La Commissione Nazionale Biblioteche Pubbliche dell'AIB, nello spirito del Manifesto UNESCO e delle Raccomandazioni IFLA, ha individuato, tra gli obiettivi del suo programma triennale 2000-2003, [1] l'approfondimento delle tematiche legate alla biblioteca pubblica come fattore di integrazione sociale. Si ha, in effetti, ragione di ritenere che in Italia siano necessari un forte impegno economico e politico, un grande sforzo di innovazione organizzativa, ed una matura capacità progettuale, in direzione dell'estensione del servizio bibliotecario pubblico a quelle fasce della popolazione che oggi, generalmente, si trovano ad essere di fatto sostanzialmente escluse dall'accesso alle risorse delle nostre biblioteche. Una buona fetta di questo pubblico ad alto rischio di esclusione è certamente costituita dalle comunità di immigrati che risiedono, in maniera più o meno stabile e regolare, nelle nostre città. I cittadini di provenienza extracomunitaria, in particolare, per difficoltà di natura linguistica e diversità di radici culturali, ma purtroppo anche a causa di disagi talvolta drammatici nel condurre la vita quotidiana - tra i quali di estrema gravità appare il persistere, nella nostra società, di forme più o meno manifeste di pregiudizi razziali o culturali - sono impossibilitati a frequentare le biblioteche pubbliche, a meno che queste non offrano un ambiente amichevole ed accogliente, siano adeguatamente organizzate per poter garantire raccolte speciali (es. libri, periodici e materiale multimediale nelle lingue d'origine delle minoranze etniche locali) ed altri servizi opportunamente mirati, abbiano la capacità di raggiungere attivamente le comunità locali ed incoraggiarle ad usare i servizi in modo per loro completo e soddisfacente.
La Commissione, del resto, ha consapevolezza che diverse biblioteche italiane sono da anni positivamente impegnate per rispondere a queste necessità, ed hanno attivato, pur nella quasi totale carenza di strumenti di lavoro specifici, numerosi servizi e iniziative di vario genere: sviluppo di raccolte, bibliografie e cataloghi specializzati, promozione di azioni per una cultura antirazzista, mostre, laboratori, sussidi didattici e percorsi di lettura destinati alle scuole, servizi di consulenza, documentazione ed informazione. Possiamo perciò, e dobbiamo, fare leva e affidamento sul "capitale professionale" accumulatosi nel tempo su questo fronte grazie al lavoro di un insieme di realtà operanti con successo, per quanto talvolta in maniera scoordinata ed episodica.
Nel corso della riunione del 20 giugno 2001 [2] la CNBP ha pertanto deciso di favorire la creazione di occasioni e strumenti di scambio fra i bibliotecari interessati allo sviluppo dei servizi multiculturali, cercando di agire da catalizzatore di idee ed esperienze in questo settore. Una fitta circolazione di messaggi, diffusi da colleghi di biblioteche pubbliche nella lista di discussione AIB-CUR tra la fine di maggio e l'inizio di giugno 2001, ci ha confermato che quella di trovare un metodo coordinato di scambio professionale su questi temi era un'esigenza urgente e fortemente sentita, non solo dalla Commissione. A questo punto si è pensato: a) di tentare di aggregare e mettere in contatto tra loro in modo più stabile i bibliotecari maggiormente sensibili alla questione, quelli cioè che manifestavano il bisogno e la volontà di un'ampia collaborazione su questi temi, non solo teorica ma anche indirizzata a risolvere problemi pratici nell'organizzazione dei servizi multiculturali; b) di individuare alcuni elementi attorno a cui costruire un primo, rudimentale schema di indagine sullo stato attuale dell'erogazione di questi servizi nelle biblioteche pubbliche italiane; c) di trovare un opportuno spazio di confronto iniziale tra i bibliotecari interessati, per una migliore conoscenza delle singole realtà locali, e per provare a mettere insieme esigenze e suggerimenti in vista di un percorso di lavoro comune, coordinato dalla CNBP. In