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Se un abitatore di un altro mondo visitasse le nostre biblioteche e poi relazionasse ai suoi conterranei forse si esprimerebbe alla maniera di Asterix quando giudicava i comportamenti dei romani: "Sono folli questi terrestri. Venerano dei libri vecchi, quasi illeggibili, li tengono chiusi e raramente li mostrano e li trattano, letteralmente con i guanti, mentre i libri nuovi, belli, colorati, di facile lettura, li strapazzano, li buttano sugli scaffali e quando li leggono, sottolineano, strappano le pagine, mettono le mani sporche sopra, li sottopongono a strane operazioni con lampi di luce e quando sono rovinati, non se ne curano."
La causa della scelta di non conservare, una scelta non cosciente, sta proprio nelle gerarchie di valore che sottendono il mondo del libro: esse esistono purtroppo nelle biblioteche, e anche in quelle che hanno finalità specificatamente conservative, ma non solo, si tratta di gerarchie presenti nella mentalità comune e ahimè anche spesso negli operatori culturali. Il libro moderno è visto solo come un mero oggetto d'uso.
Nelle biblioteche sino a poco tempo fa esisteva una precisa scala di valore che coinvolgeva non solo i manufatti ma anche le persone che si occupavano di loro: i manoscritti detenevano il valore maggiore e così i bibliotecari conservatori di manoscritti. Il termine conservatore, tra l'altro, non denotava alcuna cura materiale e strategia conservativa con una confusione di fondo. I bibliotecari conservatori erano in realtà catalogatori e studiosi dei manoscritti nella scia della tradizione filologica e codicologica, una tradizione che non è assimilabile alla conservazione. In questa scala di valore seguivano gli incunaboli e via via le cinquecentine, poi si spartivano il poco valore residuo i libri del Seicento e Settecento, l'Ottocento era una terra di nessuno. I libri contemporanei nemmeno facevano la loro apparizione in questo orizzonte.
Dicevo che tale impostazione è rimasta viva sino a poco tempo fa; l'informatica, le problematiche della catalogazione in rete, internet in biblioteca, basi dati, nuove possibilità di ricerca bibliografica hanno modificato tale impostazione creando un nuovo polo di valore, di interessi, di curiosità, di rifondazione per molti operatori di biblioteca nel settore moderno, ma si badi bene, non è il libro moderno ad aver riconquistato il suo giusto valore, ma è l'informatica, Internet mentre il libro moderno rimane privo di valore.
Io credo quindi che il primo passo per avviare una politica di conservazione anche del materiale contemporaneo, quindi per sostenere la scelta del conservare sia cambiare e radicalmente questo genere di approccio deformante, gerarchico, che ci fa tra l'altro lavorare così male e in maniera frustante, con steccati assurdi tra tipologie di materiali librari, andando alla radice di questa attribuzione di valori. Che il libro antico abbia valore credo che nessuno possa metterlo in dubbio ma perchè il libro moderno non ne ha?
Perchè non ha l'aura di cui parla Walter Benjamin nel suo famoso saggio, l'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, quell' hic et nunc dell'originale? Io credo che questo saggio sia stato causa di molti equivoci e che esso non sia lo strumento di analisi che dobbiamo usare, è una prospettiva nostalgica e che non tiene conto di quale diversità di vissuto hanno avuto gli antichi rispetto ai moderni intorno al loro libro? Siamo certi che il libro fatto a mano suscitasse quel sentimento di cui parla Benjamin, gli venisse riconosciuta l'aura?
Io non credo affatto: studiando infatti la storia del libro e della lettura ci si accorge che fondamentalmente il libro ieri come oggi era visto ed è visto come uno strumento per accrescere il sapere e che non vi era questa idolatria sulla sua materialità e unicità. Uno scriba del IX secolo ha lasciato un'esortazione assai interessante al lettore "O felice lettore, lava le tue mani, poi prendi questo libro, sfoglialo con delicatezza, tieni le dita lontano dallo scritto. Poichè chi non conoscere l'arte dello scrivere ritiene che non costi fatica alcuna..."
Già in epoca altomedievale era presente, è chiaro, in maniera diversa da oggi un tormento che noi abbiamo e che riteniamo tipico della modernità ossia il vivere la produzione editoriale come talmente vasta da non riuscirla a dominare e a governare; : l'erudito già dai secoli XI e XII era in affanno perchè non riusciva a leggere tutti libri che voleva e doveva e Ugo di San Vittore nel suo Didascalicon, De arte legendi, consiglia infatti "Vi sono alcuni che vogliono leggere ogni scritto...Il numero di libri è illimitato, tu non cercare l'infinito". Il vissuto di una quantità di libri superiore alla propria possibilità di leggere e alla possibilità di conservare in una biblioteca esisteva nel mondo medievale e diverrà una costante sino ai nostri giorni.
