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Programma 53º Congresso AIB | ||||||
Professione bibliotecaria e tutela dei beni librari e documentari
Ornella
Foglieni
AbstractLe figure professionali di area bibliotecaria degli uffici tecnici delle regioni e delle province. Tra programmazione di politiche d'intervento e progettazione di servizi per gli operatori e per gli utenti finali. La sindrome di Figaro (o di Pico?). Caratteristiche professionali di coloro che si occupano oggi di tutela e conservazione dei beni librari e di sviluppo di sistemi bibliotecari. Del rapporto con le biblioteche di titolarità amministrativa varia e disciplinare specialistica. Alcuni dati conoscitivi e considerazioni sulle competenze del personale specializzato negli uffici biblioteche delle province. La cooperazione e il partenariato per la condivisione delle competenze sul territorio qualche spunto per un modello da sperimentare rispetto alla normativa vigente in materia di bibliotecaria (riferimento particolare alla Lombardia).
Tutte le biblioteche conservano, anche se alcune per la loro mission sono considerate servizi di pubblica lettura, quindi con un forte tasso di rinnovamento del patrimonio dovuto all'acquisizione di nuovi materiali e allo scarto di quelli ritenuti obsoleti o non più utilizzabili. Le 46 biblioteche statali del Ministero per i beni e le attività culturali conservano. Parimenti tutte le biblioteche di capoluogo, e sono oltre un centinaio in Italia, conservano almeno il deposito legale, se non anche il patrimonio storico locale sedimentato e di documentazione del territorio, spesso a seguito di prassi consolidate o anche per normative regionali. Le biblioteche civiche tra generali e speciali superano di gran lunga il numero degli oltre 9000 comuni esistenti. In Italia ci sono 20 regioni e altrettanti uffici regionali preposti alla tutela dei beni librari. A questi si aggiungono alcuni uffici centrali del Ministero e i diversi istituti centrali che si occupano di tutela, come conservazione e restauro. Di tutela si occupano anche i Carabinieri e doganieri per ciò che attiene il mercato antiquario e quindi la circolazione dei beni. A questi soggetti si possono aggiungere un centinaio di uffici provinciali che si occupano di biblioteche di interesse locale, anche queste con compiti di conservazione, oltre che di catalogazione, nelle rispettive amministrazioni, e ancora una cinquantina di uffici tecnici che si occupano a vario titolo della conservazione nelle biblioteche delle università. Ci sono poi oltre un centinaio di librai antiquari ufficiali specializzati che conservano in funzione del commercio librario, ci sono quindi i restauratori di beni librari e documentari privati. Ci sono decine di biblioteche speciali dei musei e di archivi che conservano materiali librari, diverse centinaia di biblioteche di interesse locale che detengono raccolte significative e storiche da conservare, parimenti decine di fondazioni e centinaia di istituzioni culturali sparse sul territorio nazionale che conservano libri e affini. Gli oggetti della tutela sono tutti i manufatti aventi valore di civiltà di cui ci si occupa, sono i beni librari tradizionalmente intesi nella quotidianità dei frequentatori e studiosi dei luoghi preposti alla conservazione, cioè sono oggetti membranacei, cartacei, stampati e manoscritti, decorati e non, prodotti nel tempo con varie tecniche e con una svariata tipologia nelle forme e nelle caratteristiche costitutive, di tipo documentario o storico, artistico e bibliografico con contenuti diversi e su supporti diversi (dal papiro al digitale, all'immateriale come il suono), ma che hanno più di cinquant'anni. Coloro che si occupano di tutela negli enti non sempre si possono definire tutti bibliotecari stricto sensu, né comunque sono bibliotecari in senso lato; genericamente sono operatori che hanno acquisito sul campo conoscenze tecniche e specialistiche di ambito librario-documentario-storico o amministrativo, spesso molto settoriali, comunque frammentarie; la preparazione di base di questi addetti è assai variegata. La maggior parte di questo tipo di personale è dotata di laurea umanistica o tecnico-amministrativa, specie nelle biblioteche statali, negli uffici regionali e in quelli di numerose province e nelle biblioteche di capoluogo. Non sono infrequenti negli uffici comunali e delle province anche addetti con diploma di scuola media superiore, con compiti e responsabilità professionali complesse e specialistiche, spesso frutto di collocazioni temporanee o di trasferimenti interni all'amministrazione. Spesso nelle biblioteche comunali e di interesse locale con fondi antichi e o di pregio il direttore è l'unico operatore con qualche competenza e responsabilità in materia e in molte realtà ci si avvale di collaborazioni parziali di insegnanti e docenti settoriali e di volontari-esperti (professori in