L'espressione "libertà intellettuale" è utilizzata per descrivere quella situazione nella quale ogni essere umano può pensare, dire, scrivere e affermare qualsiasi idea o opinione. Negli Stati Uniti questa libertà è protetta dal Primo Emendamento della Costituzione che in una sua parte sancisce: «Il Congresso non potrà emanare alcuna legge che obblighi a una religione o che ne proibisca il libero esercizio; né potrà abrogare la libertà di parola o di stampa». Tuttavia la totale libertà esiste solo nelle pagine degli scrittori utopistici e è per questo che le leggi di tutte le giurisdizioni, nel concreto, la limitano. Così l'idea iniziale che sembra semplice diviene ingannevole, poiché, com'è naturale, esistono leggi giuste e leggi ingiuste e, per farla breve, le opinioni degli uomini cambiano con il passare del tempo. Nel corso dei secoli, determinati tipi di espressioni politiche, sociali, sessuali, letterarie o religiose sono state vietate. Per complicare la questione bisogna tenere presente che alcune leggi sono state emanate a livello nazionale, altre a livello statale o locale, risultando spesso in contrasto le une con le altre. Nel corso dei secoli sono state oggetto di restrizioni governative la bestemmia, la sedizione e le oscenità. Oggi, negli Stati Uniti, solo le espressioni sessuali ritenute "oscene" sono vietate dalla legge mentre, almeno a livello teorico, tutte le manifestazioni politiche, letterarie, sociali e religiose sono libere. A confondere ulteriormente l'argomento s'inserisce il fatto che la parola "oscenità" non è mai stata definita chiaramente, ma è stata trattata in termini di abitudini e valori locali; così a volte quello che era considerato del tutto normale al Greenwich Village poteva essere vietato in una piccola comunità rurale della California.
Qual è il rapporto tra la libertà intellettuale e le biblioteche?
La voce relativa alla libertà intellettuale dell'Encyclopedia of library and information science riassume tutte le possibili relazioni che essa può avere con il mondo delle biblioteche.87 È importante dire che l'American Library Association non ha mai dato una sua definizione; la cosa è particolarmente grave vista l'esistenza di un apposito Office of Intellectual Freedom (motivazione di per sé sufficiente per essere un membro dell'ALA) considerando inoltre che l'associazione ha fatto molte dichiarazioni e ha preso posizione al riguardo numerose volte. Per l'ALA il primo passo per garantire la libertà intellettuale è opporsi alla censura dei libri e di altro materiale presente nelle biblioteche: questo è il motivo per cui annualmente si svolgono le attività e le pubblicazioni della Banned Books Week.88 La questione si estende fino al diritto di libero accesso a tutta la collezione, concetto legato, a sua volta, al dovere dei bibliotecari di rendere fruibile il posseduto della biblioteca. Il bibliotecario, però, non ha solo doveri verso gli utenti, ma gode anche di diritti nei confronti di se stesso, tra i quali vi sono la libertà d'espressione, l'applicazione della democrazia nell'ambiente di lavoro e la libertà di scegliere qualsiasi stile di vita. Vi è poi l'idea della biblioteca intesa come paladina della libertà intellettuale che presenta non pochi elementi controversi: esiste uno scontro tra chi crede che questi diritti debbano essere difesi e coloro che ritengono che la biblioteca debba mantenersi neutrale nei conflitti sociali, inclusi quelli relativi al Primo Emendamento.
Da questa premessa si potrebbe evincere che la libertà intellettuale sia solo una questione di diritti umani, basilari e inalienabili, i cui unici avversari sono coloro che non credono nell'uguaglianza sociale e nella democrazia: questa visione è estremamente semplicistica. In realtà, la maggior parte delle discussioni sulla libertà intellettuale non avviene tra favorevoli e contrari, bensì tra persone che, dichiarandosi tutte favorevoli, ne sostengono applicazioni diverse. Esistono, ad esempio, degli "estremisti" che vorrebbero che tutti avessero la possibilità di creare, disseminare, dire, vedere o leggere qualsiasi cosa. Altri, pur essendo genericamente d'accordo, vorrebbero concretamente restringere l'accesso a certi materiali da parte di determinate categorie di persone, ad esempio i bambini. Altri ancora usano la "protezione dei bambini" come cavallo di battaglia di grandi progetti di censura. Nel valutare questi problemi dobbiamo quindi tenere sempre presente che non si tratta di una contrapposizione bene-male, anche se entrambi questi elementi possono essere presenti, bensì di una complessità di punti di vista, molti dei quali ugualmente validi. A ben vedere, la questione relativa alla "protezione" dei bambini dai pericoli della Rete, riguarda quello che noi riteniamo sia meglio per loro. Alcuni ritengono che la crescita intellettuale che deriva dal libero accesso all'informazione vale comunque il rischio. Altri invece vorrebbero proteggere i propri bambini da una realtà spiacevole. Altri ancora vorrebbero limitare la lettura e la visione di determinate cose a tutti bambini, non solo quelli dei quali hanno diretta responsabilità.
