Accardo, Giovanni. -- Un anno di corsa. -- 2006. --
La laurea in lettere con centodieci e lode. Poi il niente, ed il niente peggiore: non quello senza pensieri di chi si alza
tardi al mattino, "vede gente e fa cose", magari con il portafoglio sempre pieno e l'auto di lusso sotto casa, grazie
all'aiuto del paparino compiacente.
Il niente del Nostro Eroe è pieno di colloqui, selezioni, appuntamenti, viaggi in treno da un capo all'altro
dell'Italia, alla ricerca di un lavoro. Di un qualunque lavoro con cui pagare l'affitto, comprarsi da mangiare, mettere un
po' di benzina in quel che resta di una scassatissima Cinquecento.
È vita, questa? Che ci azzecca la letteratura, lo studio, l'università con una realtà ormai ostaggio
dei signorini che si fanno l'happy hour con il prosecco, e hanno la miglior vita scodellata nel piatto?
Ecco il dilemma: vivere a Padova a tirar due soldi spaccandosi la schiena a fare il cameriere, per poi sorbirsi le solfe
anti-meridionali del compagno di stanza rigorosamente leghista, o tornare in Sicilia, per scoprire di sentirsi ormai fuori
persino a casa?
Se il lavoro è alienante, il non lavoro rappresenta una condizione di vita ancor più dura e difficile da sopportare:
è come vivere senza aria, con le mani che si staccano dal corpo, e il soffitto che si abbassa sempre più sopra
la testa.
Tra mali veri e paranoie inventate, il Nostro Eroe si arrabatta come può nel Grande Mondo del Lavoro Precario,
assaggiando ogni giorno le delizie della Deregulation: riuscirà a non lasciarsi domare?
Dal libro (p. 83-84):
Forse ti conviene procurarti un libro di Fisiologia che usano a medicina, mi consigliò, quando incominciai a
incalzarla con le domande, lì c'è spiegato tutto, disse.
Pensai di farmelo imprestare da Murad o da Patrizio, magari avevano già fatto l'esame e avevano il libro. Ma poi
decisi di andarlo a cercare in biblioteca.
"È uno studente?" mi domandò l'impiegato, un signore dall'aspetto molto trasandato, con la barba lunga di
una settimana e un tic all'occhio destro: stirava il muscolo del collo, facendo una smorfia della bocca e sbarrando l'occhio destro.
"No, sono già laureato".
Cercavo di far finta di nulla, ma non riuscivo a distogliere lo sguardo da quel corto circuito: muscolo del collo, bocca e occhio destro.
"In Medicina?" m'interrogò.
"No, in Lettere".
Muscolo del collo, bocca, occhio destro: la mia attenzione era ipnotizzata dalla sincronia di quel tic.
"Allora non può entrare, serve il tesserino dell'universit&aagrave;" disse, alzandosi in piedi.
"Le posso lasciare la carta d'identità," proposi molto affabile "mi fermo soltanto pochi minuti, il tempo di
sfogliare un manuale di Fisiologia. Vedrà che non le darò alcun disturbo".
"Non è possibile" ribadì.
"Le prometto che domani vado a iscrivermi a Medicina" buttai lì, nella speranza di convincerlo a farmi passare.
"Pensi che volevo fare il medico, ma mio padre non ha voluto, diceva che era una strada lunga e difficile, mentre io avevo
una passione immensa per tutti quei nomi complicati, per le formule chimiche".
Niente, non ci fu verso di convincerlo.
"Vada alla San Biagio," mi suggerì, alla fine "alla biblioteca universitaria, lì hanno libri di Medicina e
fanno entrare tutti".
La frequenza con cui il suo tic si manifestava era raddoppiata, faceva veramente impressione, non riuscivo più
a guardarlo.
(Milano, Sironi, 2006)
Agnello Hornby, Simonetta. -- La Mennulara. -- 2002. --
Un grande affresco della Sicilia degli anni '60, una
figura femminile forte e misteriosa. Maria Rosaria
Inzerillo detta la Mennullara (raccoglitrice di
mandorle) amministratrice e "criata" di casa Alfallipe
muore lasciando ai posteri il dubbio di amarla od
odiarla. Donna strana la Mennullara, non aveva mai
imparato a scrivere ma sapeva leggere e i libri della
biblioteca di casa Alfallipe li leggeva, li prestava e
li aveva ordinati tutti in ordine alfabetico di
autore, anche "i primi erano quelli di D'Annunzio che
lei aveva riposto sotto la lettera A". Passava il suo
tempo libero, la Mennullara, in quella biblioteca
odorosa di "quella puzza particolare e invadente, una
miscela di polvere stratificata, umidità, dolce
marciume di carta mangiata dai tarli"; in quella
biblioteca nascondeva tutti i suoi segreti.
(Feltrinelli, 2002)
Albani, Paolo. -- Il sosia laterale e altre recensioni. -- 2003. --
Nella recensione (come tutte le altre, di un'opera inesistente) "La
spropositologia" (p. 91-95) si classificano gli spropositi in dodici
classi, fra i quali...
10. le cosiddette "cantonate solenni" ovvero le citazioni sbagliate; gli
anacronismi di cui sono pieni specialmente i romanzi storici; [...] gli
sbagli curiosi negli schedari delle biblioteche e nei cataloghi dei librai
(in un catalogo per materie di una biblioteca la scheda di un'opera
intitolata "Piante iconografiche di Roma" era stata posta tra quelle dei
libri di botanica; le baggianate degli etimologisti e dei traduttori; [...]"
(Sylvestre Bonnard, 2003).
"... allego il mio Curriculum Vitae" : premio letterario online. -- 2003. --
Il volumetto raccoglie i testi vincitori del concorso per il miglior
racconto in forma di CV indetto dal sito www.pordenonelegge.it.
In quarta di copertina, un estratto del bando di concorso recita: "Una parte in un film, un posto di bibliotecaria,
un orto demaniale in periferia, un abbonamento gratuito alla partita?
Chiedi pure l'impossibile. Ma ricordati che tutto dipende dall'impressione
che farà il tuo Curriculum Vitae".
Inoltre, nel testo "Curriculum Vitae" di Carlin de la Mercantela (p.
31-34): "Nel frattempo, avendo conosciuto mons. Gelmini della Biblioteca
Portiana, luminosa figura lui, nostra gloriosa istituzione essa, ho curato
la raccolta, catalogazione e pubblicazione delle 9.856 lettere dei fondi
"C. Cantu'" e "F.lli Verri. Esperienza faticosa ma esaltante, che mi ha
permesso di venire direttamente a contatto con la nobile anima lombarda, in
particolare brianzola, della mia, e Sua, gente. [...] le Sue lettere
diventeranno prezioso oggetto di studio e come tali meritano di essere
trattate da subito. Oltre a provvedere alla loro archiviazione e
catalogazione, curerei, sotto la Sua supervisione, la Biografia Ufficiale."
(p. 32-33). Ulteriore riferimento alle biblioteche nel testo "Curriculum Vitae di
Giambattista Papiolo per un posto di cortigiano" di Alfonso Maria Petrosino
(p. 67-69):
"Portaborse della professoressa di latino e greco dal 1993 al 1996 e, nello
stesso lasso di tempo, saltuariamente, del bibliotecario e del vicepreside"
(p. 67, Venezia, Marsilio, 2003)
Alvaro, Corrado. -- Mastrangelina. -- 1960. -- Storia romanzata del bibliotecario Pippo de Nobili.
Agus, Milena. -- Mal di pietre. -- 2006. --
"Essendo nonna una tranquilla avrebbe potuto uscire e andare forse nella palazzina della Direzione con la biblioteca e una
sala di lettura dove avrebbe scritto e letto romanzi e poesie a suo piacimento, ma sotto controllo. E non avrebbe mai
avuto contatti con le altre ville dei Semiagitati e degli Agitati e non le sarebbero mai accadute cose terribili come
essere rinchiusa nelle celle di isolamento o essere legata al letto."
(p. 98, Roma, nottetempo, 2006)
novità
Arpaia, Bruno. – L’angelo della storia. -- 2001. -- Era la prima volta che rimetteva piede in Biblioteca
dopo quattro mesi. Aveva immaginato di ritrovarsi a casa, invece a mano a mano che avanzava in mezzo ai tavoli, sotto le
grandi volte, provava l’impressione di essere anche lì uno straniero: pochi lettori sparsi per latenza, gli
impiegati spariti negli uffici, e intorno a lui un silenzio minerale, gelido. Si appoggiò al bancone scoraggiato, in
mano la sua nuova tessera […] “Numéro 3454, Benjamin Walter. Titres: Docteur en philosophie, critique
littéraire. Adresse: 8, rue Dombasle”. Gli avevano pure sbagliato l’indirizzo… Fu allora che sentì l’applauso,
che vide gli impiegati uscire in fila indiana da dietro gli scaffali sul fondo della sala e Georges Bataille venirgli
incontro sorridendo. “Bentornato” gli disse. “Bentornato a casa.” Louvet, dell’ufficio fotocopie, stappò due
bottiglie della cantina di suo padre, Madame Grenelle, dei Prestiti, aveva preparato i pasticcini. “Adesso, qui, è
al sicuro” lo confortò Bataille [...] (p. 135, Parma, Guanda, 2001)
Baldini, Antonio. -- Michelaccio. -- 1924. -- '"Bisogna ch'io trovi il modo d'averti vicino anche a corte, assolutamente. Andiamo: qualche buona idea ci verrà strada facendo". Camminando pensavamo al modo. Fui io il primo a toccare il braccio a Gennarino: "Potrei fare il bibliotecario'".
Ballestra, Silvia. -- La seconda Dora. -- 2006. --
"Gentile Emilio,[...] mi diverte immaginarti chino sui vecchi volumi
di storia locale, nel buio della biblioteca di
Valmirana, col vecchio Janni che ti guarda dal suo
loculo mentre fai le tue ricerche a mio beneficio.
Quando mi capitava di andarci, sentivo il suo sguardo
sulla schena tutto il tempo, ma se mi giravo per
ricambiare, perplessa e interrogativa, Janni si
rituffava nella compilazione di quelle schede che
legge solo lui. Qui, invece, l'addetta alla biblioteca
- che è aperta solo due pomeriggi alla settimana - è
una tal Petronilli [...] una signorina gentile ma
terribilmente apprensiva, e ogni volta che chiedi in
prestito o in visione qualcosa hai l'impressione di
levarle il pane di bocca o pretendere da lei qualche
articolo di contrabbando."
(pp. 73-74, Milano, Rizzoli, 2006)
Barbàra, Ugo. -– Desidero informarla che le abbiamo trovato un cuore. -- 1999. -– A Palermo un giovane
psicologo ospedaliero deve decidere quale tra due pazienti in lista per un cuore nuovo è il più adatto a
riceverlo. Da una parte un’attraente ventenne, segnata da una vita infelice, dall’altra un bibliotecario quarantenne che
attende un figlio dalla sua compagna e che ha scelto quella professione proprio perché malato di cuore. Inizia così
il colloquio tra lo psicologo e il paziente: “'Lei lavora in biblioteca?' chiedo continuando a sfogliare il libro. 'Ne
sono il direttore' dice senza orgoglio, ma con un tono di responsabilità nella voce. 'In un paese della provincia?'
'A un centinaio di chilometri da qui.' 'È strano che in una biblioteca di paese si trovino libri del genere'. Sposto
il volume di Giulio Valerio e ne scopro uno il cui titolo è in greco. 'Sa come va nei paesi. Tutti contadini e
artigiani, tranne pochi notabili. E va a capitare che uno di questi sia un bibliofilo, un autentico collezionista di
libri che ha nella sua biblioteca migliaia e migliaia di volumi, dai più preziosi ai più banali. Una miniera d’arte
e cultura chiusa ai comuni mortali e accessibile ai capricci di uno solo… Poi capita che il notabile muoia e ci sia la
spartizione dell’eredità. Ma i figli sono lontani, la casa va venduta e nessuno può portarsi in città
una biblioteca di quella portata. Così si decide di tener viva in eterno la memoria del genitore comprando un
magazzino, adattandolo a biblioteca e intestandola all’amato padre.' Mi rivolse un sorriso beffardo. 'L’amato padre, che se
un infarto non se lo fosse portato via alla velocità di un battito di ciglia, avrebbe preferito veder bruciare tutto
piuttosto che sapere i suoi libri tra le mani di qualcun altro.' 'E il Comune ha scelto lei come bibliotecario...' 'Il
Comune – il suo sorriso è ancora più ironico – se aspettavamo il Comune i libri adesso sarebbero pieni di muffa e
rosicati dai sorci. No, il mio stipendio è pagato dai figli. Uno di loro è stato mio compagno di scuola e
sapeva che ero l’unico in paese che avrebbe potuto occuparsi della biblioteca. Una vera fortuna per lui, per me e per il
paese. Vengono da tutt’Italia a consultare i miei volumi, sa?
Accademici, ricercatori, storici, studiosi di tutti i tipi. In quattrocento metri quadrati c’è un universo da
esplorare.' 'E le piace il suo lavoro?' 'È l’unica cosa che avrei potuto fare. In un paese di contadini e pescatori,
un ragazzino dal cuore debole è soltanto una iattura, così la sola cosa plausibile era farmi continuare gli
studi. Ho insegnato io a mio padre a leggere e scrivere.>' “
(p. 100-102, Casale Monferrato, Piemme, 1999)
Barbero, Alessandro. -- L'ultimo rosa di Lautrec. -- 2001. --
Toulouse-Lautrec ricorda di essersi addormentato in biblioteca:
"Io mi sono addormentato in biblioteca, mi ricordo benissimo, pensò il
nano sbadigliando; perché improvvisamente gli era
venuto un gran sonno" (p. 103, Milano, A. Mondadori,
2001)
Bassani, Giorgio. -- Il giardino dei Finzi Contini. -- 1962. -- A Ferrara in epoca
fascista, il protagonista,
uno studente ebreo e giovane scrittore, viene invitato ad uscire dalla biblioteca comunale
in cui sta studiando. Si rivolge al direttore della biblioteca, ma questi gli risponde che
non può rifiutarsi di eseguire le disposizioni, nonostante l'amicizia che lo lega alla sua
famiglia. Si reca quindi a studiare nella biblioteca privata di Ermanno Finzi Contini.
Belli, Giuseppe Gioachino. -- Sonetti. --
Er mercato de Piazza Navona (20 marzo 1834).
Ch'er mercordì a mmercato, ggente mie, /
Sce siino ferravecchi e scatolari, /
Rigattieri, spazzini, bbicchierari, /
Stracciaroli e ttant'antre mercanzie, //
Nun c'è ggnente da dì. Ma ste scanzie /
Da libbri, e sti libbracci, e sti libbrari, /
Che cce vienghen'a ffà? ccosa sc'impari /
Da tanti libbri e ttante libbrarie? /
[...]
Che ppredicava a la Missione er prete? /
"Li libbri nun zò robba da cristiano: /
Fijji, pe ccarità, nnu li leggete". (p. 1527)
Er legge e scrive (27 agosto 1835).
E a cche tte serve poi sto scrive e llegge? /
Làsselo fà a li preti, a li dottori, /
A li frati, a li Re, all'Imperatori, /
E a cquelli che jje l'obbriga la legge (p. 2162)
Lui sa er perché (30 agosto 1835).
...nnoantri poveracci /
[non dobbiamo chiederci perché paghiamo le tasse] /
Ché ttutt'è bbono pe ajjutà la bbarca. //
Fraterie, sordatesche, bbirbioteche
[annota Vigolo: "Biblioteche, come se derivasse da birbi, furbi, perché il basso popolo aveva in sospetto lo scrive
e llegge"] (III, p. 2175)
(I sonetti, a c. di G. Vigolo, II, Milano, Mondadori, 1958)
Benni, Stefano. -- Il bar sotto il mare. -- 1987. -- Il protagonista del racconto Oleron, ricorda i tempi della scuola e il suo vecchio compagno che aveva questo nome. "Stavo studiando storia nella biblioteca del collegio, una stanza dai soffitti altissimi, affrescata con scene simboliche che nelle intenzioni del pittore dovevano evocare la Divina Commedia. Oleron silenziosamente mi scivolò vicino. Posò sul tavolo un libro e mi mostrò un'illustrazione. Era una scena mostruosa: una reggia orientale dove due tigri sbranavano fanciulle e fanciulli sotto l'occhio di un sultano sadico. - 'È più interessante di tutto questo, no?' disse Oleron, indicando le pareti di libri che ci circondavano. - 'La storia non racconta la verità [...]'. E guardò sprezzante l'insegnante di storia , che si trovava anche lui in biblioteca. Come se avesse avvertito quello sguardo, l'insegnante ci disse di stare zitti e di non disturbare." (Milano, Feltrinelli, 1989, p.93-94).
