Non riuscivo a trovare un titolo per questo intervento, forse perché non c'è un filo conduttore che lo percorra da capo a fondo, parlerò comunque dei servizi bibliotecari nazionali in una prospettiva sistemica.
Vorrei iniziare con alcune considerazioni non di merito, tutte interne alla vita della nostra associazione professionale. Durante l'assemblea dei soci tenuta una anno fa al Congresso di Genova si sviluppò una discussione sul ruolo delle commissioni permanenti all'interno dell'AIB. Una discussione che suscitò più interesse di quanto pensassi, stando almeno alle testimonianze successive di parecchi colleghi, e che è stata alla base dell'instaurarsi di prassi positive, come la consultazione periodica fra CEN e coordinatori di commissione, o l'infittirsi dei rapporti fra le commissioni stesse. Non voglio qui riprendere il tono, un po' rivendicatorio, della discussione di Genova: sono convinto che organismi definiti dallo Statuto solo come "strumenti operativi" per il raggiungimento degli scopi sociali, questo sono infatti le commissioni, debbano conquistarsi il proprio ruolo con la bontà delle idee e la qualità delle iniziative, cose che non sono mancate, mi sembra, durante l'anno che ci separa da Genova. Se poi consideriamo il palinsesto di questo congresso possiamo notare quante sessioni, dal seminario AIB-WEB alla sessione sui problemi del lavoro, a quella su SBN, a questa di oggi pomeriggio, siano riconducibili all'attività delle commissioni e costituiscano anzi terreno per uno sviluppo ulteriore del loro lavoro.
Ma c'è un aspetto qualitativo che vorrei sottolineare. In questo congresso le commissioni permanenti affrontano temi che non sono propri di questa o quella tipologia bibliotecaria, ma sono piuttosto comuni o trasversali rispetto alle varie tipologie: anche tralasciando SBN, che trasversale è da sempre e di questo ha fatto un punto di forza, il tema, ad esempio, del riconoscimento della nostra professione costituisce un'esigenza diffusa, da difendere in tutti i contesti istituzionali, negli enti locali, nell'università, nello stato. La Commissione servizi nazionali e tutela è stata uno degli sponsor più convinti della costituzione dell'Osservatorio sui problemi del lavoro, e sono soddisfatto nel constatare che in quell'organismo e in quella sessione congressuale bibliotecari di diversa provenienza possano confrontarsi al fine di dare forza ad una posizione comune. I temi trasversali sono molti, basti pensare al diritto d'autore ed ai diritti connessi ed alla sua rilevanza nell'ambito della biblioteca digitale. Quest'ultima, inoltre, è certamente definibile come "una massa critica di documenti digitalizzati" (secondo la prima parte della definizione della British Library) ma anche, forse soprattutto, come un complesso di strumenti e strutture che possano garantirne la fruizione, sulla base di un modello dei servizi in cui la biblioteca nazionale o la grande biblioteca storica e la più decentrata delle biblioteche pubbliche risultano interdipendenti: la prima come produttrice tipica di contenuti digitali, la seconda come terminale privilegiato di intermediazione ed accesso pubblico.
Il confronto sui temi trasversali costituisce un passaggio obbligato perché le biblioteche italiane possano rispondere con efficacia alla sfida che viene loro posta dall'avvento della società dell'informazione e della conoscenza. Una sfida che, con il moltiplicarsi dei concorrenti nel mercato dei servizi informativi e culturali, obbliga le biblioteche a costituirsi in un articolato sistema di servizi, all'interno del quale conta poco la tipologia istituzionale e molto l'assunzione di responsabilità della biblioteca in merito all'erogazione di un determinato livello di servizio.
Sommessamente, per ottenere questo è necessario che i bibliotecari per primi si liberino da un eccessivo senso di appartenenza tipologica, e sappiano uscire dal comfort dei propri abituali punti di riferimento, forse anche da quello della propria utenza; diverrà sempre più difficile, infatti, individuare l'utenza "propria" di una biblioteca nel mondo delle reti.
