AIB. Commissione nazionale biblioteche e servizi nazionali | |
Venerdì 29 ottobre 2004
ore 9,00-12,30
Roma EUR, Palazzo dei congressi
Sala Palatino
Il pericolo della scomparsa dei testi, ma anche dei materiali che ne permettono la trasmissione, non è vano : ciò che ci è stato tramandato dalla cultura antica è molto frammentario, né noi siamo esenti da questo rischio. Dunque conservazione e protezione delle opere dell’ingegno si intrecciano con la “esigenze” di carattere censorio e da più di 30 anni - l’ultima modifica alla legge sul deposito legale risale al 1945 – i bibliotecari chiedono una riforma, sottolineando l’inadeguatezza della normativa.
Tra le novità introdotte dalla 106 per la prima volta si parla di archivio regionale della produzione editoriale.
Ma di fronte alla massa di pubblicazioni che è pervenuta e perviene alla grandi biblioteche titolari del diritto di stampa (termine ormai superato con la legge 106), si dice che non è possibile conservare tutto e che a seconda del valore delle pubblicazioni si deve operare una scelta. Proprio a causa di valutazioni che non possono che essere soggettive, in passato si è decretata la dispersione delle biblioteche ecclesiastiche che solo in parte confluirono nelle biblioteche pubbliche che talvolta ne cancellarono la provenienza.
Ora come allora non si può decidere a priori l’importanza di un documento, e in questa prospettiva anche le biblioteche di conservazione, perché considerate “di alti studi” hanno a loro volta decimato pubblicazioni di letteratura amena, almanacchi, romanzi, guide di viaggi, che testimoniano la vita quotidiana, i libri scolastici , e ancora tutta una serie di stampati a carattere effimero come gli opuscoli pubblicitari, politici, inviti … uno dei tanti aspetti delle caratteristiche di un’epoca. Lo scarso valore economico di queste pubblicazioni, gli accantonamenti, la non conoscenza, le ristampe, sono fattori che ne possono provocare la scomparsa in massa.
L’onere, il peso economico e organizzativo della conservazione non è cosa da poco e da tutti. Non tutte le biblioteche hanno le stesse finalità : non si può certo affermare che un istituto di conservazione abbia gli stessi compiti e funzioni di una biblioteca pubblica o di una biblioteca di facoltà che è legata alla specializzazione delle sue raccolte e al loro costante aggiornamento.
In primo luogo il compito della conservazione , intesa come mantenimento di originali, spetta nel nostro paese alle Biblioteche Nazionali Centrali, di Roma e di Firenze, che agiscono in sinergia per realizzare sia la conservazione, sia la fruizione del libro. Tuttavia la centralizzazione dell’intera produzione non è realizzabile in modo completo e presenta inconvenienti che si possono così sintetizzare :
La nuova legge attua la riforma da tempo auspicata : la consegna della copia d’obbligo che ricade sugli editori e non più sui tipografi, rappresenta una scelta culturalmente più compatta ; inoltre se alle biblioteche centrali i documenti arrivavano comunque, anche in presenza di cambi di tipografia, per le altre biblioteche il trasferimento di tipografo da una provincia ad un’altra rappresentava l’interruzione di una collana o raccolta di periodici.
La legge sul diritto di stampa è molto macchinosa. Venuta meno la funzione del controllo degli stampati da parte dell’autorità governativa -ruolo svolto dalle prefetture-, restano i tempi indeterminati che intercorrono dalla consegna degli stampati da parte dei tipografi alla concreta disponibilità per il lettore, inoltre se il cambiamento di sede di una tipografia, come già detto, può interrompere la completezza delle collezioni, può anche comportare il possesso di pubblicazioni estranee al luogo di conservazione (anni del Messaggero e del Financial Times pervenuti alla biblioteca milanese).
La nuova legge evidenzia inoltre il ruolo di conservazione e di tutela della produzione editoriale affidata alle biblioteche intese come archivi regionali.
Un esempio: la Biblioteca Nazionale Braidense è la più importante biblioteca milanese e lombarda ed è titolare stabilmente dal 1788 del diritto di stampa, istituzione fortemente legata alla sua situazione storico - sociale e che rappresenta dalla fondazione della biblioteca una ricchezza che ha reso la Braidense un punto di riferimento insostituibile per generazioni di studiosi. Tutti i libri e i documenti pervenuti in virtù del diritto di stampa sono a mio parere da considerarsi “un fondo tra i fondi” anche se privo di omogeneità. E proprio in forza del di questo diritto si è depositato a Brera dalla seconda metà del ‘700 tutto quel materiale che rappresenta un pilastro per la continuità della memoria storica milanese e lombarda. La Braidense infatti nasce con il preciso intento di dotare la città, priva a quei tempi di una biblioteca pubblica e di un’università, di raccolte moderne e aggiornate per una cittadinanza che voleva essere informata . Paradossalmente, perché quando si parla di biblioteche storiche si pensa automaticamente ai grandi saloni tappezzati di dorsi decorati, è alla Braidense molto più casuale la presenza dei fondi antichi che di quelli contemporanei (a partire dalla metà del ‘700).
Tra il 1852 e il 1859 questa biblioteca fu privata delle pubblicazioni che riceva per diritto di stampa, dirottate sull’Universitaria di Pavia: 7 anni di lacune che in gran parte non furono più colmate, né con acquisti, né con donazioni, come è documentato dalle relazioni dei direttori.
Ancora oggi il rapporto tra le accessioni per acquisto e per diritto di stampa è di 2 a 5 ultimo dato questo che corrisponde a 6000 libri e 1500 periodici (nel 2003).