Berra, Anna. -- L'ultima ceretta. -- 2003. -- "Hai comprato un Maigret?" chiedo nel tentativo di agganciare
la sua attenzione. Si volta di tre quarti un po' contrariato.
«L'hai pialu an biblioteca.»
Che domanda scema, mio padre non compra mai niente.
(p. 56-57)
A furia di falcate sono arrivata in piazza Carlo Alberto. Magari faccio un
giro alla Nazionale, tanto vale perdere tempo disinformandosi.
L'emeroteca è calda, e, a parte gli addetti alla distribuzione che
starnazzano ad alta voce raccontandosi dei regali di Natale per i figli, si sta abbastanza bene.
Prendo La Stampa di oggi e mi piazzo a leggere in un tavolo in fondo alla sala.
[...] Fingo di leggere e cerco di sbirciare chi è che mi guarda. Un sorriso
incandescente mi sale fino alle sopracciglia: è Draculino! Ci guardiamo in
silenzio. Ripiego il giornale, mi alzo e vado da lui. Gli do un bacetto
leggero su un'orecchia. Nessuna reazione.
"Mi riconosci, sono la tua ciambellina preferita."
Lui mi guarda accigliato.
"Non lo sai che non si può parlare qui dentro?" (p. 134)
[...] Tento di abbracciarlo ma lui si ritrae. Di colpo sento una frustata
nello stomaco, mi fa male il sangue. Me ne vado, esco dalla biblioteca, ho
bisogno di aria. Mi metto a correre come una scema. (p. 135)
[...] Dietro di me sento un respiro da enfisema, forse si è pentito e mi ha
rincorsa... Macché, è quell'imbecille della Nazionale che mi chiede la
scheda, avevo dimenticato di consegnarla... (p. 136)
(Milano, Garzanti, 2003)
Bevilacqua, Emanuele. -- La biblioteca di Fort Knox ovvero Come salvare i
libri da una fine sicura. -- 1994. --
15 racconti su libri, lettura, biblioteche, ecc. (Roma-Napoli, Theoria, 1994)
Bianchi, Matteo B. -- Esperimenti di felicità provvisoria -- 2006. --
L'intreccio e' intricato ma si tratta di storie parallele di amore e amicizia fra 35/40enni nostalgici della cultura
eighties, ambientate oggi, prevalentemente a Milano.
"Racconti. Molto belli, alcuni. Di solito i viaggi di andata e ritorno dall'agenzia sono i suoi momenti migliori per
leggere. Si è letto intere biblioteche scivolando su rotaie." (p. 60)
"E poi entrambi hanno interessi condivisi e orari elastici. Lui traduce manuali tecnici dall'inglese, e lavora a casa o in
biblioteca. Lei, quando non è in casa editrice, scrive." (p. 160) Vi sono anche 2 pagine su Google e sull'assegnare o meno un
titolo alle compilation musicali fatte in casa (p. 152-153), che iniziano con la battuta di uno dei personaggi: "Ma tu ci
sei su Google?" (Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2006)
Bianchi, Matteo B. -- Fermati tanto così. -- 2002. -- Il ventitreenne protagonista, studente
universitario di psicologia, svolge il servizio civile presso un istituto religioso di assistenza per bambini con problemi
psichici. "Forse avrei fatto meglio a chiedere di svolgere servizio civile in una biblioteca, in un piccolo comune, in una
bocciofila per anziani. Che ingenuità credere di saper affrontare degli psicotici per il semplice fatto di averli
studiati." (p. 23) "Volevo fare una sorpresa per il compleanno di mia sorella. Avevo scoperto nella Biblioteca di
Lettere l'esistenza di due romanzi ormai introvabili in Italia del suo scrittore inglese preferito, Chris Isherwood. Li
avevo fotocopiati e portati in una delle centinaia di legatorie che gravitano intorno all'università" (p. 59)
(Milano, Baldini&Castoldi, 2005)
Bianchi, Matteo B. -- Generations of love. -- 1999. -- Alle prese con la scoperta della propria
omosessualità nella provincia lombarda negli anni '80, il giovane protagonista-narratore si fa una cultura letteraria su
tematiche gay grazie alla sorella.
"Non so come li scoprisse, certi libri. Le sue compagne di scuola leggevano unicamente "Debby" e "Cioè". Forse li
scovava aggirandosi per le biblioteche. O forse glieli segnalava qualche insegnante illuminato." (p. 35)
Trasferitosi a Pavia per studiare Psicologia all'Università, la biblioteca è spesso sfondo delle vicende.
"Tendo a venire in università piuttosto che restarmene a casa, col rischio di distrazioni e interruzioni continue [...]. La
biblioteca di lettere è un rifugio sicuro. Riesco a concentrarmi di più se sono circondato da decine di teste
chine sui libri in rispettoso silenzio. Senza contare che c'è sempre qualche compagno avanguardista, già
avanti di mesi rispetto ai programmi miei e di Clelia, che può offrire preziosi consigli sugli esami ancora da svolgere. E
quando sono proprio da solo, concedo a Sergio di pranzare insieme. [...] Ma poi, chissà come, prima di rientrare nelle
rispettive biblioteche, i nostri discorsi si fanno imprevedibilmente più intimi. [...] Sergio, Sergio è innamorato
di me. La notizia è troppo grande perché io possa accettarla subito. Mi sento come il computer della biblioteca
di lettere quando tento di inserire dati in un file troppo pieno." (p. 55-57)
"Questo era un altro aspetto della faccenda che mi mandava in tilt. Sembrava che Sergio non fosse per niente spaventato dalla
riconoscibilità pubblica. Arrivava a mormorarmi carinerie in autobus affollatissimi, ad abbracciarmi per la strada, a
baciarmi sulla fronte persino nella biblioteca di lettere." (p. 63). "Intanto abbiamo già assistito a diverse migrazioni
studentesche: compagni che hanno mollato il colpo per andare a lavorare e altri [...] coi quali avevamo condiviso aule, feste,
posti in biblioteca, che improvvisamente si sono laureati." (p. 66) Arrivo in città talmente carico di impegni che devo
letteralmente correre da una parte all'altra: la segreteria, la biblioteca, l'istituto di
Psicologia" (p. 76)
(Milano, Baldini&Castoldi, 2002)
Bianchi, Matteo B. -- Mi ricordo. -- 2004. -- "Mi ricordo però che nei giorni seguenti non ero in
grado di togliermi il libro dalla testa. [...] Mi sono trattenuto circa una settimana, poi sono andato alla libreria
dell'università a cercarlo. L'ho trovato, l'ho comprato e l'ho letto. Subito, il giorno stesso nella biblioteca di
lettere dove di solito mi fermavo a studiare. E mi ha folgorato. Bum." (p. 14). Il libro in questione e' "Mi ricordo" di
Georges Perec.
(Ravenna, Fernandel, 2004)
Bianciardi, Luciano. -- L'antimeridiano in Diari universitari 1939-1942. --
Scritto in biblioteca. È inutile, cari colleghi, che vi diate tante arie. È inutile che tu, biondo tedesco, entri
in biblioteca, direi anzi in sala di lettura, con pesanti volumi legati in pelle sottobraccio. [...] È inutile che tu,
mio sconosciuto vicino, sottolinei i passi che tu chiami forse più importanti e ti morda le unghie. [...] Pisa, Dicembre
1940" (in Opere complete. v. 1, Isbn edizioni, 2005, p. 1937-1938)
Bianciardi, Luciano. -- Il lavoro culturale. -- 1957. -- Bianciardi,
bibliotecario, descrive il cambiamento di funzioni della sua biblioteca a Grosseto da
biblioteca di conservazione dove "non entrava quasi mai nessuno perchè il vecchio
bibliotecario non amava i seccatori" [...] e come molti suoi colleghi la considerava un
luogo privato, a biblioteca di pubblica lettura, in cui il bibliotecario deve andare incontro
al lettore.
Nel capitolo 5, l'autore dopo aver tracciato brevemente la storia del libro,
parla della biblioteca del paese:
"Simonetta [il nuovo responsabile del lavoro culturale in paese] fece
un'altra proposta concreta per la crisi del libro: la biblioteca, si doveva
utilizzare la biblioteca comunale, per farne un centro di lettura di
dibattito, di incontro. Intorno all'attività della biblioteca si poteva
mobilitare un pubblico il più possibile vasto di intellettuali cittadini,
avvocati, professionisti, medici, insegnanti.
La biblioteca della nostra città era stata fondata da una singolare figura
di prete garibaldino, illuminista e guerrazziano. [...] C'erano molti cimeli
preziosi, nella nostra biblioteca: trentadue incunaboli, di cui uno
rarissimo, forse unico, molte cinquecentine, centinaia di manoscritti, un
atlante del cinquecento illustrato a mano e un curioso libro su foglia di
palma, in lingua tamil.
Non ci entrava quasi mai nessuno, perché il vecchio bibliotecario non amava
i seccatori. Come molti dei suoi colleghi, considerava la biblioteca un suo
luogo privato e cacciava con grandi urlacci i ragazzini del ginnasio che a
volte si affacciavano là dentro e chiedevano di poter dare un'occhiata alle
riviste. Era un ometto piccolo e grigio di capelli, sempre vestito di nero,
con i polsini e il colletto di celluloide bianca; un tipo triste e
misantropo, che viveva solo, con una vecchia serva, senza parenti né amici.
Si chiamava Chellini Sforzi, due cognomi, come quasi tutti i bibliotecari, i
quali in genere son persone modestissime, ma par che non badino
all'economia, in fatto di nomi.
Simonetta fece venire un intellettuale da Roma [...]. Spiegò quale sia
l'ufficio di una biblioteca in un paese civile e moderno. La biblioteca
italiana di solito si limita alla conservazione del glorioso nostro
patrimonio bibliografico e anche nei registri del comune il bibliotecario
vien definito "conservatore della biblioteca." Un patrimonio ricchissimo,
senza dubbio, ma sterile, ove non si proponga la diffusione della lettura e
del sapere. Una biblioteca veramente moderna deve proporsi di andare
incontro al lettore, invitarlo alla lettura, presentandogli il libro aperto.
[...] Prese subito la parola Simonetta, e disse che approvava la relazione
del nostro gradito ospite e che lo ringraziava a nome di tutti. Ripetè che
una biblioteca moderna deve proporsi la diffusione del libro, e che quindi
noi dovevamo, lì in biblioteca, prendere tutta una serie di iniziative in
questo senso: letture, conferenze, dibattiti, diffusione del libro popolare.
Potevamo giovarci delle numerose iniziative editoriali già esistenti, delle
collane popolari, per esempio." (p. 68-70)
Alla fine dell'anno Simonetta se ne va e al suo posto arriva dalla Sicilia
Minuti, il quale: "Naturalmente, andò da Marcello. 'O come sta,
professore?' gli chiese, e senza attendere la risposta continuò: '[...] Che
cosa ne pensa della biblioteca? Mi pare un po' ferma, un po'... come dire?
un po' invecchiata. Non le pare? Ora che il vecchio Chellini Sforzi è in
pensione potremmo rimodernarla, farla diventare un centro vivo di dibattito,
di discussione, di diffusione della cultura. No? Insomma la biblioteca
potrebbe diventare un po', come dire? la nostra casa di cultura. Vedesse a
Milano, cosa fanno alla casa della cultura! Vedesse a Livorno. A Livorno
hanno adattato una vecchia cisterna lorenese; ci han ricavato sale per
conferenze, mostre rappresentazioni teatrali, dibattiti, proiezioni
cinematografiche. Un sacco di roba.'
E così grazie a Minuti e al contributo del comune, trasformammo la nostra
biblioteca. Comprarono la scaffalatura nuova, metallica, intensiva, a
palchetti mobili. Riempirono di scaffali un intero stanzone, tante file
bifronti di scaffali metallici disposti a pettine, a due piani, con un
praticabile di lamiera e la ringhierina cromata: illuminazione al neon, un
tubo per corsello. Sotto i libri, sopra i periodici. Per la sala di lettura
comprarono mobili nuovi, un bel portariviste di legno e vetro, la vetrinetta
per l'ingresso, dove esporre i recenti acquisti, gli avvisi per i soci e le
locandine degli spettacoli. Tutto intorno alle pareti, a una certa altezza
da terra, fissarono un grosso filo di ferro, dal quale potevano far pendere
tante catenelle, e ogni catenella doveva sostenere un quadro. Per le mostre
di pittura, di disegno, di fotografia è l'ideale. Il quadro si può
appendere a qualsiasi altezza e non c'è bisogno di piantar chiodi e di
sciupare il muro." (p. 88-89)
Altri riferimenti a biblioteche, che sono presenza costante nel libro.
(Milano, Feltrinelli, 1997)
Bianciardi, Luciano. -- La vita agra. -- 1962. -- All'inizio del romanzo l'autore descrive la Braidense di Milano.
Bianciardi, Luciano. --Bibliotecari. -- 1952. --
Estratto da Bibliotecari già pubblicato
in "La gazzetta di Livorno", 29 giugno 1952 (nella rubrica "Incontri
provinciali"), ora in L'alibi del progresso : scritti giornalistici
ed elzeviri. "Probabilmente esiste, fra le deformazioni professionali, la faccia da
bibliotecario: pochi se ne sono accorti, perché il lavoro del
bibliotecario è spesso ignorato, ma a constatarlo basta vederne
cento riuniti a congresso. Specialmente fra i più vecchi che
indulgono volentieri ad acconciature vagamente ottocentesche, barba,
baffi, pince-nez, pettinature superate; e non si parla, per carità
di patria, delle donne, che paion selezionate, alla maniera delle
delle turiste scandinave.
Ma anche i giovani, i trentenni, hanno già la faccia da
bibliotecario, o piuttosto pare che già abbiano appreso il metodo
per portare in giro la testa, con una espressione grave e insieme
mansueta, quasi che la faccia stessa fosse stata dipinta ad olio ed
incorniciata, pronta per appendersi sull'architrave della sala di
consultazione. del resto questo è l'incoffessato sogno dei
bibliotecari, che si manifesta, per un fenomeno di 'transfert', in
quello incedere delle teste: un anticipo sull'immortalità, per così
dire, bibliografica. Solenne hanno l'eloquio, e parlano con gesti
ampi e severi sorrisi [...]
Il discorso andò avanti sul tema del glorioso patrimonio
bibliografico affidato alla vigile cura dei bibliotecari italiani,
questi oscuri eroi della conservazione.
Purtroppo gli amministratori non li apprezzano: in molti comuni il
bibliotecario è subordinato al Segretario comunale. 'Noi non
possiamo tollerare che un ragioniere ci dia ordini. Dobbiamo scuotere
il giogo delle segreterie, assicurarci una carriera almeno fino al
grado quinto. Non è tanto per lo stipendio, quanto, Dio mio, per la
dignità delle nostre biblioteche e della nostra millenaria cultura.'"
[...] (L'alibi del progresso : scritti giornalistici
ed elzeviri, Milano, Excogita, 2000, p. 65-67)
Boccalini, Traiano. -- Ragguagli di Parnaso e scritti minori. -- 1612-1613. -- "Consacrati che all'immortalità furono gli scritti di così fortunato poeta, in un bacil di oro furono consegnati a' pubblici bibliotecari, da' quali con la solita cerimonia furono portati poi nella libreria delfica".
Boccamazza, Angelo. -- Un perdigiorno in biblioteca
in Tirature '94. --
Vizi e virtù dei servizi Biblioteca Sormani di Milano raccontati da un utente abituale.
(Tirature '94, a cura di Vittorio Spinazzola - Milano Baldini & Castoldi, 1994, pp.337-340).
novità
Bosonetto, Marco. -- Il sottolineatore solitario. -- 1998. -- Mario Crono,
bibliotecario, da vent'anni organizza la caccia ai sottolineatori dei libri della biblioteca,
ed il suo sogno è quello di: "una macchina perfetta per controllare ogni libro, ogni
lettore, per schedare tutti i sottolineatori, gli occasionali, i recidivi, i maniaci,
i seriali, i timidi dal tratto appena visibile e gli iracondi che quasi squartavano la carta,
i sadici selettivi che infierivano sulla stessa parola per migliaia di pagine e i
sottolineatori random che non risparmiavano nemmeno l'indice e il copyright. Sognava una
Norimberga dei crimini contro i libri, un processo luculliano di cui sarebbe stato pubblico
ministero, giudice, medico legale, perito di parte e giuria popolare, cancelliere, testimone
e cronista, e della barbarie della sottolineatura sarebbe svanita anche la memoria". (Torino,
Einaudi, 1998)
Bosonetto, Marco. -- Nonno Rosenstein nega tutto. --
Chi ricorda le gesta di Rosenstein è il nipote Silvano un bibliotecario
Sfoglio: "E almeno in biblioteca mi attendesse una di quelle giornate
che ti prosciugano il cervello in catalogazioni cabalistiche o maratone
dattilografiche o scolaresche imbizzarrite da rincorrere
tra gli scaffali perché non ti scombinino l'ordine di centinaia di
volumi.
