[AIB-WEB] Associazione italiana biblioteche. 51. Congresso
AIB-WEB | 51. Congresso AIB | Bibliocom 2004 | Principi di catalogazione internazionali

51. Congresso nazionale AIB

AIB2004

Giovedì 28 ottobre 2004
ore 9,00-13,30
Roma EUR, Palazzo dei congressi
Sala Esquilino


Principi di catalogazione internazionali: una piattaforma europea?
Considerazioni sull'IME ICC di Francoforte e Buenos Aires


Pino Buizza
Verso nuovi principi e nuovi codici

Il Coniglio Bianco inforcò gli occhiali: “Da dove incomincio, maestà?”
“Comincia dal principio – disse il re gravemente – e va' avanti fin che giungi alla fine; allora fermati”
Lewis Carroll. Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie

Il processo di elaborazione che ha prodotto i Principi di Francoforte (Statement of international cataloguing principles, Final draft of 19 December 2003) si propone di rinnovare e ampliare i Principi di Parigi in una nuova formulazione omogenea che dovrebbe:

Per capire verso dove ci si sta realmente muovendo vorrei:

Premessa: che cosa intendiamo con “principi”

Ovvero: analisi e costruzione del sistema catalogo.
Il catalogo è strumento di mediazione fra i documenti e i loro utenti, è finalizzato.
Per la natura teleologica del catalogo è basilare e decisivo per la sua costruzione fissare fin dall'inizio gli obiettivi che il catalogo vuole raggiungere (il punto d'arrivo), ovvero le funzioni che si propone di svolgere (l'attività, l'operatività, con sfumatura meno statica, più dinamica), che devono coincidere con le esigenze degli utenti. All'aspetto teleologico va necessariamente affiancato quello ontologico, un'analisi della natura dell'universo bibliografico, che è l'oggetto della mediazione catalografica. È realtà di natura complessa, richiede una concettualizzazione che ne analizzi la struttura articolata ed evidenzi gli aspetti significativi (come nel modello entità – attributi – relazioni di FRBR).
La natura dell'oggetto bibliografico e le funzioni che sono richieste dall'utente sono le basi che suggeriscono la conveniente struttura del catalogo, i principi e i metodi che guidano e realizzano la costruzione del catalogo nelle sue componenti, la creazione e applicazione di regole di catalogazione.

In senso stretto i principi sono soltanto quei criteri generali che stanno a monte di ogni indicazione particolare; sono molto chiari in proposito il documento IFLA sui principi dei linguaggi di indicizzazione 1 (“direttive generali per determinare la costruzione e applicazione dei linguaggi di indicizzazione semantica”) e E. Svenonius2 (“direttive che guidano la costruzione di un linguaggio bibliografico”).
I Principi di Parigi non sono principi di catalogazione, ma una dichiarazione degli obiettivi del catalogo, della sua struttura e di alcune norme fondamentali espresse in termini generali. Altrettanto i principi di Francoforte non sono propriamente principi di catalogazione, ma una dichiarazione complessiva dell'oggetto (2) e delle funzioni del catalogo (3), delle sue componenti (4,5,6,7), con un'appendice che dichiara alcuni principi (in senso stretto: criteri generali a cui si deve conformare ogni indicazione particolare), chiamandoli però obiettivi (App.).
Denominazione proposta: Statuto della catalogazione, Fondamenti della catalogazione, Great Charter of cataloguing, International foundations of cataloguing

Esame dei principi proposti dall'IME ICC

Seguendo questa impostazione si possono analizzare alcuni punti delle sezioni pertinenti della bozza di Statement, rinviando alla fine una sintesi sul raggiungimento dei fini proposti.

Sez. 2 Entità, attributi e relazioni
L'oggetto della catalogazione è delineato acquisendo il rapporto FRBR e introducendo l'analisi secondo entità attributi e relazioni di quel modello: una mappa dell'oggetto della catalogazione in funzione del suo uso.
Punti critici (revisione di FRBR):
  1. è problematico accogliere come opere le opere aggregate; sono aggregazioni/raccolte a livello di manifestazione, cioè un'altra entità logica, in più rispetto a quelle ora previste (diversa anche dalla relazione tutto – parte fra un'opera e le sue parti, fra una manifestazione e le sue parti),
  2. famiglia è un'entità aggiunta al gruppo due a partire da FRANAR: ha senso per i cataloghi di biblioteca o solo per gli archivi o neppure per questi? è sufficientemente definibile e circoscrivibile o crea più problemi di quanti ne risolva?
  3. le entità che hanno relazione di soggetto con un'opera sono atomizzate in FRBR come classi di individui, con il solo vantaggio di tenere unite le entità che hanno sia relazioni di autore che di soggetto (James Joyce come autore di Ulysses e come soggetto di Le poetiche di Joyce, di Umberto Eco), mentre nell'entità concetto finiscono con confluire, caoticamente, tutti i temi più complessi delle entità individuali o che le generalizzano. Un pieno sviluppo del modello comporterebbe di analizzare le entità individuali in modo analogo alle entità del gruppo uno. Un esempio: la battaglia di Hastings (The battle of Hastings) è un caso di battaglia, che è una delle specie del genere evento, è anche una frazione dell'evento conquista normanna dell'Inghilterra, e pure un episodio della vita di William the Conqueror, etc.; l'inclusione di singoli concetti (nel senso di ISO 2788) in soggetti complessi e la correlazione fra concetti sembra più proficuo alla funzionalità del modello, invece dell'isolamento delle entità individuali secondo la loro oggettualità, temporalità e spazialità (oggetto, evento, luogo), dissociate dalle categorie plurali che l'entità concetto non è in grado di rappresentare in modo articolato.

