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Premetto che, ascoltando i diversi interventi, dentro di me ho più volte pensato "questo intendevo dirlo io" ed espungevo mentalmente la frase dalla mia comunicazione, che oggi si presenta perciò assottigliata ed anche più disorganica rispetto al canovaccio originario.
Nazareno Pisauri ha riferito incisivamente il giudizio critico delle Regioni circa il decreto 112, che ricordiamo avrebbe potuto essere totalmente diverso se avesse recepito il testo predisposto dal gruppo di lavoro insediato dal ministro Bassanini e coordinato dal prof. Cammelli, che prevedeva un sistema più coerente con più ampi trasferimenti di funzioni e compiti alle Regioni e agli enti locali. Il testo prescelto è stato invece quello redatto dalla commissione Cheli, che può dare adito a non pochi contenziosi per la sovrapposizione di funzioni prevista in vari punti dell'articolato. Nessuno ieri ha tuttavia rilevato che un unico articolo si presentava identico nei lavori così diversi per impostazione delle due commissioni: l'attuale articolo 151. Questo significa che le Università, che si proponevano di acquisire le biblioteche pubbliche statali ad esse collegate, erano riuscite a farsi ascoltare e ad avere una forza maggiore rispetto al sistema delle autonomie locali, che avrebbe potuto aspirare a biblioteche di notevole importanza per la documentazione e la memoria delle singole comunità.
Marino Berengo, aprendo le giornate lincee sulle biblioteche pubbliche statali il 21 gennaio 1993, affermava: "Le origini dello spartiacque che si è disegnato tra queste biblioteche e quelle degli enti locali (in assoluta prevalenza, civiche) è stato quasi sempre di natura storica: sarebbe altrimenti difficile spiegare perché quelle di Lucca e di Gorizia siano statali, e quelle, poniamo, di Verona, di Brescia, di Ravenna e di Perugia siano invece comunali. La preoccupazione unitaria di non spogliare ad un tratto le vecchie capitali di tutte le prerogative sino ad allora godute, ha indotto lo Stato ad assumere direttamente in ciascuna di esse la gestione delle biblioteche già in essere ". Si tratta di un'interpretazione storica utile per comprendere la natura statale della Palatina di Parma e dell'Estense di Modena, che per funzioni e per patrimonio avrebbero potuto essere civiche; non si discostano infatti per tipologia di funzioni e per importanza del patrimonio antico da alcune biblioteche comunali, quali ad esempio la Passerini Landi di Piacenza o l'Archiginnasio di Bologna.
Dopo aver ribadito che il decreto 112 non ha posto le basi per "un sistema bibliotecario armonico" nel nostro Paese, auspicato da tempo dai bibliotecari (come ricordava efficacemente Gabriele Mazzitelli), occorre per lo meno riflettere sui cambiamenti resi possibili dal decreto e coglierli come occasione di ripensamento, di riorganizzazione, di razionalizzazione per alcune situazioni.
E l'Università di Bologna mi pare sia determinata nell'attuare in tempi non lunghi il passaggio previsto dall'art. 151; è opportuno quindi che si pongano solide basi per questo trasferimento, che può rappresentare un esempio per altre Università ancora incerte sull'opportunità di intraprendere una strada così complessa e onerosa. Recentemente ho appreso di far parte della commissione che sarà insediata l'11 gennaio prossimo per concordare il testo della convenzione; nel ringraziare per l'attenzione riservata alla Soprintendenza regionale, devo nel contempo confessare una certa preoccupazione per la prova impegnativa che ci attende rispetto alla predisposizione di un passaggio, che non è eccessivo definire "storico". Consapevole della delicatezza del passaggio, mi limito a ricordare velocemente alcuni problemi che si dovranno affrontare per progettare un trasferimento non ambiguo della Biblioteca Universitaria di Bologna (BUB).
Il primo problema che balza agli occhi è quello del personale, di cui ho avuto modo di apprezzare anche direttamente la disponibilità e la professionalità; è fondamentale, per il buon funzionamento della Biblioteca, che questo patrimonio di risorse umane sia valorizzato e non tenuto sospeso o mortificato. E' una problematica complessa che andrà trattata con le rappresentanze sindacali e sulla base di ricorrenti consultazioni dei lavoratori e di un'informazione trasparente e costante.