un primo momento, quindi, sono state raccolte le segnalazioni dei colleghi pervenute ad AIB-CUR, e questi sono stati contattati individualmente per sondare la loro eventuale disponibilità a contribuire ad un'ipotesi di lavoro con la Commissione; contemporaneamente la CNBP ha esteso l'invito con un proprio messaggio alla lista di discussione dei bibliotecari italiani. Questo lavoro preliminare, per quanto necessariamente impreciso e disorganico, ha portato alla costituzione di un piccolo indirizzario comune, in cui figuravano una ventina di nominativi. Una base sicuramente irrisoria se si pensa all'universo delle biblioteche pubbliche italiane (molte delle quali comunque non hanno mai sviluppato, o finora pensato di sviluppare, questo tipo di servizi); un numero invece assai incoraggiante ove si considerino, da un lato, il carattere empirico, su base spontanea, per certi versi quasi improvvisato, del coinvolgimento, e dall'altro, il mezzo utilizzato (la posta elettronica), che se ha facilitato il lavoro nella fase di avvio, probabilmente ha anche limitato la capacità di penetrazione a breve termine della proposta della Commissione. Successivamente, per mezzo dell'indirizzario comune, è stato distribuito un questionario in forma non anonima, a risposta libera (v. paragrafo seguente), finalizzato a ricavare un primo quadro, anche approssimativo, della situazione dei servizi multiculturali in Italia attraverso un campione modesto ma significativo e, soprattutto, a conoscere meglio punti di forza, problemi e aspettative dei bibliotecari interessati alla cooperazione in quest'ambito. Il questionario è stato elaborato per la CNBP, con la supervisione di Elena Boretti, da Domenico Ciccarello e Chiara Rabitti, che hanno anche agito da centro di raccolta delle risposte. Insieme al questionario, restituito entro la scadenza di settembre 2001, è stato diffuso l'invito ad un primo incontro informale, che si è svolto a Roma durante Bibliocom, il 5 ottobre 2001, con l'intento di verificare la possibilità di coordinare, d'ora in avanti, gli sforzi per accrescere la sensibilità della professione tutta in quest'ambito, e cercare insieme soluzioni pratiche per migliorare costantemente la qualità dei servizi resi agli utenti. I partecipanti hanno confermato, in quella riunione, l'impegno a costituire un gruppo di lavoro, coordinato dalla Commissione, con l'obiettivo di produrre e diffondere strumenti, scambiare documentazione utile, e promuovere iniziative, con riguardo ai servizi multiculturali nelle biblioteche pubbliche. Il gruppo, che si va costantemente allargando, ha già abbozzato e concordato un piano di lavoro, ed utilizza anche un'apposita mailing list e delle pagine Web.
I contenuti dell'indagineCrediamo non inutile sottolineare che, almeno per quanto ci è dato di conoscere, non esistono precedenti indagini sui servizi multiculturali nelle biblioteche pubbliche italiane. Questo non per rivendicare alcun primato, che sarebbe in ogni caso inappropriato dato il carattere pilota dell'indagine, ma solo a parziale giustificazione della genericità e di presumibili incoerenze nella formulazione delle domande. Data la mancanza sostanziale, in questo campo, di punti di riferimento teorici, nonché di precedenti elaborazioni di dati riferibili al contesto italiano, si è ritenuto opportuno ispirare i contenuti, in linea generale, alle questioni che emergono dalle specifiche linee guida [3] e dal manuale [4] prodotti dall'IFLA. Questo l'elenco delle domande:
Per una corretta analisi dei risultati dell'indagine è necessario ribadirne tanto i limiti quanto il contesto. Un primo, palese difetto riguarda l'esiguità del campione e il metodo asistematico di selezione della popolazione. Abbiamo ricevuto un totale di dieci questionari, provenienti all'incirca dal 60% delle biblioteche o sistemi bibliotecari coinvolti in questa prima fase. [5] Niente che possa giustificare generalizzazioni o far azzardare valutazioni o conclusioni di qualunque tipo. Va ricordato, tuttavia, che indubbiamente i servizi multiculturali sono ancora, nelle biblioteche pubbliche italiane, un fatto quasi eccezionale, o comunque spesso si attestano ad uno stadio appena embrionale. Le ragioni di questa situazione, anche se in linea di massima ben individuabili (fenomeno migratorio assai meno consistente e più recente rispetto ad altri paesi europei o agli Stati Uniti; arretratezza storica, ed incompiutezza cronica, dell'Italia nell'affermazione dei capisaldi istituzionali della public library, della biblioteca per tutti; complessità oggettiva che caratterizza servizi così specializzati), meriterebbero senz'altro un'opportuna analisi, il cui approfondimento è al di là degli intenti di questo documento. Possiamo però qui, per quel che riguarda l'indagine CNBP, rilevare che il campione esaminato, sebbene numericamente inconsistente e perciò scientificamente inaffidabile, rappresenta ugualmente una discreta percentuale delle biblioteche pubbliche italiane che abbiano intrapreso una qualche forma di servizio a carattere multiculturale. Asistematico, inoltre, non vuol dire affatto arbitrario. L'impostazione del questionario, la sua formulazione ed i suoi contenuti sono derivati in larghissima misura dalla scelta consapevole della CNBP di acquisire informazioni, ed anche piste e suggerimenti utili di lavoro, da parte di bibliotecari che si sapeva fin dall'inizio familiari, o perlomeno vigili, rispetto a queste problematiche, spesso accomunati da esperienze e attività simili, anche se magari con livelli di sviluppo differenziati. Un campione piuttosto omogeneo, insomma, e pertanto suscettibile di fornirci spunti di riflessione e valutazione non trascurabili, specie nella prospettiva di aprire un percorso di lavoro in forma collaborativa.
Il secondo difetto riguarda, evidentemente, il carattere informale del questionario e, conseguentemente, la mancanza di qualunque pretesa di scientificità nella metodologia adottata per articolare le domande. Possiamo parlare di "indagine pilota", cioè di un sondaggio sperimentale, a basso livello di strutturazione e rivolto ad un target limitato ma rappresentativo o, se vogliamo, una prima tappa necessaria in vista del successivo affinamento e della riproposizione dell'indagine in forma allargata e statisticamente fondata, obiettivo che ci auguriamo non venga meno. Per questo motivo, in appendice al questionario si è dato ampio spazio a commenti e suggerimenti che potessero orientare l'indagine verso un eventuale riutilizzo in versione più strutturata ed estesa. Forse sarebbe risultato opportuno raggruppare le domande, a scopo di maggiore chiarezza e facilità di lettura, in sezioni di contenuto omogeneo; alla fine si è optato per lasciare il questionario sotto forma di elenco grezzo di domande, seguite da un invito a formulare osservazioni conclusive. Tale soluzione forse presenta l'unico vantaggio di avere condizionato il meno possibile l'interpretazione delle domande stesse. Si riconosce, infine, che i tempi stretti richiesti per le risposte e la restituzione del questionario (una quindicina di giorni) possono avere scoraggiato qualcuno dal contribuire, ovvero affrettato i contenuti delle risposte. Non crediamo, comunque, che i dati ricevuti siano falsati da quest'inconveniente. Ritenevamo giusto subordinare la conclusione dell'indagine all'incontro di Roma, in cui ci sembrava doveroso esprimere un primo orientamento al nascente gruppo di lavoro tenendo conto anzitutto delle esigenze espresse e delle informazioni ricavabili per il tramite dei questionari.
Indicazioni e prospettiveAbbiamo dovuto sottolineare più volte il carattere approssimativo ed introduttivo dell'indagine, ma crediamo sia ugualmente possibile provare a rilevarne alcune tracce più marcate, alcuni aspetti che, essendo presenti con maggiore evidenza, possono suggerire eventuali aree di intervento, e perciò tornare utili in vista della pianificazione del lavoro da parte del gruppo che si è costituito.
