di Gianni Colussi
"El universo (que otros llaman la Biblioteca)..." [J.L. Borges]
La pubblicazione su "AIB-WEB" nella sezione "Contributi" del dibattito sull'inclusione o meno delle risorse elettroniche nel meta-opac MAI <http://www.aib.it/aib/contr/gnoli3.htm> ha stimolato in me alcune puntualizzazioni storiche.
"Paradossalmente, la mia ottica non è di ridimensionare il catalogo, è di non stravolgerlo, di non soffocarlo. Il catalogo non può essere una bibliografia. Non ci possiamo descrivere dentro i posseduti degli altri." [De Robbio]
L'equazione catalogo=posseduto sembrava superata da tempo, ma evidentemente non è così, come attestato nel testo di questo articolo di Meris Bellei che risale al 1992:
"Che i cataloghi di biblioteca non abbiano fini inventariali, bensì di risposta alle prevedibili domande dell'utente, sembrerebbe fatto acquisito a livello teorico se non si constatasse che, nella pratica, il catalogatore ha l'abitudine di comportarsi in modo differente: ad ogni documento almeno una scheda per ogni catalogo, con la dovuta diligenza; ma qui il discorso si interrompe." [1]
Quello che la legge prescrive come inventario patrimoniale è un catalogo topografico (coincidente con quello che De Robbio chiama il "registro del posseduto fisico della biblioteca"), al quale fa seguito l'allestimento (ma, in più, e per facilitare l'utente) di un catalogo alfabetico per autori, concepito da qualcuno come rispecchiamento 1 a 1 dei documenti posseduti. Ora, è giusto che la biblioteca mantenga la distinzione tra posseduto e non posseduto, per ragioni patrimoniali- amministrative, ma la stessa distinzione potrebbe non essere fatta pesare anche sull'utente. Anzi, per l'utente, il servizio complessivo potrebbe essere del tutto trasparente, tanto è vero che per lui il Catalogo Unico esiste già, nelle sue aspettative e nella pratica quotidiana. Quando trova un servizio ILL/DD/EDD attivo ed efficace, non fa distinzioni filosofiche tra prossimo e remoto. Avere un testo A dal magazzino in 15 minuti e poi un testo B dalla biblioteca di Ferrara (o di Milano o di Londra) 15 giorni dopo è solo questione di tempo, non di sostanza. Alla fine della fiera (20 giorni dopo) il nostro utente comincerà il suo lavoro a casa avendo sulla scrivania i due testi fotocopiati (ogni accesso si trasforma in possesso) e dimenticando quasi che stavano cosi distanti.
"Il catalogo tradizionale, definito dallo scopo originario di fornire accesso ai documenti posseduti da una singola biblioteca, ha un forte legame con la nozione di "patrimonio", presuppone una visione "raccolta-centrica" della biblioteca: fondata sulla convinzione che il valore dell'informazione contenuta nel catalogo sia inferiore all'informazione contenuta nei documenti. Di qui la focalizzazione del catalogo sulle entità fisiche anziché sul contenuto intellettuale: l'unità catalografica è la pubblicazione separata, indipendente, il contenitore, non il testo; e un numero enorme di testi non si localizza attraverso il catalogo. Ma questo quadro si sta ormai frantumando perché ha perso valore la premessa della collocazione fisica dei documenti come fattore primario della loro accessibilità. Il trasferimento di quelle nozioni al catalogo in linea (concepito come semplice dispositivo per fornire accesso alla raccolta) è in contraddizione con la natura e le potenzialità della tecnologia che consente e richiede il superamento dell'identità tra accesso e raccolta (il principio dell'accesso supera quello dell'acquisizione): il problema non è più che cosa la biblioteca possiede ma come può fornire le risorse necessarie agli utenti; e quindi non ha più bisogno del catalogo di ciò che è posseduto localmente ma di una "bibliografia" di ciò che è accessibile. Con lo sviluppo dell'accesso a distanza è la componente intellettuale dell'accesso che viene privilegiata,perché non si può dare per scontato che tutti gli utenti di un catalogo in linea vogliano l'accesso fisico. Lo stadio di soddisfazione di un utente a distanza è difficilmente determinabile a priori: si colloca lungo un continuum che va dalla semplice acquisizione che una certa opera esiste alla lettura integrale di un documento localizzato e recuperato. L'informazione contenuta nel catalogo può essere di per sé, l'oggetto di ricerca. Di qui la tensione, insostenibile a lungo andare, tra risorse destinate ad acquisire documenti e risorse destinate a procurare accesso: i costi d'immagazzinamento dei materiali possono essere assai più alti che sviluppare accesso a distanza ad altri luoghi." [2]
