Teresa Grimaldi (coordinatrice), Carlo Bianchini, Pino Buizza, Andrea Fabbrizzi, Stefano Gambari, M. Chiara Giunti, Stefano Tartaglia.
21 giugno 2006
La Commissione Catalogazione e Indicizzazione dell'AIB, Associazione Italiana delle Biblioteche, ha esaminato i documenti della Commissione RICA "Titoli uniformi" e "Intestazioni uniformi per le edizioni della Bibbia" disponibili al URL <http://www.iccu.sbn.it/upload/documenti/TitoliUniformi.pdf> [PDF 315 k], ed esprime le seguenti osservazioni, nell'intento di contribuire positivamente al processo di revisione delle RICA.
La lettura della Premessa non può non suscitare
approvazione, per l'approccio decisamente innovativo e coraggioso; in
particolare sono condivisibili la scelta di dedicare un dispositivo
specifico all'identificazione dell'opera nel catalogo e la distinzione
netta e fondamentale tra principi e funzioni per l'accesso e principi e
funzioni della descrizione.
Nel testo normativo tuttavia si nota una notevole incertezza,
soprattutto quando le norme si allontanano dal tema del titolo uniforme
dell'opera. Peraltro, la stessa Commissione RICA avvisa più volte
che il testo, nella sua seconda parte, è provvisorio e in attesa
di uno specifico documento destinato alle espressioni.
La prima difficoltà ad affrontare campi almeno parzialmente
sconosciuti traspare evidente dalle numerose incertezze terminologiche,
a partire dall'uso del termine titolo. Anche se il documento
è dedicato -- a partire dall'etichetta -- ai titoli
uniformi, il termine titolo non è definito; sono
invece elencate le seguenti tipologie di titoli:
I titoli possono essere distinti e definiti in funzione di almeno tre criteri:
Non distinguere questi tre criteri può portare a confusione sul
piano logico; un esempio è dato dal titolo variante; nel caso
dell'alfabeto o scrittura, l'espressione titolo variante si
riferisce a un titolo traslitterato di un'opera; nel caso di lingue
diverse, l'espressione si riferisce a opere plurilingui, ma nel caso di
varianti del titolo, l'espressione si riferisce prevalentemente a
edizioni diverse dell'opera (come conferma la prima serie di
esempi § 1.3.3).
Perciò il dispositivo previsto dal concetto di titolo
variante rimane identico (il rinvio da una forma ad un'altra) ma
l'oggetto, cioè l'entità logica al quale si applica,
varia.
La questione principale si pone però con il titolo
uniforme; qui si apre il problema teorico: titolo uniforme di che
cosa, esattamente?
Il prestito terminologico dalle RICA, che non distinguevano --
evidentemente -- i livelli logici di FRBR, e la semplice trasposizione
di vecchie espressioni nelle nuove RICA non può che provocare
confusione.
Così il concetto di titolo uniforme, che è
definito come "titolo con cui un'opera, o una sua parte, viene
identificata ai fini catalografici" (§ 0.1), si trasforma
radicalmente nell'ultimo capoverso di § 0.1, quando si aggiunge che
"può essere utilizzato anche per identificare, con l'aggiunta di
altri elementi, espressioni diverse dell'opera stessa e sue edizioni o
manifestazioni" e poi può diventare anche, tramite le aggiunte
convenzionali, un titolo per "identificare, raggruppare e ordinare le
singole diverse espressioni o famiglie di espressioni (versioni,
traduzioni, etc.) di un'opera, o le loro edizioni (o manifestazioni)"
(cfr. § 0.5.).
Questa incertezza logica, lessicale e funzionale impedisce di realizzare
concretamente il progetto della Premessa.
Comprendere in un'unica espressione titolo uniforme la funzione
rispetto a qualsiasi livello, apre prima di tutto un problema pratico:
dover necessariamente individuare elementi distintivi e diversi di volta
in volta per potere riconoscere quando ciascun 'titolo uniforme' si
riferisce a una specifica entità logica.
