Roma, Giovedi' 26 ottobre 2000
ore 9.30-13
EUR, Palazzo dei congressi
Print on demand: una nuova frontiera per editori e
biblioteche ?
Giulia Visintin Caratteri mobili
Alcune riflessioni di una bibliotecaria suscitate dalle prospettive della stampa a richiesta e della riproduzione di pubblicazioni fuori catalogo o di difficile reperimento.
La possibilità di rendere disponibili documenti dati per irrecuperabili e i nuovi modi di distribuzione di qualunque documento a partire dalla sua copia digitale aprono varie questioni dal punto di vista dell'acquisizione, del possesso, della catalogazione. Il servizio offerto dalle biblioteche sarà ancora lo stesso?
Le possibilità di riproduzione - e di produzione - che si aprono al futuro dell'editoria sono state descritte da chi ha parlato prima di me nella varietà di strumenti che le rendono concretamente attuali o perlomeno immaginabili. Non vorrei dunque riconsiderare le differenze fra i metodi che ci consentono di riavere con noi pubblicazioni che si potevano considerare introvabili o quasi e quelli che già oggi - e ancora di più domani - ci mettono a disposizione testi scritti, immagini, suoni senza che l'oggetto materiale che li rende leggibili debba essere trasportato per le consuete vie del commercio.
Vorrei mettervi a parte, piuttosto, di alcune riflessioni - non tutte ancora ordinate con coerenza - suscitate da questi fatti, o meglio da queste prospettive, in una persona che ha a che fare ancora per la massima parte della sua giornata con quegli oggetti materiali, tangibili, che sono i libri. Una persona che si domanda se, cambiando così radicalmente le loro caratteristiche fisiche, questi nuovi documenti indurranno un mutamento altrettanto radicale anche nel carattere delle biblioteche, delle raccolte e dei servizi che le mettono a disposizione dei lettori.
Per cominciare da un aspetto che potrà sembrare frivolo, ma che riguarda da vicino un parte non secondaria del modo col quale si presentano le biblioteche, in biblioteca non ci si può che rallegrare all'idea di poter riavere pezzi dati per introvabili: il volume che finalmente rimpiazzerà il più esausto di tutta un'enciclopedia, i due numeri che permetteranno di completare una serie acquistata integralmente, il titolo amatissimo dai lettori e dunque più soggetto di altri a inopinate sparizioni. Ma se finalmente la collezione è completa, non sempre la completezza giunge fino all'uniformità assoluta della veste esteriore. Quando si rimette in circolazione un titolo isolato, un manuale o un romanzo che sia, la differenza nella veste (penso ad esempio al formato standard delle edizioni di Lampi di stampa) può non avere molta importanza, ma certo non farebbe un bell'effetto un volume impari qua e là fra tutti gli altri della stessa serie schierati ad esempio in uno scaffale di consultazione. Non è solo una questione di estetica, che pure ha la sua parte - chiediamolo ai rilegatori che tanta cura mettono a vestire i libri - ma anche di praticità di lettura dei dorsi, specialmente in serie particolarmente numerose.
Le considerazioni sull'esteriorità dei nuovi prodotti portano naturalmente a considerare i termini della catalogazione descrittiva, sui quali mi soffermerò fra un momento, ma potrebbero avere delle conseguenze anche sul valore intrinseco degli oggetti. Se una ristampa risulta praticamente identica, e le tracce del suo essere un prodotto nuovo si riducono al minimo, come si misurerà il valore di questo oggetto? In termini commerciali, anche in senso lato, basterebbe fare riferimento al suo prezzo. Ma proprio perché stiamo parlando di pezzi già introvabili, come si stimerà il pregio della copia, di una copia che imita il più fedelmente possibile l'edizione esaurita da risultarne quasi indistinguibile? Sono forse questioni che interessano di più i collezionisti, attenti quando non ossessivi raccoglitori di esemplari che rispondano alle caratteristiche volute, e che quando si trovano di fronte imitazioni ingannevoli sanno essere circospetti (a meno che non siano - e ne esistono - collezionisti di copie). Da un certo punto di vista, però: l'attenzione al proprio patrimonio documentario, l'incremento ponderato, la custodia, anche le biblioteche possono essere considerate nel novero dei collezionisti. È certo in ogni caso che - anche senza scomodare gli alti e bassi del mercato antiquario - la presenza delle ristampe indurrà conseguenze nel sistema di valutazione (venale, patrimoniale) delle varie edizioni. Ma se renderà accessibile l'acquisto di copie di volumi d'epoca a biblioteche che magari non hanno neppure una sezione di libri antichi, rari e di pregio, non per questo ridurrà il valore degli originali, valore che anzi potrebbe addirittura aumentare proprio a causa della circolazione di riproduzioni molto simili.