"Pensiamo alle ER come 'né monografie né periodicì', un terzo tipo di materiale dal punto di vista della continuazione e dell'aggiornamento." [Gnoli]
A parte il fatto che monografie e periodici non sono due tipi di materiali, ma due condizioni bibliografiche caratterizzate la prima dallo status di completezza e la seconda dallo status di incompletezza, nulla di più pernicioso è stato fatto dai creatori del nostro opac di Ateneo della divisione del catalogo in monografie e periodici. Non sapete quante pubblicazioni vengano contemporaneamente catalogate parte nell'una e parte nell'altra entità. Per esempio, gli atti accademici: i titoli di queste entità nei periodici ma i loro numeri speciali nelle monografie. Talvolta le segnalazioni dei legami compaiono, ma la navigazione si interrompe, per la piattezza dell'opac. E per conoscere la collocazione dei numeri speciali (quelli cioè che hanno anche un titolo proprio e che come tutti sanno vengono messi sugli scaffali delle monografie e non accanto ai loro confratelli periodici) bisogna chiudere la ricerca nel catalogo dei periodici e ricominciarla in quello delle monografie. Oppure si veda il caso delle "Memorie di geografia economica e antropica" che, potendo essere catalogate sia come monografia (superiore) che come collezione che come periodico, lo sono state di fatto in tutti e tre i modi, frammentando il posseduto un po' qui e un po' là. Si sa che solo il bibliotecario cocciuto ripete enne volte le ricerche, l'utente per lo più abbandona o si sazia del primo risultato che ottiene. Torno a ribadire che, per l'utente, l'offerta dei servizi deve essere unica, senza soluzioni di continuità.
"La presumibile direzione dei cataloghi del futuro è quella intuita da Buckland (nel 1988): la ridefinizione del catalogo come "ombrello" per la totalità delle registrazioni bibliografiche con informazioni complementari relative alla localizzazione e alle singole disponibilità delle biblioteche. Il catalogo in sostanza deve rientrare nell'alveo della bibliografia: recuperando il controllo di tutto ciò che motivi economici e tecnologici ne avevano estromesso (l'analisi degli articoli dei periodici, per esempio) mediante la fusione coi servizi d'indicizzazione presenti nel mercato; fornendo registrazioni più ricche d'informazioni (il contenuto dei documenti, per esempio) mediante il collegamento con le basi disponibili all'esterno del catalogo. I numerosi esperimenti in corso per testare le realizzabilità di progetti di questa natura paiono legittimare la visione espansiva del catalogo." [2]
"I cambi di URL come li gestisco?" [De Robbio]
Non costa più fatica del garantire l'esistenza sullo scaffale di un documento posseduto. Occorre personale per la verifica quotidiana degli scaffali oppure si fa come da noi che si modifica il catalogo solo quando qualcuno se ne accorge e dà l'allarme. Un buon motore di scansione che tutti i giorni faccia il giro degli URL del catalogo costa meno in termini di personale e di risorse economiche. Immaginiamo quanto sia "remoto" un volume dichiarato presente dal catalogo e in verità irreperibile da anni perché rubato o semplicemente smarrito.
Quello su cui potremmo discutere è semmai l'opportunità di far partire da 100 cataloghi di biblioteca 100 link alla stessa risorsa remota. Meglio sarebbe un catalogo unico delle risorse remote che costituisse il punto unico di riferimento per tutte le biblioteche. Modello o incarnazione di questo catalogo potrebbe essere "AIB- WEB".
1. L'informazione nascosta: appunti sulla catalogazione analitica / Meris Bellei. «Biblioteche oggi», 10 (1992), n. 2, p. 175-185. Rimando ai riferimenti citati nella bibliografia di questo e del saggio successivo per i necessari riscontri nel dibattito internazionale.
2. Il catalogo di Alcuino: alcune riflessioni sulla catalogazione di livello minimo / Rossella Dini. In: Il linguaggio della biblioteca: scritti in onore di Diego Maltese / raccolti da Mauro Guerrini. Firenze: Regione Toscana, Giunta regionale, 1994 (stampa 1995). 2 v. poi Milano: Editrice Bibliografica, 1996, p. 780-808.