Io credo che una parte dei nostri guai derivi da questa incapacità tutta umana, ieri come oggi di giudicare il presente, di astrarsi e riflettere sulle pratiche quotidiane e di attribuire valore, e così il passato diviene facilmente il serbatoio del valore, svuotandone il presente. La storia del libro ha visto e vede continue trasformazioni nei supporti, nelle forme materiali e nei modi di strutturare i testi, nella trasformazione dei generi di lettura e non è certo produttivo inserirein questo processo di lunga durata categorie alto/basso, valore/disvalore ma riuscire a leggere l'intero percorso e a posizionarvi i peculiari prodotti invece di isolarli.
Oltre a ciò è bene sfatare alcune leggende metropolitane, ovvero pregiudizi bibliologici e biblioteconomici sul libro moderno:
1. La categoria di raro e di pregio non appartiene al libro contemporaneo. Falso: il libro contemporaneo esce dal commercio con una rapidità sconosciuta nel mondo antico, diviene dunque raro in un altro modo, ma pur sempre raro. Anche nel mondo del libro d'oggi esistono tirature limitate, edizioni di pregio ecc.
2. Il libro d'oggi è brutto o non è bello? Pensiamo davvero che non vi sia una dimensione estetica nel libro contemporaneo? Spezzo una lancia per sostenere la bellezza del libro d'oggi e perchè si inizi a distinguere. Vi sono case editrici che producono volumi di grande bellezza, eleganza, vi sono sovracoperte che ci fanno godere del libro che abbiamo tra le mani, esiste uno studio grafico e una mise en page che esprimono la ricerca del bello nel campo librario contemporaneo.
Spesso la parte più bella è proprio la sovracoperta che in biblioteca fa subito o in tempi rapissimi una brutta fine, e vi sono biblioteche che la gettano appena il libro entra in biblioteca.Si fanno convegni sul paratesto e i dispositivi testuali e si gettano le sovracoperte senza porre attenzione che oggi rappresentano le prime zone di presentazione dell'opera e dell'autore, che tutti noi le ricerchiamo nel primo incontro con il libro.
3. La cattiva qualità della materia che compone il libro d'oggi. E' certo che non si tratta della carta fatta a mano e con gli stracci ma anche qui bisogna fare delle distinzioni. La qualità della carta d'oggi è assai migliore della carta ottocentesca, le norme Iso hanno dato dei frutti, la colofonia e l'allume sono stati eliminati o ridotti e anche qui la qualità della carta varia dalla case editrici, dai generi letterari, dalle finalità. Esistono libri con carta durevole, si inizia a riscontrare notizie sul tipo di carta, conforme alle Iso, durevole ecc.nella pagina del copyrright e bisognerebbe perseguire maggiormente questa strada e valorizzare maggiormente le scelte che l'editoria sta facendo su questo terreno. Ho voluto fare un esperimento assai parziale e senza pretesa di esaustività: ho misurato il ph della carta di alcuni volumi contemporanei: nella maggior parte dei volumi il ph non scendeva al di sotto dei 7; non è un dato assoluto, non esclude la presenza di lignina o di altre cause di degrado del libro ma è un segnale che un percorso di qualità, di argine o rallentamento del degrado chimico è iniziato. E forse un po' di fiducia dovremmo accordarla al libro d'oggi, ricordando una definizione che è stata data alla vita della carta: storia di una fragile tenacità.
Abbiamo parlato della qualità della carta, ma distinzioni sono da fare anche per gli altri elementi che compongono il libro:la cucitura, ad esempio: vi sono libri cuciti a fascicoli, a macchina, ma in maniera funzionale e piacevole, altri invece con la terribile cucitura all'americana, vi sono edizioni con coperte solide e belle, solide e serie, fragili e belle, fragili e correnti. Insomma vi è anche nel mondo delle materie una gamma vasta di possibilità, di funzionalità e bellezza differenziate. Quindi vi sono materiali che cercano di durare, in modo, è ovvio, diverso dai supporti antichi e che danno minor problemi alla conservazione e altri che hanno componenti strutturali destinate al rapido degrado.