Sez. 3 Funzioni del catalogo
Le funzioni dei Principi di Parigi sono qui esplicitate e più analiticamente dettagliate e sono integrate con la ricerca per soggetti e con la possibilità di effettuare selezioni, seguendo le funzioni previste in FRBR, con l'ulteriore aggiunta, seguendo E. Svenonius, di “navigare”, esplicita assunzione della possibilità offerta dal catalogo elettronico di proseguire una ricerca con tappe successive, “di permettere, anzi facilitare il passaggio dai dati di una prima ricerca insoddisfacente o non pienamente soddisfacente (oppure, al contrario, stimolante) ad altre registrazioni di dati in relazione con i primi. E' una funzione che dà il senso di unità e organicità dei cataloghi e delle bibliografie”3.
Scompare però, per un improvvisato appiattimento linguistico, la tipica distinzione tra funzione repertoriale e collocativa, fra la segnalazione delle risorse possedute/disponibili e il loro raggruppamento sulla base dell'opera, espressione, autore, soggetto comune, fra verifica dell'esistenza di una risorsa nota e la ricerca aperta di risorse corrispondenti a un'opera, un'espressione, un autore, un soggetto, differenza concettuale e pratica (dal punto di vista dell'utente) non banale.
Il tutto si risolve in un'elencazione di cui purtroppo non appaiono chiari i criteri ispiratori, anche per l'inserimento, piuttosto indifferenziato, di “altri criteri (come lingua, paese di pubblicazione ...), di solito utilizzati per una ulteriore selezione sui risultati di ricerca” (3.1.2): opportunità nuova del catalogo elettronico, ma accostata alle tradizionali funzioni senza una conveniente distinta collocazione concettuale.

Sezioni assenti: Struttura del catalogo
La bozza di Statement passa quindi alla presentazione delle componenti del catalogo: descrizione bibliografica (4), punti di accesso (5), registrazioni d'autorità (6) e elementi di base per le funzionalità di ricerca (7), delineando così, ma solo implicitamente, il metodo e gli strumenti per esplicarne le funzioni (raggiungerne gli obiettivi). Questi elementi appartenenti alla tradizione catalografica non vengono definiti né – mi sembra – convenientemente raccordati; avviene soltanto per i punti d'accesso che sono argomento della sezione 5 e sono definiti funzionalmente nella sezione 7. Riferimenti di principio sono alla necessità di standardizzazione (4.1, 5.1) e, variamente e ripetutamente, all'interesse dell'utente: entrambi scontati.
Sembra necessario inserire nella bozza di Statement una presentazione della struttura del catalogo che funga da esplicazione della sua natura e da correlazione delle componenti citate, anche se non si tratta di cose nuove, ma ampiamente condivise dalla comunità catalografica: l'intento non è proprio di esplicitare e fissare con chiarezza ciò che è necessario concordare e condividere? Tentatively si potrebbe indicare una struttura basata:

Sezioni assenti: Principi del catalogo
Ognuna di queste componenti andrebbe definita e fondata sui principi che le sono propri, ma alla struttura e alle componenti vanno anteposti i principi generali (in senso stretto) che la fondano e che restano validi sui livelli successivamente derivati della costruzione dei codici e della loro applicazione nella catalogazione effettiva.

Principi in senso stretto si trovano nell'Appendice, che è intitolata "Obiettivi per la costruzione dei codici di catalogazione” ma poi nomina l'interesse dell'utente come “principio fondamentale": come è chiaramente spiegato nel testo della Svenonius ivi citato e ampiamente utilizzato, si tratta di principi, non di obiettivi; evidentemente non si poteva usare di nuovo “principi” essendo partiti con questo termine nel titolo della dichiarazione nel suo insieme. Esaminiamo dunque l'Appendice, a partire dall'osservazione che la Svenonius li pone come principi della descrizione bibliografica, non del catalogo tout court, mentre qui alla menzione della “descrizione” viene aggiunta quella dei “punti d'accesso”, senza che siano effettivamente commisurati alle problematiche di questi. Dei dieci principi enunciati (in Svenonius cinque, tre dei quali con un corollario) la metà (5/10) sono principi di funzionalità genericamente validi per qualsiasi sistema, anche non bibliografico/informativo/repertoriale:

Tutti principi condivisibili, utili o necessari per l'efficienza, l'interoperabilità e la trasparenza del sistema.
Gli altri cinque sono principi tipici, insiti nella natura del catalogo (3) o fondati nella tradizione bibliografico/catalografica: L'interesse dell'utente è il principio più ribadito (come un ritornello!), quasi non fosse da sempre il motivo per cui si fanno cataloghi e regole. Nuovo dunque è il rilievo dato, in forma che si direbbe pubblicitaria, non il senso. Nel testo di Lubetzky citato nella bozza di Statement, del 1969, quindi dopo i Principi di Parigi, ma riassuntivo dell'elaborazione che era alla base dei Principi di Parigi, ricorre 54 volte la parola user (o users) in 76 pagine “larghe” (nell'edizione in volume curata da Svenonius e D. McGarry, Writings on the classical art of cataloging, 2001).
A parte questo, la fragilità del principio sta nell'indeterminazione del termine utente, una generalizzazione per una molteplicità di specie di utenti, con interessi anche molto diversi. Riferire il principio alle singole situazioni (biblioteche o loro reti) permetterebbe di circoscrivere l'utente, ma comporterebbe differenziazioni contrastanti con il principio di standardizzazione e con l'idea stessa di principi e regole condivise. Ma anche in questa ipotesi, resta il problema che oggi ogni biblioteca ha come minimo due categorie di utenti: quelli reali, locali, che vi si recano fisicamente, e quelli virtuali, che accedono all'Opac da ogni angolo del mondo. Una corretta enunciazione del principio dovrebbe contemplare le molteplicità di interessi concorrenti (sia ... sia ...). Dispositivi come il Virtual international authority file consentirebbero veramente, una volta messi a regime, di soddisfare entrambe le esigenze per gli accessi per autore, mentre per gli accessi semantici sarebbero richiesti vocabolari multilingue di più difficile realizzazione (soprattutto su più lingue); per la descrizione bibliografica la strutturazione degli elementi già è volta a facilitare il superamento di barriere linguistiche e culturali.
Il significato bibliografico, corollario qualificante il principio di necessità e sufficienza per la scelta degli elementi, è per un verso l'ovvia delimitazione del campo di interesse, per un verso bisognoso di precisazioni. Il riferimento alla tradizione bibliografica può essere chiaro, ma non è esente da una tensione dialettica fra i modi e gli interessi che si sono costituiti nel tempo con riferimento prevalente se non esclusivo al libro a stampa, e l'emergere di modi e forme diverse (se si è affermato il frontespizio come luogo privilegiato delle, deputato alle, informazioni bibliograficamente significative, come comportarsi con quelle risorse non librarie che non hanno frontespizio, né un suo sicuro surrogato? oppure, il luogo di pubblicazione, significativo nell'editoria tradizionale, lo è anche nell'editoria audiovisiva ed elettronica? e quale è l'importanza dei responsabili della realizzazione tecnica e materiale delle risorse?). Il principio, sacrosanto, chiederebbe di essere calato nelle diverse situazioni di produzione e d'uso delle risorse, riferito cioè agli specifici modi di presentazione e di ricerca dei diversi materiali e mezzi espressivi trattati.
I principi di presentazione (seppure malamente formulato: un'entità non “descrive” se stessa, ma si “presenta”) e di precisione appartengono alla tradizione della catalogazione descrittiva, che utilizza di preferenza i dati formalmente presenti nelle auto-designazioni delle pubblicazioni e lascia giustamente aperti i vari modi della trascrizione formale, convenzionale, normalizzata. Questi principi hanno una precisa ragion d'essere nella funzione caratterizzante della descrizione bibliografica. Sicuramente non valgono per l'indicizzazione semantica, che “assegna” i termini e non li deriva dalla pubblicazione. È tuttavia eluso un problema altrettanto tradizionale, il conflitto che può sorgere fra l'evidenza formale della risorsa e quella sostanziale (opere che presentate in diverse espressioni o manifestazioni cambiano in modo contraddittorio, anziché coerente, elementi essenziali; peritesti smentiti dai testi, cioè dai contenuti): sul piano descrittivo è di solito possibile e sufficiente integrare e correggere in nota le informazioni fuorvianti, ma sul piano degli accessi esse possono determinare scelte diverse. Cioè: il principio di presentazione deve essere temperato almeno con l'avvertenza che esso vale fino ad evidenza contraria.

Altri principi meritano di essere richiamati.
Paradossalmente non appare il principio di "authorship", che è un principio ovvio in questo ambito, ma che non si può dare per scontato: se ha un senso convenzionale e non filologico, che cosa significa esattamente autore? Che cosa comporta trasferirlo in un contesto diverso dalla tradizione culturale occidentale? Che cosa significa trasformarlo in creatore per opere diverse dai testi scritti e dalla loro tradizione editoriale e citazionale? Che cosa dire dell'authorship degli enti collettivi, glissata nel testo della bozza di statement sotto una formula infelice, che è stato proposto di modificare a Buenos Aires?
Il valore del titolo per il riconoscimento e il reperimento delle risorse è altro principio ovvio per tradizione, ma parimenti da enunciare e tematizzare, anche per l'importanza che assume ora per la diffusione di tipologie di opere prodotte in collaborazione fra più persone (film, audiovisivi e siti web per citarne solo tre consultatissimi) e per i dubbi che pongono i modi di presentazione formale nei documenti, la presenza riconosciuta di responsabilità principali e gli usi citazionali degli ambiti di studio e d'uso (registi cinematografici, esecutori musicali ...).
L'esclusione di accessi dalle forme o dai generi delle opere è da confermare esplicitamente o da smentire se c'è motivo di modificare l'accordo (cfr. Cutter, 189-192, p.81-82, prevedeva form-entry per collections, rarer literatures, encyclopaedias etc., periodicals vs. Principi di Parigi, che ipotizzavano la preparazione di una “lista ristretta di categorie di pubblicazioni che possano essere catalogate sotto intestazioni convenzionali che rispecchino la forma dell'opera”, progetto mai avviato).

