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Noi che ricordiamo

Presentazione del CD-ROM della rete Lilith

di Giulia Visintin


Mi fa molto piacere essere qui, oggi [1], fra colleghe e persone amiche, a rappresentare l'Associazione italiana biblioteche, l'associazione nella quale si riuniscono le persone che lavorano nelle biblioteche e per le biblioteche, e della quale fanno parte anche molte delle collaboratrici della rete Lilith. Alla rappresentanza per così dire ufficiale vorrei aggiungere il mio personale rallegramento nel vedere oggi realizzato -- nelle banche dati che si raccolgono in questo CD -- il lavoro di anni di molte donne. Soddisfazione, orgoglio, ma certo non meraviglia. Perché questa che oggi si presenta non è un'eccezione, bensì semplicemente la vera espressione del lavoro bibliotecario. Siamo una comunità professionale che conosce bene il significato e il valore di ogni singola, minuta informazione, e quanto conti la possibilità di farla circolare, questa informazione, di trasmetterla, di comunicarla. Si potrebbe anzi dire che attività come quelle che hanno portato alla creazione di queste banche dati e di questa documentazione costituiscano il vero nucleo, l'identità profonda del mestiere della bibliotecaria. Il fatto che -- nel caso di Lilith -- al lavoro di molte professioniste si sia affiancato quello di altrettante, se non di più, volontarie non può naturalmente che aggiungere un motivo in più di soddisfazione.

Non è tuttavia la prima volta che uno strumento utile all'intera comunità bibliotecaria, italiana e internazionale, viene ideato e curato da donne. Permettetemi di ricordare brevemente in questa occasione -- nella quale riflettiamo su un lavoro specificamente dedicato e rivolto alle donne -- alcune esperienze, alcuni preziosi lasciti di cui disponiamo grazie all'impegno di bibliotecarie venute prima di noi.

Quasi cinquant'anni fa, a Firenze, una donna riuscì a mettere in opera un progetto a lungo meditato. Si trattava di Anita Mondolfo, direttrice dal 1936 della Biblioteca nazionale centrale fiorentina [2], privata del proprio lavoro e di altro dalle persecuzioni razziste del fascismo, che al ritorno a Firenze volle raccogliere intorno a sé "una specie di seminario" (sono parole sue) che portasse alla realtà una sua idea nata molti anni prima. È a Mondolfo, alla sua tenacia e al suo coraggio che dobbiamo il Soggettario, la lista controllata e coordinata di voci alfabetiche per soggetto in uso ancor oggi in gran parte delle biblioteche italiane. Il Soggettario ha costituito per decenni l'elemento fondamentale nella costruzione di un linguaggio e di un metodo comuni fra biblioteche nel campo dell'indicizzazione semantica. E se è vero che dubbi, anche fondati, sull'invecchiamento di questo strumento -- pubblicato nel 1956 -- sono stati avanzati in più occasioni, la lettura del breve scritto che Mondolfo volle premettere a quell'edizione dovrebbe convincere piuttosto della natura feconda, aperta, non fossile né immobile che la sua ideatrice intendeva imprimervi [3].

Venticinque anni fa vide la luce la bibliografia corrente della Letteratura professionale italiana, una preziosa testimonianza e -- col passare degli anni -- memoria di quanto in Italia si scriva e si pubblichi sulle biblioteche, la bibliografia, le tecniche biblioteconomiche, i libri e l'editoria in genere. Repertorio utile tanto all'informazione e all'aggiornamento delle bibliotecarie e dei bibliotecari italiani quanto importante per la diffusione fra i colleghi degli altri paesi della conoscenza di un dibattito che ha saputo raggiungere -- nell'ultimo quarto di secolo -- una intensità e una vivacità senza precedenti. La nascita della rubrica Letteratura professionale italiana, che compare regolarmente dal 1975 sul bollettino trimestrale dell'AIB, è merito di Vilma Alberani, una bibliotecaria romana che con determinazione l'ha voluta e realizzata e l'ha curata per i primi quattordici anni [4].