Le considerazioni sul valore e i costi dei documenti riprodotti si allargano poi a proporzioni assolutamente nuove quando si tratti di documenti non ristampati ma semplicemente riproducibili, quando si arrivi alla stampa su richiesta propriamente detta, alla disponibilità (più che al possesso) di versioni elettroniche dei testi, riproducibili quando desiderato, a particolari condizioni. Qui la prima impressione della bibliotecaria - che ancora si arrabatta talvolta per definire i criteri di inventariazione di un cd-rom ad aggiornamento periodico, o se possa essere acquistato coi fondi destinati alle monografie piuttosto che con quelli per le riviste - è senz'altro di disorientamento. Ben venga naturalmente ogni possibilità di estendere l'offerta documentaria di una biblioteca, soprattutto quando si tratta di perseguire una miglior soddisfazione dei propri lettori. Dunque non si pone neppure la questione di escludere certi nuovi tipi di documenti (o meglio formati di presentazione dei documenti) solo perché non si riesce ad incasellarli nelle categorie consuete. Ma è evidente che li avremo per le mani, dovremo trattarli e portarli a disposizione dei nostri cari lettori ben prima di essere riusciti a delineare procedure amministrative coerenti a quelle con le quali inventariamo normalmente libri e altri documenti tangibili, misurabili, calcolabili. Se non proviamo a maneggiarle, queste nuove risorse, non sarà neppure facile definirle sul piano patrimoniale.
Ma in definitiva, al di là delle registrazioni d'inventario che pure hanno la loro importanza, il patrimonio di una biblioteca, ciò che essa offre al suo pubblico consiste di tutti quei documenti dei quali la biblioteca dichiara - solitamente per mezzo del proprio catalogo - di disporre. Dunque anche di quei documenti riproducibili a partire da una versione elettronica dei quali oggi si è parlato. Non più dunque la semplice contrapposizione fra documento posseduto e documento accessibile (anche se vale la pena di ricordare ancora come l'accesso di qualcuno sia per forza il possesso di qualcun altro). Ciò che ha valore, dal punto di vista dei lettori innanzi tutto e quindi anche dal nostro, è la disponibilità di ciascun documento. Disponibilità che non potrà essere che funzione delle caratteristiche specifiche di ciascuna biblioteca, visto che nessuna biblioteca si sogna - e per fortuna - di incamerare qualunque documento, per poco spazio che occupi, anche se si tratta di una minuscola porzioncina di una memoria magnetica lontanissima. Disponibilità che - legata o meno a vincoli e dichiarazioni di possesso, derivata o no da una registrazione d'inventario - si manifesterà in un catalogo altrettanto correlato al carattere particolare della biblioteca, essendo in ogni caso frutto di scelte, si spera il più consapevoli e ragionate sia possibile.
Diciamo dunque che il catalogo descriverà e renderà accessibile - per mediazione o diretta connessione ai documenti leggibili per mezzo della stessa apparecchiatura con la quale leggiamo il catalogo - ogni documento la biblioteca dichiarerà disponibile, meglio: sceglierà di dichiarare tale. Le questioni catalografiche che si pongono di fronte ad una riproduzione non sono sconosciute ai bibliotecari. Alla prima fra tutte, se la riproduzione vada presentata nel suo valore di mezzo, nuova incarnazione di un documento già esistente, o mettendone in risalto le differenze che la distinguono dall'originale, si sono dedicate già da molti anni riflessioni e soluzioni, basta interpellare qualunque catalogatore di periodici si sia trovato a fare i conti con qualche copia, ad esempio su microformati. E alla domanda risponde già - a ben vedere - la stessa maniera di presentarsi di queste ristampe, che nel suo tentativo di avvicinarsi il più possibile all'originale sottolinea la permanenza piuttosto che la variabilità dell'aspetto editoriale. Non c'è dubbio tuttavia che il solo metro delle ristampe anastatiche, oggetti noti e tutto sommato facilmente padroneggiabili sul piano della catalogazione, non basterà a misurare la varietà di casi che potrebbero facilmente porsi, una volta che queste nuove facoltà editoriali di cui stiamo discutendo abbiano superato - com'è di ogni nuova tecnica - i vincoli dell'imitazione dell'esistente.