Sez. 4 Descrizione bibliografica
Per la descrizione bibliografica, una volta ripristinati i principi ora posti in appendice, si dovrebbe sottolineare che è il metodo per assolvere le funzioni caratterizzante e identificante, cioè che permette di conoscere una risorsa nelle sue caratteristiche essenziali senza vederla e di riconoscerla come uguale o diversa rispetto a una risorsa nota. Su questo si gioca la scelta delle fonti, la trascrizione formale o convenzionale, un ordine costante degli elementi...

Sez. 5 Punti d'accesso
Nella sezione punti d'accesso è scomparsa l'intestazione principale: non si può passare sotto silenzio quello che è stato il problema dei problemi, l'unico che giustifica l'esistenza di regole sulla scelta dell'intestazione nei codici attuali (e che giustifica il comma limitativo degli accessi per gli enti). Un lungo ed acceso (e alla fine inconcludente) dibattito sulla lista di discussione per l'incontro di Francoforte è svanito nel nulla, nella non menzione. Il problema è complesso, riguarda l'analisi delle funzioni svolte dall'intestazione principale e la ricognizione di quelle che sono ormai decadute e di quelle che non possono essere svolte in altro modo più conveniente. Nessun codice le ha abolite; stilare nuovi principi è un'occasione imperdibile per riesaminare la questione e giungere a chiarimenti e soluzioni soddisfacenti per una larga maggioranza. Senz'altro non è quesito da risolvere con un silenzio che, implicitamente, significa abolizione a favore di accessi di uguale e indifferenziato valore.
Novità rispetto a tutta la tradizione catalografica, ma già pratica quotidiana negli Opac, sono gli accessi non controllati qui inseriti. Ma che senso hanno? Se sono prodotti come accessi è opportuno che siano controllati, se sono elementi inseriti per altro motivo (descrizione, essenzialmente) hanno una funzione d'accesso residuale, da trattare nella sezione sugli elementi di ricerca, non in questa sezione, perché non servono le funzioni del catalogo espletate dagli accessi e non vengono inseriti nella registrazione a questo scopo. Qui si anticipi che dispositivi automatizzati di ricerca permetteranno l'accesso e la selezione anche attraverso altri punti.
Tutta la sezione soffre inoltre di incongruenze terminologiche (vedi sotto, a proposito del Glossario).

Sez. 6 Registrazioni d'autorità
Molto opportunamente l'attività di controllo delle intestazioni è stata inserita a pieno titolo fra le componenti del catalogo, in questa sezione e nominando dappertutto insieme alle registrazioni bibliografiche quelle d'autorità. Perplessità suscita l'appiattimento delle entità considerate, cioè l'assoluta non considerazione delle caratteristiche diverse degli accessi nominali e semantici, la rimozione dei linguaggi di indicizzazione semantica con le loro strutture di controllo dei termini, tradizionalmente autonome e ben più complesse.
Inoltre, perché non fare qui riferimento esplicito alla nuova impostazione dell'Universal bibliographic control e del Virtual international authority file che ne è il tentativo di applicazione? Eviterebbe le incertezze di comprensione insite nella terminologia nuova che, al contrario, è usata qui (vedi il qualificatore authorized, il cui vero significato di validità per un'agenzia bibliografica e di equivalenza con authorized di altre agenzie bibliografiche non è detto neppure nel glossario). Il problema dell'identità bibliografica distinta per una stessa persona (6.2) non ha niente a che fare con le registrazioni di autorità, ma con il principio di authorship, quindi con un problema di scelta dell'intestazione. In questa sede si potrebbe solo dire che è necessario correlare le diverse identità bibliografiche, qualora fossero previste dalle regole intestazioni di questo genere. Perché invece viene inserita qui una regola vera e propria? E sul piano dei principi, qual è il principio fondante l'identità bibliografica, tale da farla preferire all'identità personale? Credo un'esasperazione del valore della presentazione formale, che contrasta come eccezione non motivata né circostanziata, con il principio di ricondurre ad unità le diverse forma di presentazione delle entità (siano opere, persone o enti). In assenza di spiegazioni l'unico riferimento è il modello concettuale per le registrazioni bibliografiche, FRANAR, Functional requirements for authority records, che volendo tener conto dei diversi codici esistenti, analizza sia la soluzione che considera gli autori come individui reali e quindi l'entità bibliografica persona sempre come un solo individuo (Principi di Parigi), sia la soluzione che ammette, a certe condizioni, l'adozione di più identità bibliografiche per lo stesso individuo reale (AACR2R, 1988); il fatto poi che il modello sia presentato in una sola configurazione, la più completa e teoricamente neutra, comprendente lo snodo per individualità reale – identità bibliografica – nome, non significa che questa debba essere la soluzione approvata: semplicemente, non la si poteva ignorare. Nel merito delle due soluzioni s'è già detto in Author and title access point control, background paper per l'incontro di Francoforte, evidentemente poco considerato. Se ora, nel contesto della bozza di Statement, il discorso si applica anche ai soggetti, la coerenza potrebbe portare ad altre curiose conseguenze oltre quelle già formulate, come un soggetto: Carroll, Lewis e Charles Lutwidge Dodgson (o viceversa?), per uno studio sui rapporti fra le dissociate personalità dell'autore di racconti e dell'autore di opere matematiche (come il fatto di respingere la posta indirizzata a Lewis Carroll, leggo in una recentissima edizione italiana). Persona non è definito nel Glossario e che si riferisca anche agli pseudonimi collettivi si deduce dalla definizione di person.