La scelta di conservare, a mio giudizio, non può che quindi nascere da una riconsiderazione dei nostri criteri di attribuzione di valore.Anche nel passato inoltre esistevano materiali effimeri, nati per un'occasione, per un evento, bandi, almanacchi su supporti di minore qualità. E' dunque l'attribuzione di un valore storico e culturale nella trasmissione della memoria, nella godibilità anche del presente che rende conservabile un manufatto, anche al di là della qualità del suo supporto. Ci lamentiamo spesso del comportamento dei lettori ma se la consapevolezza del valore del libro d'oggi non alberga negli istituti di conservazione, è difficile che il lettore sia un modello di attenzione e sappia da solo far argine alla sua brama di fotocopie.
Poichè la quantità dei materiali è tanta e la mancanza di spazio è il problema che tutte le biblioteche vivono in modo acutissimo , e che forse individua proprio nell'impossibilità di espandersi in maniera adeguata una delle cause maggiori della difficoltà di conservare nella pratica, si rende sempre più indispensabile una politica di acquisti coordinata e una conseguente conservazione differenziata, specie per i materiali più fragili, i quotidiani, le riviste. Si conserva solo ciò che si cura, e tale lucidità di base deve porre conseguentemente dei limiti.
Ogni biblioteca dovrà cercare sempre più di operare delle scelte, in sintonia con la propria storia, la tipicità dei propri materiali e del bacino di lettura, dunque sarà necessario che ogni istituto individui con lucidità ciò che deve sforzarsi di conservare, innanzitutto i libri di interesse locale, i prodotti dell'editoria del territorio, anche e soprattutto di quella minore che non giunge alla grande distribuzione. (vorrei a questo proposito porre l'attenzione sulla distorsione degli acquisti e della successiva conservazione che si sta producendo oggi per le scuole di lettura in biblioteca. biblioteche fondalmentalmente conservative in cui la narrativa corrente non entrava ora si trovano a comperare questo genere librario in maniera frammentata e "rubando" tale compito alle biblioteche di quartiere, alle civiche ecc.).
Per venire alle questioni pratiche, alla realizzazione in biblioteca di un nuovo modo di vedere il libro contemporaneo, riabilitato il nostro libro e compagno di lettura e di studio d'oggi, bisognerà in biblioteca e particolarmente nelle biblioteche di conservazione e documentazione rivedere innanzitutto le pratiche di stoccaggio e di movimentazione dei volumi. Come? Seguendo le norme di attenzione e di cura per il materiale antico valide per ogni tipo di materiale librario e documentario, seguendo le nuove regole IFLA.
Altra strategia da seguire, anche qui in continuità con il materiale antico è la protezione: copertine, per salvare la sovracoperta e fornire alla struttura spesso debole delle coperte un sostegno. Un esempio: le prestigiose Edizioni di Storia e di Letteratura mostrano il loro punto debole subito: cartoncini esilissimi per volumi assai corposi.
Scatole, buste, contenitori di conservazione, la mia scelta ad esempio è stata quella di rivestire di copertine in parte preconfezionate di polietilene trasparente, in modo da salvare la visibilità della copertina, e di creare per gli opuscoli, estratti, ecc, contenitori a ph neutro di cartone e di colori vivaci.
Oltre alla qualità dello stoccaggio, della movimentazione, della lettura e della protezione, per conservare il libro contemporaneo nella sua integrità credo sia bene operare una revisione del concetto di legatoria di biblioteca, un processo in genere standard, dominato dalla legge della spesa minore, criteri di funzionalità senza alcun amore del libro, disattenzione massima per la possibilità di salvare il bello del libro contemporaneo. Una strada poco conosciuta in Italia, che sto cercando di iniziare, è il book repair, volto a valorizzare e a salvare le caratteristiche materiali dei libri comuni, si tratta di un percorso di continuità con le idee del restauro librario, con materiali reversibili e di buona qualità. Un'altra strada da seguire è un'attività di legatoria di qualità, che abbia come obiettivo non solo il recupero della funzionalità del libro ma il mantenimento, se non l'incremento, della bellezza e delle qualità estetiche dei volumi.E' ben strano che in un paese in cui l'attività di legatoria ha avuto una storia così ricca e creativa, noi, istituti di conservazione, dobbiamo chiedere agli artigiani un lavoro mediocre e che non tenta di recuperare e valorizzare ciò che c'è. Si tratta, a mio giudizio, di rinnovare una tradizione e spingere questi artigiani a dare il meglio e non il peggio o l'uniforme. Tra il restauro e l'appiattimento ci sono tante strade da inserire, partendo dall'idea che anche per i libri moderni, ognuno fa a caso a sé.
Insomma, come ho già avuto occasione di dire, i libro d'oggi sono i nostri compagni di lettura, riconosciamo il debito di conoscenze, di divertimento, di diletto e amiamoli di più.
Copyright AIB 2000-06-03, a cura di Elena Boretti
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