Le commissioni permanenti dell'AIB hanno già avviato un confronto su tali argomenti, e intendono mettere in cantiere iniziative comuni. A ben vedere, anche questa sessione costituisce un momento di tale comune lavoro.
Fin qui ho divagato, ma venendo più vicino al tema di oggi non possiamo non considerare come la prospettiva sistemica, che è sottesa a tutto quanto dicevo, resti estranea ai più recenti provvedimenti di riforma in materia di biblioteche, basti pensare all'art. 151 del D. lgs. 112/98, che, non prevedendo un termine per l'esercizio dell'opzione da parte delle università, lascia le universitarie statali in una situazione di separatezza e di incertezza amministrativa destinata a tradursi in incertezza finanziaria ed a condizionarne i progetti di sviluppo. Le leggi Bassanini, e la serie di decreti legislativi che ne sono scaturiti, non avranno un impatto significativo sul nonsistema delle biblioteche italiane. Sono provvedimenti orientati alla semplificazione amministrativa, al riordino delle competenze, procedono all'interno della logica del "trasferimento, delega o attribuzione di funzioni e compiti", una logica angusta, per noi, se non è sostenuta da un progetto culturale e dalla definizione di un modello dei servizi. E sono parimenti carenze di natura culturale la scarsa coscienza della necessità che le biblioteche siano stabilmente inserite nelle politiche di programmazione dello sviluppo economico e del lavoro, o l'incapacità del legislatore di concepire il sistema delle biblioteche come un'infrastruttura di rilievo nazionale e di valore strategico per favorire i processi di partecipazione democratica dei cittadini nella società dell'informazione, sempre più condizionati dalla disponibilità di strumenti che consentano l'apprendimento durante tutto il corso della vita. Eppure sono cose ribadite in più di un documento dell'Unione Europea.
Queste carenze, inevitabilmente, finiscono col riflettersi anche sulla normativa regionale che dovrà dare pratica attuazione alle deleghe dello Stato organizzando le funzioni ed i compiti trasferiti alle Regioni ed agli Enti locali. Se analizziamo i progetti di legge regionali di attuazione del D. lgs. 112/98, e mi riferisco qui a quelli delle Regioni Veneto , Lombardia , Emilia-Romagna e Toscana (l'iter dei progetti di queste ultime due Regioni è nel frattempo proseguito, non conosco i testi definitivi e dunque quanto dico va preso con una certa cautela), mi pare di scorgere solo nel progetto lombardo un disegno di politica culturale, con l'assunzione da parte della Regione del compito di promuovere e coordinare lo sviluppo dei sistemi integrati dei beni e dei servizi culturali, delle reti e dei servizi informativi, all'interno dei quali i sistemi bibliotecari paiono avere un ruolo definito. Solo un accenno al sistema dei beni culturali trovo nel progetto dell'Emilia-Romagna, e nulla in quelli della Toscana e del Veneto. In quest'ultimo, addirittura, si parla ancora di biblioteche popolari e centri di lettura, con la terminologia tipica delle leggi di delega alle Regioni degli anni settanta.
In questo contesto generale dovremmo quindi andare ad inserire i servizi bibliografici e bibliotecari nazionali, quei servizi che l'art. 2, comma 2 c, del D. lgs. 368/98, istitutivo del Ministero per i Beni e le Attività culturali, fa rientrare appunto nelle sue competenze. Per la precisione, al Ministero spettano le funzioni amministrative statali, cioè quelle che la normativa generale e richiamata all'inizio del decreto riserva allo Stato, e quindi non tutte le funzioni, in tema di sviluppo dei servizi bibliografici e bibliotecari nazionali.