Sez. 7 Elementi di base per le funzionalità di ricerca
Elementi per la ricerca, non deve duplicare la sezione sui punti di accesso o surrogare quello che là non è stato dichiarato: a che cosa servano i punti d'accesso, quali siano indispensabili e quali altri possano essere aggiunti va detto là dove si parla dei punti d'accesso, nella sezione 5.
Resta così un paragrafo 7.1.1 un po' vuoto e scontato: ovviamente si utilizzano i meccanismi disponibili. Ma è una semplice presa d'atto dei dispositivi messi a disposizione del catalogo nei computer che nella sua genericità ci fa dubitare del significato di tutto il catalogo: che senso ha scegliere l'elemento iniziale d'accesso di un nome (la parola d'ordine) se la ricerca avviene per parole intere o troncate indipendentemente dalla posizione?
Una dichiarazione significativa dovrebbe articolare il discorso delle modalità di ricerca sulla base delle reali possibilità (sia pure provvisorie e in evoluzione) e degli effettivi risultati rispetto agli obiettivi del catalogo, chiedendo, per esempio, di: 1. Offrire la massima possibilità di scelta nei modi di ricerca sugli accessi controllati (forme autorizzate e non autorizzate):
1.1. scorrere liste di accessi controllati
1.2. ricercare direttamente i valori:
1.2.1 sia i valori di singoli accessi controllati, sia combinando richieste su valori di diversi accessi controllati (per intersezione, unione, esclusione ...)
1.2.2 su precise sequenze di caratteri, ma anche su singole parole o loro parti a prescindere dalla posizione che occupano.
2. Offrire risposte corrispondenti alle funzioni richieste dall'utente,
2.1 presentando la specifica risorsa ricercata o
2.2 presentando riunite tutte le risorse appartenenti all'insieme ricercato, e
2.3 permettendo il riconoscimento delle caratteristiche delle risorse e la loro identificazione.
3. Offrire la possibilità di percorrere le registrazioni seguendo le relazioni delle entità rappresentate in forme controllate.
Queste sono le funzioni di ricerca proprie del catalogo, quelle per cui il catalogo è appositamente costruito. Vanno quindi distinte, senza essere ignorate, le altre possibilità offerte di ricercare liberamente parole (o troncamenti di parole) singole o combinate presenti in elementi diversi dagli accessi controllati. L'accesso non controllato va indicato come possibilità utile quando non sono noti elementi sufficienti per la ricerca sugli accessi controllati, precisandone l'incertezza e l'imprecisione (di solito il reperimento ridondante di elementi poco o punto pertinenti, ma anche perdita di informazioni per l'uso di valori non uniformati e quindi casuali).
Una nuova sistemazione concettuale va data alle possibilità di ricerca derivate dall'elaborazione dei dati, perché è diventato catalogo ciò che catalogo non è. Per la ricerca per parole libere all'interno dei punti d'accesso controllati possiamo fingere si tratti di moderni rinvii (trasparenti automatici e multidirezionali o a dispersione) dalle singole parole di un nome alle forme autorizzate di tutti i nomi o stringhe che contengono quella parola, che devono quindi essere presentati in lista per la scelta di quello che interessa (invece dell'immediata presentazione di tutti i record collegati a quei punti d'accesso). Altrimenti la ricerca è soltanto una prima estrazione dal catalogo di una quantità di record fra i quali ci sono anche quelli che interessano e che devono essere scorsi tutti per una cernita effettiva.
Altrettanto si può interpretare il significato della ricerca libera su elementi non controllati: un'estrazione selettiva di registrazioni alcune delle quali dovrebbero corrispondere all'interesse della ricerca, senza garanzia di esaurirlo.
La codifica di alcune caratteristiche non tipicamente catalografiche ma bibliograficamente significative permette di utilizzarle come filtro per selezioni più ristrette: la lingua del testo, il paese e l'anno di pubblicazione, la natura bibliografica, la designazione generale del materiale, richiesti insieme ad un elemento controllato, permettono di raggiungere un sottoinsieme più preciso dell'insieme relativo all'elemento controllato. Nessuna di queste, né il loro insieme permette di isolare con certezza tutte le manifestazioni di un'espressione.
Il criterio di riferimento potrebbe essere questo: cavalcare le possibilità offerte dalle tecnologie, ma senza perdita di chiarezza e mistificazione dei risultati, e un principio nuovo potrebbe davvero contemplare il rapporto fra il catalogo (astraendo dalle sue concrete realizzazioni) e le tecnologie impiegate per compilarlo e usarlo.