pensione, religiosi ecc.). Nelle Regioni, i dirigenti della tutela dei beni librari/soprintendenti dedicati alla tutela dei beni librari sono 4/6. Ci sono poi le "Terre di mezzo" documentarie del contesto archivistico che vedono sovrapporsi e scambiarsi i ruoli di operatori archivistici o storico-artistici con quelli bibliotecari e dei documentalisti o altrimenti denominati, che si occupano di conservazione di manoscritti, carteggi, stampe, incisioni e documenti storici, musica e carte geografiche, per tacere della congerie di materiali speciali atipici, frutto di collezionismo, che vanno dalle cartoline, ai manifesti, agli erbari, ai francobolli, alle collezioni fotografiche, ai dischi di vinile o altro, pervenuti a vario titolo nel tempo e conservati storicamente dalle biblioteche. Anche gli inquadramenti nei contratti degli enti sono variegati quanto le denominazioni delle figure di ruolo ricoperte: direttori, responsabili dei fondi o del settore antico o speciale, conservatori, curatori, esperti, semplici addetti tuttofare, senza specifica denominazione né tanto meno specifica professionalità. Se si volessero fare delle considerazioni sullo scenario sopra delineato, si ragionerebbe intorno a circa 2000 unità (la stima è per difetto) di personale impiegato in Italia, a vario titolo, per la tutela dei libri, alcune decine di milioni di beni librari, escludendo le decine di milioni di libri d'uso e in commercio non considerate beni librari, su una popolazione bibliotecaria professionale stimabile in oltre 20.000 addetti complessivamente intesi, e che in maggioranza hanno acquisito sul campo le proprie competenze per operare. Che cosa si intende per tutela nella normativa e nella prassiIl Codice Urbani così recita: «La tutela consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un'adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione». [...] «L'esercizio delle funzioni di tutela si esplica anche attraverso provvedimenti volti a conformare e regolare diritti e comportamenti inerenti al patrimonio culturale». Le funzioni di tutela sui beni librari sono in capo alle Regioni dal 1972, pur con qualche limite. La titolarità della tutela figura sempre in capo allo Stato che ne definisce principi, indirizzi e modalità di esercizio. Il D. lgs. 42 del 2004 offre una migliore puntualizzazione delle competenze in materia di tutela fra Stato e Regioni, con nuove prospettive di apertura verso altri possibili conferimenti, previo accordo. Le ipotizzabili aperture e le sovrapposizioni hanno molte zone d'ombra e le responsabilità per la tutela rimangono in un'area di indeterminatezza, spesso senza risposte. C'è inoltre l'ambiguità del voler dare definizioni tassative al contesto e all'operatività della tutela negli uffici preposti che confina gli addetti in un ruolo tecnico ma burocratico, vissuto in maniera estremamente meccanica e fuorviante di controllori e vigilanti dei beni librari pubblici e privati, gestori di autorizzazioni, di pareri per movimentazione dei beni e delle penalità da applicare in caso di inadempienze. I modelli organizzativi di alcune Regioni hanno separato dal contesto bibliotecario l'esercizio delle funzioni di tutela favorendo la non comprensione della tutela stessa rispetto alla sua necessaria combinazione e correlazione con la valorizzazione e la fruizione dei beni. Una delle conseguenze di tali scelte ad esempio comporta che la catalogazione, strumento conoscitivo fondamentale del bene librario, non rientri in modo specifico tra le funzioni di tutela, bensì tra quelle di gestione del bene. Per contro, anche il restauro di un bene librario, da non confondere con la manutenzione del bene, viene spesso gestito in modo inadeguato, se non dannoso per il bene, senza la necessaria professionalità oggi sollecitata e prescritta dal Codice. Prendendo lo spunto dalle Raccomandazioni per la tutela della Regione Lombardia (in corso di pubblicazione) si indicano le competenze della Regione in materia di tutela sui beni librari che si esplicano in azioni e vigilanza per:
Il Codice comprende tra i beni culturali (art. 10, c. 2, lett. c; c. 3, lett. c):
Nelle collezioni /raccolte sono compresi (art. 10, c. 3, lett. c-d):