Invece sto al banco di prestiti senza gente che venga a farsi prestare
alcunchè: sciopero generale dei lettori. Posso origliare il resoconto
attimo per attimo del matrimonio del collega Piavolti ..."
(p. 18-19) (Baldini & Castoldi, 2000)
Bravi, Adrián Nazareno. -- La pelusa. --2007.--
Il protagonista di questo breve romanzo ha la fobia della polvere.
Dal sito delleditore: "Per lui la decadenza si manifesta in quel leggero e insidioso pulviscolo che si deposita su ogni
cosa a nostra insaputa.
Così passa il suo tempo a combatterla con accanimento e sapienza, obbligando la moglie a fare altrettanto. Ma la
polvere si può combattere, non si può vincere e il narratore, di mestiere bibliotecario, cerca sfogo alla
propria sconfitta in un epistolario fatto di messaggi che il computer gli rimanda sempre indietro. E questo fino al giorno
in cui Adrián Bravi (proprio lui) si presenta in biblioteca e rivela la stessa mania. Esiste dunque un'anima sorella?
Qualcuno che capisce quale terribile trappola si nasconda nella polvere, o meglio ancora nella pelusa, quella lanugine che
si accumula sugli oggetti, quel vischio impalpabile che distrugge ogni speranza di purezza, di limpidezza, forse di felicità?
Ora si tratta di andare alla ricerca di quell'Adrián Bravi, che sembra svanito nel nulla.
(Roma, Nottetempo, 2007)
Bregola, Davide. -- La cultura enciclopedica dell'autodidatta. -- 2006. --
Il protagonista del romanzo, Giovanni Costa, è un giovane lavoratore precario autore di un libro di racconti, che ha
a che fare con le biblioteche da tre punti di vista:
1: come lettore che non ha i soldi per comprarsi tutti i libri che desidera ("Oggi, controllando il mio saldo bancario, ho
preso la decisione di ridurre drasticamente l'acquisto di libri e di servirmi della biblioteca comunale e del sistema
interbibliotecario che fa arrivare i libri da una biblioteca all'altra" p. 99)
2: come sede di presentazioni del suo romanzo (p. 138)
3: come clienti, quando vendeva libri ("La mia mansione era di responsabile alla promozione e alla vendita dei libri del
gruppo Monopolio in: biblioteche comunali, biblioteche universitarie, biblioteche di scuole superiori ed enti di Modena e
provincia" p. 40. "Tutte le biblioteche possibili e immaginabili della provincia dovevano essere mie! Dalla biblioteca
comunale alla biblioteca della parrocchia, tutte dovevano passare sotto le mie grinfie di venditore di libri. In queste
biblioteche conoscevo ormai le bibliotecarie e portavo i libri appena usciti di narrativa, arte, poesia, architettura. Con
dedizione ho iniziato a crearmi il mio spazio. Le bibliotecarie mi avevano preso in simpatia e almeno una volta al mese
facevano un acquisto per la loro biblioteca" p. 63) (Sironi, 2006).
novità
Brugnolo, Stefano, Mozzi, Giulio. -- Ricettario di scrittura creativa. -- 2000. --
Gli autori riprendono Lettres en folie di A. Duchesne e Th. Leguay:
Aristide Ribert, bibliotecario a Montpellier, nel suo opuscolo Un nuovo
modo di catalogare i libri, ci propone una classificazione che, a dire il vero, non ha nulla in comune con le ordinarie suddivisioni delle
biblioteche.1. I libri pesanti; quelli che vi cadono dalle mani.
2. I libri a buon mercato.
3. I libri divertenti.
4. I libri solidi.
5. I libri arieggiati.
6. I libri che si possono leggere a letto.
7. I libri colorati.
8. I libri che non si leggono.
9. I libri difficili.
10. I libri che si possono prestare.
11. I libri guastati.
12. I libri per i vecchi.
(Zanichelli, 2000, p. 438).
Bruni, Annalisa. -- Storie di libridine. -- 2002 . --
Otto racconti dedicati ai libri, alla lettura, alle biblioteche nonché ai bibliotecari. (Mariano del Friuli, Edizioni
della Laguna, 2002)
Bufalino, Gesualdo. -- L'uomo invaso. -- 1986. -- L'ingegnere di Babele.
"Lo vedevo ogni giorno al bar per il caffè delle nove, e ve lo ritrovavo la sera, seduto
allo stesso tavolo di marmo, con una sporta di libri accanto a una biro in allarme fra l'indice
e il medio. Calvo, tarchiato, spiritato negli occhi, percorso ogni cinque minuto da un tic che
gli elettrizzava la faccia. Febbrile lettore, s'interrompeva di quando in quando per ricopiare
brevemente una frase su un notes, indi ricominciava. Un cliente senza nome, mi dissero, ma al
bar lo chiamavano Robinson." (p. 465) "M'incuriosiva. Chiesi in giro, seppi ch'era stato
bibliotecario in una grande città, poi licenziato per un oscuro affare di volumi, chi diceva
rubati, chi mutilati con le forbici, incongruamente. Forse più vera questa seconda voce,
dal momento che al bar una mattina lo sorpresi in atto si ritagliare con un par di forbici, appunto,
brandelli di pagine anche minimi, che incollava insieme poi con lo scotch e insinuava, fra due guaine
di cellophane, in uno di quegli album in-folio dove si conservano i progetti degli ingegneri.
Capii presto che il suo era in certo modo un progetto edilizio, da ingegnere di Babele, ispirato
a una logica che, seppure per sei giorni m'era sembrata perversa, il settimo mi sedusse."
(p. 468)
"Robinson impazzì cinque settimane dopo. Di colpo, dome uno lo fulmina un embolo. Venne al
bar, ch'era divenuto il nostro studio, ormai, durante le oper morte fra le dieci e mezzogiorno,
e vuotò sul tavolo il suo carniere: un fascio di notule, il risultato dei suoi spogli del
giorno prima. Mi sorprese l'aria di spocchia trionfale e maligna con cui s'accinse alla lettura
di rito. Vidi subito che si trattava di apocrifi, citazioni di opere inesistenti, costruite con
un gusto così smaccato dall'irrisione da doversene escludere ogni uso che non fosse
salottiero o goliardico. Ascoltai, comunque, e sorrisi, battei le mani, persuaso che avesse solo
voluto prendersi una vacanza. Senonché lui serio serio pretendeva l'inclusione nell'Opus,
né ammetteva che si trattasse di falsi, bensì sosteneva ch'erano scoperte sue, da
opere ghiotte, introvabili, ignote alle bibliografie." (p. 470) (Tutte le opere, Milano,
Bompiani, 1992)
Busi, Aldo. -- Altri Abusi. -- 1989. --
"A Plaza Bolivar, otto soldatini in uniforme blu e oro fanno la guardia
al monumento equestre del Libertador. Lì sotto c'è una biblioteca
municipale, quale insolita visione. Entro e le facce dei pochi impiegati
e frequentatori hanno un che di perso, inerme, ceruleo, cittadini fuor
d'acqua, come spauriti, come se per primi si fossero messi l'etichetta:
"Attenzione! Marziani". Nessun tratto di aggressività in loro, ragazzi e
ragazze sembrano lì, pronti per assurgere a una beatificazione. Se li
tocchi, potrebbero rompersi o svanire. Che cosa significherà saperne
di più in un paese del Sudamerica?"
(Milano, Mondadori, 1994, p. 76-77)
Calvino, Italo. -- Un generale in biblioteca, in: Prima che tu dica pronto. -- 1996. --
Una commissione di inchiesta si insedia nella biblioteca più grande di
Panduria per esaminare tutti i libri e verificare che non contengano
opinioni contrarie al prestigio militare. (p. 67-72)
"Era questa biblioteca in un antico palazzo pieno di scale e di colonne,
scrostato e qua e là cadente. Le sue fredde sale erano stipate di libri,
strapiene, in parte impraticabili; solo i topi potevano esplorarle in tutti
gli anditi. Il bilancio dello Stato pandoro, gravato da ingenti spese militari, non poteva provvedere a alcun aiuto.
I militari presero possesso della biblioteca in un piovoso mattino di novembre." (p. 67)
"Furono messe sentinelle alle porte, e un cartello che vietava l'ingresso,
'causa le grandi manovre, fino a tutta la durata delle stesse'. Era un
espediente, perché l'inchiesta potesse essere compiuta in gran segreto. Gli
studiosi che usavano recarsi in biblioteca ogni mattino, tutti incappottati,
con sciarpe e passamontagna per non gelare, dovettero tornarsene indietro.
[...] Del personale della biblioteca rimase solo un vecchietto, il signor
Crispino, reclutato perché spiegasse agli ufficiali la dislocazione dei
volumi, Era un tipo bassottino, con la testa calva a uovo, e occhi come
capocchie di spillo dietro gli occhiali a stanghetta." (p. 68)
(Milano, A. Mondatori, 1996)
Calvino, Italo. -- Se una notte d'inverno un viaggiatore. -- 1979. --
"Come sei, Lettrice?" [...] Sei apparsa per la prima volta al Lettore in
una libreria, hai preso forma staccandoti da una parete di scaffali.
[...] La tua casa, essendo il luogo in cui ti leggi, può, dirci qual è il
posto che i libri hanno nella tua vita, se sono una difesa che tu metti
avanti per tener lontano il mondo di fuori, un sogno in cui sprofondi
come in una droga, oppure se sono dei ponti che getti verso il fuori,
verso il mondo che ti interessa tanto da volerne moltiplicare e dilatare
le dimensioni attraverso i libri. Per capire questo, il Lettore sa che
la prima cosa da fare è visitare la cucina. La cucina è la parte della
casa che può dire più cose di te. [...] C'è una quantità di cose che
accumuli intorno a te: ventagli, cartoline, flaconi, collane appese ai
muri. [...] Il tuo rapporto con gli oggetti è confidenziale e selettivo:
solo le cose che senti come tue diventano tue: è un rapporto con la
fisicità delle cose [...] Insomma sei ordinata o disordinata? [...]
Vediamo i libri. La prima cosa che si nota, almeno a guardare quelli che
tieni più, in vista, è, che la funzione dei libri per te è quella della
lettura immediata, non quella di strumenti di studio o di consultazione
né quella di elementi di una biblioteca disposta secondo un qualche
ordine. Magari qualche volta hai provato a dare un'apparenza d'ordine ai
tuoi scaffali, ma ogni tentativo di classificazione è stato rapidamente
sconvolto da apporti eterogenei. La ragione principale degli
accostamenti dei volumi, oltre la dimensione per i più alti o i più
bassi, resta quella cronologica, l'essere arrivati qui uno dopo l'altro
[...] Ricordi molto bene tutto quello che hai letto (questa è una delle
prime cose che hai fatto sapere di te); forse ogni libro s'identifica
per te con la lettura che ne hai fatto in un determinato momento, una
volta per tutte. E come li custodisci nella memoria, così ti piace
conservare i libri in quanto oggetti, trattenerli presso di te.
Fra i tuoi libri, in quest'insieme che non forma una biblioteca, si può
pur distinguere una parte morta o dormiente, ossia il deposito dei
volumi messi via, letti e raramente riletti oppure che non hai letto né
leggerai ma comunque conservati [...], e una parte viva, ossia i libri
che stai leggendo o hai intenzione di leggere o da cui non ti sei ancora
staccata o che hai piacere di maneggiare, di trovarteli intorno. A
differenza con le provviste in cucina, qui è la parte viva, di consumo
immediato, a dire più cose di te. Parecchi volumi sono sparsi in giro,
alcuni lasciati aperti, altri con segnalibri improvvisati o angoli di
pagine piegati. Si vede che hai l'abitudine di leggere più libri
contemporaneamente [...] la tua mente ha pareti interne che permettono
di separare tempi diversi in cui fermarsi o scorrere, concentrarsi
alternativamente su canali paralleli. Basterà questo per dir che
vorresti vivere più vite contemporaneamente? O che effettivamente le
vivi? Che separi ciò che vivi con una persona o in un ambiente da ciò
che vivi con altri e altrove? [...] Lettore, drizza l'orecchio. È un
sospetto che ti viene insinuato, ad alimentare la tua ansia di geloso
che ancora non si accetta come tale. Ludmilla, lettrice di più libri in
una volta, per non lasciarsi sorprendere dalla delusione che può
riservare ogni storia, tende a portare avanti insieme anche altre storie
..."
(Cap. settimo, p. 142-147). Inoltre,
il capitolo 11 (l'ultimo) inizia (p. 255) con...
"Lettore, è tempo che la tua sballottata navigazione trovi un approdo. Quale porto può accoglierti più
sicuro d'una grande biblioteca?"
e prosegue tutto ambientato in biblioteca, fra consultazioni del catalogo, dialoghi col personale e, soprattutto, con altri
lettori.
(Torino, Einaudi, 1979)
Camilleri, Andrea. -- Il cane di terracotta. -- 1996. --
"Montalbano per scrupolo verso se stesso, si mise in macchina e andò
alla biblioteca comunale di Montelusa.
'Cerco una sacra rappresentazione' disse alla direttrice.
La direttrice, che lo conosceva come commissario, rimase leggermente
strammata, ma non disse niente.
'Tutto quello che abbiamo' fece 'sono i due volumi del D'Ancona e i
due del De Bartholomaeis. Questi libri però non possono essere dati
in prestito, li dovrà consultare qui'.
La Rappresentazione dei Sette Dormienti la rintracciò nel secondo
volume dell'antologia di D'Ancona. Era un testo breve, molto ingenuo.
La tesi di Lillo doveva essersi sviluppata attorno al dialogo di due
dottori eretici che si esprimevano in un divertente latino
maccheronico. Ma quello che più interessò il commissario fu la lunga
prefazione scritta da D'Ancona. In essa c'era tutto, la citazione
della sura del Corano, il cammino della leggenda nei paesi europei e
africani con mutazioni e varianti. Il professor Lovecchio aveva avuto
ragione: la sura diciotto del Corano, presa a sè stante, avrebbe
finito col rappresentare un vero rompicapo. Bisognava completarla con
le acquisizioni dovute ad altre culture". (Palermo, Sellerio, 2000 p. 235-236)
Canfora, Luciano. -- La biblioteca scomparsa. -- 1986. -- L'autore racconta gli incendi della Biblioteca di Alessandria.
Canfora, Luciano. -- Convertire Casaubon. -- 2002. --
Al centro di questo libro, Isacco Casaubon, bibliotecario di Enrico IV re di
Francia,
la Biblioteca di Fozio e numerose altre biblioteche.
Nel periodo che separa il Concilio di Trento dalla guerra dei
trent'anni l'autore, attraverso le vicende di bibliotecari,
bibliografi, funzionari, ambasciatori ci conduce sulle tracce di Fozio
e della sua famosa "Biblioteca". Incontriamo tra gli altri, Casaubon,
bibliotecario del re Enrico IV, ma anche Gessner e Possevino. Tra le
biblioteche citate vi sono: la Biblioteca dell'Escorial, la Biblioteca
Palatina di Heidelberg, la Biblioteca di Augusta e l'Ambrosiana di
Milano.
(Adelphi, 2002)
Canfora, Luciano. -- Il copista come autore. -- 2002. --
"Con le fotocopie siamo purtroppo diventati non più che lettori
potenziali: sappiamo che potremmo leggere in qualunque momento
ciò che abbiamo fulmineamente riprodotto in un attimo. Va da sè che
il ricorso a quel surrogato è inevitabile nelle convulse condizioni
di lavoro quasi ovunque vigenti, anche a seguito della crescente
ostilità che i bibliotecari manifestano verso i lettori, mirante a
rendere loro la vita impossibile nei locali delle biblioteche" (p. 18)
(Palermo, Sellerio, 2002)
Canfora, Luciano. -- Libri e biblioteche. -- 2002. --
Si tratta di una antologia di brani da altri scrittori con riferimenti a libri e
biblioteche. (a cura di Luciano Canfora, Palermo,
Sellerio, 2002.)
Cappellano, Elena. -- Nella casa d'inverno. -- 2003. --
"In Inghilterra andava abbastanza spesso, sobbarcandosi ore di viaggio, alla Biblioteca del British Museum, che per decenni
dopo la guerra aveva ancora presentato il suo antico aspetto a ruota sormontata da una cupola, con le balconate su cui si
potevano cercare personalmente i libri, e con i banchi per il pubblico al centro. ... Sui tavoli c'erano delle lampade verdi,
e tutti leggevano nel silenzio più assoluto." (p.29-309, Savigliano, L'artistica editrice, 2003).