Glossario
Il glossario non era ancora pronto al momento della pubblicazione della bozza di Statement ed è stato aggiunto e pubblicato sul sito dell'IME ICC nell'aprile 2004. Non fornisce le definizioni di cui si è rilevata la carenza nel testo, perché contiene soltanto i termini usati nello Statement “in senso specifico”, pochi e blandamente collegati fra loro da qualche vedi anche. Sufficienti per mostrare, e non risolvere, l'intrico terminologico dello Statement (per esempio nella sez. 5). Un esempio. Heading rinvia a Access point, ma ritorna in termini composti (authorized heading anziché authorized access point) senza costanza e senza che sia comprensibile il motivo d'uso di forme diverse, come controlled form of name, della quale si dice “sometimes also called controlled heading, authorized heading, or variant heading”. Sembra di rilevare (forse interpreto indebitamente) un'idiosincrasia per termini vecchi, a favore dei nuovi, quasi che rinnovamento si riduca a un nominalistico cambiare le parole. L'unico difetto di heading è quello di richiamare la testa, come in cima alle vecchie schede oggi aborrite: a parte che l'intestazione principale si usa ancora molto almeno nelle visualizzazioni “formato scheda” e nelle liste come inizio riga, che differenza fa dire che la registrazione si trova sotto il punto d'accesso, rispetto a dire che questo sta sopra? Lo spostamento di significato semmai è nell'accentuare il vecchio termine il ruolo rispetto alla registrazione, il nuovo il ruolo rispetto alla ricerca. Ma l'ambiguità sembra legata ad un'altra distinzione presente come differenza nelle definizioni, ma non tematizzata e quindi non chiara e non rispettata coerentemente. L'accesso è alla registrazione e l'intestazione è dell'entità, che ha motivo per essere, tramite il proprio nome, via d'accesso alla descrizione bibliografica e alla registrazione nel suo insieme, in cui a vario titolo sono coinvolte anche altre entità. Se questo è il significato che si intende attribuire a heading, allora non è più possibile rinviare come equivalenti, da heading a access point (tanto è vero che in 5.1 si parla anche di punti d'accesso non controllati, che non hanno equivalente in intestazioni non controllate; la relazione dovrebbe essere BT, non see; la relazione di equivalenza potrebbe essere semmai fra heading e controlled access point) e l'uso deve sempre distinguere i due significati. In altri termini heading sarebbe ridotto a riguardare soltanto la forma dell'intestazione, l'identificazione dell'entità; access point riguarderebbe la scelta dell'intestazione, la funzione dell'entità rispetto alla registrazione. Deciso che una registrazione deve avere un access point attraverso un'entità, bisogna scegliere la authorized (uniform) heading per quell'entità, cioè la controlled form of its name. Più in generale: un glossario per catalogatori potrebbe avere una forma più strutturata nei rinvii, guadagnando in chiarezza.

Catalogazione per soggetti?
Parimenti mancano (in questo senso l'attuale Statement è solo un draft incompleto) indicazioni di principio relative all'indicizzazione semantica, pur essendone stata elaborata una redazione autorevole dall'IFLA stessa. In particolare (ma non si può semplicemente cucire qui un elenco di principi stilato in altro contesto):
I principi dell'intestazione uniforme, di sinonimia e di omonimia, riassumibili in principi di uniformità e univocità dell'intestazione, erano comuni con le intestazioni nominali, ma ora non coincidono più (a parte la diversa terminologia) per la caratteristica di “autorizzazione” e per le identità bibliografiche distinte.
I principi della semantica e della sintassi sono propri dell'indicizzazione semantica.
Il principio di coerenza sta anche al fondo dei criteri di formalizzazione delle intestazioni per autore (per esempio nell'ordine degli elementi dei nomi).
Il principio del nome rinvia esplicitamente alle regole del catalogo per autore.
Il principio della garanzia bibliografica è diverso dal principio di rappresentazione, uno attento al vocabolario corrente e prevalente in letteratura, l'altro alla terminologia propria della specifica pubblicazione trattata.
Il principio dell'utente va nella stessa direzione dell'equivalente ICC, ma mentre quest'ultimo è enunciato con valore apodittico, l'altro sta in realistica tensione con l'esigenza di formalizzazione, a volte direttamente contrastante, espressa nel principio della sintassi.

