[AIB]AIB Notizie 10-11/2002
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Un questionario sul lavoro nelle università

Beatrice Bargagna

La situazione nelle università
L’Osservatorio sul lavoro dell’AIB ha seguito in questi anni la situazione dei bibliotecari italiani, nei vari ambiti istituzionali, dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro, delle garanzie professionali, dell’inquadramento contrattuale.
Per ogni comparto si possono individuare specificità e problemi. Per quanto riguarda i bibliotecari delle università, le problematiche emerse sono varie. L’autonomia delle sedi porta a una diversificazione dei livelli di sviluppo e dei quadri normativi contribuendo a creare differenze importanti anche nelle condizioni di lavoro. Accanto a situazioni di eccellenza, dove si valorizzano servizi avanzati e nuove professionalità, permangono sacche di arretratezza resistenti alle innovazioni; inoltre la grande ricchezza bibliografica e strumentale delle biblioteche è spesso dispersa e frammentata in microstrutture di difficile gestione. Ci sono i problemi legati al contratto: il ritardo, ormai cronico, nei rinnovi contrattuali, che contribuisce a mantenere livelli stipendiali più bassi rispetto agli altri comparti, e la mancanza di contenuti specifici dei diversi profili professionali dell’area delle biblioteche.
Dalla riflessione su questo quadro generale è nata l’idea di raccogliere dati più precisi che permettano di ricostruire, pur senza pretese di esaustività, una visione d’insieme delle condizioni di lavoro dei bibliotecari delle università e di individuarne le principali linee di tendenza



Metodologia e contenuti del questionario
Il questionario è stato concepito a livello di sede universitaria, a prescindere dalle articolazioni più o meno numerose che sono tipiche di questo settore (biblioteche di facoltà, di dipartimento, interfacoltà, interdipartimentali). E’ suddiviso in sei diverse sezioni: caratteristiche strutturali e organizzative del sistema bibliotecario, modalità di applicazione del contratto, scelte riguardanti mobilità, incentivazione e formazione dei bibliotecari, utilizzo di personale non strutturato.
Si è deciso, per abbreviare i tempi di risposta, di diffondere è il questionario in modo abbastanza informale, per posta elettronica, cercando di individuare per ogni sede un bibliotecario, responsabile di servizi centralizzati o di biblioteche di area.
Sulla base delle risposte fornite, sono stati ricavati alcuni dati che presento in forma aggregata.



1. Tipologia dei sistemi bibliotecari universitari
Hanno risposto 29 università (circa il 40%) che rappresentano però un vero e proprio campione naturale; infatti le risposte sono equamente distribuite tra nord, centro e sud e tra università medio-grandi, medio-piccole e piccole.

Dati
Bibliotecari in servizio: I bibliotecari di queste università sono 1830 e rappresentano meno del 7% dell’insieme del personale tecnico amministrativo delle università. I bibliotecari di categoria EP (elevate professionalità) sono 103 (poco più del 5%): 20 di questi sono responsabili dei servizi centrali di ateneo per le biblioteche. La maggior parte delle università che hanno risposto infatti ha un sistema bibliotecario formalizzato, organizzato più o meno gerarchicamente.
Nuove assunzioni: negli ultimi tre anni il 42% delle sedi non ha assunto bibliotecari, delle altre la maggior parte ha assunto da 10 a 20 bibliotecari. Si può calcolare che i bibliotecari assunti siano stati circa 250 e rappresentino poco più del 15% dei bibliotecari attualmente in servizio nel campione considerato. Nelle università del sud quasi l’80% delle sedi dichiara di non aver assunto bibliotecari negli ultimi tre anni.
Biblioteche: nelle 29 università sono censite 480 biblioteche a cui si aggiungono circa 500 “punti di servizio”, quindi un migliaio di luoghi di lavoro. Solo 142 di queste biblioteche rappresentano realtà accorpate: interdipartimentali, di facoltà, di ateneo.
100 di queste sono centri autonomi di spesa, gestiscono cioè autonomamente un budget.

Valutazioni
Nelle università il personale bibliotecario è fortemente minoritario rispetto ad altre categorie professionali.
Il confronto tra numero di bibliotecari e numero di biblioteche denuncia una situazione organizzativa difficile: 1830 bibliotecari gestiscono quasi 1000 fondi librari separati: si può supporre una notevole differenza di servizi erogati nelle diverse strutture, quindi differenza di prestazione professionale richiesta, di carico di lavoro, di formalizzazione delle responsabilità
Le nuove assunzioni probabilmente non riescono in nessuna sede a coprire il turn-over; al sud praticamente non si sono assunti bibliotecari nelle università. Può essere interessante notare che è l’unica risposta dell’intero questionario che marca una differenza geografica.