Capriolo, Paola. -- Il doppio regno. -- 1991
Carducci, Giosuè. -- Biblioteche universitarie e filologiche. -- 1895. --
Carducci lamenta la scarsità di fondi della facoltà filologica della
biblioteca dell'Università di Bologna e prosegue: "tutti gli anni Sua
Eccellenza A e Sua Eccellenza B le riduce l'assegno tenue, e, se
consiglia o propone al bibliotecario acquisti straordinarii, è per
favorire l'autore A che non vende quanto l'ingegno suo parea richiedere
per l'arte e la scienza, e l'editore B che non è sazio di proteggere e
svolgere la coltura italiana co' sussidi dello stato"
(BIblioteche universitarie e filologiche, in
Confessioni e battaglie. Serie seconda, Bologna, Zanichelli, 1913).
Carlotto, Massimo. -- Arrivederci amore, ciao. -- 2001. -- Giorgio Pellegrini, nato e cresciuto nella
Bergamo-bene, dopo l’esperienza nelle Brigate Rosse e nel terrorismo sudamericano, decide di tornare in Italia.
Con la sua bellezza ed il suo fascino con le donne, grazie alle amicizie con poliziotti e politici corrotti e per la sua
"passione" verso i crimini,
riesce a ricostruirsi nel Nord-Est una vita “rispettabile”, come ristoratore in un locale di lusso ed alla moda.
Decide di sposare Roberta, una ragazza normale e seria, perché quando si ha una moglie si possono avere tutte le
amanti che si vogliono. Per una serie di coincidenze la ragazza scopre però un suo recente omicidio,
proprio alla vigilia delle nozze e della riabilitazione con la legge. Giorgio decide così di uccidere Roberta,
testimone scomoda, ma facendo in modo che gli indizi non lo inchiodino.
“La mia seconda tappa fu in una biblioteca di quartiere. A quell’ora del mattino era frequentata per lo più da
pensionati.
Trovai il volume che mi interessava. Verificai l’esattezza dei miei ricordi e me ne andai a lavorare” (p. 201).
Mentre Roberta sta morendo, intossicata dall’aspirina a cui era allergica, Giorgio rivela alla ragazza la verità.
“Prega piuttosto. Come ho potuto verificare oggi in biblioteca, secondo la letteratura medica internazionale
dovresti schiattare al massimo tra un paio d’ore” (p. 208, Roma, E/O, 2001).
Carte scoperte / racconti di Paolo Pozzi, Laura Schiavoncini, Silvia Cioni, Umberto Falorni, Sabina Fiorenzi, Daniela Simonini. -- 1998. -- Raccolta di racconti scritti da esperti e conoscitori che hanno gli archivi come argomento centrale. Alcuni di essi prendono spunto da vicende di lavoro personali, che portano gli autori a immaginare le storie e le vite che si celano dietro i documenti di archivio, come Il battesimo dei maschi di L. Schiavoncini e Lo spirito dell'archivio di S. Cioni. In the rain di P. Pozzi, "si potrebbe definire come un giallo scanzonato e paradossale [...] che ironizza sugli archivi". Luigi il protocollista è il protagonista del racconto La Bomba di U. Falorni, mentre la bambina protagonista del racconto Gli archivi non li reggo! è la figlia di un'archivista e di un bibliotecario. Un archivio familiare è invece al centro di La signora Maria di S. Cioni. (San Miniato, Archilab, 1998)
Cavazzoni, Ermanno. -- Biblioteche infiammabili. -- 2004. -- Racconto sulle biblioteche che comuncia cos`:
"Da qualche tempo provo un po' di orrore per le biblioteche, nonostante le ritenga legittime e benemerite. Mi piacciono invece
i cimiteri. Un tempo passavo i giorni in biblioteca; adesso vado abbastanza spesso al cimitero. (p. 256, in La biblioteca
e l'immaginario. Percorsi e contesti di biblioteconomia letteraria, a cura di Rossana Morriello e Michele Santoro,
Milano, Bibliografica, 2004).
Cavazzoni, Ermanno. -- Gli scrittori inutili. -- 2002. --
Il "Congedo dal libro" (p. 179-182) è tutto sulle biblioteche, o meglio sul Purgatorio, visto sotto forma di biblioteca.
"In conclusione sembra che l'attività spirituale del leggere sia sommamente malsana; e induca ad una più celere
putrefazione dei corpi. La visione di una sala di lettura produce un leggero ribrezzo nel cittadino normale, come vedere una
corsia d'ospedale o un dormitorio di pubblica carità, dove dei poveretti depositano il corpo, dotato ancora di vita,
seppure in forma attenuata.
Se le biblioteche fossero all'aperto, nei prati, e i lettori si spargessero per la campagna, tra i pascoli; se stessero coi piedi
nell'acqua corrente e si tenessero rinfrescata la testa, ci sarebbe molta più sanità e il personale professerebbe
una filosofia più ottimista. Ci fosse anche un venticello perpetuo, leggero, che muova le pagine e spazzi la forfora e i
capelli caduti, sarebbe una sorta di paradiso terrestre, una specie di aprile perpetuo.
Purtroppo non si conosce nessun paradiso bibliotecario; nessuno l'ha immaginato. Nel paradiso in genere, mi spiace dirlo,
ci son pochi libri, anzi sembra ci sia un grado elevato di analfabetismo.
Tuttavia bisogna riconoscere che l'esperienza continuativa della biblioteca è in prospettiva un vantaggio per l'essere
umano; perché prepara più profondamente al cimitero e alla morte; ossia prepara in una certa maniera
all'aldilà. Infatti posso asserire che il purgatorio, se c'è (ed è probabile), somiglia molto, moltissimo, ad
una biblioteca antiquata. Lo si può descrivere [...]
Perché si può dare il caso, e non è raro, che dopo mille anni di silenzio e rassegnazione senza che sia
giunto mai nessun libro dagli addetti, si può dare il caso che l'anima abbia uno scatto di impazienza e di ira [...]. Non si
sa poi se i libri ci sono davvero, e se ogni tanto qualcuno ne giunge. Questo fatto non è rivelato. E se mai ce ne sono,
è difficile immaginare di che libri si tratta; probabilmente testi eruditi, critiche, commenti a commenti, noiosi, al punto
che noi qui in terra non lo potremmo mai immaginare".
(Milano, Feltrinelli, 2002)
Cavazzoni, Ermanno. -- Le tentazioni di Girolamo. -- 1991. --
Nel libro ci sono numerosi altri brani sulla biblioteca, anche
perché questa sembra è il centro della narrazione come si evince dalla
frase di presentazione in copertina: "Un incubo ridicolo annidato in
biblioteca".
"Girando dunque in preda ai quesiti e alle recriminazioni, ho infilato la
porta e sono sceso giù per le scale: volevo trovare una farmacia, un
cachet, per calmare almeno il male di denti; invece ho visto subito la
biblioteca, proprio lì sotto casa, dove di giorno avevo sempre creduto ci
fosse la carbonaia.
Nella sala in cui ero entrato, tutti coloro che avevan potuto erano ai lati,
seduti vicino ai muri, dove c'era più ombra, dentro ad anfratti, a piccole
cripte. Attorno a certi tavoli bui se ne accalcavano molti; erano vuoti
quelli al centro più in vista. Qualcuno aveva velato la luce col fazzoletto
da naso o con un indumento: con la canottiera, le calze, una benda, una
reticella. Altri non l'avevano accesa e stavano chinati sul libro o su
qualcosa di simile uso, approfittando del riverbero del proprio vicino.
Quel tale rimasto travolto durante la ressa giù per le scale, è arrivato
per ultimo. Aveva un pigiama completo, azzurro e argento, era un po'
spettinato per l'incidente e teneva in mano gli occhiali che erano storti e
senza vetri. 'Come si fa adesso a leggere?', ha detto un po' a me e un po' a
se stesso. Io ne ho approfittato per chiedergli quale fosse lì dentro la
procedura. 'Chi arriva prima - ha gentilmente risposto - prende i posti
migliori, quelli dove si può stare più in pace. In genere qui ognuno ha il
suo libro da parte e si serve da solo. Io ad esempio ho il mio, fisso.
Altrimenti se lei è nuovo può chiederne uno'. E si è andato a sedere con
atteggiamento di rassegnazione.
C'era un silenzio interrotto dall'eco di starnuti rabbiosi e da sonore
soffiate di naso che parevano solfeggi di pive quando percorrono la scala
cromatica. Mi sono guardato intorno e mi sono accorto che c'era lì,
vicinissimo a me, tanto che sentivo già da un po' il suo fiato arrivarmi
nel collo, un funzionario della biblioteca, dritto in piedi come un bastone.
Mi sono scostato girandomi per non strofinare il mio naso e la faccia contro
la sua. Aveva un cappello quadrato e secco, e una divisa grigio polvere da
ex soldato coi bottoni d'argento, ma così malandata che faceva un po'
compassione, e talmente piena di pieghe, di fili, di piumettine e rimasugli
indeterminati che sembrava non se la fosse mai tolta, invecchiandoci dentro.
Aveva anche gli avanzi delle mostrine, con un numero sbiadito e scucito, e
una targhetta appuntata al petto con su scritto: dr. Accetto,
capobibliotecario.
Ho subito cercato la cartolina e gliel'ho fatta vedere, anche se la poca
luce la rendeva assolutamente illeggibile; gli ho indicato la riga dove
secondo me diceva Secolo Venti. Lui si è appena appena chinato col
busto e ha fatto subito grandi cenni d'assenso, come per qualcosa di
risaputo. 'È un libro?' ha detto. Io facevo di sì con la testa:
'Sicuramente'. E lui: 'Non si stupisca della domanda, ma a volte vien gente
con certe pretese! Non vogliono libri; vogliono della birra, del vino, e si
mettono a cantare come fossero al ristorante. Questo disturba e noi li
cacciamo'. 'Sì, certo, lo immagino - ho detto - ma io voglio solo il libro
che è scritto qui'. 'Benissimo, si accomodi; le sarà recato al tavolo'.
'Mi scusi, ma avrei molta urgenza'. E lui: 'Sarà fatto il possibile.' "(p.
13). (Torino, Bollati Boringhieri, 1991)
Cazzullo, Aldo -- Francesco De Gregori "Mio zio Francesco a Porzus". -- 2006. --
Ci sono davvero molte cose che Alice non sa.
A Francesco De Gregori, ad esempio, è accaduto di suonare la chitarra per la rivoluzione e per le riforme di
struttura, per Lotta Continua e per il Pci, e pure per Nando Adornato ("siamo rimasti amici, l'ho incontrato di recente in
treno, non condivido quel che fa ma non giudico") e per Nanni Moretti ("ogni volta penso: non lo faccio più, e spero
sia vero"). In realtà, Francesco De Gregori custodisce le idee di quand'era ragazzo, e anche la curiosità
per il campo altrui, trasmessagli all'università dal suo maestro.
"Renzo De Felice era un uomo delizioso. Il contrario del barone. Disponibile, puntuale, attento ai suoi allievi. Ne ho
un bellissimo ricordo, con il toscano sempre in bocca, mentre parla, e talvolta balbetta. Arrivai alla Sapienza nel '69,
a 18 anni, e all'inizio finii in braccio a Marcuse. Sociologia. Ferrarotti, Statera. Si parlava male degli storici, di
chi studiava le differenze tra le rivoluzioni francese, americana, russa; l'importante era studiare come la rivoluzione
andasse fatta. Dopo un anno e mezzo passai alla storia. E trovai De Felice. Diedi due esami con il suo assistente Paolo
Mieli, conobbi Giovanni Sabbatucci. Con De Felice preparai la tesi di laurea, sulle biblioteche popolari del Fascismo,
un interesse che mi aveva comunicato mio padre, bibliotecario.
(p. 27, sta in I grandi vecchi, Milano, Mondadori, 2006)
Ciccarone, Claudio. -- La bibliotecaria. -- 2000. -- Il personaggio principale è una tarma, Marta, che vive in una libreria e si nutre
(è proprio il caso di dirlo) di cultura. "La mia vita di bibliotecaria iniziò casualmente, e fu un filo di vento a darmene la possibilità" (Ed. Lettere Italiane, 2000, p.141).
Cilento, Antonella. -- Una lunga notte. -- 2002. --
Il protagonista di questo romanzo ambientato a Siracusa nel '700, come
si legge in una nota, realmente esistito, è un bibliotecario poeta,
Gustavo Ladonna. "...nell'anno del Signore 1750, correva una tal fame per la prosperosa Sicilia che non c'era assolutamente
da andar per il sottile, c'era, come nelle tristi spiritosagini consuete al Ladonna, che non facevano ridere nessuno, da
andare per il magro, anzi per l'osso. Così andava infatti l'arcipoeta letterato e bibliotecario insigne Gustavo Ladonna,
morto di fame, morta anche la sua musa, e c'era da accusarne il desco, ma morto soprattutto lui nelle sembianze umane,
bianco come un cencio caduto in latte, scheletrico da contarne peli e costole, livido come chi aspetti trasumanar da
un momento all'altro. Brutto, storpio e gobbo, aveva anche difetti terribili il Ladonna, e vizi, non bastando il resto.
Fra tutti aveva un vizio innominabile, vizio, a dire il vero, doppio, vizio due volte vizioso, perché per lui troppo
caro: ah, che dolori avere vizi che il proprio vizio non poteva pagare! ..." (p.11).
(Guanda 2002)
La classe fa la ola mentre spiego. Le note disciplinari più pazze d'Italia a cura di John Beer. -- 2006. --
"Gentile preside, Le ho mandato a far visita M. invitandolo a ripetere in Sua presenza le orribili parole che stamattina mi ha rivolto [...]. Conoscendo
il ragazzo, probabilmente [...] si recherà o in giardino o in biblioteca [...]." (p. 58) "L'alunno C viene richiamato in
presidenza per avere firmato un documento bibliotecario con lo pseudonimo Totò Schillaci." (p. 208, Rizzoli, 2006).
Colaprico, Piero - Valpreda, Pietro. -- La nevicata dell'85. -- 2001. --
Il detective Pietro Binda, trova le informazioni per risolvere un caso
grazie alla raccolta di microfilm della biblioteca Sormani, con l’aiuto
della bibliotecaria Elide.
(Milano : Troppa, 2001)
Colasanti, Arnaldo. -- Gatti e scimmie. -- 2001. --
Il Collegio di inizio anno regala una brutta sorpresa: sarà proprio
lui, insegnante di Italiano e Storia in un Istituto professionale di
periferia, a dover preparare la lezione sulla poesia del Novecento per
tutti i Quinti Riuniti. Dopo quindici anni di routine, di capziose
circolari e dementi piani didattici, la notizia cade sulla testa come
una iattura, un'estrema farsa nella botola della vita scolastica. Ma,
in fondo, è anche altro: una strana occasione che riporta indietro nel
tempo. L'uomo va in biblioteca, ci passa il giorno, sceglie la poesia
di Giorgio Caproni quale tema della sua mitica lezione. Gli sembra di
tornare ai tempi della giovinezza quando studiava per davvero e ci
credeva nella letteratura, nel fatto che i libri possano cambiare
qualcosa della propria e dell'altrui esistenza. Il tempo, però, non
torna mai. Nel silenzio della biblioteca, il bambino si riconosce
vecchio. S'addormenta, si confonde, viene distratto dai sogni e dai
pensieri, dalle delusioni che giorno dopo giorno hanno incenerito la
giovinezza degli ideali.
"Certo non posso dire che qui sia meglio. Ho davanti muri di libri e di
polvere: un silenzio che preme sui timpani e che, alla fine, si fa astratto
come il chiasso mattuttino delle aule. Lo riconosco, non mi muovo più come
un tempo. Quando ero studente e venivo all'Alessandrina - la biblioteca, il
cuore dell'Università romana della Sapienza - sentivo di ritrovare un punto
fisso, la ragione stessa dei lunghi pomeriggi di primavera. Il caldo del
piazzale sgattaiolava lungo il corridoio del pianterreno e si fermava in un
fresco di grotta, qualcosa di materno prima di risalire la penombra della
scala a rampa. Io e Paolo venivano qui per motivi di caccia: l'idea era di
scovare libri introvabili, anche se i propositi di partenza invocavano
grandi responsabilità - preparare un esame e finalmente, con cura, il
mitico 'piano degli studi'. Un lato della sala era una finestra enorma, più
grande di questa che vedo. Noi ci sedevamo, però, al centro, direi con
vigilanza moralistica, forse un po' guasconi, in mezzo a greci, arabi e
africani, i grandi fuorisede quasi sempre ipnotizzati dai loro pennarelli di
plastica spalmati sugli in-folio di Istologia. [...]