Ma apre anche un problema di carattere logico, perché si ammette
che il titolo uniforme possa essere dell'opera,
dell'espressione, dell'edizione e anche della manifestazione (senza
oltretutto dimenticare che 'edizione' corrisponde sia al livello logico
dell'espressione che a quello della manifestazione).
La Commissione AIB ha segnalato, nei precedenti commenti, la
necessità di provvedere ad un preliminare chiarimento lessicale e
logico dei termini in uso, prima di procedere alla redazione delle
norme.
Anche per questo documento tale analisi avrebbe certamente giovato.
Nelle RICA si legge che il titolo è il "Nome con cui un'opera
è pubblicata o generalmente conosciuta", cioè il titolo
è un nome dell'opera -- soltanto -- scelto con il
criterio editoriale o repertoriale.
Titolo quindi si riferisce, si può riferire, fino a
esplicita indicazione contraria (ma la Commissione RICA tace), soltanto
all'opera.
Titolo uniforme quindi potrà essere soltanto il titolo
uniforme dell'opera.
A questo punto è evidente che Titolo uniforme collettivo
(o convenzionale !!!), che dovrebbe riferirsi a "raccolte di
opere di uno stesso autore oppure più opere o pubblicazioni
indipendenti che sia opportuno trattare collettivamente e collegare tra
loro", è un'espressione che non può avere senso; se si
riferisce infatti all'opera consistente nella specifica raccolta di
opere, allora è semplicemente titolo dell'opera dell'autore della
raccolta (cioè il titolo uniforme); se si riferisce
invece all'edizione, non si può chiamare titolo
uniforme, ma dovrà chiamarsi in altro modo (ad esempio,
titolo uniforme dell'espressione collettiva, o altrimenti
titolo uniforme dell'edizione collettiva, ecc.).
Da queste considerazioni consegue che le funzioni del titolo uniforme
stabilite al § 0.2. sono da rivedere.
Ancora una volta, non si è in grado di valutare il livello di
adesione delle nuove RICA alla logica indicizzatoria introdotta dai
nuovi modelli concettuali di analisi bibliografica: se si va verso
l'individuazione degli oggetti della catalogazione e la definizione dei
più opportuni elementi citazionali di tali oggetti, il documento
è lontano dal garantire un trattamento organico e completo delle
entità indicizzabili attraverso le relative categorie di titoli;
inoltre, se si è intrapreso un nuovo percorso, perché non
esplicitare il riferimento a FRAR, e non intitolare questo documento
più semplicemente e coerentemente "Nomi delle opere"?
E perché non intitolare per analogia, i documenti precedenti
"Nomi delle Persone" e "Nomi degli Enti"?
Pensare in termini di entità e di nomi di entità potrebbe
così condurre alla consapevolezza della distinzione tra funzione
specificamente identificativa e denotativa del nome e la diversa
funzione organizzativa che di solito viene assegnata all'intestazione: e
tenendo conto anche delle perplessità sollevate in sede di
commento al glossario dei Principi di Francoforte, si potrebbe tentare
di abbandonare il termine "intestazione", che è concettualmente
pregno di una concezione e di una prassi catalografica di cui si auspica
ormai il superamento: le RDA per es. hanno adottato la locuzione "titoli
di citazione delle opere, delle espressioni..."ecc.
Un'altra questione fondamentale è quella della incerta natura del titolo uniforme, in bilico tra intestazione tradizionale per archivi catalografici e forma controllata di una precisa entità: la seconda tipologia sembra prefigurata da una esplicita dichiarazione della Premessa, in cui a p.1. capov. 5 si legge: "Il perfezionamento della struttura dei cataloghi elettronici tramite il modello FRBR dovrebbe condurre sia all'identificazione di tutte le opere rappresentate nel catalogo (non solo di quelle anonime o di quelle pubblicate con titoli varianti, tradotti, etc.), sia alla creazione di legami di responsabilità, una volta per tutte, solo al livello appropriato (al livello dell'opera per l'autore, al livello dell'espressione per il traduttore, etc.)."