Se oggi riesce difficile immaginare come si presenteranno questi nuovi prodotti una volta messi in pagine fatte di carta e inchiostro, per i documenti che vanno per il mondo attraverso lo strumento delle reti abbiamo a portata di mouse esempi già leggibili di quel che ci riserva il futuro. Già oggi premiamo il tasto di stampa ogni volta che troviamo un contributo particolarmente interessante in una pagina web, già oggi opere anche corpose sono disponibili soltanto con questo mezzo. Come per le ristampe su carta, anche per i documenti su supporto magnetico o ottico disponiamo ormai di strumenti di catalogazione, anche se si tratta di tecniche più giovani, meno stabilmente insediate fra i nostri ferri del mestiere.
Per risolvere i problemi catalografici posti dalle peculiarità dei nuovi documenti, o perlomeno di quei caratteri che in essi ci appaiono nuovi, basta tutto sommato affilare strumenti che abbiamo già a portata di mano. Quello che forse rischia di sfuggirci di mano è piuttosto la facoltà - o se volete l'onere - proprio di allestire i cataloghi. La riduzione ai minimi termini delle mediazioni editoriali indotta dalle possibilità della produzione di documenti da fonti elettroniche porta facilmente con sé il miraggio dell'autoindicizzazione, della catalogazione venduta col libro, dell'autore che meglio di chiunque altro ritiene di poter dare un nome e un qualche dispositivo indicale alla propria creatura, si tratti di un riassunto o di un set di metadata. Che questa sia un'illusione non dovrebbe essere una novità sconvolgente per nessuno: del resto, come una relazione parentale troppo stretta, neppure la lettura integrale di un documento è consigliata a chi voglia darne una buona indicizzazione... Per catalogare bene, occorre non stare troppo dalla parte dell'autore, ma neppure da quella del potenziale lettore. Il posto più adatto è nel mezzo, e siamo d'accordo che non è assolutamente indispensabile che quel posto sia proprio una biblioteca (ne parleranno credo domani al seminario AIB-WEB): ma non c'è dubbio che chi vi lavora sia un bibliotecario.
Per concludere, di fronte alla possibilità di offrire ad ogni lettore il suo libro, nel senso più letterale di questa aurea massima, mi sembra legittimo ricordare che la biblioteca è anche il luogo dove si restituiscono i libri. La biblioteca non è soltanto il luogo nel quale si distribuiscono documenti, in copia o in una copia originale quasi quanto l'originale stesso. I libri tornano in biblioteca, non soltanto ne escono: perché è più comodo che affastellarli tutti a casa propria, sempre che si abbia la possibilità di comprarsi tutti quelli che ci occorrono, perché è più conveniente sapere che c'è qualcuno che ci pensa, a raccoglierli, conservarli, metterli a disposizione, perché ci sono libri che mai si penserebbe di tenere sempre con sé, ma che è necessario e importante sapere che si possono trovare - quando occorre - in biblioteca; perché, infine, ci sono libri così legati alle raccolte nelle quali li si è trovati ad aspettarci da far parere sia quello il solo loro posto naturale. Si pensa alle stratificazioni di un fondo storico, ma si può ricordare anche il testo studiato con passione, che ha segnato una tappa importante nella formazione di una persona, legato nel ricordo alla biblioteca che lo ha messo a disposizione, i manuali e le riviste che uno scienziato trova a pochi passi dal proprio laboratorio, ed è felice che sia così, quando è così. Le biblioteche sono i luoghi in cui si va sapendo che vi si può trovare quel che occorre e anche i più accaniti accumulatori di testi vi tornano, una volta o l'altra, proprio per questa ragione. Se il print on demand significherà un'offerta più ampia, a minori costi e diciamo pure con minori sprechi di carta e meno stragi inutili di alberi, questo segnerà un miglioramento, certo. Ma cambiare in meglio non significherà mutare nella sua essenza il carattere - per quanto mobile e in continua trasformazione possa essere - del servizio offerto dalle biblioteche.