Una ventina d'anni fa si gettavano le fondamenta del Servizio bibliotecario nazionale. Non credo sia necessario spendere molte parole per descrivere una organizzazione cooperativa che è nell'esperienza quotidiana non solo delle biblioteche italiane, ma -- ed è quel che più conta -- del loro pubblico. Se i risultati di questa impresa sono sotto gli occhi di tutti, occorrerà forse ricordare quanta fiducia e ampiezza di vedute occorressero all'inizio degli anni Ottanta per immaginare e perseguire un simile progetto. Una delle persone che più seppe dare concretezza a questa fiducia, a questa prospettiva allora per molti versi inimmaginabile fu Angela Vinay, all'epoca direttrice dell'Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane [5].

Certo nessuna di queste esperienze è stata l'esperienza di una singola persona: càpita raramente nel lavoro di biblioteca. Credo in ogni modo che questi pochi esempi possano testimoniare a sufficienza quanto le biblioteche italiane debbano all'energia e all'intelligenza delle donne. Oggi siamo qui -- con l'attenzione rivolta ad uno strumento che sin dai suoi primi passi si muove verso il futuro, verso quella parte almeno di futuro che ci è dato di immaginare -- ma non penso sia fuori luogo aver coltivato per un poco il ricordo di chi agli stessi problemi si è applicata prima di noi. D'altra parte ci sarebbe impossibile comportarci altrimenti: la dote della memoria è radicata profondamente nella personalità delle bibliotecarie.

Non so se vi è mai capitato di consigliare ad un'amica la lettura di un'autrice molto amata e molto letta, che all'amica era fino allora sconosciuta. In casi come questi alla gioia di condividere una passione si mescola un po' d'invidia, di solito si dice: "Beata te che ancora non hai letto…" Barbara Pym, ad esempio, o P.D. James. Per una volta mi trovo nella condizione opposta: in tutti questi anni ho assistito guardando da lontano al nascere e al crescere della rete Lilith, punta sovente dal rammarico di non avere il tempo e il modo di contribuire per il poco che potrei. Beh, se non altro ora posso dire a me stessa: "Beata te!", e godermi tutta la novità, la ricchezza e la varietà offerta dagli archivi raccolti nel CD.

Spero che non lo si consideri scarso rispetto per tutto il lavoro che c'è voluto per arrivare a questo risultato se dico che la prima reazione è stata di volerne ancora. La stretta integrazione, la coerenza fra gli ambiti tematici dei vari archivi -- per esempio -- rende facilmente immaginabile la costruzione di un solo archivio bibliografico, in luogo dei quattro oggi disponibili. È vero che il passaggio dall'uno all'altro è già ora agevole e chiaramente indicato, ma è fuor di dubbio che molte ricerche sarebbero più spedite se condotte una volta sola. L'istituzione di un archivio unico non impedirebbe in ogni caso la possibilità di circoscrivere la ricerca a dati sottoinsiemi, come le registrazioni relative alla biblioteca di Sofia, che a questo scopo basterebbe contrassegnare con un marcatore.