Noi bibliotecari crediamo nella libertà intellettuale perché ci è naturale e necessaria come l'aria che respiriamo. Non vogliamo assolutamente sentir parlare di censura perché questa limita il nostro compito: rendere disponibile l'informazione e la conoscenza registrata liberamente disponibile per tutti, che abbiano o meno una fede religiosa, qualsiasi sia la loro nazionalità, sesso, età o caratteristica che differenzia gli uni dagli altri. Nello svolgimento della nostra missione dovremmo sempre tenere presente la libertà intellettuale, a prescindere da cosa ne pensiamo noi o ne pensino gli altri. Confesso che, lavorando in un'università, sono avvantaggiato rispetto a altri colleghi. Le biblioteche accademiche lavorano per istituzioni dedicate all'idea stessa di libertà intellettuale, per persone che condividono questa etica e, di solito, non siamo professionalmente isolati. Paragoniamo però questa situazione alle battaglie solitarie combattute in piccole biblioteche pubbliche di campagna o pensiamo a quei bibliotecari soli, costretti a affrontare consigli scolastici oscurantisti. Se si analizzano le liste pubblicate ogni anno dei libri epurati o censurati si potrà notare che sono scritti da coloro che sono impegnati in prima fila nella difesa di questo diritto. Il motivo più importante per sostenere l'Office of Intellectual Freedom dell'ALA è il valore delle sue azioni compiute a nome di tutti noi per proteggere questo importantissimo valore professionale.
La libertà intellettuale in pratica
Numerose associazioni professionali hanno presentato dichiarazioni sulla libertà intellettuale, esortando i propri membri a metterla in pratica nelle attività svolte all'interno della biblioteca. Una delle migliori è contenuta nello statuto della Canadian Library Association, promulgato il 27 giugno 1974 e modificato il 17 novembre 1983 e il 18 novembre 1985,89 che afferma:
Ho detto prima che la libertà intellettuale è una questione molto complessa e sfaccettata. Nel momento della loro concreta applicazione, anche queste semplici regole della Canadian Library Association possono creare problemi. Naturalmente l'estremista e il censore non avranno alcun problema: il primo vorrebbe permettere a chiunque di avere accesso a qualsiasi documento, il secondo vorrebbe scegliere lui stesso cosa mettere a disposizione e per chi, basandosi solo sulle proprie opinioni e preferenze. Per tutti gli altri, per noi, la questione è molto più complessa dal punto di vista teorico e pratico. Ecco alcuni esempi:
Supponiamo che la nostra vita lavorativa, l'impiego e la carriera dipendano da come si affrontano questi problemi. Ecco uno scontro di valori. In prima istanza abbiamo la pressione della libertà intellettuale, ma è presente in noi anche il valore del servizio verso la comunità. La maggior parte di questi esempi sono realmente accaduti in piccole città, distretti scolastici e sistemi bibliotecari pubblici. Chi, correttamente e giustamente, crede di essere importante per la biblioteca di una piccola comunità può sentirsi incline a piccoli compromessi con i gruppi di potere per tutelare il bene degli utenti e della biblioteca. Coloro che sono favorevoli a condannare questi piccoli compromessi valutino, per favore, la propria situazione e la confrontino con quella in questione; paragonino l'importanza di tenere fermo un punto d'onore contro la prospettiva di una carriera produttiva e lunga; pensino anche a una questione di ordine pratico: se un bibliotecario, messo sotto accusa, rimane fermo sui propri principi e viene mandato via, chi pensate che verrà assunto al suo posto dalle stesse persone che lo hanno tanto criticato? Pensate che sarà un altro difensore del Primo Emendamento? Non avrò mai stima di chi calpesta la morale e non difenderei nessuna forma di servilismo nei confronti del potere, ma voglio chiarire alcuni punti che ritengo fondamentali. Il primo è che la vita non è mai così semplice come appare a chi la guarda da lontano. Il secondo è che i piccoli sacrifici possono, al momento giusto, arrecare grandi vantaggi agli utenti. Il terzo è che la perfezione non è necessaria per avere la coscienza a posto.