Tuttavia, che si tratti di titoli definiti a fini catalografici si evince dalla prescrizione di qualificare il titolo attraverso l'intestazione principale, un elemento che pertiene ad un ambito diverso da quello della identificazione autonoma dell'opera: si citano di seguito i passi del documento RICA in cui si fa riferimento all'intestazione principale (evidenziati dalla nostra sottolineatura):
Dalla Premessa,
p. 1, capov. 2
Il documento che presentiamo, pur se da completare e da perfezionare, si
propone invece di offrire un insieme di norme che consentano un
trattamento organico e completo, nei cataloghi elettronici, di tutte le
opere che vi sono registrate, indipendentemente dalla loro tipologia e
dall'applicabilità di un'intestazione principale.
p. 2, capov. 1
...a ogni titolo uniforme dovrebbero essere legate una volta per
tutte le eventuali intestazioni pertinenti (intestazione
principale, intestazioni alternative per secondo e terzo coautore,
intestazioni secondarie relative all'opera e non a sue particolari
versioni), oltre ad eventuali altri elementi di identificazione o
caratterizzazione dell'opera e ad eventuali punti di accesso d'altro
tipo.
Dal documento Titoli uniformi.
0.3
L'impiego del titolo uniforme è obbligatorio per tutte le opere,
sia per quelle che hanno l'intestazione principale a un autore (vedi
la Parte Terza) sia per quelle che non la hanno.
0.6
Nelle liste o indici i titoli uniformi a cui corrisponde
un'intestazione principale devono essere visualizzati insieme a
questa (vedi il par. 3 e, per la scelta dell'intestazione, la Parte
Terza). Il titolo uniforme e la relativa intestazione possono
essere presentati in posizioni distinte, accompagnati da indicazioni
esplicative, oppure l'una di seguito all'altro, separati da una barra
diagonale.
L'intestazione principale per l'autore dell'opera può
essere seguita dalle intestazioni per eventuali coautori.
2.
Elementi del titolo uniforme e loro ordine:.....I complementi del titolo
non sono inclusi nel titolo uniforme, se non quando devono essere
utilizzati al posto di una qualificazione per distinguere titoli
identici di opere diverse che non abbiano un'intestazione principale
(vedi il par. 3.3).
Cosa si intende con intestazione principale? Finora essa è stata intesa come un elemento che pertiene alla registrazione bibliografica della pubblicazione. Ma se l'oggetto del documento è il titolo uniforme che identifica l'entità opera è incongruo che questa venga connotata da un elemento, l'intestazione principale, che pertiene all'entità pubblicazione-manifestazione, e che può variare nelle varie pubblicazioni, a seconda delle particolari situazioni bibliografico-editoriali di presentazione dell'opera.
Un altro caso di dipendenza della formulazione del titolo da elementi descrittivi piuttosto che da criteri identificativi si rileva a proposito della prescrizione del § 2.3: Formulazioni di responsabilità legate al titolo. "Formulazioni di responsabilità personali presenti nel titolo o ad esso legate grammaticalmente si omettono quando non ne costituiscono parte integrante."
Es.: De architectura
(nome dell'autore ed estensione dell'opera si possono omettere,
senza alterare le altre parole)
< Vitruvi De architectura
< Vitruvii De architectura libri decem
......
Inspiegabilmente diverso, rispetto alla logica interna del documento,
è invece il comportamento nel caso di formulazioni di
responsabilità relative ad enti che siano presenti nel titolo o
ad esso legate grammaticalmente:
"Formulazioni di responsabilità relative ad enti che siano
presenti nel titolo o ad esso legate grammaticalmente si conservano
quando questa è la forma prevalente del titolo stesso."
Es.:
Costituzione della Repubblica italiana
< Costituzione italiana
Codice civile
< Codice civile del Regno d'Italia
< Codice civile italiano
Statuto dell'Istituto di studi etruschi ed italici
Atti della Conferenza sulla cooperazione scientifica tra le
università del Mare Mediterraneo
In questi casi perché non si è fatto ricorso alla "intestazione principale"? Forse perché gli enti non sempre hanno la funzione di autore e quindi intestazioni principali? Si tratta in ogni caso di meccanismi incongrui rispetto ai fini della identificazione delle opere: questo è un problema complesso e ancora aperto, intorno a cui la comunità catalografica sta ancora riflettendo, in relazione soprattutto alla eventualità di presentare le opere e le espressioni attraverso descrizioni autonome, senza alcun legame con le descrizioni catalografiche.
