Venerdì 29 ottobre 2004
ore 10,30-13,00
Roma EUR, Palazzo dei congressi
Sala Campidoglio
Da 15 anni a questa parte, l'utenza di origine straniera (studenti, immigrati) è molto aumentata in tutti i servizi pubblici del nostro Paese: Scuole e Biblioteche, Servizi sanitari e sociali. Anche per le Biblioteche di pubblica lettura, per definizione aperte e mirate alle esigenze dei vari gruppi che compongono la comunità, l'utenza straniera rappresenta un'occasione per relazionarsi con culture diverse, rivedere i tradizionali schemi mentali ed operativi e offrire servizi adeguati alla popolazione nel suo complesso.
Come sa chi ha già fatto esperienze in questo campo, il rapporto con altre culture stimola lo sviluppo di conoscenze, di punti di vista e di competenze comunicative, ma comporta anche imprevisti e sorprese su cui è utile riflettere.
Alcuni di questi "casi critici" particolarmente interessanti sono stati raccolti nel corso di conversazioni informali con colleghi di altre città, altri sono stati raccolti attraverso uno specifico invito rivolto ai bibliotecari che accedono ad AIB-CUR.
La casistica copre Biblioteche di tutt'Italia, da Trieste a Trapani, complessivamente una ventina di servizi o di sistemi bibliotecari.
Per comodità, ho raccolto gli esempi in categorie problematiche. Alcune iniziative delle Biblioteche destinate all'utenza immigrata sono andate buche o hanno raggiunto lo scopo solo parzialmente per scarsa conoscenza delle culture, della storia, delle lingue, degli alfabeti; dei rapporti tra i sessi, dei tabù; a queste si aggiungono incidenti e situazioni sociali non previsti dal servizio.
Iniziative andate buche: è il tipico caso di incontri, corsi di lingua, visite guidate in biblioteca e mostre andati deserti o quasi perché la biblioteca non ha concordato prima con gli stessi interessati, i contenuti, il periodo dell'anno, gli orari, le sedi, le modalità di diffusione della notizia. A proposito dei contenuti: ci può sembrare strano che una mostra di libri e di oggetti sulla cultura del Maghreb o su quelle dell'Africa nera realizzata con l'aiuto di persone originarie delle stesse zone, non venga frequentata anche dagli immigrati della stessa provenienza, mentre se ci pensiamo, neanche noi saremmo particolarmente interessati a visitarne una sulla nostra cultura in un paese straniero. Occorre sapere dagli stessi immigrati quali sono gli argomenti di loro interesse. Periodo dell'anno e orari: se vogliamo coinvolgere le comunità straniere occorre che teniamo conto delle loro festività, delle loro abitudini, degli orari di lavoro delle persone, molto diverse, ad esempio, le fasce di tempo libero degli operai, delle casalinghe e delle badanti. Organizzare un'iniziativa nel giorno corrispondente al capodanno o di un'importante festività religiosa del gruppo che si intende coinvolgere è assai poco produttivo. Per quanto riguarda le sedi: la biblioteca può non esser facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici o non offrire condizioni ambientali favorevoli ad un certo tipo di utenza: molti immigrati non sono automuniti e le biblioteche sono difficilmente raggiungibili o sono raggiungibili ma l'ambiente comporta una situazione indesiderata per le donne islamiche non abituate a stare in ambienti promiscui.
Anche se lo scopo di questa carrellata è centrare l'attenzione sui problemi, anziché sulle soluzioni, non posso non citare, per inciso, la brillante soluzione attuata a Nonantola, dove le mogli degli immigrati del Ghana, abitanti in casolari sparsi nella campagna, sono state aiutate a venire in biblioteca, grazie a un corso di guida della bicicletta (e di biciclette) offerto dal Comune; come pure il caso di una Biblioteca di Torino la quale ha disposto un'apertura speciale del servizio con offerta di baby sitter a cura di un gruppo di volontarie. Per quanto riguarda la struttura dell'ambiente, cito il caso di biblioteche dotate, a piano terra, di una sala di lettura con ampie vetrate sull'esterno: condizione di "visibilità" apprezzatissima da molti ma sicuramente inibitoria per questa fetta di utenza. Comunicazione: occorre conoscere i canali di comunicazione dei diversi gruppi e prima ancora, la costituzione dei diversi gruppi. Possiamo pensare di aver contattato i romeni perché abbiamo informato un loro leader, senza tener conto che nella nostra città si distinguono per raggruppamento religioso (cattolico ed ortodosso) e i diversi gruppi non comunicano tra loro; possiamo aver coinvolto i moldavi, senza pensare che si distinguono in gruppi di lingua romena e di lingua russa. Sempre a proposito di comunicazione, culture diverse possono abitudini e galatei diversi nei rapporti interpersonali: il rappresentante di un gruppo di immigrati invitato verbalmente, nel corso di un incontro, a una riunione successiva, con conferma di lettera scritta ma senza comunicazione telefonica il giorno immediatamente precedente, può non partecipare perché non lo ritiene un segnale sufficiente. Parlando di appuntamenti, si possono anche citare casi di ritardi di persone che hanno un concetto del tempo diverso dal nostro, ma capita pure tra italiani! Ecco alcune gaffes involontarie di bibliotecari per insufficiente conoscenza o memoria della storia o della lingua di un popolo: parlare di "Moldavia" (anziché di "Repubblica Moldova") a un moldavo di lingua romena, usando l'aborrita espressione russa; scandalizzare un iraniano chiedendogli se è arabo il libro che tiene in mano (i persiani scrivono la lingua farsi con i caratteri arabi; sarebbe come se un asiatico interpretasse come inglese tutto quello che è scritto in caratteri latini).
