Una riflessione sul tema del lavoro nell’ambito delle biblioteche pubbliche statali non può prescindere dal quadro di riferimento generale e non tenere conto di tutta quella serie di fatti significativi che in questo ultimissimi anni hanno attraversato la Pubblica amministrazione avviando processi e mettendo in campo trasformazioni di cui ancora non si coglie appieno la portata, le conseguenze e i risultati.
Mi riferisco alla riforma sul decentramento amministrativo avviata dalle leggi Bassanini, alla Istituzione del nuovo Ministero per i beni e le attività culturali che conclusa la fase normativa si avvia ora alla definizione dei regolamenti, al contratto del comparto stato 1988 - 2000 sottoscritto nel febbraio di quest’anno.
Tre fronti che hanno impegnato e devono impegnare i bibliotecari dello Stato, le associazioni professionali e l’AIB in un costante e vigile confronto e dialogo con le istituzioni.
L’impressione, che ritengo si colga anche dai nostri periferici punti di osservazione, è quella di trovarsi di fronte ad uno snodo storico tra il cambiamento e la conservazione, che è poi la lo snodo e la sfida che riguarda tutta la P.A., in una fase di passaggio, di transizione che sostanzialmente è anche momento di disorientamento.
I segnali che vengono dal nostro Ministero sono contraddittori, di aperture importanti e di chiusure di vecchio stampo, sintomo di una realtà complessa fatta di spinte e contro spinte, di pulsioni contrastanti non solo nella dirigenza ma anche all’interno delle diverse categorie del personale.
Di particolare interesse è la revisione dei profili professionali relativo alle carriere tecnico scientifiche a cui sta procedendo il Ministero per i Beni e le attività culturali e per la quale è stata richiesta una più stretta collaborazione alla nostra associazione per quanto attiene all’aggiornamento dei profili che ci riguardano.
L’evoluzione dei prodotti e dei servizi, la trasformazione del pubblico, l’influsso di nuove tecnologie e la globalizzazione della informazione hanno profondamente trasformato la vita delle biblioteche e allargato i terreni di applicazione della nostra professione.
Continuare a definire la professione per linee generali rischia di risultare insufficiente a contenere le complessità del lavoro bibliotecario mentre si rende sempre più necessario individuare dei profili professionali diversificati sulla base delle attività, delle competenze e delle conoscenze effettivamente sviluppate in questi ultimi anni.
In Francia, tra il 1994 e il 1995, l’Ufficio formazione della Sottodirezione delle biblioteche del Ministero dell’istruzione superiore e della ricerca, (da cui dipendono i bibliotecari conservatori, in servizio presso le biblioteche di ricerca e le biblioteche municipali classées) realizzò una ricerca che coinvolse 56 istituzioni bibliotecarie, al fine di inventariare le professioni bibliotecarie e di creare una carta delle professioni bibliotecarie su cui basare la politica della formazione del Ministero.
Dall’indagine (cfr."Biblioteche oggi" luglio - agosto 1997) emersero addirittura 31 tipologie professionali, ripartite in quattro settori: 1) professioni legate alle collezioni; 2) professioni legate ai pubblici; 3) professioni legate alla formazione, allo studio e alla ricerca; 4) professioni legate alla direzione di progetti e di servizi.
In effetti la diversificazione dei profili con figure professionali nuove può costituire, nel panorama delle biblioteche statali, anche una risposta all’esigenza di dare ossigeno e rivitalizzare una professione che pur essendo articolata su tre livelli, sempre più soffre per l’appiattimento nell’indistinto e per la confusione di compiti e di ruoli; una carta delle professioni bibliotecarie inoltre consentirebbe all’amministrazione di disporre di un quadro di riferimento chiaro per la scelta e la formazione del personale di cui ha bisogno.
Vale la pena di ricordare a questo proposito gli anacronistici programmi d’esame per l’ultimo concorso pubblico bandito dal Ministero per collaboratori bibliotecari e bibliotecari, in cui venivano richieste competenze in paleografia latina e greca, o traduzioni dal latino all’impronta, senza nessuna attenzione per la conoscenza delle lingue straniere o dei linguaggi informatici, rivelando una totale disinformazione nei confronti del mercato del lavoro bibliotecario e dei sui mutamenti.