Nel documento sembra quindi prevalere la concettualizzazione del titolo uniforme come intestazione ai fini catalografici, confermata anche dalle prescrizioni del §3: Qualificazioni e altri elementi usati per distinguere titoli identici. "Le qualificazioni sono elementi che si aggiungono al titolo uniforme allo scopo di identificare un'opera più chiaramente e compiutamente o di distinguerla da altre con lo stesso titolo, in assenza di un'intestazione principale (cfr. il par. 0.6) o quando questa non è sufficiente..."
In caso di titoli identici la qualificazione che prevale è ancora l'intestazione principale; es:
Storia della letteratura italiana / Allodoli, Ettore
Storia della letteratura italiana / Apollonio, Mario
Storia della letteratura italiana / Azzarone, Pietro
(non occorrono qualificazioni dato che i titoli sono legati a
intestazioni principali diverse)
Manuale di diritto privato / Gazzoni, Francesco
Manuale di diritto privato / Torrente, Andrea
Statuto / Università degli studi di Milano
Statuto / Università degli studi di Padova
Book of common prayer / Church of England
Book of common prayer / Episcopal Church
E ancora:
"Quando, fra più opere con titolo identico, una non è
distinta dall'intestazione principale, la si qualifica se questo aiuta a
identificarla".
Ettore Fieramosca / Azeglio, Massimo d'
Ettore Fieramosca / Borioli, Umberto
Ettore Fieramosca / Salini, Luigi
Ettore Fieramosca
(è opportuno qualificare l'ultimo titolo, anche se il
catalogo non include al momento titoli omonimi privi di intestazione
principale, per identificare con chiarezza l'opera a cui si
riferisce).
Quest'ultima osservazione potrebbe risultare impropria, dato che il
documento della Commissione RICA intende riferirsi a intestazioni e non
a registrazioni di autorità (che richiedono informazioni complete
e strutturate, definibili sulla scorta di GARE e FRAR), e in
considerazione del fatto che in precedenti documenti la stessa
Commissione ha messo sull'avviso dal non confondere, e sovrapporre, le
une con le altre.
In ogni caso, pur rimanendo nell'ambito delle intestazioni
catalografiche, sarebbe opportuno definire a quale livello catalografico
si configura la situazione bibliografica di compresenza di titoli
identici.
Se il contesto di riferimento primario sono i cataloghi collettivi
elettronici, come risolvere il problema della compatibilità tra
uso locale (che oggi può significare anche nazionale) e contesto
globale, internazionale e multiculturale?
Infine, nel ribadire, anche a proposito dei titoli, l'opportunità
di adottare una logica indicizzatoria unificata, che non si limiti a
considerare solo le opere coinvolte nella relazione di autore, si
richiama la necessità di rifondare, oltre che il codice, anche la
politica di indicizzazione, con un rilancio di una attività
informativa e catalografica realmente e organicamente partecipata tra le
diverse istituzioni che dovranno concordare una divisione del lavoro di
indicizzazione, al fine di costituire archivi letterari, musicali,
cinematografici, documentari, ecc. comuni, omogenei e integrati.
È evidente che il commento della Commissione AIB è fortemente influenzato dalle considerazioni di ordine concettuale introdotte da FRBR e FRAR, e non tiene conto delle restrizioni e dei condizionamenti alla applicazione dei nuovi concetti derivanti dalla necessità di confrontarsi con il formato UNIMARC per lo scambio dei dati (in questo caso di autorità), in cui:
Si ritiene quindi opportuno seguire più da vicino i tentativi di evoluzione del formato MARC in adeguamento ai nuovi modelli concettuali di analisi bibliografica e di identificazione delle entità e relazioni, prima di perpetuare, in un nuovo codice, meccanismi catalografici desueti (quali il ricorso a intestazioni di raggruppamento/ordinamento, che fanno pensare a organizzazioni di cataloghi sequenziali e non relazionali) o dubbi (quali l'uso di intestazioni e sotto-intestazioni formali).