Combattere i fantasmi del Web
L'American Library Association ha ingaggiato, da molti anni, una giusta guerra contro la censura: come abbiamo visto, si è schierata a favore della libertà di accesso all'informazione per chiunque, al di là dell'età, del sesso, della nazionalità, della religione. La maggior parte delle battaglie combattute dall'ALA riguardano la libertà di stampa, una questione relativamente semplice e tutelata costituzionalmente. La maggior parte degli Americani sanno, contrariamente a quanto credono alcuni, che il Primo Emendamento non è limitato alla lettura e alla stampa; di solito i bravi ragazzi riescono nei loro propositi, anche se a volte ci vuole molto tempo. Se solo i Padri Fondatori avessero avuto la premonizione di citare nel Primo Emendamento la "libertà del Web"!
Quando si pensa a tutte le battaglie fatte sulla libertà di stampa, sui libri vietati e sulla censura è difficile credere che si possa tornare nostalgicamente indietro, visto le grandi difficoltà che le risorse digitali hanno introdotto. Nel 1998 vi era un personal computer nel 40% delle case americane, la maggior parte dei quali era collegata alla Rete e al Web e il loro numero è in continuo e inesorabile aumento; anche le aule scolastiche e le biblioteche pubbliche solitamente hanno dei PC. L'unica cosa più grande della diffusione della Rete è il clamore che alza intorno a sé. Non deve sorprendere, perciò, che i favorevoli alla censura, coloro che richiedono sistemi che impediscano, in particolare a bambini e ragazzi, di accedere liberamente a queste risorse, siano ovviamente esperti della Rete e del Web. é difficile, quando il vento dei media soffia così forte, invertire la rotta per tracciare qualche cenno storico, ma in questo caso ne vale proprio la pena. Quasi tutti i mezzi di comunicazione apparsi negli ultimi centocinquanta anni sono stati salutati come se fossero di per sé un attacco alla morale, soprattutto dei giovani. Ho scritto "quasi" perché non riesco proprio a ricordare articoli che trattassero del devastante effetto dei microfilm sulle menti dei giovani. Si pensi però all'impressione che i film muti fecero sulle ragazzine o al terribile peso sulla morale dei giovani che ebbero i balli fatti al suono del grammofono, per non parlare dei moderni mali derivanti dal rap e dai film che portano a manie omicide. Negli anni Cinquanta ci fu, addirittura, un libro molto popolare che denunciava gli effetti estremamente dannosi dei "messaggi nascosti" contenuti nei fumetti.90 I film violenti non sono certo una novità, la Rete e il Web lo sono, cosicché i bibliotecari devono affrontare attacchi virulenti contro se stessi e contro chi fornisce loro accesso alla rete. «I bambini hanno cercato da sempre libri, riviste e altri mezzi di comunicazione proibiti e i guardiani della morale pubblica hanno spesso criticato questo atteggiamento come un declino del comportamento giovanile».91
Passiamo a un'altra importante questione. Quando i censori parlano di "decadenza culturale e morale" intendono il terribile binomio sesso-violenza. In realtà, anche questi due concetti non sono così ben definiti. Molti ritengono offensivo qualsiasi immagine o scritto che riguardi il sesso. Altri, invece, sono infastiditi solo da scene o da descrizioni di atteggiamenti sessuali diversi dalla norma. A questo punto si innesca il "problema John Wayne": se le immagini brutali sono dannose, perché la crudeltà di Berretti verdi è ritenuta accettabile? Forse perché Wayne è un grande attore e il film ha un contenuto èpatriotticoè? La visione di situazioni violente, anche se per "giusta causa", è tanto dannosa quanto la brutalità contenuta nei videogame. Se non è così, allora l'argomento "causa-effetto", avanzata spesso, è smentito, o almeno mostra quanto sia insopportabilmente complesso.
Ogni qualvolta si sia presentata la "minaccia" di un nuovo mezzo di comunicazione, inevitabilmente qualcuno ha fatto appello alla legge con il pretesto di salvaguardare la società, specialmente i bambini da una palese ingiustizia. Nel 1999 l'Intellectual Freedom Committee dell'ALA ha riportato la notizia dell'esistenza di numerose proposte di legge (di cui alcune già emanate) a livello federale, statale e locale per difendere i bambini dalla Rete e dal Web.92 Secondo il Rapporto, ognuna di queste proposte contiene i medesimi difetti.