Gli attuali profili professionali dei bibliotecari dello Stato furono identificati sulla base della legge 312 che risale ormai al 1980 che classifica gli impiegati civili e gli operai delle amministrazioni dello stato in 8 qualifiche funzionali, e furono definiti nel DPR 29 dicembre 1984, n. 1219, in attuazione ad essa.
Successivamente, sulla base del DPR 266/87 si istituì per il personale appartenente al comparto ministeriale anche il IX livello, e in esso furono inquadrati con due passaggi successivi la maggior parte dei bibliotecari propriamente detti (ex profilo di VIII), mentre le qualifiche di aiuto bibliotecario e documentalista (ex VI) confluirono entrambe nel profilo di VII corrispondente al collaboratore bibliotecario .
Ora, tenendo conto della normativa esistente, l’AIB ha già formulato e fatto pervenire delle proposte che adeguino i profili di collaboratore bibliotecario, bibliotecario e bibliotecario coordinatore, alle profonde innovazioni tecniche e scientifiche che in questi 15 anni hanno investito le biblioteche e il mondo dell’informazione, anche tenendo conto di quanto è accaduto in ambito universitario con la scomparsa delle scuole di specializzazione e l’introduzione di specifici percorsi di laurea formativi.
Ma non basta, la recente ricerca "Editoria elettronica e nuove professioni del libro" condotta nell’ambito del progetto New book economy, avviato dal Consiglio d’Europa, finanziato dai fondi strutturali dell’Unione europea, (programma ADAPT) e promosso in Italia proprio dall’Ufficio beni librari del Ministero, dove fra l’altro già si delineano 4 profili professionali diversificati di bibliotecari del multimediale, e in generale l’attenzione con cui si guarda in questa direzione a livello europeo (le Raccomandazioni della Commissione cultura UE sulle nuove professioni dell’informazionelascia prevedere che il processo di revisione dei profili avviata all’interno dei Beni e attività culturali passa saldarsi con una riflessione più ampia che allarghi gli orizzonti della professione, e in questa prospettiva il ruolo propositivo e orientativo dell’Associazione appare ineludibile.
Attualmente, secondo una recente valutazione fatta dalla Direzione generale degli affari del personale del Ministero che ci consente fra l’altro di sostanziare di numeri il nostro discorso, per quanto attiene alle professioni bibliotecarie, nelle 47 biblioteche statali dislocate sul territorio nazionale, sono impiegate effettivamente, al di la delle qualifiche risultante dal ruolo, 880 unità distribuite sui tre livelli di VII, VIII e IX (o secondo la divisione per aree del nuovo contratto C1 C2 e C3) in cui si articola la figura del bibliotecario. Precisamente:
Secondo il cosi detto organico teorico il personale bibliotecario che dovrebbe contare complessivamente 942 unità risulterebbe sotto dimensionato di 62 unità, anche se i numeri sarebbero molto diversi qualora si andassero a monitorare le singole realtà territoriali, rivelando comunque come il blocco del turnover cominci a far sentire i suoi effetti.
La prospettiva sembra essere dunque quella di un corpo di bibliotecari dello Stato relativamente ristretto che di converso dovrà avere un alto connotato di specializzazione.
L’aut sourcing e l’affidamento all’esterno di interi servizi, sembra essere d’altra parte sempre più la risposta che l’amministrazione intende dare alle carenze degli organici, allo snellimento delle procedure e all’ampliamento dei servizi offerti: a maggior ragione si rende evidente in questo quadro la necessità di definire con la massima precisione il proprio ambito di competenze, mantenendo alto il livello di indirizzo e di coordinamento scientifico.
La questione è tanto più importante e interessante in quanto va a saldarsi con un’altra di grande attualità in questi ultimi tempi, e ancora non giunta a conclusione: la prospettiva che i bibliotecari insieme ad archeologi archivisti e storici dell’arte possano confluire nell’area dei professionisti della P.A., prevista dall’articolo 11 della legge 59/97 e recepita dal Contratto del Comparto Stato, con la possibilità di avviare forme contrattuali separate che tengano conto delle caratteristiche e delle esigenze legate alla specificità della professione, come ad esempio il riconoscimento di un monte per la formazione, per lo studio, consentendo tra l’altro una maggiore mobilità per la partecipazione a congressi, seminari e incontri di lavoro, riconoscendo dunque anche il valore professionale di essere qui al nostro Congresso oggi.