2. Inquadramento, carriera, incentivi

Dati
Inquadramento contrattuale: uno dei quesiti più frequentemente posti all’Osservatorio lavoro riguarda il comportamento delle università in merito all’inquadramento dei bibliotecari di V e VII livello in sede di prima applicazione del contratto, dato che non sembra ci sia stato un comportamento omogeneo (si ricorda che il contratto prevedeva esplicitamente l’inquadramento nella categoria immediatamente superiore del personale di questi livelli solo se assunto con concorso pubblico e quindi in possesso rispettivamente di diploma di scuola secondaria o laurea).
Le risposte confermano che in realtà alcune università hanno interpretato il contratto meno rigidamente, inquadrando nella categoria superiore anche i bibliotecari non provenienti da concorso pubblico. Si tratta in realtà di una percentuale bassa (17% per i VII e 24% per i V) e riguarda, a parte rare eccezioni, sedi con pochi bibliotecari in organico. Si può supporre quindi che solo poche unità di personale abbiano beneficiato di questo trattamento.
Per quanto riguarda la definizione di contenuti specifici per i diversi profili professionali in sede locale, solo il 45% delle università dichiara di star lavorando alla preparazione di nuove declaratorie.
Mobilità, incentivi: a proposito di mobilità e incentivi sembra che siano ignorati da circa il 20% del campione. I criteri sono comunque sempre determinati in sede di contrattazione decentrata e definiti per tutto il personale universitario. I servizi centrali per le biblioteche hanno raramente voce in capitolo.

Valutazioni
I bibliotecari non godono ovviamente di un trattamento particolare rispetto al resto del personale universitario. Ovunque i meccanismi che regolano l’avanzamento di carriera e gli incentivi sono definiti in sede di contrattazione decentrata.
Il contratto ha svuotato le categorie di contenuti professionali specifici, annullando le declaratorie professionali che caratterizzavano i vecchi livelli, che peraltro sarebbero ormai inadeguate, e non sembra che le università complessivamente stiano pensando ad una nuova definizione. Sarebbe opportuno che l’AIB si facesse promotrice di una carta dei profili professionali omogenea per tutti i comparti.

3. Formazione

Dati
Soltanto il 10% del campione dichiara di non aver fatto formazione per bibliotecari negli ultimi 3 anni. La percentuale dei bibliotecari formati nelle sedi ove si è fatta formazione è superiore all'’80%; il 77% dei bibliotecari censiti ha seguito corsi di formazione (circa 1400 persone).
Tra questi prevalgono i corsi professionali specifici e i corsi legati all’utilizzo di programmi informatici per biblioteche
In quasi tutti i casi (90%) i corsi sono organizzati e gestiti a livello di sistema bibliotecario e c’è una crescente tendenza verso la formazione “certificata”, come previsto peraltro nel contratto nazionale di categoria.
Sulla tipologia dei formatori il campione si divide a metà tra l’utilizzo di formatori interni e quello di formatori esterni. Curiosamente nel campione risulta un uso basso del mix interni/esterni.
L’80% delle sedi prevede un piano annuale di formazione.

Valutazioni
Le risposte decisamente positive sulla formazione sottolineano la vivacità del mondo bibliotecario universitario.
Soprattutto la prevalenza di corsi legati alla professione indica che si è riusciti, nonostante la minoranza numerica, a conquistare uno spazio di iniziativa all’interno del comparto.
Inoltre si può sperare che la richiesta fatta alle biblioteche, nell’ambito del nuovo ordinamento degli studi universitari, di contribuire alla formazione degli studenti, con tirocini mirati all’apprendimento di strumenti per la ricerca bibliografica, potrà creare un circolo virtuoso tra formazione ricevuta e formazione impartita.

4. Utilizzo di personale esterno

Dati
In tutte le sedi si utilizza personale esterno, in una percentuale rispetto al personale strutturato che va dal 10% al 20% nella maggior parte dei casi (52%), a più del 30% nel 24% dei casi.
Viene utilizzato in misura maggiore per il lavoro ordinario rispetto a progetti straordinari specifici, e più per i servizi al pubblico e operazioni di riordino che per la catalogazione.
A parte un 20% delle sedi che dichiara di utilizzare esclusivamente studenti, in tutte le altre sono presenti varie altre tipologie di collaborazioni - tempo determinato bibliotecario e non, contratti individuali, ricorso a aziende di servizi e cooperative, con una leggera prevalenza di quest’ultima opzione.

Valutazioni conclusive
Si nota una tendenza, abbastanza ovvia, all’esternalizzazione di alcuni servizi, probabilmente legata alla dispersione fisiologica delle biblioteche universitarie, ma anche alla necessità di aumentare prestazioni e orario di apertura. Il dato può essere correlato al basso tasso di assunzione di personale bibliotecario a tempo indeterminato e forse alla tendenza a non assumere più, per le biblioteche, personale dell’area dei servizi da adibire a compiti generici.
Il problema rimane quello di mantenere un controllo, oltre che sindacale, anche professionale sui processi di esternalizzazione. Il compito non è banale ed è strettamente legato anche alla definizione delle competenze e del profilo dei nuovi bibliotecari. C’è bisogno di fare chiarezza su vari punti: quali sono i lavori di biblioteca che non possono in nessun modo essere esternalizzati, in quali settori è indispensabile mantenere il know-how acquisito, qual è il giusto corrispettivo dei servizi dati in esterno per non svendere la professione, quali meccanismi possono essere pensati per fare in modo che l’esperienza e le competenze maturate dai collaboratori “esterni” possano essere recuperate all’interno. Mi sembra un buon lavoro per un’associazione professionale.

BARGAGNA, Beatrice. Un questionario sul lavoro nelle università. «AIB Notizie», 14 (2002), n. 10-11, p. 46-47.
Copyright AIB, ultimo aggiornamento 2002-25-12 a cura di Franco Nasella
URL: http://www.aib.it/aib/editoria/n14/02-10bargagna.htm

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