di Massimo Gatta
Confesso di avere molto amato Il mattino dei maghi, che all'epoca mi inquietò non poco. Anche L'uomo eterno mi colpì nel profondo e così iniziai a procurarmi altri libri di Jacques Bergier, convinto com'ero che lo scienziato e storico della scienza avesse compreso molti fenomeni centrali nell'evoluzione della conoscenza e della storia delle idee. Quando finalmente riuscii a procurarmi anche I libri maledetti trascorsi due giorni chiuso in casa a leggerlo. Più leggevo quelle pagine e più una certa realtà diventava chiara; alcuni fenomeni del passato recente, che inizialmente mi erano apparsi strani ed oscuri, iniziarono a chiarirsi. Qualcosa lentamente si muoveva nella mia testa di lettore e bibliotecario. Tasselli sparsi tornarono al loro posto e una certa nebulosità iniziava a diradarsi. Quando chiusi il libro trascorsi del tempo fissando il vuoto, e sul mio volto apparve un sorriso indefinibile, come quello dell'ignoto marinaio dipinto da Antonello. Ero quasi certo che Bergier avesse ragione e che quello che era accaduto nella Biblioteca dove lavoravo poteva forse trovare una spiegazione leggendo il Prologo di Bergier al suo I libri maledetti. Ma andiamo con ordine.
Qualche tempo dopo la creazione della NBV (Nuova Biblioteca Virtuale), fortemente voluta dal vecchio direttore, questi improvvisamente morì a causa di uno strano incidente automobilistico. Fu una grande tragedia. Colui che lo sostituì per un breve periodo volle riportare la nostra biblioteca ai fasti del PPI (Periodo Pre Informatico), e per far ciò fu attuata un'estesa e complessa politica di acquisti in antiquariato, anche a livello internazionale. Iniziarono, quindi, ad arrivare preziosi incunaboli e cinquecentine e rare opere del periodo barocco. Anche molti codici manoscritti del primo Quattrocento vennero acquistati senza badare a spese. Sembrava davvero di essere tornati all'epoca d'oro delle grandi biblioteche storiche, ricche di gioielli librari. Tra le opere di maggior pregio ricordo alcune prime edizioni di Giordano Bruno, di Tommaso Campanella, di Newton, e poi molte opere alchemiche, trattati di magia e di esoterismo. Quasi tutto il pubblicato di John Dee, il celebre mago e alchimista eliabettiano, tra cui la rarissima Monade geroglifica, poi Athanasius Kircher e Agrippa, le Stanze di Dzyan, opere dell'abate Tritemio come gli otto volumi completi della Steganografia (unica copia al mondo), i manoscritti Mathers e Voynich, il De masticatione mortuorum in tumulis (1728) di Michael Raufft, il De motu animalium (1681) di Borellus, il De furtivis literarum (1563) di della Porta e il Saducismus Triumphatus (1681) di Joseph Glanvill; ma anche opere di Shakespeare e Petrarca, Boccaccio e Dante. Insomma la nuova direzione intese arricchire alcune sezioni particolarmente delicate che erano state quasi del tutto annientate durante il periodo dell'AOC (Abolizione Opere Cartecee).
Un giorno, però, il protagonista di questi leggendari acquisti lasciò il suo incarico a causa dell'età avanzata. Venne sostituito in breve tempo da un nuovo direttore, anzi da una direttrice. Questa donna, non giovane, aveva la caratteristica di vestire sempre di nero, con grandi occhiali scuri. Trascorreva molte ore chiusa nel suo studio a scrivere e aveva, lo ricordo bene, una fitta rete di collaboratori esterni che venivano spesso a trovarla in biblioteca. Ora che ricordo: anche queste persone vestivano di nero, ma sarà stato un caso, pensavo. La donna era una persona di poche parole. Ma era fastidioso parlarle senza poterla guardare negli occhi, oscurati da grandi lenti nere. Iniziò a visitare la biblioteca con grande scrupolo, annotando tutto su un taccuino, da cui non si separava mai, con una scrittura incomprensibile resa ancora più oscura dal fatto di essere cifrata o comunque abbreviata.
La donna non lasciava trasparire emozioni evidenti. Anche il Fondo antico sembrò lasciarla indifferente. Per quello che era costato avrebbe forse meritato un maggiore entusiasmo.