Queste proposte di legge raccomandano inoltre l'uso dei filtri nei terminali delle biblioteche pubbliche, periferiche che di per se stesse sono tanto inefficaci quanto teoricamente offensive (cfr. oltre in questo capitolo).
Prima di procedere e discutere dei filtri, vediamo quali sono i loro scopi. Il problema principale di coloro che sinceramente vogliono proteggere i bambini (l'opposto di quei censori che usano Internet come arma per raggiungere i loro obiettivi sociali) è che essi potrebbero vedere immagini o leggere testi moralmente dannosi. È molto facile trovare nel Web, inavvertitamente o volutamente, cose esteticamente repulsive, profondamente sordide o che sfruttano gli esseri umani. Nessuna di queste costituisce un'offesa alla moralità, a meno che non si creda che la propria morale è o dovrebbe essere universale. La seconda idea ce l'hanno coloro che iniziano le proprie frasi con parole come "il popolo americano crede...", pensando di essere pronti a decidere al posto della maggioranza di una nazione enorme e diversificata. Io non mangio carne. Le immagini di allevamenti industriali o di carne che viene cotta mi disgustano. Questo significa forse che io farò tutto quello che posso per evitare che gli altri, vegetariani e non, vedano queste immagini? Questo ragionamento potrebbe sembrare assurdo, ma è veramente più strano di quello che fanno coloro che cercano di impedire la visione di immagini di atteggiamenti sessuali diversi dai propri?
A questo punto entra in gioco il problema sulla presunta superiorità di coloro che si ergono a censori.Costoro possono leggere o vedere cose proibite, offensive, dannose senza che queste abbiano alcun effetto su di loro, cose che invece per altri più suggestionabili potrebbero essere dannosissime. Tempo fa, i censori sono stati definiti come le persone che non vogliono che gli altri sappiano ciò che invece loro conoscono. Non è forse più corretto dire che gli effetti di certe parole e immagini sulla psiche e sul comportamento di ciascun individuo sono del tutto incalcolabili? Bisogna ammettere con sincerità che alcune immagini o descrizioni di sesso o certe scene violente rimangono impresse nella mente per molti anni e, per tutto questo tempo, continuano a esercitare potere. Determinate immagini o parole che sono state ignorate o dimenticate in pochi minuti da milioni di persone, rimangono però, per qualche misterioso motivo, nella memoria di alcuni per tutta la vita. Non credo che alcune immagini presenti su Internet siano edificanti, ma dubito che siano così pericolose. Milioni di persone in tutto il mondo hanno visto l'inaudita violenza contenuta in film come Rambo o Die hard, ma la conseguenza peggiore per il 99,999 per cento di queste persone è stata la perdita di tempo!
La cultura popolare giapponese è piena di immagini e testi estremamente violenti e con contenuti sessuali espliciti, come si può notare soprattutto sui siti Web. Nonostante ciò, il tasso di violenza in Giappone è molto più basso di quello degli Stati Uniti; non esiste inoltre nessuna prova che le abitudini sessuali giapponesi siano, per qualche aspetto, inferiori a quelli statunitensi. Da questo cosa si deduce? Prima di tutto che la società e la cultura giapponese sono molto diverse da quelle americane e, secondariamente, che la semplice esposizione a materiali a contenuto violento o sessuale non è determinante per la natura di una società. La Danimarca e l'Olanda, ad esempio, sono famose per i loro atteggiamenti molto permissivi in materia sessuale. Forse qualcuno può seriamente dedurne che i Danesi e gli Olandesi siano moralmente inferiori agli Statunitensi? In effetti, esiste qualcuno che risponderebbe positivamente a questa domanda: chi crede che certe cose siano di per sé sbagliate. Come vediamo, il discorso è ritornato al punto di partenza: sposteremo quindi la nostra attenzione dall'ipotetico "danno" che certe immagini possono causare all'imposizione di una moralità su chi non può condividerla.
