AIB. Commissione nazionale servizi bibliotecari nazionali e tutela | |
AIB-WEB | Le Commissioni | Commissione servizi bibliotecari nazionali |
Da anni perseguiamo, consentitemi di parafrase il titolo di un'opera
di Pasolini, "il sogno di una cosa": la creazione in Italia di
un sistema bibliotecario armonico. Vicende storiche e situazioni contigenti
hanno condizionato e condizionano fortemente la realizzazione di questo
sogno: la cooperazione e la possibile integrazione delle risorse appare
difficile in molti settori del nostro vivere civile. Le biblioteche non
sono da meno e le difficoltà sono molte anche laddove gli sforzi
non mancano.
A partire dalla fine degli anni ottanta e, forse, anche grazie al diffondersi
di SBN, nelle Università si è assistito al tentativo di costituire
i primi sistemi bibliotecari di Ateneo. Dopo anni di separatismo e di divisioni
ci si è resi conto che sarebbe stato un vantaggio per tutti poter
disporre delle informazioni bibliografiche presenti nell'intero Ateneo:
infatti se alle biblioteche di istituto si erano più o meno gradualmente
sostituite le biblioteche dipartimentali, il particolarismo, lo spezzettamento
delle risorse restava. E per molti la parola d'ordine è stata quella
di creare un catalogo unico, quale risultato di un sistema di biblioteche
organicamente costituito.
Oggi il gruppo del MURST coordinato dal prof. Sdralevich si pone l'obbiettivo
di creare un Sistema bibliotecario dell'Università: progetto forse
ambizioso ma che spiega quanto l'esigenza di quell'armonia di cui dicevo
all'inizio è fortemente sentita da docenti e bibliotecari.
Tra l'altro lo sviluppo della rete e la possibilità di rendere disponibili
in linea i cataloghi hanno reso più facile anche da un punto di vista
tecnico lo scambio di informazioni.
In questo quadro come giudica la Cnur il possibile passaggio delle biblioteche
universitarie del Ministero per i Beni e le attività culturali alle
Università? Ovviamente condividiamo in pieno tutte le osservazioni
e le critiche avanzate ripetutamente dal CEN all'articolato che è
poi stato approvvato. Ma, fatte salve quelle critiche, vorrei anche lapidariamente
aggiungere che non avremo nulla da eccepire se questo passaggio avverrà
con buon senso e raziocinio.
La molteplicità dei problemi invita alla prudenza. Dobbiamo non perdere
di vista degli obbiettivi generali, ma non possiamo nemmeno far finta di
ignorare quella realtà che è spesso oggetto di critica anche
da parte nostra.
Vedete ho la sensazione che così come sarebbe opportuno cambiare
la dizione "biblioteche pubbliche statali", al tempo stesso l'aggettivo
'universitarie' che oggi si dà a queste biblioteche non risponda
a una connessione davvero organica con le Università. Anzi, il trasferimento
di competenze avvenuto nel 1975, ha sostanzialmente fatto considerare alle
Università queste biblioteche come dei corpi estranei. Ancor di più:
si direbbe quasi che sia nata una sorta di insanabile conflittualità
tra queste biblioteche e le Università che spesso le ospitano nei
loro locali. E se non si tratta di conflittualità è quanto
meno indifferenza.
Certo non possiamo dimenticare che il trasferimento del 1975 avvenne quando
ancora non esisteva il MURST e forse già in un momento in cui si
andava evidenziando un mutamento di sostanza: da biblioteche, chiamiamole
così, centrali delle università queste biblioteche si stavano
trasformando in luoghi di conservazione di fondi spesso pregiati, ma senza
avere più la forza di competere con le accresciute necessità
della specializzazione disciplinare a cui erano più capaci di rispondere
le biblioteche degli istituti prima e dei dipartimenti poi.
Questo solco si è, però, andato accentuando dopo il 1975.