La già ricordata legge del 1910 penalizzò il ruolo degli istituti preposti alla conservazione della stampa regionale, riducendone il patrimonio, e assegnò nuovi compiti ad altre biblioteche. Se da un lato questo provvedimento ha causato uno squilibrio nella completezza delle collezioni, oggi alla luce di una diversa interpretazione della tutela del patrimonio, si può affermare che la legge impose l’attuazione di una conservazione differenziata su più livelli, realizzando un decentramento della stampa presso le biblioteche provinciali che favorì una tutela più mirata e controllabile della produzione locale: se pensiamo alla varietà di testate di giornali, sarà evidente che solo un’organizzazione articolata contribuisce a mantenere la stampa nazionale permettendo alle biblioteche nazionali di dedicarsi più accuratamente alla conservazione delle testate più rappresentative e alle provinciali delle testate locali.
La Braidense, e così le biblioteche che hanno i medesimi doveri di salvaguardia delle raccolte che pervengono per deposito obbligatorio, svolge un compito di tutela parziale rispetto a quello ben più ampio nazionale che, per essere mantenuto, deve affidarsi ad un insieme coordinato di istituti. In particolare le collezioni di periodici per la varietà non solo dei titoli che presentano, ma anche per la molteplicità delle edizioni locali e diverse nell’arco della giornata, non possono esistere ad un unico livello di mantenimento.
Il fatto che il deposito legale costituisca l’archivio nazionale e regionale della produzione editoriale, pone l’accento sul ruolo di conservazione delle biblioteche a cui sarà affidato: la terza copia dovrebbe perciò pervenire a quelle biblioteche che fanno della conservazione la loro funzione primaria.
Un’ulteriore forma di tutela potrebbe essere rappresentata dal deposito della quarta copia affidato alle biblioteche provinciali, per la conservazione, valorizzazione e diffusione della cultura locale, il mantenimento del materiale minore, e per alimentare il patrimonio della biblioteca comunale della città dove già risiede la biblioteca regionale. In particolare, sempre per quanto riguarda Milano, la quarta copia (editoria milanese) potrebbe essere destinata stabilmente alla biblioteca comunale Sormani che coadiuverebbe la Braidense nel realizzare un servizio completo, sottolineando i loro rispettivi compiti di fruizione e conservazione. La distribuzione della quarta copia alle biblioteche provinciali eviterebbe sia l’ improvviso impoverimento del loro patrimonio, (consentendo ancora a questi istituti di svolgere un ruolo di “memoria del territorio”), sia la congestione di utenza che obbligatoriamente si concentrerebbe sulla biblioteca regionale come unica destinataria della documentazione bibliografica regionale. Né si deve dimenticare che negli ultimi 10 anni il reperimento dei libri è stato enormemente facilitato dalla creazione dei cataloghi informatici che oltre a fornire una descrizione precisa degli esemplari ne indicano la localizzazione.
Poiché la Lombardia è la capitale dell’editoria, si stima che a Brera potrebbe con la nuova legge pervenire un numero di stampati più che doppio rispetto a quello che giunge dalle tipografie situate nella provincia e che Milano diventerebbe la terza biblioteca d’Italia in virtù del deposito della produzione editoriale.
Oltre al problema logistico è da valutare anche quello funzionale. Le nostre biblioteche, in particolare quelle regionali dovranno essere attrezzate per sostenere l’impatto di una massa di pubblicazioni; l’impedimento più grave è rappresentato dalla carenza di spazi, condizione irrinunciabile per il mantenimento delle raccolte, oltre che valutare una diversa distribuzione, destinazione e istruzione del personale, in mancanza di istituti specializzati per il mantenimento di particolari generi librari e documentari non sempre affidati ai supporti materiali tradizionali.
Di fronte alla più marcata funzione di conservazione della produzione editoriale che rivestirebbe la biblioteca regionale dovrebbero scattare delle forme di tutela maggiori volte alla salvaguardia dei documenti che pervengono come deposito legale, quali le limitazioni del prestito e le riproduzioni, servizi dirottabili sugli istituti titolari della quarta copia.
Fin qui si è parlato di conservazione e di tutela come se si trattasse di sinonimi . Porre l’attenzione sulla conservazione, significa riconoscere il valore materiale di un oggetto : si conserva per le generazioni future non solo il messaggio, il testo che è la parte più riproducibile, ma anche la materia a cui questo messaggio è affidato, cercando di mantenerne più a lungo possibile le caratteristiche originali traducendo in pratica le norme della prevenzione.
La Commissione Franceschini negli anni ’60 ha elaborato la più corretta definizione di bene culturale, definendolo testimonianza materiale della civiltà che lo ha prodotto. Alla luce di questa definizione tutto il materiale moderno e contemporaneo la cui tutela e conservazione caratterizza un istituto (biblioteca regionale lombarda = produzione editoriale lombarda) rientra nella sua complessità nella categoria dei beni culturali, la cui gestione è senza dubbio semplificata rispetto ad un ‘idea di accentramento se si attribuisce ad ogni istituto destinatario della terza copia il compito della conservazione, realizzata in modo articolato e organizzato.
Sebbene molto spazio si lasci al regolamento di attuazione, ritengo che questa legge sia positiva perché solo definendo i ruoli degli istituti si permette alle biblioteche-archivio regionale di esercitare la conservazione e alle altre di migliorare il servizio di pubblica lettura, perché svincolate da preoccupazioni di carattere conservativo.