I bambini
L'ALA si è resa impopolare nei confronti di una minoranza di persone per una dichiarazione costituzionalmente valida: i bambini e i ragazzi condividono con i maggiorenni i diritti sanciti dal Primo Emendamento. Quest'affermazione potrebbe sembrare scontata visto che, in certi stati, è possibile sposarsi a sedici anni o addirittura in età inferiore. Chi ritiene pericolosa per i minorenni la lettura o la visione di determinate cose, crede anche che sia necessario trovare il modo di limitare questi diritti per prevenirne il "danno". Ritengo, a questo punto, che sia utile definire il termine e valutarne l'estensione. Esistono centinaia di studi sugli effetti che la televisione ha sui bambini e, a un'attenta analisi, si noterà che guardare la televisione e navigare in Internet sono attività molto simili. La seconda potrebbe sembrare diversa per due fattori: il primo è che Internet viene ancora ritenuto un mezzo di comunicazione nuovo, "scottante", mentre la seconda motivazione è la possibilità di interazione, anche se nella maggior parte dei casi la navigazione è un'attività passiva quanto la televisione. Molti studi dimostrano una banalità: alla mente e al fisico dei bambini non fa bene passare molte ore al giorno guardando programmi di scarso contenuto intellettuale e sociale. Ciò tuttavia non comporta necessariamente che guardare spettacoli violenti o a contenuto sessuale sia psicologicamente dannoso. Molti studiosi credono che non vi sia una correlazione diretta tra compiere e guardare atti di violenza e che i programmi televisivi siano solo un tassello del mosaico delle cause di comportamenti antisociali nei bambini. «A un'attenta analisi, ogni possibile relazione tra guardare scene di violenza e compiere atti violenti è complessa e influenzata da numerosi fattori».93
Se il rapporto tra violenza in televisione e in Internet e quella nella vita quotidiana è difficile da analizzare, pensiamo a quanto sia più complesso definire la connessione tra il sesso che si vede in televisione eÉ con che cosa stabilire un termine di paragone? Molti bambini sono incuriositi dal sesso e sembrano possedere un'abilità naturale a affrontare i vari casi della vita con un livello di conoscenza del sesso adatto alla propria età. Molte frasi, immagini e situazioni a contenuto sessuale che si trovano o si vedono in Rete o in televisione sono volgari e diseducativi. Cosa c'è di nuovo? Lo sono anche molte altre immagini, anche con contenuti differenti, che appaiono in televisione e sulla Rete. La vera obiezione all'accesso dei bambini a argomenti scottanti attraverso i moderni mezzi di comunicazione è identica a quella posta a libri, film e altri tipi di materiali. L'opposizione si basa su una moralità e su un'ideologia che vogliono proteggere l'"innocenza" dei bambini dalla "corruzione" del sesso. I genitori devono guidare i figli nelle loro letture e aiutarli a decidere cosa vedere, così come spetta a loro, e solo a loro, controllare le scelte alla luce della propria moralità e delle proprie convinzioni. Io preferirei vedere giovani intenti a leggere The joy of sex, piuttosto che a guardare certi film o a giocare con videogame violenti; questa però è la mia moralità e non condannerei mai nessuno basandomi su di essa.
Febbre da filtro
Il rimedio proposto più comunemente per proteggere i giovani dalle malattie, presenti e future, della Rete è il filtering. I programmi di filtraggio hanno lo scopo di oscurare siti "indesirati"; vengono ostacolati da coloro che ritengono sia una vera e propria infrazione incostituzionale della libertà individuale. Con il dovuto rispetto, vorrei dire che il clamore al riguardo è assolutamente inutile: i sistemi di filtraggio non funzionano e non funzioneranno mai! Non funzionano perché sono basati sulle ricerca per parole chiave fatta su un vocabolario non controllato, la stessa ricerca che in Rete può fornire, ad esempio, 48.332 risultati. Ogni bibliotecario che abbia un minimo di conoscenza del controllo bibliografico sa che i vocabolari controllati e le classificazioni sono il solo modo per assicurare allo stesso tempo precisione e richiamo. Il solo modo esistente, quindi, per avere sistemi di filtraggio efficienti sarebbe quello di catalogare e di classificare tutte le pagine Web! L'ALA si è schierata pubblicamente contro l'uso di filtri, non basandosi su queste motivazioni pratiche ma sul Primo Emendamento, attirandosi le ire di tutti coloro che vorrebbero ergersi a cyber censori, «difendendo il libero accesso alle sconcezze oscene, [l'ALA] ha costruito un porto sicuro per corrompere la nostra innocenza».94