E a proposito di alfabeti, citiamo il caso di un acquisto in libreria di libri ritenuti cinesi risultati poi… giapponesi e di un piccolo fondo di libri cinesi donato da un editore, risultati poi cinesi di Taiwan, quindi con caratteri non semplificati, assai poco leggibili per gli attuali bambini provenienti dalla Cina.
Le nostre biblioteche possono inoltre avere vistose lacune per quanto riguarda le letterature (si parla qui di opere già tradotte in italiano) dei paesi d'origine delle popolazioni immigrate maggiormente presenti nel nostro territorio: Albania, Romania, Senegal, Filippine ed altri. Spesso ce ne accorgiamo su richiesta dei ragazzi che frequentano oggi le Scuole Medie e Superiori.
Letterature occidentali ed immigrati: ecco un incidente successo durante un incontro di lettura di un brano di "Aspetta primavera Bandini" di John Fante letto ad alta voce ad un gruppo di studenti-lavoratori di provenienza straniera. Il brano conteneva alcuni intercalari blasfemi e volgari ritenuti intollerabile da alcuni partecipanti arabi, usciti rumorosamente dalla sala. Per contro, nella stessa occasione altri correligionari avevano discusso di censura e avevano espresso il desiderio di leggere almeno in traduzione italiana libri di autori arabi censurati in patria come Mohammed Choukri.
Alcuni colleghi hanno notato che alcuni bambini e ragazzi vengono in biblioteca sempre accompagnati dai familiari e non è loro permesso scegliere da soli i libri da leggere, se non dopo attenta analisi e censura. Una collega cita il caso di una coppia di bambini cinesi, maschio e femmina accompagnati da una zia, in cui dopo aver invitato la bambina ad iscriversi come il fratello, ha avuto la risposta "ma io sono una femmina!" come se ci fosse anche in questo caso una interdizione culturale per le femmine. Altri rilevano che ben poche donne vengono in biblioteca per il già menzionato tabù di frequentare un ambiente chiuso dove possono esserci uomini.
Un altro incidente - questa volta di tipo sociale - è successo in una biblioteca che aveva organizzato in una sua ala un corso di informatica per utenti, alcuni dei quali di origine musulmana. Il corso era condensato in più ore nel fine settimana e prevedeva una pausa nel tardo pomeriggio. Durante l'intervallo, i partecipanti musulmani erano usciti sul pianerottolo della palazzina - dotata di scala in comune con abitazioni private - e dopo aver srotolato i tappetini in direzione della Mecca, si erano messi a recitare le loro preghiere. Una signora che abitava ai piani sovrastanti, allarmata dalle informazioni dei mass media sul terrorismo islamico, aveva chiamato i carabinieri e il conduttore del corso aveva faticato non poco a farli desistere dal prelevare i malcapitati...
Questi casi ci fanno riflettere. Ci dicono che dobbiamo essere preparati all'incontro con usi e costumi diversi dai nostri, acuire le nostre capacità di attenzione, di comunicazione, sviluppare flessibilità. Che formazione occorre per ottenere questi risultati? Innanzitutto una formazione alla comunicazione efficace per tutti noi, in modo che siamo in grado di ascoltare e di rispondere alle richieste dei nostri utenti, né più né meno di quella necessaria per trattare con i nostri connazionali. Il processo di comunicazione è sempre un processo interculturale, perché ogni persona è portatrice di una sua cultura, anche se parla la stessa lingua, ha fatto la stessa scuola e veste alla stessa maniera. Un training efficace prevede un minimo di teoria e soprattutto il massimo di pratica: una formazione fatta di lavoro sui casi, scambi di esperienze, simulazione di situazioni, costruzione di progetti comuni. Sono sempre più convinta che questo sia il primo passo da fare.
Certo, anche degli incontri sulle letterature straniere meno note sono utili per conoscere ed apprezzare la cultura degli altri e rivedere i propri pregiudizi.
Tornando alla comunicazione interculturale, vorrei osservare che più di un inconveniente nei rapporti con gli immigrati potrebbe essere evitato grazie ad una maggior interazione e integrazione con le esperienze e le iniziative di altri servizi, settori, istituzioni. Insegnanti, mediatori culturali, assistenti sociali, pediatri, educatori professionali hanno collezionato un'ingente quantità di esperienze di relazione con le culture che convivono con la nostra: perché non far circolare le informazioni?
Infine: alcuni degli esempi di incidenti critici o inconvenienti citati non sono legati all'impreparazione o alla scarsa competenza comunicativa dei bibliotecari ma toccano la questione più vasta e complessa che interroga il rapporto tra servizi, tra servizio bibliotecario e utente e il rapporto tra lettore e testo, coinvolgendo il ruolo di mediazione della biblioteca. La presenza di utenti provenienti da esperienze culturali, sociali e religiose differenti non possono non porci domande sulle proposte culturali e sulle modalità che tradizionalmente la biblioteca adotta per promuovere la lettura.
Si tratta di individuare i problemi e di mettere a punto strategie di formazione e di collaborazione adeguate allo scopo.