L'integrazione sfrutterebbe inoltre in maniera ancora più efficace una delle articolazioni più preziose fra quelle che compongono gli archivi di Lilith. Mi riferisco alla catalogazione analitica dei singoli articoli pubblicati in rivista o dei saggi presentati nei volumi collettivi. Come può la mera forma della presentazione editoriale (in volume autonomo, o in compagnia di altri scritti, affini o assai lontani per argomento e impostazione), come può un elemento tutto sommato contingente determinare la reperibilità -- o l'impossibilità dell'accesso -- di uno scritto, di un saggio, di un articolo? Certamente una ricerca -- qualsiasi ricerca bibliografica -- non è la stessa se condotta soltanto sulle pubblicazioni in volume o estesa agli articoli su rivista, o alle relazioni a convegni. Sto dicendo un'ovvietà -- e me ne scuso -- ma ci tengo a sottolineare questo particolare perché l'esperienza insegna quanto siano preziose queste informazioni analitiche e perché nelle basi di dati di Lilith molta strada in questa direzione è già stata percorsa. Esiste infatti già il catalogo dei periodici (l'archivio Effe) con il suo repertorio di disponibilità delle annate, rivista per rivista. Questo è -- si può dire -- un privilegio: quante basi di dati bibliografiche ci dicono che esiste proprio l'articolo che fa al caso nostro ma non ci dicono dove poterlo trovare… Va poi detto che -- a parte il ricco archivio delle recensioni di Leggeredonna -- nella stessa base Lilith sono già comprese numerose registrazioni analitiche, da riviste, volumi collettivi, atti di convegni. Poiché dunque molto è già stato fatto in questa direzione, non proseguire sarebbe assurdo, potendo per di più contare su una consuetudine alla cooperazione senza la quale imprese come questa riuscirebbero insensate, e fallirebbero assai presto.

Ma c'è un'altra ragione che mi spinge a formulare questo invito, e non penso tanto alle riviste più durature e diffuse anche nelle biblioteche non specializzate quanto alla fitta produzione di numeri unici, fogli d'occasione, piccole riviste vissute per brevi periodi o a lungo ma senza regolarità. Quello che noi possiamo fare (direi quasi un obbligo della nostra generazione nei confronti di quelle future) è raccogliere quante più informazioni -- e quanto più precise -- sull'identità di questi documenti, oltre che naturalmente provvedere a custodire i documenti stessi. E dal punto di vista della raccolta di queste informazioni spesso tanto elusive (datazioni, responsabilità editoriali, identità delle autrici) è di grande aiuto la nostra vicinanza con i luoghi e le occasioni nelle quali quei documenti vennero al mondo, la nostra prossimità con le donne che diedero vita a quelle riviste. Nessuna dopo di noi sarà più vicina di noi a quelle informazioni, per tacere del fatto che in molti casi la nostra conoscenza in merito si fonda su esperienze direttamente, personalmente vissute. Non trascurare questo particolare dell'accertamento e dell'arricchimento dei dati sarebbe un modo di mettere al servizio del lavoro di bibliotecarie anche la nostra intenzione di non dimenticare -- in nessun caso -- tutto ciò che ha contribuito a costituire la nostra identità, individuale e collettiva.

Vorrei infine riflettere un poco sul linguaggio delle basi dati Lilith, anzi su quella particolare forma di linguaggio che è la catalogazione, nelle sue articolazioni descrittive e indicali. Nonostante la malleabilità di uno strumento come CDS-ISIS e le cure dedicate a questi aspetti del lavoro (penso in particolare al thesaurus Linguaggiodonna) è evidente da una consultazione anche rapida degli archivi che c'è ancora qualche lavoro da fare. Un po' perché non c'è nulla come un sistema di gestione automatica delle informazioni per dare risalto ai piccoli sfilacciamenti nel tessuto del catalogo, un po' perché sarebbe impossibile condurre un lavoro di cooperazione di queste proporzioni senza incappare in qualche incoerenza. La mia proposta è di attuare una revisione accurata e attenta alla precisione e alla congruenza delle registrazioni -- ora che la quantità dei dati è tale da rendere visibili le difformità senza assumere dimensioni tali da scoraggiare qualunque desiderio di miglioramento. Questo consiglio è dettato ovviamente dal desiderio di perfezionare le funzioni di accesso ai dati, non da una idolatria delle norme di catalogazione, e infatti non è mia intenzione suggerire l'adesione ad uno o ad un altro codice. Vorrei semplicemente ricordare che i linguaggi, anche i linguaggi di catalogazione, servono allo scambio: un adeguamento a forme catalografiche note, accettate e diffuse non potrebbe che facilitare la conoscenza delle informazioni tanto pazientemente raccolte nella rete Lilith. Va anche osservato che nel CD-ROM le informazioni vanno per il mondo contando solo sulle proprie forze, senza la possibilità di verificare direttamente sul documento i particolari meno chiari della registrazione, a portata di mano invece quando il catalogo sia consultato nelle singole biblioteche depositarie dei documenti.