Le figure professionali per la tutela nella normativa: il conservatore-restauratoreIl riferimento è quello della terminologia adottata nell'Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei, che nella parte relativa ai professionali in ambito museale individua il restauratore di beni culturali e il conservatore/curatore come due distinti profili [2]. Nelle biblioteche la figura del bibliotecario come si pone in rapporto a queste figure? Il bibliotecario dei manoscritti è solo un catalogatore o anche un conservatore-curatore? I passi avanti rispetto a qualche anno fa nell'esperienza della Regione Lombardia si hanno con l'approvazione dei profili nel 2004. Non ci sono tuttavia ancora applicazioni significative. Non mi constano concorsi o comunque assunzioni a vario titolo e inquadramenti di personale in tal senso, occorreranno tempi lunghi per consolidare le applicazioni normative già insite nel codice e in evoluzione (lavori della commissione Ungari) o nei provvedimenti regionali. La descrizione dei profili di competenza rispetto ai profili professionali cambia velocemente e la certificazione delle competenze urge. Oggi in qualche fortunato caso di ente locale complesso esiste la figura del conservatore-bibliotecario, ma sempre in misura inadeguata rispetto alle esigenze dei fondi da conservare e da valorizzare, mentre negli uffici regionali preposti alla tutela la situazione del personale è drammaticamente statica e inadeguata sul piano professionale. Per il lavoro del bibliotecario della tutela negli uffici di soprintendenza non vi è ad oggi alcuna possibilità di ottenere dall'esterno personale specificamente preparato. Vige ovviamente sempre la prassi obbligata dell'acquisizione sul campo delle conoscenze necessarie per operare. Nell'esperienza maturata in Lombardia per formare una persona per la tutela dei beni librari partendo da un background bibliotecario/archivistico di base occorrono due anni e più di pratica. Il lavoro del bibliotecario della tutela passa anche per la preservazione, la conservazione e il restauro. Dando per assodate le conoscenze di storia del libro e della sua diffusione nonché degli strumenti della bibliografia, si deve aggiungere un bagaglio di conoscenze dirette, sul mercato antiquario in particolare, sul collezionismo, ma anche sulla produzione editoriale. Vanno tenute sotto controllo le aste pubbliche, anche online, e le vendite di manufatti storico-artistici presso le librerie e nei vari mercati di settore. Imprescindibile è la conoscenza dei cataloghi di vendita più importanti e delle basi dati con le stime e i prezzi dei libri disponibili e in circolazione in Italia e all'estero. Fondamentale poi è la conoscenza delle normative in materia di copyright, di circolazione dei beni culturali e in genere delle normative nazionali ed europee sulla gestione dei beni culturali. Il bibliotecario della tutela si occupa anche dei magazzini, degli spazi della conservazione, della prevenzione e del pronto intervento in caso di eventi negativi e calamità che danneggino i beni ecc. Il bibliotecario conservatore deve conoscere anche la catalogazione dei materiali che gli sono affidati, la loro specificità, la loro storia. Molte sono le affinità con l'archivista e il documentalista. È quindi una figura complessa per la quale la definizione di un curriculum formativo deve prevedere oltre alla laurea anche una specializzazione. Il bibliotecario curatore-conservatore deve conoscere a fondo i beni di cui si occupa, la loro storia, peculiarità e relazione con il contesto e fornire il necessario supporto informativo all'utenza sia attraverso funzioni di reference specializzato che forme di educazione degli utenti all'uso-consultazione dei fondi antichi e o speciali. A livello europeo le indicazioni sulla creazione di profili e di linee guida per normative di settore, i forti stimoli derivanti dal contesto di progetti e piani che operano per la società dell'informazione trattano la tutela nell'ambito del cultural heritage. C'è, se non confusione, molta distrazione e comunque attrazione verso le tecnologie digitali in sé, quali veicoli di maggior diffusione, che anche nel campo della tutela dovrebbero trovare ampio spazio applicativo e che quindi richiedono professionalità ancora quasi inesistenti. Le competenze per operare in questo ambito sono oggetto di studio e di ricerche. In Lombardia, nel 2005, è stata presentata una ricerca sui profili della conservazione ma il comparto biblio-documentario che ci interessa non è ancora sufficientemente sviluppato: occorreranno degli approfondimenti. Che fare: investire in formazione per la tutela e cooperareLa formazione di un corpus bibliotecario consapevole della responsabilità di conservare il patrimonio librario e documentario irripetibile, importante e diffuso nel nostro territorio da trasmettere ai posteri, ma anche in grado di darne una apprezzabile conseguente valorizzazione deve diventare una priorità. Una formazione adeguata dei bibliotecari responsabili certamente ma anche del restante personale in servizio. Si punta a costruire una gamma di figure di bibliotecario-conservatore-restauratore ecc. che deve essere presente laddove si trovano i beni tipologicamente vari, la cui attività possa essere riferita, ove si giustifichi, anche a più biblioteche, in omaggio all'integrazione di beni e servizi e a una condivisione di risorse professionali preziose. Oggi si utilizza il termine sussidiarietà per significare anche la messa in campo di sinergie e una costante e sensibile collaborazione fra istituzioni proprietarie dei beni; diviene una necessità