Poi, improvvisamente, iniziarono le sparizioni. Toccò prima ad alcune opere di Giordano Bruno particolarmente preziose. Nessuno seppe spiegarsi com'era potuto accadere. Erano custodite in armadi d'acciaio e pochissimi erano a conoscenza della combinazione per la loro apertura. Dopo Bruno toccò all'immensamente prezioso Manoscritto Voynich MS.408, che la nostra biblioteca aveva acquistato, dopo interminabili trattative segrete, dalla Beinecke Rare and Manuscript Library dell'Università di Yale. La Beinecke aveva deciso di separarsi dal celebre manoscritto, acquistato a Frascati nel 1912 dal libraio antiquario Wilfrid M. Voynich (da cui il nome), dai gesuiti che lo possedevano. Dopo molte vicende il codice, ritenuto opera di Ruggero Bacone, finì nelle mani del libraio Hans P. Kraus che lo donò, infine, alla Beinecke. La prestigiosa biblioteca americana aveva deciso di venderlo per acquisire ingenti fondi da destinare a nuovi acquisti. La scomparsa del manoscritto Voynich rappresentava una perdita immensa.
Poi fu la volta dei libri di Dee, della Steganografia di Tritemio e di molti volumi di esoterismo e occultismo. Il fondo antico si stava lentamente, e inesorabilmente, sgretolando sotto gli occhi attoniti di noi bibliotecari. Un'emorragia incontenibile, un disastro bibliografico, una tragedia epocale, un danno economico e culturale d'inaudita portata. A nulla valsero le segnalazioni, le denunce, il moltiplicarsi dei sistemi di sicurezza. I libri continuavano a sparire come se una mano invisibile li prelevasse dai loro scaffali superprotetti e li distruggesse.
La direttrice ispezionava silenziosa le stanze dove un tempo erano conservati tutti quei preziosi volumi; protetta dai suoi occhiali scuri non permetteva a nessuno d'indagarne lo sguardo, il pensiero, le emozioni. Prendeva nota sul suo taccuino e poi si ritirava nella sua stanza. Intanto la situazione precipitava giorno dopo giorno e nel giro di qualche mese non c'era più traccia, nella nostra Biblioteca, di quegli antichi manoscritti e volumi. Quando tutto finì e gli addetti alle pulizie iniziarono la loro opera, scoprii tra la polvere un libro di G. Rattray Taylor intitolato La bomba biologica in cui l'autore ipotizzava la creazione di veri e propri serbatoi di conoscenza nei quali sarebbero state congelate quelle nozioni troppo pericolose per l'ordinato sviluppo della nostra civiltà, salvo poi metterle in circolazione quando il progresso morale dell'uomo ne avrebbe consentito un'utilizzazione senza danni. In effetti, riflettendoci bene, da qualche tempo, non lontano dalla nostra Biblioteca, si stava costruendo un enorme serbatoio in metallo lucente, che molti di noi pensavano fosse destinato a contenere acqua o gas. Invece...
Quel giorno, seduto comodamente in poltrona leggendo il Prologo di Bergier, tutto mi si chiarì. Le sparizioni, le perdite, le motivazioni, il serbatoio. Quelli che sembravano furti o inutili vandalismi perpetrati ai danni della nostra biblioteca e di tutta la cultura, avevano una loro, per quanto diabolica, spiegazione. E le parole di Bergier, che all'inizio mi erano sembrate fantasiose, eccessive, frutto di una fantasia complessa e colta, alla luce di quanto accaduto in Biblioteca divennero chiare, illuminanti, significative. Ma cosa scriveva, in fondo, di così eccessivo Jacques Bergier? Ecco il passaggio fondamentale: «Potrebbe sembrare veramente fantastica l'affermazione che esiste una specie di Santa Alleanza contro il sapere, una congiura organizzata per far scomparire completamente dalla circolazione certi segreti. Eppure, questa ipotesi non è per nulla più fantastica di quella della grande cospirazione nazista. [...] Chi sono, allora, gli avversari di questi libri maledetti? Supponiamo l'esistenza di un gruppo che io chiamerò "Uomini in Nero". Io ritengo che quegli uomini in nero siano antichi quanto la civiltà; io credo che sia possibile citare, tra loro, lo scrittore francese Joseph de Maistre e lo zar Nicola II di Russia. Secondo la mia opinione il loro compito consiste nel'impedire una diffusione troppo rapida e troppo ampia del sapere, una diffusione che avrebbe condotto alla distruzione tutte le civiltà che hanno preceduto la nostra».
Io credo che sia possibile citare tra gli "Uomini in Nero" anche la direttrice della nostra Biblioteca, questa volta però una "Donna in Nero".
Ma questo, ovviamente, Bergier non lo scrisse.