'Preside del cazzo' ho tanta voglia di incidere sul tavolo nero della
biblioteca come un ragazzino, ma mi fermo a metà, impaurito e sorpreso da
me stesso. Eppure, a vedere la confusione di fogli e libri che ho davanti,
non posso dire di essere andato tanto male. Guarda: ho caricato
bibliografie, mozziconi di frasi da ricordare, persino qualche ipotesi di
lettura. Anche il pacchetto di appunti non mi pare esiguo, per quanto non
capisca ancora bene quello che davvero ho in mano, visto che ho il solito
vizio (questo sì, come un tempo!) si non usare block-notes ma il verso
pulito delle cedoline ministeriali, sparse sul bancone, quelle che servono
per la richiesta dei volumi. (p. 25-27, Milano : Rizzoli, 2001)
Colotti, Geraldina. -- Il segreto. -- 2003. --
Una ragazzina va alla ricerca del proprio passato - che i genitori
adottivi le hanno tenuto nascosto - attraverso una ricerca su Internet
condotta sui computer della biblioteca scolastica.
"Il nostro è un liceo di periferia con i mui esterni coperti di graffiti
e un'aria un po' cadente, ma provate a entrare e resterete a bocca
apera. Non solo tutto è tirato a lucido e le pareti sono dipinte di
fresco..., ma l'atrio è pieno di piante verdi e ovunque ci sono cartelli
che annunciano attività di ogni tipo, spettacoli, riunioni, oppure
indicano le aule che ospitano i laboratori o la biblioteca o la sala
musica. [...]
E pensare che fino a un paio di anni fa questa scuola era una specie di
rudere con le grate alle finestre del pianterreno, per evitare le
invasioni estive dei vandali! Se è cambiato tutto lo dobbiamo a lei,
Albarosa Tiboni detta l'Orca Assassina, la nostra preside: un metro e
mezzo di furia concentata che appena arrivata a scuola ha messo
sull'attenti professori, bidelli, alunni e genitori, e poi è andata a
molestare tutti i possibili "uffici competenti" di ogni ordine e grado,
finché on ha ottenuto quello che voleva: e cioè soldi, attrezzature,
attenzione e rispetto. [...]
È sempre merito suo, della Tiboni, se adesso in un angolo della
biblioteca ci sono tre computer quasi ultimo modello, e se un bel po' di
allievi (me compresa) hanno imparato non solo a usarli, ma a navigare in
rete come tanti Capitan Nemo virtuali. E, anche se certi miei compagni
pensano che Internet serva solo a chattare, secondo me Internet è anche
una immensa biblioteca: dentro c'è tutto, basta saperlo trovare." (p.
54-55, Milano, Mondadori, 2003)
Comencini, Cristina. -- La bestia nel cuore. -- 2004.--
Maria racconta a Emilia la fine di un libro Sabina le stava leggendo prima di partire per gli Stati Uniti a trovare il
fratello e a ritrovare se stessa. Emilia è cieca e amava farsi leggere i libri dall'amica d'infanzia Sabina. Maria
narra le vicende della protagonista del libro, Carla: "A Nizza si ferma, parla bene il francese. Lavora in un ristorante
italiano. C'è un ragazzo, uno dei camerieri, che le ricorda suo figlio. Il ristorante le lascia delle mattinate
libere, Carla passeggia sulla Promenade des Anglais. C'è sempre il mare nei posti in cui si ferma, forse perché
è da un posto di mare che è cominciata la sua fuga. Le capitano una serie di avventure deludenti con degli
uomini. Incontra una donna con cui chiacchiera ed esce la sera. Un giorno passa per caso davanti a una biblioteca, ci
entra. Sono quasi tutti universitari che studiano per gli esami, anche qui le viene da pensare ai figli. In quella
biblioteca, guardando i ragazzi che studiano, Carla sente che l'amore, l'incontro con degli sconosciuti, i pensieri sul
marito, il sesso, non la riportano a sè, ma l'allontanano dallo scopo del viaggio: capire dov'è nata quella
paura che le rende impossibile stare nella vita come gli altri. Adesso te lo sto riassumendo, ma è bello per esempio
il pezzo in cui entra nella biblioteca, prende un libro e si mette a sedere a un tavolo, in mezzo a quei ragazzi che la
guardano come una marziana. Li osserva senza farsi vedere. Il modo in cui aggrottano le sopracciglia, come giocano con la
matita, come guardano distratti da una finestra. La fatica che fanno a impadronirsi dei concetti contenuti in quei libri la
riporta al tempo in cui studiava economia all'università. Le sembrava in quel periodo, come forse a tutti, che ci
fosseero un sacco di cose da capire sugli uomini, sulla ragione delle loro decisioni, che i libri contenessero dei segreti
per comprendere gli esseri umani. Anche la scelta dell'economia aveva alla base il desiderio di studiare una materia
razionale, applicata ai comportamenti e alle decisioni umane. E poi, a poco a poco, non c'era stato più collegamento
fra le due cose, i libri, lo studio, il lavoro, la sua vita privata. Forse non c'era mai stato un collegamento, pensa Carla,
forse le paure non avevano niente a che vedere con gli scopi pratici, razionali, che si era prefissata. Neanche il lavoro
prestigioso, conquistato con tanta fatica, aveva scalfito la paura, era identica a quella che provava da bambina prima di
addormentarsi. Tanti libri, tanto studio, a cosa erano serviti? Esattamente come avveniva nella scienza che si era scelta:
tante analisi, tanti calcoli e nessuno che capiva più niente sul futuro dell'economia. Il punto era tornare indietro,
ricominciare proprio da quei ragazzi seduti intorno a lei, pensare ai libri, alla cultura, come a un ponte teso fra le età,
fra le nostre e le loro debolezze. Così Carla comincia ad aiutarne uno, uno che se ne stava seduto tutto il giorno
fuori a fumare e non studiava mai. [...]"
(p. 108-109, Milano, Feltrinelli, 2004)
Consolo, Vincenzo. -- Nottetempo, casa per casa. -- 1992
Consolo, Vincenzo. -- Il sorriso dell'ignoto marinaio. -- 1976. -- Compare la biblioteca-studio del barone Mandralisca.
Contardi, Gabriele. -- Navi di carta. -- 1990. --
Compare la biblioteca di Marsiglia e la figura di una bibliotecaria. "Nella sezione libri della biblioteca provarono immediatamente la sensazione di essere respinti da quell'ambiente austero. I soffitti erano altissimi, le voci si immiserivano in bisbigli e una luce troppo cruda impediva di nascondersi, di scomparire anche soltanto per un istante in una piccola pozza ombrosa. Perfino il disegno che Giorgio stringeva in una mano sembrò perdere improvvisamente tutta la sua forza". (p. 91) "Ancora confusi e forse anche intimiditi dal suo atteggiamento gentile ma irrimediabilmente professionale, rimasero zitti tanto a lungo da obbligarla a prendere l'iniziativa. - Per la consultazione dei volumi bisogna prima compilare una scheda, - disse, porgendo loro due o tre fogli con mossa rapida. [...] - A meno che non li vogliate in prestito. In questo caso naturalmente la faccenda è più complicata, - aggiunse, vedendo che le sue parole non avevano provocato nessuna sensibile reazione. - Non ci servono libri, volevamo soltanto parlare con lei, - disse Giorgio, mentre Piero annuiva accendendosi intanto una sigaretta. La donna mise una mano sotto il bancone e tirò fuori un piattino di rame. - Non si può fumare qua dentro, - disse senza severità ma con molta fermezza. Piero cercò di fare un sorriso che si trasformò subito in imbarazzo, poi con gesti goffi e frettolosi, spense la sigaretta." (p. 95) (Torino, Einaudi, 1990)
Corrias, Pino. -- Vita agra di un anarchico: Bianciardi a Milano. -- 1996. --
Pino Corrias ricostruisce in modo avvincente la vita e l'attività di Luciano Bianciardi nella Milano degli anni sessanta. Ma prima di Milano ci furono Grosseto e l'esperienza di lavoro come bibliotecario. Nel 1964, in una lettera ad un amico, Bianciardi scriveva : "Per qualche anno ho fatto il bibliotecario ed è stato il periodo più bello della mia vita". Racconta il vecchio custode, nel racconto di Corrias, "… la gente veniva da lui per salutarlo, per scherzarci, e a tutti rifilava un libro, ma non faceva mai la scheda del prestito, diceva: 'Guarda che ti riconosco, eh? Mi fido'". Nessuno si ricorda dove Bianciardi pescò l'idea del 'bibliobus' … Il vecchio furgone Fiat lo recuperò dal comune... Sugli scaffali l'essenziale: i volumi dell'universale Rizzoli, i libri scientifici della Biblioteca Moderna Mondadori, vocaboli, grammatiche, una Bibbia, un Corano … Si era inventato anche la rima: questo è il bibliobus Chelliana che viaggia una volta a settimana…"
Corti, Maria. -- Il canto delle sirene. --1989 . --
Racconta della nascita di una biblioteca comunale, costituita con donazioni private, con personale volontario e mille altri problemi.
Covacich, Mauro. -- La poetica dell'Unabomber. -- 1999. --
Nel reportage dal titolo "Aviano 2000" l'autore
descrive la vita e i costumi di un paese della
Pedemontana friulana noto per ospitare una delle più grandi basi Nato d'Europa: Aviano. Nonostante i più
volonterosi proponimenti della popolazione indigena,
la comunità americana che vive nella base e quella
veneto-friulana che abita il paese non hanno molti
contatti e rimangono fra loro isolate. Ben scarse le
occasioni di collaborazione, e - par di capire -
ancora piuttosto modeste. "Eccomi, puntualissimo,
davanti al Western House. Ester mi dice che Gianni è
un fissato, che in realtà ci sono molte attività
italoamericane, come la notte di Hallowen, la festa
degli alberi, la costruzione di una pista di
skate-board, la collaborazione della Biblioteca Civica
con la Public Library e altre ancora che adesso non le
vengono in mente. È, come se volesse liberarsi di un
peso e mettermi in guardia prima degli incontri che
faremo in birreria. Temo che sia questa l'unica
ragione per la quale ha accettato il mio invito."
(p.43) (Milano : Editori Associati, 1999)
novità
Covito, Carmen. -- La bruttina stagionata. -- 1997. --
"L'Ambrosiana sta per essere chiusa a causa di restauri che
dureranno anni, è l'ultima occasione per fare il sopralluogo che le serve e,
correndo con i suoi mocassini da biblioteca (suola di para antirumore,
tacco ridotto al minimo) verso il basso, armonioso edificio del Seicento,
Marilina ha un fremito di piacere anticipato: ama con tutti i sensi la
tranquilla sala di questa biblioteca, l'odore grasso delle antiche scrivanie
tirate a cera, i leggii per i codici, lo sguardo gentilmente vigile del
bibliotecario-sacerdote sempre pronto a fornire chiarimenti e a produrre
incunaboli preziosi. Si sente a casa dentro questo freddo microcosmo per
pochi studiosi, così diverso dalla Comunale o dalla Nazionale perennemente
sovraffollate, [...]"
(p. 240, Superpocket 1997)
Croce, Benedetto. -- Contributo alla critica di me stesso. -- 1915. --
"Una brusca interruzione e un profondo sconvolgimento sofferse la mia vita familiare per il terremoto di Casamicciola del
1883, nel quale perdetti i miei genitori e la mia unica sorella, e rimasi io stesso sepolto per parecchie ore sotto le
macerie e fracassato in più parti del corpo. Guarito alla meglio, mi recai insieme con mio fratello a Roma, in casa
di Silvio Spaventa, che aveva accettato di diventare nostro tutore... Quegli anni furono i miei più dolorosi e cupi: i soli
nei quali assai volte la sera, posando la testa sul guanciale, abbia fortemente bramato di non svegliarmi al mattino, e
mi siano sorti persino pensieri di suicidio. Non ebbi amici, non partecipai a svaghi di sorta; non vidi nemmeno una sola
volta Roma di sera. Mi recavo all'università per il corso di giurisprudenza, ma senza interessamento, senza essere
nemmeno scolaro diligente, senza presentarmi agli esami. Più volentieri mi chiudevo nelle biblioteche,
particolarmente nella Casanatense, allora servita ancora da monaci domenicani e coi banchi provvisti di calamai dal grosso
stoppaccio, di polverini dalla sabbia dorata e di penne d'oca; e vi facevo ricerche in vecchi libri su temi scelti da me
e con metodo e preparazione che andavo formando da me tra incertezze e sbagli e difetti ed eccessi".
(p. 16-18, in Etica e politica, 1945)
Croce, Benedetto. -- Estetica come scienza delle espressioni e linguistica generale. -- 1902. -- "Come un bibliotecario intelligente dà la preferenza all'acquisto e alla catalogazione di quei libri che si prevede possano servire di più e meglio, così anche i ricercatori intelligenti hanno il fiuto di ciò che serve, o potrà più facilmente servire, tra il materiale di fatti in cui vanno frugando".
Culicchia, Giuseppe. -- Paso doble. -- 1995. --
Il protagonista, Walter, che narra in prima persona, lavora in una
videoteca-edicola del centro [di Torino].
"Poi conobbi Tatjana. Tatjana era tedesca. Faceva la bibliotecaria al Goethe
Institut. Tutti i giorni passava da noi per conto della biblioteca a
comprare la 'Frankfurter Allgemeine' e la 'Süddeutsche Zeitung'.
Quando la vedevo entrare spedivo Egidio in bagno anche se non ne aveva
bisogno e mi piazzavo alla cassa per poter scambiare due parole con lei.
Tatjana era alta, rossa, con gli occhi azzurri. Calzava strani zoccoli di
sughero e indossava sempre maglie e pantaloni larghissimi, ma si intuiva che
sotto tutta quella stoffa nascondeva un corpo pazzesco. All'inizio,
battendole gli scontrini, provai a fischiettare Heidi, Stille Nacht e
la Cavalcata delle Walchirie. Lei si limitava a sorridere guardandomi
come se fossi un pazzo e a chiedermi buste di carta riciclata. Non accettava
buste di plastica. Anche i suoi vestiti sembravano riciclati. Dai sacchetti
della spesa notai che frequentava solo erboristerie e negozi di cibi
macrobiotici. Alle caviglie portava gli stessi campanellini che induisti e
hippies utilizzavano per avvertire vermi e ragni del loro passaggio. Gli
induisti probabilmente continuavano a usarli. Gli hippies invece si erano
trasformati in tanti Arnaldarnoldi e adesso preferivano schiacciare tutto
strada facendo. Ad ogni modo mi venne un'idea migliore. Dandole il resto
presi a parlarle dell'inquinamento in città e di come fosse più salutare
vivere altrove." (p. 71-72)
I due iniziano poi ad uscire insieme.
"Nel giro di un paio di settimane si trasferì a casa mia. L'avevo avvertita
della mancanza di comodità ma lei sosteneva che i tedeschi si adattano
dappertutto.
La sera mangiavamo zuppe di barbabietole, germi di soia, insalate di porri e
mais, il tutto accompagnato da succo di carote o infusi di ortiche. Dopo
cena Tatjana preparava una tisana di tiglio, quindi parlavamo per ore di
piogge acide e balene in via d'estinzione, magari sgranocchiando pannocchie
abbrustolite o biscotti di sesamo. Cominciavo a pensare che sarei diventato
un pappagallo. Avevo voglia di carne... E oltretutto lei di solito girava
completamente nuda per casa. I vestiti sono la prigione del corpo,
sosteneva.
Le sarei subito salatato addosso, non fosse stato che era convinta di avere
incontrato un autentico ambientalista e non il tipico maschio italiano
perennemente in calore." (p. 73)
Dopo un breve periodo di felice convivenza, Tatjana inizia ad essere
distratta dalla televisione davanti alla quale passa tutte le serate
guardando il Porfirio Topazio Show, uno spettacolo in cui vengono
messi in scena personaggi metà uomini e metà animali, come
l'uomo-ippopotamo e la donna-nasello. Fino a che lei un giorno riceve una
lettera che le offre un posto di insegnante di tedesco in Finlandia, per il
quale aveva fatto domanda prima di arrivare in Italia, e quindi si
trasferisce laggiù.
(Milano, Garzanti, 1998)
Culicchia, Giuseppe. -- Torino è casa mia. -- 2005. --
Il libro si pone come una guida "particolare" della città e infatti dice Culicchia: "Questa è una guida a
Torino. E Torino è Torino. Non è una città come un'altra." Quindi la guida è organizzata per
stanze, come se fosse casa sua: l'ingresso (Porta Nuova), il corridoio (Via Roma), il salotto (piazza S. Carlo), ecc.