Si pensi anche ai finanziamenti: non v'è dubbio che le università
negli ultimi anni hanno potuto destinare alle biblioteche una quantità
di denaro senz'altro superiore a quanto non ne potesse stanziare il Ministeri
per i Beni culturali. Un altro esempio evidente è l'avvento di Internet
e il ritardo con cui queste biblioteche si sono potute dotare di connessioni
che senz'altro le biblioteche delle università hanno avuto con maggiore
facilità
Certo se oggi il passaggio sancito dall'articolo 151 deve essere inteso
come la volontà del Ministero di liberarsi di un peso (anche contabile),
per passarlo a un altro Ente dello Stato oppure come la realizzazione del
desiderio di qualche Rettore di riappropiarsi di spazi fisici, si è
legittimati a pensare che questo trasferimento risponda a logiche non proprio
in linea con quel riformismo da tutti auspicato, ma piuttosto con il solito
scaricabarile. Scambiate le parti si ripresenteranno gli stessi problemi
gestionali che esistono adesso. E come ignorare il problema del personale?
Verranno istituti dei ruoli a esaurimento? Si consentirà una mobilità
tra le diverse strutture universitarie? Si avrà nelle biblioteche
delle Università l'invasione di none qualifiche da molti paventata?
Pare strano che per definire questo possibile passaggio la scelta del legislatore
sia stata quella di non definirlo. Anche se, diciamo la verità, nasce
il sospetto che questo fosse l'unico per proporlo. Di fronte alla complessità
dei problemi non è nuovo l'espediente di ignorarla. Di modo che sia
poi l'uso a fornire un possibile regolamentazione. Se poi l'uso diviene
abuso, altre leggi interverranno.
Ma tra le troppe regole e nessuna deve esistere una strada mediana. Almeno
il buon senso dovrebbe farci sperare che istituti che hanno spesso tradizioni
secolari non vengano abbandonati a se stessi, ma siano resi partecipi di
uno sforzo coordinato delle Università per creare un efficiente sistema
di interrelazioni bibliotecarie sul territorio. Le opportunità che
ci vengono oggi offerte dalla rete possono farci superare delle difficoltà
che prima sembravano insormontabili. Al tempo stesso l'aumento dei costi
di gestione spinge verso la creazione di consorzi, di unità operative
formate da più realtà bibliotecarie, meglio se da più
università. E allora perché non pensare che queste biblioteche
universitarie assumano una funzione di centri di servizi. Fatte salve le
dotazioni di base e la tutela dei fondi di pregio, forse è inutile
che queste biblioteche 'rincorrano' le biblioteche delle università,
ma che invece diventino poli regionali o interregionali di gestione di servizi,
quali il document delivery, la gestione dell'editoria elettronica, insomma
di servizi avanzati per l'utenza. So che questo contrasta con quel gap tecnologico
di cui dicevo, ma in un progetto di sviluppo questo gap potrebbe pur essere
superato, come per altro già adesso sta avvenendo.
Certo, per far ciò ci vuole almeno un'autonomia gestionale completa
e la possibilità di ricevere finanziamenti da soggetti diversi. In
questo quadro la dipendenza amministrativa assume un valore assolutamente
secondario. Che l'Ente di riferimento sia il Ministero o il Murst o la singola
università poco importa. Magari potrebbero essere le università
di una o più regioni ad avere interesse a finanziarie servizi bibliotecari
avanzati di una biblioteca che avoca a sé non la gestione del patrimonio,
ma quella di servizi per l'utenza.
Ho in mente un sistema federale, in cui queste biblioteche universitarie,
abbandonato l'attuale modello di sviluppo e le generiche attribuzioni previste
dal regolamento del 1995, diventino il punto di raccordo regionale della
ricerca e della documentazione scientifica, in stretto rapporto d'azione
con le biblioteche delle università già esistenti, nell'ottica
della creazione della Biblioteca nazionale italiana quale risultato di una
effettiva collaborazione di tutte le biblioteche operanti sul territorio
nazionale, indipendentemente dal software di gestione utilizzato e dall'appartenenza
tipologica. In ogni singola realtà si dovrebbe procedere a un'attenta
analisi della situazione bibliografica esistente, valutare la validità
delle biblioteche operanti, agire di concerto per raggiungere il massimo
benificio con il minor costo.