Potremmo, ad esempio, iniziare dalla constatazione che le biblioteche che hanno partecipato all'indagine - e, più in generale, quelle che compongono il gruppo di lavoro - sono tutte situate nel Centro-Nord. L'assenza delle biblioteche del Mezzogiorno da questa importante fase incipiente del coordinamento di sforzi per lo sviluppo dei servizi multiculturali è un dato che induce naturalmente a riflettere. Ci preoccupa l'aggravamento, registrabile anche attraverso un riscontro in altri fondamentali aspetti a cui la CNBP sta lavorando (cooperazione, reference digitale, etc.), della condizione di debolezza nello sviluppo dei servizi bibliotecari al Sud rispetto alle regioni centro- settentrionali di questo Paese. Per quanto riguarda la nostra indagine, la percentuale è tale da non lasciare spazio ad alcuna ipotesi di correlazione con l'entità dei flussi migratori. Se è vero che il pubblico di immigrati risiede prevalentemente nel Centro-Nord, è altrettanto innegabile che la questione dei servizi multiculturali si ponga senza dubbio con forza in moltissime aree del Meridione, e che le biblioteche debbano in qualche modo affrontarla. Non crediamo a un atteggiamento di volontario isolamento, che sarebbe ingiustificato e assai poco produttivo. Certamente esistono anche al Sud parecchie realtà operative, o desiderose di iniziare ad operare, che magari non sono venute a conoscenza della proposta della Commissione e che possono ancora essere utilmente coinvolte. Tuttavia, anche la possibile spiegazione di un minore uso della posta elettronica come strumento di lavoro nelle biblioteche pubbliche meridionali (dato confermato abbondantemente, ad esempio, dal traffico quotidiano di messaggi in AIB-CUR), e quindi un mancato coinvolgimento dovuto prevalentemente alla carenza di informazioni nella fase "non ufficiale" del progetto, non fa che ricondurci alla stessa considerazione: esiste, obiettivamente, il problema complessivo di un diverso passo di crescita, di un movimento geograficamente diseguale di sviluppo delle biblioteche pubbliche e delle professionalità nel nostro settore in Italia.
Una seconda osservazione generale riguarda la convinzione unanime dei partecipanti che indagini come questa sono fortemente necessarie, in quanto possono, da un lato, aiutare i bibliotecari ad approfondire le questioni e individuare possibili priorità negli obiettivi di lavoro, e dall'altro, invitare gli amministratori a verificare la bontà delle scelte finora effettuate ovvero ad attuare nuovi indirizzi e nuove politiche. Rendere pubblici contenuti e risultati dell'indagine significa offrire un'opportunità di riflessione ai diversi soggetti responsabili delle azioni su questo versante. Sarebbe auspicabile riprogrammare l'indagine e riproporla, con più ampia diffusione, nei tempi e con le modalità che saranno ritenute più opportune.
Accenniamo ora ad alcuni punti più particolari. Tenendo sempre presente che attualmente siamo ben lontani dal potere tracciare un identikit delle biblioteche multiculturali italiane, alcuni dati in negativo, senza essere generalizzabili, risultano senz'altro più netti:
Altri aspetti, ancora meno generalizzabili, sembrerebbero però emergere con una certa evidenza dall'analisi dei questionari. Anche in questo caso ci limitiamo ad una lista sintetica:
In ogni caso, rileggendo le risposte ai questionari riguardanti le biblioteche che stanno affrontando problemi del genere, nella maggior parte dei casi non si sfugge alla sensazione che i servizi multiculturali soffrano ancora di una sorta di sindrome di clandestinità, ovvero di una modesta visibilità e riconoscibilità, condizione questa che certo non va enfatizzata e ricercata al punto da condurre al rischio di una nuova e peggiore ghettizzazione delle comunità interessate; ma che appare necessaria se si vuole raggiungere l'obiettivo di un uso efficace della biblioteca multiculturale da parte del pubblico a cui in primo luogo è rivolta. L'impronta multietnica e plurilinguistica non ha quasi mai cittadinanza, ad esempio, nei documenti che dichiarano il fine istituzionale della biblioteca, nelle guide all'uso dei servizi, nella segnaletica, nei cataloghi, nelle voci che formano il budget, e così via. Non si ha notizia di portali multilingue, o di altri mezzi di produzione di informazione ad uso delle comunità straniere, che siano gestiti da biblioteche.