Lo strano caso della "Dr. Laura"
Benvenuti nel mondo della "Dr. Laura" [Schlessinger], una figura eminente nel movimento dell'atavismo sociale. A differenza dei molti "reverendi" e "dottori" che infestano questo movimento, la signora in questione ha un rispettabile, anche se poco rilevante, background accademico.95 Lei è la conduttrice di un famoso show radiofonico di destra (nel luglio 1999 aveva un audience secondo solo a quello di Rush Limbaugh), articolista e scrittrice di libri di successo. Il suo obiettivo è un «totale rifacimento della società».96 Nel perseguimento di tale scopo, il suo occhio fustigatore, nella primavera del 1999, è caduto sull'American Library Association. Il casus belli è stato un link fatto dalla pagina Web della Young Adult Division dell'ALA a un'altra pagina Web, Go ask Alice, gestita da quei famosi pornografi della Columbia University. Go ask Alice fornisce semplici consigli riguardanti la vita sociale, sessuale, spirituale e emozionale. Quello che interessava la "Dr. Laura" era, ovviamente, l'elemento sessuale: infatti, se si va a cercare con estrema cura in Go ask Alice si può trovare notizia di svariati comportamenti sessuali. Non sappiamo quale sia la reale opinione della "Dr. Laura": crede realmente che i teenager non debbano avere interessi nei confronti del sesso e delle sue problematiche o, forse, crede che non debbano nemmeno esistere? Oppure era avidamente alla ricerca di qualche cosa di scottante che accontentasse l'insaziabile pubblico radiofonico e televisivo? Qualunque sia la motivazione, la dottoressa ha iniziato a combattere l'ALA e la sua difesa del libero accesso alle "sconcezze oscene", cioè il giusto rifiuto dei software di filtraggio. Il link di cui si parlava rinvia alla sezione "Salute e medicina" di un sito chiamato Teen Hoopla, gestito e raccomandato dalla Young Adult Division dell'ALA (YALSA). Praticamente è l'equivalente elettronico di una segnalazione in una vecchia "guida per il lettore" a stampa. Il problema è però che, una volta che si accede a un sito Web tramite un link, è come se si fosse entrati in una casa degli specchi e guardassimo in un infinito gioco di riflessi.
Secondo quanto riportato in un articolo del numero di oggi di «Nature», nonostante l'enorme dimensione del Web, oggi contiene circa ottocento milioni di pagine, ve ne sono alcune che contengono hyperlink multipli grazie ai quali si può raggiungere qualsiasi luogo del Web con pochi click.97
Insomma, per dirla nel modo più semplice possibile, se un gruppo di professionisti specializzati che cercano, nel proprio tempo libero e a proprie spese, di essere utili all'utenza non può raccomandare un sito creato da altri professionisti della Columbia University, allora i bibliotecari non potranno mai fare nessun link dalle loro pagine Web; dunque se la "Dr. Laura" avesse ragione, noi potremmo utilizzare la nostra esperienza fatta sui materiali posseduti dalla biblioteca fino al limite delle risorse elettroniche, ma non oltre. L'ALA ha reagito in maniera esagerata alle critiche mosse dalla "Dr. Laura" rivedendo la propria condotta in materia di link. Esiste il timore che l'ALA possa, in alcuni casi, scavalcare le decisioni prese dai propri membri e iniziare una battaglia senza precedenti sul tema dei valori. La cosa peggiore è che ogni tentativo del genere sarebbe vano perché, se è stato ideato per evitare l'ira di persone come la "Dr. Laura", non funzionerà mai. Io sono raramente d'accordo con il giornalista, perenne candidato a presidente, Patrick J. Buchanan, ma devo riconoscere che ha ragione quando afferma che è in atto nel nostro paese una "guerra culturale", traduzione di Kulturkampf. Gli attacchi come quello mosso a Go ask Alice sono le manovre tattiche di questa guerra nella quale la discussione sul filtraggio è la battaglia più importante; la causa è solamente un pretesto. La piccola crisi causata dalla "Dr. Laura" (uno dei tanti modi per alimentare l'attenzione del pubblico per cui si è stancata presto delle "sconcezze oscene" dell'ALA alla ricerca di nuovi bersagli) è circoscritta al suo desiderio, comune a molti altri, di voler censurare, mentre la missione dell'ALA e dei bibliotecari è garantire, al maggior numero di persone, la più ampia forma di accesso.