§1. Scelta del titolo uniforme. Per quel che riguarda il nome proprio delle opere, l'alternativa tra rispondenza al criterio editoriale o al titolo della tradizione citazionale/repertoriale si risolve opportunamente in favore di quest'ultimo, che comporta anche l'uso della lingua originale. Il ricorso alla forma in lingua italiana è previsto solo quando il titolo originale non sia noto o determinabile o non sia comunemente in uso. Tuttavia, si ricorre al titolo comunemente noto in italiano:
§ 1.2.2: il caso di edizioni di manoscritti o
documenti è tautologico rispetto alla definizione di titolo data
dalle RICA ("Nome con cui un'opera è pubblicata o generalmente
conosciuta"); perciò, a meno di sostenere che il titolo è
quello dell'originale manoscritto -- che è legittimo, ma non
sembra in linea con l'attuale impostazione del lavoro -- la norma
risulta contraddittoria ("pubblicati con una designazione tradizionale o
convenzionale che non è propriamente il titolo"), ma anche
inutile se riferita all'opera e fuori luogo se riferita all'edizione.
§§ 1.2.4.2 -- 1.2.5.2: si usa
alternativamente l'espressione "si adotta come titolo uniforme" o "si
registrano sotto"; non è chiaro se la seconda espressione
significa "si adotta come titolo uniforme" oppure ci si riferisce alla
registrazione a livello della pubblicazione.
§ 1.3.1.1 (forma latina del titolo per i titoli in
alfabeti o sistemi di scrittura diversi): in realtà dagli esempi
si deduce che il titolo uniforme non è la forma latina, ma la
forma latina e la trascrizione della forma greca unite dal
segno di uguale.
Allo stesso modo, al § 1.3.1.2, la forma
traslitterata o trascritta in alfabeto latino precede la forma
nella lingua e nel sistema di scrittura originale (ciò comporta
probabilmente differenze nell'ordinamento dei titoli uniformi ...).
Anche il rinvio (p. 19) è dalla traslitterazione o trascrizione e
forma originale, e non dalla forma originale e trascrizione (cfr. I
protocolli dei savi Anziani di Sion).
§ 1.3.2: nel caso di opere pubblicate in
più lingue con titoli diversi, "si fa rinvio dai titoli nelle
altre lingue o, se queste sono molto numerose, dalle più
diffuse"; sarebbe meglio suggerire che sia il singolo catalogo a
stabilire un ordine di preferenza delle lingue, in funzione della
propria utenza.
§ 1.3.3: lascia perplessi l'adozione, in caso di
varianti grafiche, della "Forma corrente nell'uso moderno o più
diffusa" per identificare i titoli di opere antiche.
§ 2. Elementi del titolo uniforme.
Sotto questo paragrafo non sono citati tutti gli eventuali elementi di
identificazione e qualificazione del titolo dell'opera, ma i criteri di
determinazione del titolo dell'opera in assenza di un titolo
tradizionale o convenzionale. Questa situazione bibliografica dovrebbe
forse essere meglio espressa nel titolo del paragrafo. È evidente
che il criterio di indicizzazione non può essere che quello
editoriale: in questo ambito, tuttavia, si dovrebbe problematizzare
esplicitamente la relazione e l'efficacia indicizzatoria dei vari titoli
editoriali: titolo proprio dell'edizione originale dell'opera, titolo
sotto cui l'opera è stata pubblicata, titolo proprio della
manifestazione originale (secondo la tipologia dei titoli presente in
FRAR).
È invece adottato un unico criterio: la forma del titolo proprio
prevalente nelle pubblicazioni.