Altro tema rilevante è quello dei servizi, che non devono essere inferiori a quelli attualmente erogati, a partire dall'apertura al pubblico. La BUB è ora aperta per dieci ore quotidiane dal lunedì al venerdì e quattro ore il sabato mattina; l'unica limitazione per l'ammissione è che il lettore abbia compiuto il 18° anno d'età. Per quanto riguarda la distribuzione "possono essere richieste contemporaneamente due opere per non più di due volumi oppure due volumi di una stessa opera", si tratta a mio parere di una prestazione che dovrebbe essere migliorata aumentando il numero dei volumi che possono essere richiesti. Per quanto concerne il servizio di prestito "possono fruire del prestito diretto tutti coloro, purché maggiorenni, che risiedono nella regione Emilia-Romagna". Un buon investimento per l'innovazione dei servizi potrebbe essere indirizzato nel mettere a disposizione del pubblico varie postazioni per la consultazione dei cataloghi in linea, di altre basi di dati e di Internet.
Altra tematica importante è rappresentata dal patrimonio: non solo va affermata la sua inalienabilità, ma anche la necessità di conservarne l'integrità nel suo complesso. Va evitato, fin dal testo della convenzione, che si prefiguri la possibilità di scorpori di materiale storico a favore di questo o di quel dipartimento universitario (come ricordava il prof. Roberto Scazzieri è accaduto a Gand) che impoverirebbero e stravolgerebbero la straordinaria fisionomia della BUB. Un canale di accrescimento è costituito da tempo dalle copie provenienti a seguito della legge del deposito degli stampati: è ovvio che il godimento di tale diritto può permanere in capo alla BUB soltanto se continua ad essere pubblica. Ritengo altresì che la politica degli acquisti del patrimonio librario corrente andrebbe gradualmente ripensata in relazione almeno alla politica degli acquisti delle principali biblioteche di area dell'Ateneo. Sarebbe tuttavia essenziale che la BUB continuasse ad acquisire le opere di consultazione e di reference, anche su supporti non cartacei, ed in particolare potenziasse la "biblioteca professionale" che può costituire un valido punto di riferimento per i giovani e un utile supporto per l'aggiornamento da parte di tutti gli operatori del settore bibliotecario e documentario.
Potrei continuare nell'elenco dei punti da riconsiderare, rischiando di annoiare i presenti, preferisco quindi accennare al metodo di lavoro. A tal proposito condivido l'impostazione del prof. Francesco Favotto di interpretare l'integrazione come progetto e specialmente come processo, individuando innanzi tutto i punti di forza e di debolezza del Sistema Bibliotecario di Ateneo e della Biblioteca Universitaria collegata. Aggiungerei tuttavia che mi pare altresì opportuno contestualizzare l'intera operazione traslativa della BUB nella più vasta organizzazione bibliotecaria del territorio bolognese e regionale.
A Bologna, come tutti sanno, insiste un'altra considerevole biblioteca storica generale, l'Archiginnasio, che da tempo si è andata affermando anche presso l'opinione pubblica come la biblioteca della città; è emblematico, ad esempio, che Luciano Anceschi docente dell'Università di Bologna abbia voluto donare la sua cospicua raccolta libraria e documentaria all'Archiginnasio. Il passaggio della BUB all'Università può forse rendere più facile e più stretto il dialogo tra le due biblioteche storiche della città, dato che il rapporto di cooperazione tra il Comune e l'Università di Bologna travalica la collaborazione avviata con la fusione dei poli SBN (che ha comunque rappresentato una base importante per impostare un lavoro comune verso l'integrazione dei servizi bibliotecari) e comprende altre attività culturali ed altri interventi, che includono anche l'incremento del patrimonio librario delle biblioteche decentrate.
Avviandomi alla conclusione, intendo affermare che il passaggio della BUB all'Università comporta un percorso complesso da vari punti di vista e che la bontà dell'esito di una simile operazione dipende dalla capacità delle parti in causa di rimettersi in gioco e dal ripensamento del sistema bibliotecario bolognese nel suo insieme. In questo senso mi auguro che l'impegno della Soprintendenza regionale possa essere utile per favorire una concertazione più ampia e assicuro la piena disponibilità ad ascoltare i suggerimenti costruttivi.
Copyright AIB 1999-03-13, a cura di Elena Boretti
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