resa imprescindibile dalla scarsità di risorse finanziarie e professionali adeguate per far fronte a lavori quantitativamente onerosi e ingenti su centinaia di migliaia di documenti. La cooperazione svolge già un ruolo portante in questo, ma anche la partecipazione delle istituzioni proprietarie di beni librari e documentari e di servizi con la Regione richiede un coordinamento forte con lo Stato che oggi non esiste ma è insita anche nelle leggi quali il Codice Urbani. Ciò al fine di arrivare a sostenere le azioni di tutela e di valorizzazione per la fruizione sul territorio con una serie diversificata di qualificati interventi (dal deposito legale alla biblioteca digitale, alle banche dati catalografiche coordinate e alla interazione e integrazione con quelle dei beni culturali tutti). Spetta alle Regioni, secondo quanto previsto dal comma 10) dello stesso art. 29 del Codice proporre l'articolazione dei profili professionali delle altre professionalità che concorrono a livello tecnico e operativo alla conservazione dei beni culturali, nonché la definizione dei criteri e dei livelli di qualità cui devono rispondere i corsi regionali riguardanti tale ambito, criteri che andranno formalizzati con accordo in Conferenza Stato-Regioni. Ci sono ricerche interregionali in corso per definire e proporre profili professionali e modelli organizzativi interistituzionali di gestione a livello regionale della documentazione dei beni culturali che ben potrebbero includere le funzioni tipiche di tutela di uffici singoli, da quelle vincolistiche a quelle di individuazione e quindi di conservazione. Occorre tuttavia non dimenticare nella gestione delle politiche di tutela l'impiego diffuso delle tecnologie, l'importanza e l'imprescindibilità della conservazione fisica dell'originale, al cui restauro si ricorre solo in casi estremi. Da qui la necessità che le istituzioni proprietarie di beni librari, singolarmente o in forma associata, attraverso il bibliotecario responsabile o un professionista "condiviso" adottino tutte le soluzioni più utili e adeguate per una duratura conservazione nel tempo del patrimonio librario pur consentendone e favorendone l'uso. Ci deve essere pertanto una maggiore attenzione ai luoghi fisici della conservazione, agli spazi, quindi alle sedi delle nostre biblioteche che devono rispettare norme, criteri e standard per la sicurezza che li proteggano da ogni possibile danneggiamento materiale per cause naturali o danni derivanti da imperizia, incuria umana e consunzione dovuta all'uso nel tempo dei documenti o alla fragilità dei supporti. Siamo ormai maturi per una tutela diffusa e una salvaguardia più consapevole dei beni culturali; la conservazione programmata, già applicata in campo architettonico, potrebbe divenire una realtà da estendere anche all'ambito dei beni librari e documentari attraverso apposite analoghe realizzazioni. Occorre fare, però, contemporaneamente alla diagnosi del nostro patrimonio, anche un'opera capillare di sensibilizzazione al problema nei confronti dell'utenza di biblioteca, sia direttamente nella stessa sede bibliotecaria, con iniziative appropriate, sia attraverso una stretta collaborazione con il mondo scolastico come integrazione alla didattica sulla conoscenza, salvaguardia e valorizzazione dei beni culturali. Non basta però conservare solo i materiali librari antichi e di pregio, occorre conservare anche le testimonianze della cultura di oggi per la storia e per la cultura di domani. Anche la nuova normativa sul deposito legale si colloca in questa logica (l. 106/2004 e Regolamento attuativo, d.P.R. n. 262/2006). Ciò rappresenta un impegno notevole per le biblioteche pubbliche della Regione, sia per quelle di capoluogo, ma anche per quelle centro-sistema per la raccolta e conservazione dei materiali di storia locale e di produzione locale oltre che di quelli prodotti dagli enti. Ma anche biblioteche private con fondi sottoposti a tutela e privati proprietari di beni librari e documentari dichiarati-notificati, ora definiti di importante interesse dalla normativa vigente, hanno un analogo impegno. Per far fronte alla complessità e alle dimensioni economiche della tutela e conservazione dei beni librari in funzione della fruizione si rende necessaria una cooperazione interistituzionale non episodica; per meglio gestire la tutela dei beni librari occorre anche che lo Stato dia indicazioni che consentano agli uffici regionali in varie situazioni di operare in modo coerente se non uniforme sul territorio. Sicuramente occorre un coordinamento concreto efficace tra uffici dello Stato e uffici delle Regioni per la tutela, anche oltre e in assenza delle intese previste dal codice Urbani. |
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2007-04-03,
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della Redazione AIB-WEB.
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