme: chi crede che chiunque possa avere accesso a qualunque documento e chi crede che qualcuno debba provvedere a selezionare libri per gli altri in base a una visione politica, ideologica, religiosa, morale in senso lato. Il problema è: quali opere censurare? Chi ha il potere di censurare? Verso chi attuare la censura? La censura è certamente una pratica che caratterizza regimi dittatoriali e organizzazioni monarchiche o oligarchiche; il livello di accesso alle informazioni è certamente un indicatore della democrazia, che possiamo considerare la forma di governo meno peggiore, come diceva quel conservatore di Churchill.
Tale prospettiva mostra come non ci sia alcuno spazio per la tutela dei bambini che, data l'età, possono non comprendere appieno il senso di quello che leggono o vedono. Il rifiuto totale della censura (anche di quella che vorrebbe tutelare i diritti dei bambini), l'affermazione che i bibliotecari non possono sostituire i genitori e che per non correre il rischio di una censura sbagliata è meglio non censurare nulla può apparire ad alcuni come una non assunzione di responsabilità. Cosa ne pensi?
La Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei bambini esprime un concetto fondamentale, che i piccoli devono essere protetti e deve esser garantito loro un ambiente per lo sviluppo armonico della personalità; l'infanzia è quella condizione spazio-temporale in cui il bambino ha un proprio mondo di sogni, di letture, di esperienze, una sorta di piattaforma su cui potrà sviluppare una personalità definita e autonoma. Abbiamo dunque tutti una responsabilità nel salvaguardare l’infanzia (soprattutto oggi, con un futuro a noi stessi oscuro, incerto e temibile) ma nello stesso tempo è evidente, come ci insegna la psicologia dell'età evolutiva, che esistono degli scarti differenziali, dei salti, all'interno di questo periodo di crescita, e che soprattutto i genitori devono adeguare i criteri, la selezione dei materiali alle sempre mutate condizioni. Le responsabilità dell'accesso dei minori alle diverse esperienze di lettura e di comunicazione sono dei genitori, anche nel caso dell'accesso del bambino in biblioteca e delle sue letture, di cui i genitori dovrebbero esser messi a conoscenza dallo stesso figlio quando (visione che ad alcuni potrà sembrare idilliaca) rientra a casa con i libri della biblioteca nello zainetto. Che il genitore accompagni sempre un minore di 14 anni in biblioteca e che sorvegli le sue letture mi sembra francamente eccessivo, ma è tutta sua la responsabilità dei comportamenti del figlio in biblioteca. Ciò non significa che la biblioteca non si assuma alcuna responsabilità; essa tuttavia non può e non deve applicare forme di censura. La biblioteca vive in un contesto storico e culturale preciso e certo può avere difficoltà a difendere la libertà di espressione, che pur tuttavia resta l’ideale a cui dovrebbe ispirarsi.
La rete è spesso accusata di essere uno strumento per la diffusione (anche) di contenuti moralmente inaccettabili (pornografia, pedofilia, razzismo ecc.). È possibile conciliare in rete la libertà di espressione con la tutela dei diritti (soprattutto) dei minori?
I reati, come lo sfruttamento dei minori, debbono essere perseguiti, in qualsiasi parte avvengano, sulla rete come nel mondo reale. Credo tuttavia che dovremo scrollarci di dosso una visione negativa della rete; Michael Gorman, ne I nostri valori, afferma che ogni qualvolta si sia presentata la “minaccia” di un nuovo mezzo di comunicazione, inevitabilmente qualcuno ha fatto appello alla legge con il pretesto di salvaguardare la società, specialmente i bambini da una palese ingiustizia. La rete è un mezzo enorme di informazione e di comunicazione. Come ogni cosa ha aspetti positivi e negativi.
Tu citi Michael Gorman e il suo libro I nostri valori, di cui hai curato l'edizione italiana. Nel capitolo dedicato alla libertà intellettuale, Gorman ricorda la dura polemica di Laura Schlessinger, scrittrice di libri di successo e conduttrice di una delle più popolari trasmissioni televisive negli USA, contro l'American Library Association, colpevole, secondo "Dr. Laura", di avere fatto un link dalle proprie pagine Web al sito Go ask Alice della Columbia University, dove si possono leggere, tra l'altro, informazioni sui comportamenti sessuali. In che modi i bibliotecari possono difendersi da atteggiamenti censori di questo tipo? Credi che l'esistenza di un codice etico e deontologico dei bibliotecari possa sostenerci in questa battaglia di libertà?
Gorman critica l’ottusità e l’atavismo sociale di chi maschera dietro certe forme di puritanesimo desideri di censura: si comincia da Go ask Alice e chissà dove si può finire. Credo che i bibliotecari possano difendersi dall’ottusità, piuttosto che da atteggiamenti censori di questo tipo, semplicemente facendo il loro dovere. Circa l’esistenza di un codice etico direi che più che la sua approvazione (ovviamente importante) è essenziale la sua applicazione nei casi che si presentano, spesso scarsamente significativi per i mass media, ma decisivi per la comunità bibliotecaria. Nella società americana democratica queste battaglie, apparentemente solo simboliche, sono molto sentite, e sono vinte con la capacità di organizzazione e mobilitazione che riesce a mettere in gioco l’ALA, l'associazione professionale dei bibliotecari.
In AIB-CUR è circolata la notizia di una bibliotecaria condannata per aver prestato un libro giudicato osceno. Come giudichi questo fenomeno? Quali iniziative possono essere prese dall'AIB sia per tutelare la libertà del cittadino di utilizzare liberamente il patrimonio della biblioteca, ma anche per difendere il bibliotecario che, secondo il codice deontologico approvato dall'AIB, «garantisce l'accesso alle informazioni pubblicamente disponibili e ai documenti senza alcuna restrizione»?
Non conosco il caso nei dettagli. La tematica dovrebbe mobilitare l’AIB perché chiama in causa uno dei suoi compiti centrali: la difesa della libertà intellettuale. L’AIB dovrebbe tutelare con orgoglio e decisione la comunità bibliotecaria che è colpita in uno dei suoi valori più importanti. Il caso in sé è anacronistico e sembra incredibile; è indegno di un paese civile, come ha scritto Alberto Petrucciani in AIB-CUR. Petrucciani riferisce del processo di Trento per l'Enciclopedia sessuale Mondadori, imputata una bibliotecaria (scolastica, non civica), che si è concluso ovviamente con l'assoluzione. Intervennero, oltre all'AIB, varie personalità della cultura, e sul caso uscì anche un libro: Il sesso è uguale per tutti, ovvero L'impotenza del censore, con contributi di Angela Vinay, Caterina Di Salvo, Gianni Bonaffini, Sandro Canestrini e Franco Rella; prefazione di Camilla Cederna, Padova: Francisci, 1977. In quel caso l’AIB si mobilitò perché capì che il problema non riguardava la bibliotecaria perseguita, bensì la libertà intellettuale. Attacchi del genere mettono in discussione il concetto di biblioteca, la quale non "distribuisce" ma "garantisce l’accesso" ai materiali sotto la forma della consultazione e del prestito.
m.guerrini@leonet.it
I bibliotecari e la difesa della libertà intellettuale: incontro con Mauro Guerrini, a cura di Vittorio Ponzani. «AIB Notizie», 15 (2003), n. 4, p. 8.
Copyright AIB, ultimo aggiornamento 2003-05-01 a cura di Franco Nasella
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