Un capitolo è dedicato allo studio che è la zona universitaria di Palazzo Nuovo, la sede delle facoltà umanistiche.
In questo capitolo ci sono diverse pagine sulle biblioteche.
"Ma trattando qui dello studio, non si può ignorare Piazza Carlo Alberto. In Piazza Carlo Alberto, fino al 1859
giardino privato dei Savoia sul retro di Palazzo Carignano, c'è la Biblioteca Nazionale, un tempo scuderia del
Principe di Carignano e dal 1973 rifugio di migliaia di volumi e svariati incunaboli. Frequentare la Biblioteca Nazionale
significa sottoporsi non solo ai suoi necessari rituali, tipo il lasciapassare da ritirare in bianco all'entrata e da
restituire all'uscita compilato, timbrato e vidimato, ma pure all'esperienza sadomaso dell'attesa dei libri che si
vorrebbero consultare, al banco dietro cui c'è spesso un qualche bibliotecario che sbraita: <
Culicchia, Giuseppe. -- Tutti giù per terra. -- 1994. -- Walter, il protagonista, fa le fotocopie di un testo di Kant, per il suo esame di filosofia, alla Biblioteca Nazionale di Torino. "Per risparmiare avevo fotocopiato i libri per l'esame di Storia della filosofia prendendoli in prestito alla Biblioteca Nazionale. Erano vecchie edizioni consumate dall'uso. Studiando mi chiedevo quali occhi avessero letto quelle stesse pagine ingiallite dal tempo. Mi ero messo in testa che dei volumi così vecchi mi avrebbero portato fortuna." (p.37) La copia posseduta dalla biblioteca è però la prima edizione, in cui manca un paragrafo che Kant ha aggiunto solo nelle edizioni successive, e sarà proprio quello che il professore gli chiederà all'esame. "Il professore prese la Critica della ragion pura che avevo appoggiato sul tavolo. La esaminò. - 'Dove ha preso questo volume?' - 'Alla Biblioteca Nazionale'. - 'In questa edizione manca il paragrafo cinque. Kant lo ha aggiunto nella ristampa successiva. Non pensavo avessero tradotto anche la prima versione. Lei dovrà ridare l'esame'." (p.38) (Milano, TEA, 1997)
D'Annunzio, Gabriele. -- Il piacere. -- 1889. -- Compare la "biblioteca arcana" del marchese di Mount Edgumbe.
De Caldas Brito, Christiana. -- Amanda Olinda Azzurra e le altre. -- 2004. --
Dal racconto Se avete occhi per leggere, ascoltate.
Una giovane donna ha scritto la storia della sua vita, e la morte - venuta a
prenderla - si è indignata nel leggere un manoscritto così banale e privo di
colpi di scena. Così la donna, per placare l'ira della morte, concorda con
lei di impegnarsi a fondo, nei giorni che ancora le mancano, di trasformare
la propria esistenza, riempiendola di eventi e situazioni interessanti e
sconvolgenti, in modo tale da permettere alla morte di leggere un testo
all'altezza delle sue aspettative.
"Forse non tutti sono al corrente, ma... la morte ama leggere. La casa della
morte non è il cimitero, come molti di voi sareste disposti a sostenere, ma
la biblioteca. Avete capito bene, nella biblioteca, la morte domina
incontrastata. Quando non lavora, trascorre tutto il tempo a leggere
voluminosi tomi pieni di polvere.
Che lei ami leggere non ci sorprende. Anch'io e voi amiamo leggere. Lo
straordinario è che la morte trasformi in libri che le persone che porta con
sé. E poi, si diverte a leggere le vite alle quali ha messo fine. Se voi, ad
esempio, avete perso vostra madre e vostro padre, potete stare certi che
adesso sono due dei milioni e milioni di libri che si trovano sulle mensole
dell'universale biblioteca della morte" (p. 57-58, Salerno-Milano, Oèdipus, 2004)
De Carlo, Andrea. -- Nel momento. -- 1999. -- Alberta racconta a Luca di suo marito, Riccardo, un giornalista: "Quando è venuto a stare da me teneva le sue cose in una valigia, per sentirsi sempre pronto a partire. Non riusciva a stare fermo più di due giorni di seguito. Magari prendeva il treno e si faceva tre ore di viaggio per andare a vedere il tramonto a Napoli, non so. O andava a Trieste per cercare un libro in una biblioteca, stava via tre giorni." (Milano, Mondadori, 1999, p.52).
Defilippi, Alessandro. -- Locus animae. -- 1999. --
Riccardo Gribaudi, professore di medicina scopre i diari di Kastner, allievo di Freud, nella biblioteca della Fondazione
Robert Withofer a Roma.
"Amavo le biblioteche ed ero alla Fondazione Robert Withofer, ne seguivo il bibliotecario, e tra poco avrei avuto tra le
mani le vecchie carte di Kastner..."
"Il bibliotecario era un uomo sulla trentina, alto con i capelli mossi...Mi guardò attraverso un interminabile
archivio fatto di altissimi scaffali di quercia dall'aspetto venerando e stracarichi di pacchi di fogli di carta giallastra
e fragile.
Questo è l'achivio vecchio - disse - quello che non abbiamo ancora terminato di automatizzare.
Mi guardai intorno. Significa che quando avete bisogno di certi libri o di carte molto vecchie dovete venire qui e cercare
a mano?. ... Quello è il fondo Kastner? ... Esatto. O comunque quello che ne rimane
Non credo sia stato mai classificato, vero?
Lei lo vede precisamente nelle condizioni in cui gli eredi di Kastenre lo lasciarono alla biblioteca.
Intende dire che non è stato mai consultato da nessuno?
... Proprio così. È possibile peraltro che qualche amatore si sia portato via delle carte. Le casse dovrebbero
essere sigillate, però, vediamo ... una, due ... Ne manca una.
[...] Il bibliotecario inarcò un sopracciglio.
Fino a vent'anni fa i controlli non erano molto efficienti. Sa, magari arrivava una persona importante, nesuno ovviamente
lo sorvegliava, lui vedeva qualcosa di interessante e se lo portava via. C'è stata anche la guerra.
Il bibliotecario sorrise ed iniziò a rimuovere i sigilli di ceralacca dai lucchetti.
Oh mi pare che ne abbia a sufficienza. Io vado; mi chiami se ha bisogno. Si ricordi comunque che chiudiamo alle quattordici.
Il bibliotecario s'allontanò lungo il corrdoio semibuio ed mi ritrovai da solo a guardare le cinque grosse casse che
m'attendevano. C'erano molte più carte di quanto mi fossi aspettato e mi sentivo scoraggiato. Andai in un anglo a
prendere una sedia, la spolverai con le mani e mi sedetti di fronte al mio lavoro. Ero ad un tempo divertito e irritato, e
per un attimo ebbi la sensazione che le casse mi osservassero, maligne e ironiche.
[...] Ero soddisfatto, quasi eccitato, di quell'eccitazione dei bibliofili o dei collezionisti, così difficile da
spiegare a chi non coltiva le stesse passioni e gli stessi vizi.
[...] Non mi resi conto del tempo che scorreva finché il bibliotecario - Manfredi, era quello il suo nome, venne
ad avvisarmi che ormai era tardi e che la biblioteca stava per chiudere. Questa volta lo guardai con maggiore simpatia: ero
contento, probabilmente, che una certa trascuratezza da parte della direzione della biblioteca vesse contribuito a
preservare per me l'interesse di quelle scoperte. (p. 17-22) Il protagonista continua la sua ricerca in biblioteca
"Era tardi, ormai, e la luce grigio-giallastra che illuminava la sala s'era ancor più incupita. Ero in uno di quegli stati
d'animo in cui si ha voglia di fare qualcosa per scuotersi dalla noia, di contravvenire in qualche maniera al proprio
eccesso di rispettabilità. Così, senza quasi rendermene conto, infilai i sottili quaderni dal bordo rosso nella
borsa del computer. Uscii in anticipo; MAnfredi era al bancone dove sembrava rimproverare con suficienza un ragazzo dal
volto brufoloso e dalla evidente scarsa dimestichezza con i libri e con la lingua italiana. Nel passargli di fronte
provai la sottile, deliziosa consapevolezza dell'inganno" (p. 23-24)
Del Giudice, Daniele. -- Atlante occidentale. -- 1985. -- È la storia di
un'amicizia tra un giovane fisico italiano [Pietro Brahe] e un anziano
scrittore [Ira Epstein] alle soglie del Nobel. Il fisico esplora le
particelle elementari dentro la forma, lo scrittore indaga più in là,
oltre la forma, tra gli oggetti scomparsi.
"Negli elenchi manca sempre qualcosa - disse Epstein, - È il destino
degli elenchi" (pag. 48). Due modi di guardare il mondo e le cose del
mondo, diversi ma complementari, narrati con scientificità di fisico e
con lirismo di poeta. Nella cornice di una città tra le più care a
Borges, Ginevra, il CERN e il suo acceleratore dentro il tempo
infinitesimale delle collisioni. Come lo ha definito Italo Calvino,
questo modo di narrare gli eventi "è un nuovo approccio al racconto"
"La foresteria è un edificio medio di listelli di cemento e curve di
cristallo, isolato nella campagna ma con attorno un prato d'erba di un
verde diverso da ogni altro verde della zona [...] ad ogni piano persone
diverse per età e modo di vestire sfogliano riviste nel riverbero dei
cristalli interni ed esterni, bevono ai tavolini prendendo qualche
appunto" (pag.37)... "Del lavoro non si parlava mai in modo esplicito
se non per reale necessità; ciò che facevano era sottinteso come tra
gentiluomini, o accennato appena con sigle e nomignoli di parti e
concetti e entità che piano piano si abbreviavano ..." (pag 21) "Nella
foresteria [Brahe] cercò Rudiger alla reception [...] lo cercò alla
cafeteria; lo cercò anche nella biblioteca, dove uomini con due dita
sulla tempia leggevano relazioni autostampate degli esperimenti più
recenti, o bollettini internazionali [...] fotografie incorniciate lungo
i tiranti [...] foto di vent'anni prima, dove i fisici coi capelli corti
e gli occhiali dalla montatura spessa e la giacca a tre bottoni stavano
a braccia conserte davanti a macchine poi passate alla storia" (pag.
140-141) (Einaudi, 1985)
Delitti di carta / a cura di Renzo Cremante. -- 1993. --
Si tratta di una selezione di racconti presentati alla seconda edizione del
Premio nazionale di narrativa umoristica "Ghostbuster-Accademia dei
Notturni" organizzato dall'AIB Emilia Romagna.
Tra i racconti alcuni hanno come tema la biblioteca:
Il "bibliotecario" di Ennio Amadio,
Il giorno in cui Dewey impazzì di Andrea Menghi,
Il poliziotto della biblioteca/due (Io speriamo che me la cavo) di Alessandro
Paterlini,
DADIDI-UNDIDI-UNBIBI-IN (Dal Diario Di Un Direttore Di Una Bizzarra
Biblioteca Inesistente) di Stefano Righini e Giovanni Zucca.
Inoltre, tre degli autori della raccolta sono bibliotecari: Annalisa Bruni, Andrea
Menghi, Alessandro Paterlini.
(Bologna, Clueb, 1993)
De Luca, Fabio. -- Mamma, mamma, voglio fare il dj. -- 2003. --
"Scendiamo subito in cantina, una cantina sufficientemente ampia da poterci
tirare fuori - volendo - un miniappartamento, se non fosse che è
completamente, interamente, totalmente piena di dischi. [...] Viene in
mente quel famoso episodio di 'Twilight Zone' in cui un bibliofilo rimane
l'unico sopravvissuto sulla terra, e appena mette piede nella biblioteca
dove sogna di passare in solitudine il resto della propria vita inciampa e
rompe gli occhiali... Immaginarsi di rimanere chiusi qui dentro senza un
giradischi è più o meno lo stesso" (p. 119, Roma, Arcana pop, 2003).
D'Errico, Ezio. -- Qualcuno ha bussato alla porta. -- 1978. --
Due strane morti, a pochi giorni l'una dall'altra, impegnano il commissario parigino Emile
Richard, che con pazienza, abilità e metodi personali riuscirà a risolvere
l'insolito caso.
Il commissario, autodidatta e diffidente dei metodi scientifici, in uno dei suoi rari e vani
tentativi di erudizione, prende in prestito dei libri dalla Biblioteca nazionale.
Ma la cosa non gli è di giovamento: "Per carità!... Non leggere niente!... È
stata una idea malinconica che ho avuto ieri... oggi restituisco tutta quella scienza
alla biblioteca che me l'ha prestata" (p. 74).
(Milano : A. Mondadori, 1978. - Gialli italiani Mondadori ; 12)
Dossena, Giampaolo. -- Mangiare banane. -- 2007. --
"Io sono andato un po' in depressione quest'estate perchè ho dovuto fare il becchino con i miei libri. Intendiamoci,
è stata un'occasione fortunata. La biblioteca della mia città ha accettato la donazione di circa 4.000 volumi
di storia e tecnica dei giochi, che avevo collezionato nell'ultimo mezzo secolo, che mi erano serviti per scrivere di
giochi sui giornali e per fare da ultimo una enciclopedia dei giochi. Adesso, ne avessi ancora bisogno, vado a consultare
questo o quello dei 4.000 in quel cimitero di libri che è la biblioteca comunale."
(p. 45, Bologna, Il Mulino, 2007)
Dossi, Carlo. -- Note azzurre. -- 1912. --
"Nel suo zibaldone privato, pubblicato postumo nel 1912 col titolo Note
azzurre, lo 'scapigliato' Carlo Dossi scriveva (è la nota 5239 a pagina 749
dell'edizione Adelphi 1988): 'Sinecure. C'è un tal Romolo Querini, di professione patriota. Vantando servigi - non prestati - alla
causa italiana riuscì a farsi mettere 'in pianta' nelle Ferrovie
romane col titolo di Bibliotecario-capo delle stesse ferrovie a lire 6000 all'anno. Ora, sapete qual'è l'ufficio del Bibliotecario?
È quello di sorvegliare i panchi dei libri che si vendono
nelle stazioni di quelle ferrovie". "Nota azzurra 1904 di pagina 117:
'Una sala di biblioteca, fredda - con topi che cricchiano e vecchi
che studiano sudici libroni ancora più vecchi. Entrano tre o quattro
ragazze freschissime, forastiere che vengono a visitare le biblioteche. È come se entrasse un raggio di sole. - Le sbirciate
dei vecchi - il tacito confronto tra la scienza nuova e la antica
- il rammarico del tempo perduto ecc.'" 1680. I bibliofili possessori di biblioteche di cui non volgono una
pagina, si possono paragonare agli "eunuchi in un harem". E ancora:
4020 I libri nelle biblioteche antiche erano incatenati ai leggii e ai
plutei; e così, ai libri le idee.
4760. Fino a questi ultimi anni, le biblioteche italiane patitono un
quotidiano saccheggio. Altro che Unni e Maometto! A Milano esisteva un
librajo-antiquario (credo si chiamasse Vergani) il quale si assumeva di
procurare, a chi lo pagasse, qualunque libro raro purchè esistesse a
Brera. * s'è formata una libreria che è un corso completo di furti.
Non per tristizia, ma per smemorataggine se ne composero pure una
Correnti e Depretis. Se però * alleggeriva le biblioteche dei volumi
più preziosi, cercava di far rioccupare i vacui lasciati da altri
libri. Difatti, avendo conti da saldare con **, librajo-ladro-editore,
comperò da lui, per ventimila lire, tanti volumi, che, a dire de'
periti, non valgono la carta che pesano. - <* essendo ministro della
P.I: si formò una raccolta di tutto quanto aveva stampato quel
Ministero dall'epoca della sua prima istituzione. Lasciato il Ministero,
vendette le sue raccolte per 15.000 lire al Ministero stesso.> Un
documento interessantissimo per la storia dei ladrocini di * è la
relazione di Baccelli, De Renzis e (credo Martini) pubblicata dal
Commissario regio, prof. Cremona, della Biblioteca Vittorio Emanuele.
5273 La biblioteca reale del palazzo di Ninive era composta di tavolette
di terra cotta. Sulla creta umida erano incisi i caratteri cuneiformi:
poi la creta era fatta cuocere. Le tavolette recavano segnature d'ordine
come i nostri libri.
Dossi, Carlo. -- Vita d'Alberto Pisani. -- 1870
Eco, Umberto. -- De bibliotheca. -- 1981. -- "Una buona biblioteca, nel senso di una
cattiva biblioteca (e cioè di un buon esempio del modello negativo che cerco di realizzare),
dev'essere anzitutto un immenso cauchemar, deve essere totalmente incubatica e, in questo
senso, la descrizione di Borges già va bene.