Personalmente credo poi che in una parte significativa delle norme si trovino già strumenti adeguati anche a rappresentare realtà, esperienze, riflessioni che a prima vista non troverebbero posto nella catalogazione tradizionale. Penso naturalmente alle tecniche dell'indicizzazione semantica, ma anche sul trattamento dei nomi di persona si potrebbe riflettere utilmente. Perfino in presenza del vocabolario d'indicizzazione più sessista o falsamente neutro, la semplice osservanza del principio di specificità nell'indicizzazione per soggetto dovrebbe bastare a renderlo espressivo di un patrimonio documentario come quello registrato negli archivi di Lilith, assicurando la definizione e l'accessibilità di tutti i concetti necessari a riprodurne compiutamente la ricchezza dei contenuti. Tecniche dell'analisi concettuale e pensieri della differenza hanno molto in comune, e sono certa di condividere con più di una collega bibliotecaria il piacere di vedere come questi due modi della nostra riflessione riescano sovente ad illuminarsi a vicenda.

Per concludere, che cosa ci dimostra dunque questo CD di Lilith? È innanzi tutto una bella testimonianza di come un gruppo di donne abbiano saputo dedicare anche al lavoro spontaneo -- e sovente in condizioni di precarietà finanziaria -- le loro competenze professionali, le tecniche appropriate, la capacità di collegamento e cooperazione caratteristica della comunità bibliotecaria.

Dà soddisfazione perché si tratta di un risultato tangibile, una vera e propria pubblicazione che potrà andare per il mondo attrezzata anche di quanto serve all'impiego dei mezzi elettronici di comunicazione.

Il CD-ROM di Lilith è insomma la dimostrazione che il lavoro delle bibliotecarie è soprattutto un lavoro di tessitura -- "only connect" [6] -- una rete che si sovrappone alla molteplicità dei percorsi possibili attraverso tutte le reti.


Note al testo

1. Intervento alla presentazione del CD-ROM della rete Lilith (vedi <http://linux.women.it/lilith/home.htm>), Roma, 10 giugno 1999.

2. Elisabetta Francioni. Bibliotecari al confino: Anita Mondolfo. "Bollettino AIB", 38 (1998), n. 2, p. 167-189.

3. Anita Mondolfo. Prefazione. In: Soggettario per i cataloghi delle biblioteche italiane, a cura della Biblioteca nazionale centrale di Firenze. [Roma]: Centro nazionale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche, [1956], p. IX-XIV.

4. Vilma Alberani. La Letteratura professionale italiana dal 1975 al 1988. In: Vent'anni di letteratura professionale italiana. "Bollettino AIB", 35 (1995), n. 3, p. 352-355.

5. Giuseppe Colombo -- Giovanna Mazzola Merola. In ricordo di Angela Vinay. "Bollettino d'informazioni / AIB", 31 (1991), n. 3, p. 203-209; nello stesso fascicolo della rivista, interamente dedicato a commemorare Vinay a pochi mesi dalla sua morte, si trova anche l'editoriale di Tommaso Giordano, Ad Angela Vinay, p. 197-198.

6. Si tratta -- com'è noto -- del motto che Edward Morgan Forster pose in epigrafe al suo romanzo Howard's End.


Copyright AIB 2000-02-09, ultimo aggiornamento 2000-02-15, testo di Giulia Visintin, a cura di Claudio Gnoli.
<http://www.aib.it/aib/contr/visintin1.htm>
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