In un interessante convegno organizzato a Roma nel febbraio scorso dall'Associazione Bianchi-Bandinelli, molti relatori hanno evidenziato le molteplici valenze dei servizi nazionali, mettendone in luce la rete di collegamenti e relazioni:
Io credo che, forzando un po' le cose, e assumendo opportunamente il punto di vista degli utenti, stiamo infatti parlando di servizi pubblici, questi non possano che essere definiti come un sistema integrato di biblioteche di rilievo nazionale orientato all'efficacia e articolato funzionalmente e territorialmente.
Penso quindi ad un'infrastruttura diffusa di biblioteche per le quali, senza nulla togliere alle loro funzioni istituzionali e ad ogni altra possibile, ritengo qui di segnalare come prioritari i seguenti compiti:
L'elenco è puramente indicativo e funzionale a quanto vado dicendo, ma vorrei sottolineare ancora il ruolo che questa rete avrebbe come agenzia di servizi per la rete più ampia, diffusa e capillare delle biblioteche pubbliche di base, alle quali fornirebbe alcuni mezzi necessari per l'esercizio del diritto dei cittadini di accedere agli strumenti della conoscenza.
Ho sempre ritenuto che un sistema di questo genere debba essere costituito da un certo numero di biblioteche di rilievo nazionale, cioè, in estrema sintesi, da biblioteche che non esauriscano il proprio ruolo e la propria missione nell'essere "istituto dell'autonomia locale", per riprendere un concetto di Paolo Traniello . E mi pare anche lecito, e non privo di una certa forza simbolica, attribuire a questo sistema la denominazione di "Biblioteca Nazionale d'Italia". Luigi Crocetti, in un recente intervento , come sempre esemplare, all'ultimo Seminario Angela Vinay, individuava come tratto distintivo della tradizione culturale italiana e dell'organizzazione delle biblioteche italiane, almeno fino a quando queste sono rimaste nell'alveo di quella tradizione, il policentrismo. La Biblioteca Nazionale d'Italia non può che essere policentrica, questo è un dato da valorizzare in chiave di sistema, non da appiattire su esempi di altri paesi con tradizioni diverse dalle nostre. Voglio però essere chiaro su un punto: tutto quanto sto dicendo non toglie nulla alle funzioni dell'agenzia bibliografica nazionale come sono definite, per intenderci, nei documenti dell'IFLA, funzioni che certamente spettano ad una struttura specifica (di questo parlerà Claudio Di Benedetto), anzi, data la loro rilevanza, sarà quella struttura a costituire l'elemento fondante di tutto il sistema. E alcune di queste funzioni potranno a loro volta venire esercitate in forme cooperative o di rete, pensiamo a quelle connesse con il deposito legale. Parimenti, dovrebbe risultare chiaro che questo sistema non è necessariamente il sistema delle biblioteche pubbliche statali. Della legislazione Bassanini e dei connessi decreti vanno sfruttati a fondo tutti gli organismi e gli strumenti di raccordo fra livelli istituzionali diversi. Per le biblioteche, quindi, a prescindere dalla loro titolarità, si tratta di definire degli standard strutturali, organizzativi, funzionali, di tipologia dei patrimoni, di interrelazione e cooperazione territoriale che rendano congruo un loro armonico inserimento nel sistema dei servizi nazionali.
Certo, sarà difficile che biblioteche, siano esse statali o non statali, prive di una piena autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile, possano muoversi con sufficiente scioltezza nel sistema: l'esperienza ci insegna che la cooperazione funziona fra organismi capaci di intessere agevolmente relazioni fra di loro e con terze parti, pubbliche e private (pensiamo alla costituzione dei consorzi cui accennavo prima). L'autonomia è un altro tema trasversale, che deve essere recepito dalla normativa.Mi fermo qui, con l'auspicio che almeno alcuni di questi concetti possano essere presenti a chi comporrà la Commissione paritetica di cui all'art. 150 del D. Lgs. 112/98 o i vari altri organi che , anche in ambito locale, si occuperanno di biblioteche.