Eco, Umberto. -- Il nome della rosa. -- 1980. -- Nel 1327, Guglielmo di Baskerville (Sean Connery) giunge in un monastero francescano in cui si sono verificate alcune morti misteriose. Il segreto di questi omicidi è da cercare proprio nella biblioteca del monastero in cui il vecchio bibliotecario cieco nasconde i libri "proibiti". Gran parte della narrazione ruota attorno alla biblioteca e alle figure dei vari monaci preposti alla biblioteca, ma soprattutto di Jorge de Burgos, il bibliotecario cieco. Il culmine della storia si ha nel rogo finale che distrugge la biblioteca.
Farinetti, Gianni. -- Lampi nella nebbia. -- 2000. --
Uno dei protagonisti Giovanni è architetto e ha progettato anche una biblioteca.
"'Va bene , il cantiere è molto avanti. Credo risulterà un buon lavoro,
la scuola, la biblioteca. Ho disegnato anche il giardino.'" (p. 35, Venezia, Marsilio, 2000)
Ferrero, Ernesto. -- I migliori anni della nostra vita. -- 2005. --
"Nel 1963 l'Editore e i suoi fratelli decisero di onorare la memoria del padre donando alla città di Dogliani un
prototipo di biblioteca modello, pensata per rispondere alle esigenze di di un comune medio-piccolo: un modello che poteva
essere poi replicato nelle migliaia di comuni italiani che biblioteca non avevano. L'aveva disegnata appositamente Brubo
Zevi, con le scansie mobili che consetivano di ricavare uno spazio per incontri e conferenze; consulenti e redattori della
casa avevano elaborato e discusso il catalogo, cinquemila titoli in cui stava racchiuso il meglio d'ogni disciplina. C'era
anche l'amgolo dei dischi; il più richiesto sarebbe stato l'Adagio di Albinoni.
Venne a inaugurarla il presidente Segni. Un abitante di Dogliani su tre prese a frequentare la biblioteca.
Ero gonfio d'ammirazione e d'orgoglio per Einaudi." (p.35-36, Feltrinelli, 2005)
Ferrero, Ernesto. -- N. -- 2000. -- I trecento giorni di Napoleone all'Elba raccontati dal suo bibliotecario, Martino
Aquabona.
"[L'Imperatore] desidera istituire un posto di bibliotecario per le sue
collezioni [...]. Abbiamo assunto informazioni, e voi risultate essere
persona idonea, per gli studi che da tempo accudite, per il gusto delle
lettere, le francesi in particolare - e anche per la discrezione, qualità
essenziale in ogni servitore di un Sovrano. [...] Voi dovreste dunque
provvedere all'ordinamento delle opere nel modo più conveniente, ma anche informare l'Imperatore di ogni novità
meritevole d'attenzione. [...] Mi
corre anche l'obbligo di precisare che si tratta d'un incarico modestamente
retribuito. [...] Ho detto al generale che gli avrei presentato un piccolo
progetto di sistemazione per materia, in modo da facilitare la
consultazione. Drouot ha ringraziato, ma ha scosso la testa: "Credo che
l'Imperatore abbia delle idee precise anche a questo proposito. Soprattutto
a questo proposito. Tiene all'ordine dei suoi libri come a quello della
Guardia" (p. 84-85)"I falegnami hanno finito di sistemare gli armadi a vetri, Bertrand ha dato
ordine di portare le casse dei libri. Le apro con una curiosità un po' malevola. Che cosa mai leggerà
il Grand'Uomo? [...] I volumi recano inciso
in oro sul piatto lo stemma imperiale e la scritta delle biblioteche di
provenienza [...]. Apprendo da Marchand che nella notte di Fontainebleau,
alla vigilia della partenza per l'Elba, il Vinto è entrato in biblioteca e vi si è trattenuto per un'ora:
voleva scegliere di persona le opere che
dovevano accompagnarlo. [...] Arrivano altre casse. [...] Mi affanno a
dividere tutto nelle cinque classi canoniche: teologia e religione, diritto
e giurisprudenza, storia, scienze e arti, belle lettere." (p. 122-125)
"Il potere che dà il desiderio è più forte di mille biblioteche e cento eserciti" (p. 154)
"Le guerre non sono un ballo in piazza, non sono cose da bibliotecari" (p. 173). "Ho aperto l'anta di uno degli armadi della biblioteca imperiale, ho
percorso ancora una volta i dorsi dei volumi di cui saprei dire l'esatta
collocazione ad occhi chiusi. In un lampo ho capito che non c'è miglior 'memento mori' di una biblioteca [...] (p. 272)."[N.:] 'Io apprezzo i vostri servigi e la vostra discrezione, ma non
comprendo come un uomo possa rinunciare ad ogni legittima ambizione. Non
vorrete stare sempre rinchiuso in biblioteca!'. Avrei voluto dire
all'Imperatore che non siamo noi a decidere, ma semmai veniamo scelti dal
carattere, dal caso, da un'infinità di eventi imprevedibili. Invece ho detto: 'La biblioteca è un buon punto
di osservazione. Come la coffa di una nave. Perché le rotte degli
uomini sono sempre le stesse... [...] [N.:] 'È facile ritirarsi in
un castello a scrivere, quando c'è da rifare il
mondo! [...] Ma perché chiedere a un bibliotecario più di quello che può
dare?' [...] Non abbiatevene a male, mio buon amico. Di tanti volenterosi
ignoti figli del popolo ho fatto dei generali, dei marescialli, dei grandi
di Francia. Li ho ricoperti di onori e di ricchezze, ad alcuni ho
addirittura donato dei regni, ed essi mi hanno ricompensato con
l'ingratitudine e il tradimento. Probabilmente i bibliotecari sono più fedeli di loro'" (p. 279-282, Einaudi, 2000)
Fois, Marcello. -- Meglio morti. -- 2000. --
"La biblioteca Sebastiano Satta è un hangar, un altro delirio modernista situato in quello che, trattato altrimenti, si sarebbe potuto
definire centro storico della città. Ma certe decisioni non sono prese con la discriminante dell'opportunità: una
città moderna deve avere una biblioteca e deve averla in centro e deve essere moderna anzi modernissima...." (pag. 91)
In questa struttura la giornalista Giuseppina Floris fa in suo ingresso per cercare notizie sul giornale "L'Unione sarda" relativamente a
faccende di bambine scomparse misteriosamente.
La ricerca è coronata da successo e la giornalista riceve in consultazione "i pesanti volumi che contenevano i giornali richiesti...".
(Torino, Einaudi, 2000)
Fois, Marcello. -- Tu sei il guardiano. -- 2002. --
"Marchini allargò le braccia sfiorando il viso del commissario con la
brace della sua sigaretta. - Mi scusi, - disse in imbarazzo facendola
sparire nel posacenere. - Ha aspettato il momento giusto. Le donne sono
fatte così, sanno aspettare. Giri a sinistra, poi a destra dopo il
secondo semaforo.
- Con la ricerca dell'arma abbiamo fatto progressi?
- Sono andato fino alla biblioteca centrale di Parma, ho controllato
una quindicina di testi sull'argomento, ho visto non so quanti pugnali,
armi da guerra, attrezzature da trekking. ho controllato cataloghi e
listini. Niente che assomigli ad un tridente."
(p. 50, sta in Piccole storie nere, Torino, Einaudi, 2002).
Foscolo, Ugo. -- Lezioni, articoli di critica e di polemica. -- 1802-1811. -- "L'Odissea considerata sempre come poema minore, ebbe tra noi minor numero di traduttori e nondimeno potrebbesi farne un lungo catalogo: cura che lasceremo a' benemeriti bibliotecari e bibliografi, de' quali la patria nostra è provveduta più che di buoni scrittori".
Gadda, Carlo Emilio. -- I ritagli del tempo. -- 1944. --
“Che ressa, ogni sabato, in biblioteca! Il bibliotecante di turno ha un bel rintuzzare gli assalti e l’impeto degli
aggressivi Caviggioni, che, in drappo ricco, avidi d’ogni sapere, gli sottopongono le schèdule delle loro richieste
terzopiano” nella nota (dello stesso Gadda): “la richiesta d’un opera che sia collocata al terzo piano del deposito libri
terrorizza, naturalmente, il povero ‘bibliotecante di turno’, il quale funge anche da commesso di ricerca”
(in L’Adalgisa. Disegni milanesi, Firenze, Le Monnier, 1944)
Garlaschelli, Barbara. -- Davì. -- 2000. --
Davì è un ragazzo di 19 anni che, a un certo punto, decide di abbandonare
la casa paterna. Alcuni anni prima, se ne era andata anche la madre. Dorme
al centro commerciale:
"... e lì c'è anche la biblioteca e ci sono Beatrice e Livia. In biblioteca
c'è un costante rumore di fondo: i sussurri dei ragazzi e il fruscio delle
pagine voltate. Trascorro molto tempo lì. Scelgo una delle sale di lettura,
mi ci accomodo e viaggio." (p. 18).
Beatrice diventa anche un punto di riferimento per Davì:
"... Io non pensavo che a leggere si potesse imparare a costruire dei
mondi. La devo a Beatrice questa magia. È lei che mi presta i libri. E mi
ha regalato anche una coperta ..." (p. 11).
"... I libri contengono tante di quelle risposte che mi confondono. I libri
mi trasportano dappertutto e io mi lascio trasportare. Ogni tanto Beatrice
me ne suggerisce qualcuno che le è piaciuto in modo particolare, così poi
possiamo parlarne." (p. 20-21).
"... A volte prendo la metropolitana. Quando ho i soldi per il biglietto.
Prima non lo compravo il biglietto , ma Beatrice ci tiene molto, dice che
devo smetterla di comportarmi come se al mondo no esistessero regole. Delle
regole non mi imprta ma di Beatrice si, perciò faccio il biglietto e vado."
(p. 19).
Lo protegge quando la sua presenza, nel centro commerciale, viene messa in
discussione da "... un pezzo grosso":
"- So che gli permette di usare i bagni della biblioteca per lavarsi.
- La biblioteca è un luogo pubblico.
- La biblioteca non è un bagno pubblico. Voglio che faccia sloggiare quel
tipo. Lo mandi in un istituto, faccia quel che le pare, ma lo faccia sloggiare.
- Non sono mica una guardia io
(p. 26-27)
All'inizio, in una nota dell'autrice, si legge:
"Alcuni personaggi di questa storia esistono e alcuni fatti sono realmente
accaduti, anche se non proprio come li ho raccontati. ... Voglio
ringraziare Grazia, Nadia e tutti coloro che lavorano nelle biblioteche.
Fanno un lavoro bellissimo: permettono a tutti di accedere al fantastico
mondo dei libri."
(Torino, Einaudi, 2000)
Garlaschelli, Barbara. -- Minuti fatali. -- 1995. -- Una bibliotecaria killer che usa come arma lo schedario della biblioteca.
novità
novità
Gori, Leonardo. -- L'angelo del fango. -- 2005. --
Firenze, novembre 1966: dopo l'alluvione, viene ritrovato il cadavere di un uomo in una sala sotterranea della Biblioteca
Nazionale allagata. Sembra una vittima della catastrofe, ma il colonnello dei Carabinieri Bruno Arcieri arriverà alla
conclusione che si tratta di un delitto. Arcieri viene sedotto da una donna che ha molti segreti da nascondere, mentre
riaffiorano enigmi mai risolti legati agli ultimi sussulti della guerra e si dispiega un complotto, ordito da ex fascisti,
doppiogiochisti e agenti segreti infedeli, per uccidere il presidente Saragat. Tra ricatti, colpi di scena e rivelazioni,
Arcieri si trova di fronte, dopo una lunga scia di delitti, a una verità sconvolgente.
La protagonista femminile Anna Gianfalco è bibliotecaria della Nazionale (scheda da IBS).
(Milano: Rizzoli, 2005)
Gramsci, Antonio. -- Quaderni dal carcere. -- 1932-35. --
"Servizi pubblici intellettuali: oltre alla scuola, nei suoi vari gradi,
quali altri servizi non possono essere lasciati all'iniziativa privata,
ma, in una società moderna, devono essere assicurati
dallo Stato e dagli enti locali (comuni e province)? Il teatro, le
biblioteche, i musei...È da osservare che proprio questi servizi sono
da noi trascurati quasi del tutto; tipico esempio le biblioteche e i
teatri" (1932-35)
(ed. Gerratana, III, Torino Einaudi, 1975, pp. 1714-5)
Grande, Carlo. -- Padri: avventure di maschi perplessi. -- 2006. --
Dal racconto "Un cretino in giro":
"Giovanni ... aveva preso il sacchetto dell'immondizia e scendeva le scale. Lo gettò nel cassonetto e proseguì
verso la biblioteca.
Alcuni libri, dopo pranzo, erano in bella mostra sul tavolo" (p. 57, Ponte alle grazie, 2006)
Gucci, Emiliano. -- Donne e topi. -- 2004. --
Manuele, un giovane di trent'anni, decide che è arrivato il momento di mettere la testa a posto: vuole uno stipendio
in grado di farlo arrivare senza patemi d'animo alla fine del mese. Vuole un paio di scarpe nuove, di quelle come si deve.
E vorrebbe mettere ordine anche tra le donne della sua vita. Un romanzo d'amore e d'amicizia, ricco di autenticità
e passione per la vita, ambientato alla periferia di Firenze. A pochi passi da una biblioteca.
"Abitavamo a Calenzano, a quattordici chilometri dal centro di Firenze e molto più vicini a Prato. Era una periferia
decente, abbastanza tranquilla, anche se in crescita pericolosa di palazzi e fabbriche, di rotatorie e centri commerciali.
La nostra casa era nel quartiere Donnini, che era un po' il centro, ai piedi della collina del Castello, vecchio cuore del
paese. Le nuove arterie del commercio, delle banche e delle industrie avevano un po' mischiato le carte, ma la Casa del
Popolo, il Comune, la biblioteca e la piazza della Resistenza erano tutte intorno a casa mia. Si poteva sopravvivere."
(p. 21, Roma, Lain, 2004)
Guccini, Francesco, Macchiavelli, Loriano. -- Un disco dei Platters. -- 1998. --
"Li accolse il fresco dell'Archiginnasio, il silenzio delle sue sale
e il profumo dei libri. Santovito non avrebbe saputo da dove
cominciare e lasciò che se la cavasse Raffaella che ne sapeva più di lui. La ragazza prese il tagliando d'ingresso e fece
segno a Santovito di seguirla. Trovò. Compilò il tagliando con i dati della scheda, lo consegnò al bibliotecario
e andò a sedere sulle antiche panche, sempre seguita da
un Santovito silenzioso e quasi intimorito. Di tanto in tanto il passaggio
di un tram per via del Pavaglione faceva vibrare i vetri delle enormi
finestre. Per il resto, silenzio e caldo."
(Milano, Mondadori, 1998, p.285)
Guerra, Tonino. -- Cenere. -- 1990. --
Lo strumento creato dal monaco della musica è composto da bandoni,
barattoli arrugginiti, legni attaccati e corde tese da una parete
all’altra della biblioteca. Tutta la carta dei libri è servita per
alimentare il fuoco nei primi due anni, poi si è passati a smembrare gli
scaffali e i tavoli di lettura e studio.” (p. 45, Metrolibri, S. Lazzaro (Bologna), 1990).
Holz, Henry - Di Gennaro, Aldo. -- Heart-out. -- 2000. --
Dal racconto intitolato Prima della pioggia, storia d'amore tra un
bibliotecario e una lettrice.
"Pantaloni blu e scarpe basse. Un libro sotto braccio da restituire.
Una scalinata bianca e poi il silenzio. Biblioteca.
Amber amava quel luogo. Soffitto altissimo. Pareti di libri.
Amava le luci basse delle lampade che sembravano nascere dagli occhi chini
sulle scrivanie.
Primo anno di psicologia. Ogni pomeriggio si piazzava nel posto che Peter,
il bibliotecario, le teneva. [...]
Peter viveva in un quartiere vicino. La sua casa confinava con un campetto
da basket tutto terra e cemento.
Ma non ci aveva quasi mai messo piede. Allo sport preferiva la lettura, sin
da quando era bambino. E adesso fare il bibliotecario per lui era una gioia.
Gli piaceva persino vedere le persone leggere. (p. 10)
(Milano, Cartacanta, 2000)
Incontri in biblioteca / presentazione di Alessandro Barbero. -- 2004. --
Il volume raccoglie i testi del concorso letterario per un racconto ambientato in biblioteca bandito dall 7. Comunità
montana Mont Rose, dalla Biblioteca comprensoriale di Donnas e dalla Casa editrice Stylos. Sono inclusi nel libro i 23
racconti finalisti del concorso. Il racconto vincitore è intitolato Lo strano caso di un lettore "imperfetto"
di Leonarda Oliveri.