Fermarsi a queste riflessioni sarebbe ingiustamente penalizzante nei confronti dei pochi coraggiosi che, da alcuni anni a questa parte, hanno iniziato ad erogare servizi multiculturali nelle biblioteche pubbliche in Italia. Abbiamo creduto corretto anzitutto mettere in evidenza alcuni tra i principali punti di sofferenza, desumendoli dalle informazioni fornite dai colleghi stessi. Su questo, ed altro ancora, i bibliotecari del gruppo di lavoro e le strutture coinvolte potranno, se lo ritengono opportuno, cercare di intervenire per apportare miglioramenti, ed essere di ulteriore stimolo ad altri che oggi esitano ad intraprendere il cammino. Ma occorre, contemporaneamente, riconoscere a questi pochi una capacità di iniziativa ed un impegno davvero lodevoli, e tanto più sorprendenti, in quanto hanno agito nel vuoto professionale preesistente, e a dispetto di un contesto sociale e culturale ancora assai immaturo rispetto alle istanze multiculturali. Alcuni tratti comuni, leggendo tra le righe delle risposte al questionario, sembrano caratterizzare lo stile e l'organizzazione della biblioteca multiculturale, e ci sono sembrati degni di estrema attenzione:
In conclusione, questa indagine sembra rivelare, a fronte di un evidente stato di debolezza generale della biblioteca multiculturale in Italia, un fermento ed una sensibilità professionale ormai notevolmente diffusi attorno a questi temi. L'attenzione della Commissione andrà perciò rivolta in due direzioni complementari tra loro: la prima, verso il coinvolgimento e lo sfruttamento delle migliori esperienze finora condotte, per cercare di innalzare il livello di qualità e di estensione dei servizi multiculturali attraverso la costruzione e la condivisione di efficaci strumenti professionali specifici; la seconda, verso lo stimolo, la promozione e l'accrescimento continuo della sensibilità della professione riguardo questo tipo di servizi, a difesa di un ruolo attivo per la biblioteca pubblica. Le biblioteche devono essere in grado di dimostrare, attraverso la propria capacità di produrre benefici sociali, di essere davvero istituti dinamici, i cui servizi sono fonte di crescita per ogni individuo e per la collettività intera. Chiarezza, coerenza e qualità di un simile impegno rendono la biblioteca pubblica meritevole del sostegno e della difesa da parte della collettività, in quanto sono rivolti a tutti secondo quei principi di uguaglianza, libertà e rispetto delle differenze, in cui ogni persona civile non potrà fare altro che continuare a riconoscersi.
[1]
Il programma della CNBP è consultabile a:
<http://www.aib.it/aib/commiss/cnbp/obiett00.htm>.
[2]
Verbale a: <http://www.aib.it/aib/commiss/cnbp/verbal13.htm>.
[3]
Multicultural communities : guidelines for library services /
compiled by Anne Holmes and Derek Whitehead for the IFLA Section on
Library services to multicultural populations. - London : The Section,
1987 (trad. ital.: Società multiculturali : raccomandazioni
per il servizio bibliotecario / a cura della Sezione sui Servizi
bibliotecari alle popolazioni multiculturali dell'IFLA ; traduzione di
Letizia Tarantello. - p. 37-47. - In: <<Bollettino AIB>>, 35
(1995) n. 1. La seconda edizione riveduta delle guidelines
è stata pubblicata nel 1998 e non ancora tradotta ufficialmente
in italiano.
[4]
Multicultural librarianship : an international handbook /
edited by Marie F. Zielinska with Francis T. Kirkwood for the IFLA
Section on Library services to multicultural populations. - München
[etc.] : Saur, 1992.
[5]
Hanno inviato le loro risposte colleghi appartenenti alle seguenti
istituzioni: Biblioteca comunale "R. Fucini" di Empoli; Biblioteca
comunale "G. Rodari" di Ferrara; Biblioteca civica "Berio" di Genova;
Biblioteca comunale "A. Delfini" di Modena; Sistema bibliotecario urbano
del Comune di Padova; Biblioteca comunale "A. Lazzerini" di Prato;
Servizio biblioteche della Provincia di Ravenna; Biblioteca comunale di
Roccastrada (GR); Biblioteca Aurora "Dina Rebaudengo" del Comune di
Torino; Biblioteca comunale del Popolo "Pier Antonio Quarantotti
Gambini" di Trieste.