So che questa idea può apparire azzardata. La propongo alla vostra
attenzione non perché non conosca i problemi quotidiani, ma perché
il nostro sistema bibliotecario ha bisogno di una rivoluzione copernica
a cui tutti dobbiamo cercare di contribuire. Questo scorcio di secolo ci
ha fatto assistere a mutamenti che solo venti anni fa sarebbero sembrati
impensabili. Il nostro Paese fa molta fatica a perseguire la via delle riforme.
Esistono situazioni sedimentate nel tempo e nessuno ha voglia di rischiare:
è umano ed è comprensibile. Ma se davvero cambiare è
necessario dobbiamo anche accettare qualche rischio. Certo le preoccupazioni
non mancano, ma non deve venir meno neanche uno spirito progettuale. Non
è possibile che l'unico sbocco di certe lamentele sia la lamentela
stessa, nella certezza che ogni rimedio sarà peggiore del male.
Di sicuro sarebbe meglio se vi fosse un armonico rapporto tra tutti i soggetti
interessati al cambiamento. Auspicheremmo che i Ministeri si sburocratizzassero,
che i docenti universitari si rendessero conto che il cattivo funzionamento
delle biblioteche testimonia di un scarsa qualità scientifica complessiva
delle università in cui insegnano e non va a detrimento dei singoli
bibliotecari, che tutti noi fossimo disposti a studiare, a aggiornarci,
a rendere viva la nostra professione.
I problemi non si risolvono in un giorno e nemmeno con una legge o con una
mezza legge, ma la coscienza che noi tutti abbiamo della necessità
di un mutamento deve spingerci a nutrire con Pasolini quel "sogno di
una cosa" che può assumere forme e modi diversi, ma che sarà
il risultato solo di uno sforzo comune e serio. Spesso dimentichiamo che
il nostro compito è quello di risolvere i problemi, non di crearli.
E a questo problema una soluzione bisognerà trovarla: meglio se tutti
quanti assieme cerchiamo di dare il nostro contributo critico e fattivo,
malgrado l'inevitabile pessimismo della ragione.
Un sistema bibliotecario armonicamente strutturato è il punto di
arrivo di un processo culturale che l'integrazione europea e il diffondersi
di Internet possono notevolmente aiutare. La strada che porta dal "sistema
bibliotecario che non c'è" a un sistema bibliotecario armonico
deve essere percorsa con prudenza, ma anche con decisione. Deve aumentare
la nostra capacità di incidere sulle istituzioni, devono sostenerci
delle leggi ben fatte, ma anche la coscienza che se un mutamento è
necessario, spesso siamo anche noi stessi a dover accettare dei cambiamenti.
Il fatto che il Ministero per i Beni culturali e per le attività
culturali sia disposto ad abbandonare la gestione delle biblioteche universitarie
può anche rappresentare un'occasione per queste biblioteche. So bene
che immaginare un percorso lineare in cui, fatti salvi gli interessi di
tutti, si operi nel pieno rispetto del buon senso è abbastanza utopistico.
Credo, comunque, che il nostro compito sia quello di essere presenti, di
intervenire, di proporci come interlocutori credibili.
Come ricordavo all'inizio, il Comitato esecutivo nazionale dell'AIB ha preso
una posizione decisa su questo argomento. Questa posizione è ovviamente
anche la nostra. Sarebbe davvero preoccupante se in nome dell'art. 151,
invece di potenziare i servizi per l'utenza, si ottenesse il risultato di
cancellare biblioteche che rappresentano, comunque, dei punti di riferimento
per lo studio e la ricerca. E' bene che le Università che vogliono
avvalersi di quanto previsto dal'articolo lo facciano con intelligenza e
raziocinio, avendo ben presente la complessità dei problemi. Da parte
nostra possiamo assicurare che saremo attenti e vigili: coltivare dei sogni
non vuol dire annegare nel sonno i dispiaceri.
Copyright AIB 1999-03-23, a cura di Elena Boretti
URL: http://www.aib/it/aib/commiss/cnsbnt/mazzitel.htm