È possibile integrare e armonizzare questi principi con quelli già enunciati o richiesti?
È possibile, in modo chiaro e coerente, quindi conveniente, dare in una dichiarazione unica i principi di catalogazione descrittiva e quelli di indicizzazione semantica, integrando linguaggi diversi, con oggetti e scopi diversi? Come minimo è necessario inserire un chiarimento della relazione fra catalogazione nominale e semantica. Si richiede un inquadramento più ampio che non la semplice relazione indicata nel rapporto FRBR fra i gruppi 1 e 3, e una comprensione più ampia dell'entità opera. Essa ha e mantiene in ogni sua realizzazione e materializzazione una componente “significante” (testo, notazione, immagini...) e una inscindibile componente “significato” (pensieri, idee, nozioni ...) che appartiene ad un mondo di significati, espressi e non espressi in forme permanenti, di cui rappresenta una particolare porzione, mai riconducibile ad unità semplice, se non a prezzo di riduzioni, denotabile e identificabile come nucleo specifico e ricercabile soltanto attraverso segni controllati, convenzionalmente sintetici e formalizzati (soggettazione verbale), eventualmente anche strutturati (classificazioni), cioè di nuovo in un significante minimo di un significato concentrato. Nel mondo dei significati ogni concetto è nodo di una rete di relazioni ad altri concetti (tale è una definizione, e ci valiamo di relazioni semantiche, e analizziamo i ruoli svolti in contesto, le relazioni sintattiche); relazioni che andrebbero esplicitate e prese in considerazione nella costruzione del modello; in definitiva sembra che gruppo 1 e 3 siano due costellazioni - la seconda delle quali può essere rappresentata attraverso le strutture logiche di un linguaggio di indicizzazione - che hanno alcuni/molti punti di contatto a livello di opere e di temi e concetti in esse svolti e trattati. Solo nella precisa individuazione dei due ambiti e delle competenze dell'indicizzazione che rispettivamente se ne occupa è possibile delineare uno statuto comprensivo dell'intera catalogazione nominale e semantica. Il luogo più appropriato è la prima sezione della bozza di Statement, con le opportune integrazioni all'universo bibliografico nella seconda sezione. Ma rispetto al progetto di principi comuni per un codice comune, sull'indicizzazione per soggetto incombono l'assenza storica di criteri condivisi a livello internazionale e la forte distanza fra le pratiche adottate, a volte anche all'interno dello stesso paese, seppure non manchino riferimenti comuni (es. norme ISO) e tradizioni diffuse, esportate e imitate (es. Library of Congress Subject headings).

Qualsiasi tipo di risorsa bibliografica
In particolare per la richiesta di nuovi principi che viene dai documenti e dai mezzi espressivi differenti e dalle tecnologie nuove del catalogo, bisogna concludere che l'attenzione alle novità delle risorse è più dichiarata che sviluppata. Non esiste in tutta la bozza di Statement un cenno esplicativo a media diversi dal testo stampato, ma solo dichiarazioni d'intenti e un lessico sufficientemente generico per essere sempre compatibile con tutto. Non esiste neanche una dichiarazione di tutti i materiali di fronte alle regole.
Nella realtà c'è dibattito permanente, nelle revisioni come nell'applicazione delle ISBD, sull'individuazione delle fonti per la descrizione in riferimento a materiali non tradizionali per contenuto e presentazione, quelli che non hanno un frontespizio o un equivalente surrogato che la pratica editoriale abbia elevato a carta d'identità del documento. Non si può dare nessuna indicazione per favorire una soluzione omogenea e coerente?
Non è considerato un quesito particolare la scelta dell'autore principale in riferimento a materiali non tradizionali per contenuto e presentazione, come se valessero tout-court i criteri dei testi a stampa, e il principio di authorship nato con quelli fosse tranquillamente esportabile.
Proliferano contributi non tradizionali per tipo di apporto fornito: quale rilevanza attribuire, quale criterio adottare per attribuirla: l'evidenza della presentazione nel documento, o il peso “oggettivo” nel creare l'opera, realizzare l'espressione, produrre la manifestazione, o l'interesse suscitato dal ruolo svolto nell'ambito degli studi su quel genere di opere o di documenti? Cioè, un criterio formale o sostanziale o d'interesse degli utenti? Ecco che i principi entrano in conflitto e diventa necessario scegliere per un ordine di priorità orientativo.

Novità!
Riprendendo in modo riassuntivo le novità di questi principi mi sembra di poter trarre alcune considerazioni critiche.

Le vere novità (non implicite nel programma) sono:

Schema alternativo
Riunendo le osservazioni avanzate nell'esposizione risulta delineato un diverso schema per lo Statement, il seguente:

Statement of International Catalguing Foundations
1. Ambito di applicazione [include catalogazione nominale e semantica]
2. Oggetto della catalogazione [l'universo bibliografico]
3. Funzioni del catalogo
4. Struttura del catalogo
5. Principi di catalogazione
6. Descrizione bibliografica
7. Punti d'accesso [inclusi attuali 7.1.2-3]
8. Registrazioni d'autorità
9. Funzionalità di ricerca [svuotato, da riscrivere]
Appendice: Glossario [strutturato]