La proposta del 5. capoverso ("Titoli molto lunghi o prolissi possono
essere abbreviati [...]"), sul piano descrittivo, con i dovuti
distinguo, potrebbe essere ragionevole; sul piano identificativo
dell'opera, invece, questa operazione non ha senso (per restare alla
analogia, parzialmente infondata, tra titoli delle opere e nomi degli
autori, quale impiegato dell'anagrafe si permetterebbe di abbreviare il
terzo, quarto ecc. nome per finire prima la registrazione e rischiare di
non identificare la persona?); lo scopo principale del titolo uniforme
è l'identificazione, non l'accesso.
§ 3. Qualificazioni e altri elementi per distinguere titoli
identici.
È opportuno ribadire quanto espresso nelle considerazioni
generali: nel documento RICA il problema al quale il par.3 cerca di
rispondere è quello dell'identificazione dell'opera "in assenza
di una intestazione principale o quando questa non è
sufficiente". Tuttavia, la formulazione del primo paragrafo: "Le
qualificazioni sono elementi che si aggiungono al titolo uniforme allo
scopo di identificare un'opera più chiaramente e compiutamente o
di distinguerla da altre con lo stesso titolo, in assenza di
un'intestazione principale (cfr. il par. 0.6) o quando questa non
è sufficiente..." crea incertezze riguardo al livello logico al
quale appartiene il procedimento: si tratta di indicazioni relative alla
costituzione della registrazione di autorità? O si tratta invece
di un procedimento relativo alla creazione di una intestazione (definita
come "formulazione, a volte piuttosto complessa, che il catalogatore
stabilisce, seguendo norme precise, per rappresentare nel catalogo una
determinata entità (una persona o un ente, un'opera, un tema,
ecc.)"; cfr. A. PETRUCCIANI, Ragioni e principi della revisione
delle RICA, Bollettino AIB, 2005, 2: 149-184)? O, ancora, si tratta
di un processo di identificazione di una manifestazione di un'opera,
come indurrebbe a pensare il riferimento, in verità infelice,
alla "intestazione principale"?
In ogni caso, se si tratta, come sembra, di creare prima di tutto
un'anagrafe delle opere, nel quale il termine "intestazione" costituisce
il punto di accesso controllato per l'opera, sarebbe opportuno, se non
altro per chiarezza, togliere qualsiasi riferimento, nel dispositivo di
identificazione dell'opera (il titolo uniforme), alle intestazioni,
principali o secondarie.
§ 4. Aggiunte convenzionali al titolo uniforme.
Sono anticipati in questo paragrafo alcuni elementi che si suppone
saranno sviluppati più dettagliatamente e sistematicamente nel
preannunciato documento sulle "espressioni": valuteremo questo argomento
quando si avranno maggiori informazioni.
§ 4.2. A parte la valutazione
dell'opportunità di trattare in questo documento i titoli delle
espressioni, rimane il dubbio che il suggerimento della nota 18 sia
valido, cioè se sia effettivamente possibile ricavare
automaticamente un elemento di qualificazione relativo ad un titolo di
una espressione da una registrazione che si riferisce,
necessariamente (cfr. IME ICC), al livello logico della
manifestazione.
Il titolo uniforme è un dispositivo di recupero artificiale che
non ha necessariamente riferimento ad una specifica pubblicazione;
pubblicazione e titolo uniforme dell'espressione si trovano su due
livelli logici differenti.
§ 5. Titoli uniformi collettivi. Questo paragrafo
è da riformulare, dopo aver chiarito la funzione e la natura di
questi titoli.
Per quanto riguarda le "Intestazioni uniformi per le edizioni della Bibbia", si ritiene che il grappolo delle intestazioni, rinvii e richiami presentati nella Lista alfabetica siano esemplificativi e non esaustivi, data la formulazione dei titoli esclusivamente in italiano e latino, laddove nel documento sui "Titoli uniformi" è presente, per es., anche la forma greca del titolo. Inoltre, nel "Prospetto in ordine sistematico", perché non diversificare la simbologia dei richiami ascendenti da quelli discendenti? E ancora, anche per l'indicizzazione delle varie versioni e traduzioni (espressioni) della Bibbia ci sarà un capitolo ad hoc?