Combattere la febbre da filtro
Ritengo che l'ALA non sia stata molto efficace nell'opposizione ai software di filtraggio, anche se non è facile osteggiare quella che è, fondamentalmente, una proposta irrazionale. Piuttosto che affrontare questa battaglia basandosi su motivazioni filosofiche e morali che ci farebbero uscire sempre vincitori in teoria ma perdenti nel concreto, credo che i bibliotecari debbano attuare una duplice strategia. Prima di tutto, è essenziale dimostrare l'inutilità dei filtri: provare l'inefficacia dell'uso di parole chiave è molto facile. Molti utenti del Web sanno che questo tipo di ricerca è inefficace e sono stanchi di trovare centinaia di risultati rilevanti interrogando un motore di ricerca. Tutto ciò che dobbiamo fare, pertanto, è dimostrare perché accadono queste cose, spiegare l'uso delle parole chiave in una ricerca full-text e illustrare che questa tecnica viene applicata nei software di filtraggio. Dobbiamo inoltre dare un messaggio più positivo sull'uso del Web e della Rete e sulle limitazioni da imporre; dobbiamo coinvolgere i genitori nell'uso che i minori fanno delle biblioteche e fare in modo che i ragazzi leggano più libri.
Bisogna assolutamente evitare di disperdere la benevolenza che i bibliotecari e le biblioteche hanno accumulato negli anni, soprattutto in un conflitto nel quale noi rischiamo di essere dipinti come nemici della moralità o puristi arroccati su una torre di avorio, pronti a sacrificare bambini e famiglie, per non menzionare i colleghi che lavorano nelle numerose biblioteche di piccole dimensioni, sull'altare del Primo Emendamento. I nemici della libertà intellettuale negli anni Settanta e Ottanta tentarono di distruggere l'American Civil Liberties Union anche cercando di travisare, agli occhi della gente, le attività e i principi ispiratori di quella eccellente organizzazione. Forse pensate che non sia possibile che qualcuno faccia una cosa analoga nei confronti dell'ALA, se noi continuiamo a prestarci a interpretazioni erronee?
Questa non è una guerra immaginaria senza conseguenze, ma non è nemmeno una guerra tra il bene e il male, tra l'ALA e i sostenitori dei filtri. L'ALA si comporta in questo modo per buoni motivi e è dalla parte giusta, dal punto di vista filosofico, morale e intellettuale. Alcuni di coloro che sostengono i filtri sono sicuramente incitati da demagoghi e agitatori, ma ve ne sono anche altri che hanno profonde convinzioni religiose, seriamente preoccupati del futuro e della cultura dei loro bambini. Noi dobbiamo raggiungere queste persone e spiegare loro, con le nostre argomentazioni, l'inutilità dei filtri, comunicare la necessità che i genitori siano partecipi nell'uso della biblioteca da parte dei ragazzi e conoscano i possibili usi e il valore della conoscenza. Dovremmo anche avere molta solidarietà nei confronti dei colleghi che vivono in quelle comunità nelle quali è stata combattuta questa guerra. Molti di loro non possono capire perché noi, che siamo in condizioni diverse, sembriamo non comprendere le pressioni alle quali sono stati sottoposti. Per fare un esempio, il consiglio cittadino di Nampa, Idaho, ha votato a favore della decurtazione di 50.000 dollari dal budget stanziato per l'acquisto di materiali, budget totale di 120.000 dollari, se la biblioteca non installa questi filtri.98 In quel momento la bibliotecaria di Nampa stava ancora valutandone l'uso e è stata, chiaramente, oggetto di pressione con questo attacco al budget. Lei è una tra molti dei nostri colleghi che non solo sono in pericolo di perdere il proprio lavoro, ma rischiano anche di vedere distrutte le biblioteche per le quali hanno lavorato tanto duramente. La strana confusione ideologica sull'uso dei filtri è illustrata, in maniera esemplare, da questo caso. Secondo «Ljdigital», questo atto è l'ultimo di una serie di attacchi all'istituzione biblioteca, attacchi che iniziarono con le lamentele sul possesso di libri come Heather has two mommies e Daddy's roommate e il rifiuto di alcune biblioteche di spostare questi libri nella sezione per adulti.99 Questa, come le discussioni sui filtri, è chiaramente l'ultima frontiera nella guerra per la censura condotta da decenni. Malgrado ciò, non dobbiamo mai dimenticare che il filtering è una potente rappresentazione simbolica della reale paura di molte persone che non sono schierate ideologicamente. Per queste persone e per i colleghi caduti sotto il fuoco incrociato di questa guerra, noi, come professionisti, dobbiamo pensare una strategia efficace e di successo per opporsi ai filtri che evidenzi le seguenti cose:
Sarebbe nostro compito utilizzare anche annunci pubblicitari e tutti gli altri mezzi di comunicazione di massa per consolidare l'opinione, generalmente positiva, che il pubblico ha di noi. Abbiamo tante cose da dire e abbiamo guadagnato il rispetto e la stima del pubblico: potremo aumentarli se persuaderemo la maggioranza dei genitori che è corretto chiedere il permesso scritto per l'uso di Internet dei bambini e che è giusto posizionare i computer in posti ben visibili. Ho affrontato l'inefficacia dei filtri ma vorrei ancora aggiungere che, su questo punto, dovremmo essere quanto più forti possibile. Dobbiamo enfatizzare l'importanza della lettura per lo sviluppo intellettuale, ma anche per combattere la fama ingannevole di Internet. Un bambino che legge un buon libro è una risposta positiva alle paure per le quali i filtri e il V-chip100 sono risposte negative. Non dovremmo mai derogare alla nostra convinzione che anche i bambini hanno dei diritti e che questi includono quello della libertà di ricerca: con molti genitori possiamo trovare un argomento comune sottolineandone il ruolo di guide e sostenitori. Niente potrà mai persuadere la "Dr. Laura" e la sua genia, ma almeno raggiungeremo le persone più sensibili che vi si opporranno. Se questa è una guerra di propaganda, allora combattiamola come tale: ad esempio, la preparazione di un video dell'ALA che illustri tutti i punti qui elencati potrebbe essere un valido aiuto nella discussione con comitati di gestione oscurantisti, sia per i bibliotecari scolastici che per coloro che lavorano in biblioteche pubbliche.
I bibliotecari e i censori esistono da secoli. Cambia lo sfondo, cambiano le motivazioni e i mezzi di comunicazione, ma l'idea di libertà di pensiero e di espressione è la stessa dell'epoca di Tom Paine.
Note
87 Encyclopedia of library and information science, edited by Allen Kent. New York : Dekker, 1974.
88 L'ALA organizza annualmente una settimana di discussione e memoria dei libri che vengono vietati, censurati o sottoposti a modifiche e a correzioni per la loro presunta immoralità trattando argomenti ritenuti blasfemi o troppo espliciti in materia sessuale. http://www.ala.org/bbooks/ [ndt].
89 The ALA world encyclopedia of library and information services, edited by Robert Wedgeworth. Chicago : ALA, 1980.
90 Frederic Wertham, The seduction of the innocent. New York : Rinehart, 1954.
91 George Dessart, Barring Rambo from the Potemkin Village: reflections on the V-Chip, «Television quarterly», vol. 28, no. 3 (summer 1996), p. 37-41.
92 ALA IFC report to Council, Tuesday, June 30 [1999], «Intellectual freedom action news», June-July-August 1999, p. 6-10.
93 Kirstin J. Hought e Philip K. Erwin, Children's attitudes toward violence and television, «Journal of psychology», vol. 131, no. 4 (July 1997), p. 411-416.
94 Laura Schlessinger, Letter to ALA executive director, William Gordon, May 5, 1999.
95 Un dottorato in fisiologia presso la Columbia University.
96 Articolo di Patrizia Dilucchio sulla rivista on line «Salon.com».
97 Vincent Kiernan, As goes Kelvin Bacon, as goes the Internet, researchers report, «Chronicles of higher education», September 9, 1999. http://chronicle.com/free/99/09/99090901t.htm.
98 «Ljdigital», April 30, 1999. www.bookwire.com/ljdigital/leadnews.articles$29049.
99 Questi due libri sono stati oggetto di attacco dal momento che descrivono bambini in famiglie con capifamiglia lesbiche o gay.
100 V(Violence)-chip: a partire dal 1993 negli Stati Uniti si è sentito il bisogno di concordare tra Governo, industrie elettroniche e organizzazioni, la creazione di dispositivi di controllo che permettessero di verificare il livello di violenza dei programmi televisivi. Dopo due anni di lavoro tecnico e legislativo, è stata varata una legge che obbliga i produttori di apparecchi televisivi a istallare su ogni apparecchio un V-chip che permette ai genitori di bloccare la visione di determinati programmi [ndt].