Verso nuovi codici

Regole angloamericane
Un approccio fenomenologico vuole che si parli delle regole angloamericane e del processo di rinnovamento delle AACR2 verso AACR3, presentando l'impostazione che ne ha dato Barbara Tillett.
Obiettivi della revisione: una nuova edizione più facile da usare e interpretare, più coerente e non ridondante, fondata su principi e sulla capacità di giudizio del catalogatore, incorporando i concetti di FRBR.
Nuova finalizzazione di AACR: fornire uno standard multinazionale per il contenuto della descrizione bibliografica e gli accessi per tutti i media, indipendente dai formati di comunicazione, adatto all'ambiente Web, per l'uso in paesi di lingua inglese ma usabile anche in comunità di altre lingue, compatibile con altri standard e usabile anche al di fuori della comunità bibliotecaria.
Obiettivi del catalogo: sono quelli di FRBR, con particolare stress sull'interesse dell'utente. La nuova edizione sarà disponibile nel 2007, ne è prevista l'estensione ad altre comunità, una versione on-line.
Aree di studio attuali sono: le risorse pubblicate in tempi successivi, le raccolte, i titoli uniformi (intesi come intestazioni per opere e espressioni).
Articolazione prevista del codice:
Introduzione e Principi generali, Pt. 1 Descrizione, Pt. 2 Scelta, Pt. 3 Forma dei punti d'accesso
Più in dettaglio:
Pt. 1: Introduzione alla descrizione.
Regole generali: Preliminari, le 8 aree, supplementary resources, riproduzioni, analitici e multilivello.
Seguono capitoli speciali su:
Contenuto: testo, musica, cartografia, grafica, oggetti tridimensionali, registrazioni sonore, immagini in movimento, dati software e contenuto interattivo.
Medium della risorsa e sua descrizione tecnica: a stampa, micrografia, grafica, tattile, tridimensionale, registrazioni sonore, immagini in movimento, digitale
Modo di pubblicazione: in successione o con aggiornamenti frequenti.
Possibile espansione di GMD con due designazioni insieme.
Pt. 2: Scelta dei punti d'accesso primari e secondari.
Obiettivo: scegliere le intestazioni per la descrizione; problemi: la regola dei tre, rielaborare il capitolo 21, aggiornare la terminologia, rivedere il concetto di raccolta.
Pt. 3: Forma dei punti d'accesso.
Obiettivo: integrazione dell'authority control nelle regole (ex 22-25), comprese regole per i rinvii; i titoli uniformi diventano intestazioni per opere e espressioni, in funzione citazionale e collocativa.
Possibile titolo: AACR3, Resource description and access.

ICC, International cataloguing code
Da ultimo, sono in circolazione da alcune settimane le prime raccomandazioni per regole e glossario del Codice internazionale di catalogazione, proposte all'interno dell'IME ICC 2 di Buenos Aires: sono solo pochi punti molto specifici e un po' disparati di cui si chiede l'inclusione nel codice (una modifica della regola angloamericana dei tre autori, l'intestazione personale per i capi di stato, intestazioni in forma diretta per gli enti, precisazioni sulle qualificazioni, sui titoli uniformi, tipi di titoli ...). Si affacciano come temi o suggerimenti nuovi: l'inclusione del tema delle registrazioni d'autorità e l'indicazione specifica del materiale (ISM) anche come chiave di ricerca o filtro. Anche un'incomprensibile nuova definizione di parte componente opposta a quella classica e linguisticamente contraddittoria: “una manifestazione che contiene più di un'opera e che è pubblicata in una sola unità fisica” (proposta dal gruppo 4).
Il gruppo 5 chiede di chiarire precisamente quali siano le “particolari circostanze” in cui ci si deve comportare diversamente (in riferimento ai titoli originali o più spesso usati nelle manifestazioni dell'opera sostituibili con titoli comunemente usati nella lingua del catalogo, 5.5.1). Denuncia la difficoltà di risolvere i casi speciali conciliando principi e buon senso con giudizio critico. Perché – aggiungiamo – non succeda, secondo la denuncia di Domanovszky a proposito del principio dell'interesse dell'utente di Cutter, che questo sia inteso come libertà di smentire la regola, ma sia la regola a prevedere e consentire eccezioni: “Cutter, nel suo lavoro di codificazione, aveva previsto ovviamente solo un adattamento delle regole di catalogazione alle aspettative dell'utenza, ammettendo per le regole generali un insieme di eccezioni espressamente previste; ma è molto improbabile che avesse pensato di renderle facoltative”4.


Note

1 Principles underlying subject heading languages (SHLs) / edited by Maria Ines Lopes and Julianne Beall ; Working group on principles underlying subject heading languages ; approved by the Standing committee of the IFLA section on classification and indexing. – Munchen : Saur, 1999
2The intellectual foundation of information organization / Elaine Svenonius. – Cambridge, Ms. : MIT, 2000
3Osservazioni su Functional requirements for bibliographic records: final report / Gruppo di studio sulla catalogazione dell'AIB
4Funzioni e oggetti della catalogazione per autore e titolo / Ákos Domanovszky. – Udine : Forum, 2001


Copyright AIB 2005-02, ultimo aggiornamento 2005-02-11 a cura di Gabriele Mazzitelli
URL: http://www.aib.it/aib/congr/c51/buizzaint.htm


AIB-WEB | 51. Congresso AIB | Bibliocom 2004 | Principi di catalogazione internazionali