(Aosta, Stylos, 2004)
Lakhous, Amara. -- Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio. -- 2006. --
"Quando la portiera mi ha detto che Amedeo è del sud non ci ho creduto ... Non gli ho chiesto la sua origine.
... Ci siamo incontrati occasionalmente più volte nella biblioteca del dipartimento di Storia alla Sapienza. Abbiamo
toccato diversi argomenti che riguardano la storia dell'antica Roma e ho scoperto che era molto informato sul colonialismo
romano in Africa. L'ho visto leggere attentamente Sallustio, La guerra di Giugurta." (p. 107, Roma, e/o, 2006)
Lavagnino, Alessandra. -- Le bibliotecarie di Alessandria. -- 2002. --
Romanzo in parte autobiografico in cui si narrano le vicende di due sorelle cresciute ad Alessandria d'Egitto a inizio del
secolo. Al loro ritorno in Italia, le due si impiegano entrambe in biblioteca. Marta inizia a lavorare alla Casanatense diretta da
Luigi De Gregori, e poi si trasferisce alla Nazionale di Palermo, di cui diventa direttrice, oltre a diventare esperta di manoscritti.
Margherita lavora alla Casanatense "nel gruppo C, quello dei coadiutori".
Il libro racconta delle due biblioteche nella prima metà del secolo e in particolare durante guerra, periodo in cui la
Casanatense diviene luogo di rifugio dei soldati, e descrive nel dettaglio le operazioni di trasferimento del patrimonio della
Nazionale di Palermo, per proteggerlo, presso un convento fuori dalla città.
I brani sulle biblioteche, più che altro le due di cui sopra, sono numerosi. Il libro inizia con questa dedica: "Dedicato ad
un grande e glorioso organismo in via di estinzione: l'Ordine Alfabetico". [Siamo nel 1937]
"Era stata una collega violinista dell'orchestra del Teatro dei Piccoli a segnalare a Marta il concorso per 'posti della carriera
direttiva nelle Biblioteche dello Stato: Gruppo A'. Era richiesta la laurea in Lettere o in Lingue. Marta presentò il
certificato di laurea e gli altri titoli: la borsa di studio, l'attestato di partecipazione al corso di Estetica Musicale a Berlino.
Dichiarò di possedere la conoscenza di Francese, Inglese e Tedesco, oltre che del Latino e del Greco: parlato e
scritto. Inoltre, l'Arabo parlato. Tacque il diploma di violoncello. All'esame scritto tradusse dal Latino e in Latino, tradusse dal
Greco. Per l'orale 'impostò una ricerca' in francese; l'esame di Paleografia fu 'una passeggiata'. Marta era alta, molto
bella e timida. Ma di quante cose sapesse, ora essa stessa stupiva. Uscì dalla sede degli esami - la Direzione Generale
di Accademie del Plebiscito - frastornata e felice. Vinse il concorso. Subito dopo, si iscrisse a un corso di biblioteconomia
condotto da Ettore Apollonj alla Sapienza." [segue breve parte su Apollonj e storia della Casanatense]. [...]
La Biblioteca custodisce oltre 300.000 volumi, oltre duemila incunaboli (i primi libri a stampa della fine del XV secolo) ed oltre
seimila manoscritti di grande interesse storico e religioso.
L' 'aspirante bibliotecaria in prova' vincitrice di concorso Marta Canterno fu assegnata alla Biblioteca Casanatense, di cui era
direttore in quegli anni Luigi De Gregori.
Preso servizio alla Casanatense, Marta fu impegnata nell'ordinamento dei libri antichi.
Allora, dei primi libri a stampa della Casanatense - gli incunaboli della seconda metà del '400, e le 'cinquecentine' - solo una
parte era catalogata e collocata negli scaffali, mentre molte cinquecentine, in mazzi, erano solo indicate come tali, ed assieme a
pacchi di opere e documenti, giacevano nei depositi; questo, dal tempo del trasferimento dagli antichi ambienti della biblioteca
dei benedettini siti dietro la chiesa di Santa Maria sopra Minerva, ove il lascito del grande domenicano era rimasto per quasi
due secoli. Sì, anche in un disordine notevole: volumi mai catalogati, tomi fuori posto, schede dimenticate fra le pagine
di un libro o addirittura fra le 'carte' in pergamena di un codice manoscritto. Esisteva un vecchio catalogo 'per autori',
compilato a volumi dopo il 1760; ma ormai quegli stessi volumi, non utili ad una catalogazione moderna, costituivano opere da
conservare e schedare come tali, ed alle quali assegnare una collocazione. Ché modernamente - così Marta sapeva,
così le aveva insegnato il suo professore - i cataloghi vanno compilati su singole schede mobili (perché fra esse
possano esserne poi inserite, secondo ordine alfabetico, altre riferite a libri nuovi) - e ciò, sia 'per autori' che 'per
soggetto': due cataloghi distinti. In tal modo, ciascun tomo, che è presente nei due cataloghi, sarà reperibile
sia 'per autori' che 'per soggetto', ove la sua 'collocazione', ovvero l'indicazione del posto assegnato nel suo scaffale, sarà
una ed univoca, e scelta e designata - la collocazione - in base alle dimensioni del libro, così che non via sia spreco di
spazio con l'accostamento di tomi piccoli (bassi) e grandi (alti). In breve: la collocazione di un tomo è fatta 'per
formato': non per soggetto, nè per autore.
Marta si appassionò fin dal primo giorno al suo lavoro e: 'non esiste nulla di più bello al mondo che lavorare in una biblitoeca!
Non lo sapevo. E... ti ringrazio di avermi esortata in tal senso!' disse a suo marito." (p. 265-269)
Questa è conclusione del libro (p. 421-422):
"Rimane solo lei, zia Margherita, che gli altri se ne sono andati da anni, oramai. Marta, mia madre, lavorò per le
biblioteche di Sicilia fino alla fine: curò la ricostruzione di quelle bombardate e la ristrutturazione di tutte; si dedicò
alla formazione di nuovi giovani bibliotecari e li accostò alla conoscenza dei manoscritti. Catalogò e descrisse
tutti i manoscritti di Sicilia, ivi nati o importanti. [...]
Zia Margherita sogna sempre.
Ho veduto tua madre, stanotte. Stava su una panchina: sai, quelle verdi di Piazza Cavour. Era con papà e parlavano di
filosofia, beati loro! Poi si è voltata verso di me, e ridendo m'ha detto: 'Sai, Margherita, m'hanno fatto cavaliere!'- 'Ah
sì?' faccio io, 'cavaliere di che?'
'Cavaliere dell'Ordine Alfabetico'.
L'Ordine Alfabetico! 'Questo è il più prezioso e sacro di tutti i libri'... disse mio nonno. allora era così.
Oggi, quella convenzione, quell'artificio geniale, qull'organismo glorioso, insostituibile strumento di conoscenza della nostra
civiltà per molti secoli, appare in via di estinzione.
Quasi non serve più, se ci pensi. Ché non è più necessario sfogliare l'elenco dei telefoni nè
consultare i vecchi cataloghi a schede mobili delle biblioteche. Perché oggi 'si digita' la domanda, e la risposta appare
su un monitor. Naturalmente, il programma del computer lo usa - ove gli sia stato 'messo dentro' l'ordine alfabetico, ma chissà
che fra poco anche questo non sarà superato.
Forse, un giorno non lontano solo pochi pazzi come mio nonno ricorderanno che cosa era e a che cosa serviva, l'alfabeto.
Cos'erano i libri, e perché era necessario - e bello - disporli e tenerli in quel dato orfine: unico, inderogabile,
insostituibile. Dimenticheremo anche - salvo pochi - com'era buono il profumo di una biblioteca."
(Palermo, Sellerio, 2002)
Leonetti, Francesco. -- La vita e gli amici (in pezzi). -- 1992. --
Peripezie nelle biblioteche milanesi di una figura di rilievo della
letteratura del Novecento, tra l'altro ex bibliotecario. (Lecce : Piero Manni, 1992, pp. 33-36)
Levi, Primo. -- Il sistema periodico. -- 1975. --
A p. 123 un ampio brano è dedicato alla biblioteca di una azienda chimica, nell'ambito del racconto "Fosforo":
"La bibliotecaria, che non avevo mai visto prima, custodiva la biblioteca come lo avrebbe fatto un cane da pagliaio [...].
La Paglietta, poverina, era poco meno che un lusus naturae: era piccola, senza seno e senza fianchi, cerea, intristita e
mostruosamente miope; portava occhiali talmente spessi e concavi che a guardarla di fronte i suoi occhi, di un celeste
quasi bianco, sembravano lontanissimi, appiccicati in fondo al cranio. Dava l'impressione di non essere mai stata giovane,
quantunque non avesse certo più di trent'anni e di essere nata lì, nell'ombra, in quel vago odore di muffa e di chiuso.
[...] Nessuno sapeva niente di lei, [...] e Giulia ammetteva di odiarla per istinto, senza sapere il perchè, senza
pietà, come la volpe odia il cane. Diceva che puzzava di naftalina e che aveva la faccia da stitica. La Paglietta mi
chiese perchè volevo proprio il Kerrn, volle vedere la mia carta d'identità, la scrutò con aria
malevola, mi fece firmare un registro e mi abbandonò il volume con riluttanza."
Sempre nel racconto "Fosforo" ci sono altri brani sulla stessa biblioteca:
"Mi disse che lo stipendio offerto era soggetto a rapidi aumenti; che il laboratorio era moderno, attrezzato, spazioso; che
esisteva in fabbrica una biblioteca con più di diecimila volumi" (p. 114-115)
"Quanto alla biblioteca, le norme da rispettare erano singolarmente severe. Per nessun motivo era ammesso portare libri
fuori della fabbrica: si potevano consultare solo col consenso della bibliotecaria, la signorina Paglietta. Sottolineare
una parola, o anche solo fare un segno a penna o a matita, era una contravvenzione molto grave: la Paglietta era tenuta a
controllare ogni volume, pagina per pagina, alla restituzione, e se trovava un segno, il volume doveva essere distrutto, e
sostituito a spese del colpevole. Era proibito anche soltanto lasciare fra i fogli un segnalibro, o ripiegare l'angolo di
una pagina: 'qualcuno' avrebbe potuto ricavarne indizi sugli interessi e le attività della fabbrica, violarne insomma il segreto." (p. 116-117)
"Pochi giorni dopo la mia assunzione, il Commendatore mi chiamò in Direzione [...]. Mi disse che era tempo di
entrare in argomento. La prima csa da fare, era di andare in biblioteca, a chiedere alla Paglietta il Kerrn, un trattato
sul diabete: io conoscevo il tedesco, non è vero?" (p. 119-120)
A una biblioteca aziendale fa riferimento anche il breve accenno nel racconto "Cromo":
"Ogni tanto, spinto dalla coscienza professionale, mi mettevo a rapporto col direttore e gli chiedevo un lavoro, ma lui era
troppo indaffarato per occuparsi dei miei scrupoli: leggessi, studiassi: in fatto di vernici ero ancora, con licenza, un
analfabeta: se proprio avevo la fregola di rendermi utile, ecco, c'erano articoli da tradurre dal tedesco." (p. 156)
Un altro brano nel racconto "Azoto":
"Appena mi fu possibile filai in biblioteca: intendo dire alla venerabile biblioteca dell'Istituto Chimico dell'Università
di Torino, a quel tempo impenetrabile agli infedeli come la Mecca, difficilmente penetrabile anche ai fedeli qual ero io.
È da pensare che la direzione seguisse il savio principio secondo cui è bene scoraggiare le arti e le scienze:
solo chi fosse stato spinto da un assoluto bisogno, o da una passione travolgente, si sarebbe sottoposto di buon animo alle
prove di abnegazione che venivano richieste per consultare i volumi. L'orario era breve e irrazionale; l'illuminazione
scarsa; gli indici in disordine; d'inverno, nessun riscaldamento; non sedie, ma sgabelli metallici scomodi e rumorosi; e
finalmente, il bibliotecario era un tanghero incompetente, insolente e di una bruttezza invereconda, messo sulla soglia per
atterrire col suo aspetto e col suo latrato i pretendenti all'ingresso." (p. 181)
(Torino, Einaudi, 1975)
Levi, Primo. -- Versamina. -- 1966. --
"Ci sono mestieri che distruggono e mestieri che conservano. Fra quelli che conservano meglio, per un naturale compenso,
sono appunto i mestieri che consistono nel conservare qualcosa: documenti, libri, opere d'arte, istituti, tradizioni. È
esperienza comune che i bibliotecari, i guardiani di musei, i sagrestani, i bidelli, gli archivisti, non soltanto sono
longevi, ma conservano se stessi per decenni senza visibili alterazioni." (p. 89, in Storie naturali, La Stampa, 2005)
Libri, che passsione! / a cura di Paolo Malpezzi e Rino Pensato. -- 1992. -- Antologia di racconti comici ambientati in biblioteca.
Littizzetto, Luciana. -- La principessa sul pisello. -- 2002. --
Molly, che è un capolavoro di inettitudine, una vera gallina in piume e ossa, ha trovato il modo. La sua personale
ricetta della felicità: darla via. Sta già sperimentando il trattamento ed è abbastanza soddisfatta.
Dare via, ma non la vita. La porzione di sè, quello scampolino di corpo che gli uomini accettano volentieri. Una
terapia che dopo anni di analisi inutile si è autoprescritta.
Io, che sono una damina dell'Ottocento, le ho suggerito di non arrendersi alla bufera dei sensi e praticare un po' di
castità involontaria. Il randagismo sentimentale non è mai stato un toccasana. Ma lei mi ha rassicurato.
Non è che la dà proprio via. La impresta. Qui e là. Due o tre giorni, massimo una settimana. Come un
libro della biblioteca. Non chiude neanche per ferie. Il servizio è garantito soprattutto nella bella stagione.
(p. 12, Milano, Mondadori, 2002)
Loy, Rosetta. -- Cioccolata da Hanselmann. -- 1995. -- Nel primo capitolo della
parte
seconda, descrive
una bibliotecaria (al solito bruttina) che dapprima sembra anche gentile
(offre biscotti e
cioccolata al protagonista che lei intuisce essere affamato - è
perseguitato per motivi razziali
durante la II guerra mondiale), ma poi con la sua eccessiva curiosità mette
in difficoltà il
lettore che ha paura di essere identificato e che alla fine rinuncia ad
andare in biblioteca. "Arturo quando la mattina usciva per andare in biblioteca e niente e nessunoi gli
ricordava cosa significasse essere ebreo, provava una specie di esaltazione. [...] Ma con il
passare delle settimane anche la bibliotecaria aveva cominciato a fargli una specie di bollettino
di guerra. Era una donna alta e cavallina con un viso slavato e due piccoli pomelli lucidi, lo
aveva preso in simpatia e a volte nel pomeriggio, quando restavano soli, gli offriva il tè con i
biscotti. [...] In seguito la bibliotecaria aveva preso l'abitudine di mettergli accanto al libro
una tavoletta di cioccolata, una di quelle con la veduta della Svizzera, perché aveva
capito che era in difficoltà alimentari e quei biscotti che gli offriva con il tè li vedeva
sparire in un attimo. Si fermava compiaciuta a guardargliela mangiare, pezzetto dopo pezzetto,
senza smettere di leggere. [...] Ma un pomeriggio che Arturo aveva lasciata scivolare la tavoletta
in tasca, si era avvicinata e con uno strano sorriso gli aveva chiesto se l'aveva messa via per
qualcuno. [...] Sì, lei lo aveva visto un pomeriggio lungo la Sarine a braccetto di una ragazza.
[...] Allora di nuovo Arturo aveva avuto paura [...]. Così aveva cominciato a andare in
biblioteca più di rado, la bibliotecaria ogni volta che lo vedeva entrare si agitava e quei pomelli
le diventavano di fuoco. Forse si è semplicemente innamorata di te, aveva detto Margot.
Forse; ma questo non cambiava niente. A un controllo appena più attento il suo documento
si dimostrava per quello che era, un falso grossolano. [...] Alla fine aveva rinunciato del tutto
e se voleva dei libri, andava Margot a prenderli in una piccola biblioteca circolante."
(p. 140-142, Milano, Rizzoli, 1998)
Lubrano, Fabio. -- L'amore è una brutta cosa con un bel nome. -- 1995. -- Il protagonista cerca la donna della sua vita in biblioteca.
Lucarelli, Carlo. -- Un giorno dopo l'altro. -- 2000. -- Un
killer riceve la commissione dei delitti chattando dalle postazioni
libere delle biblioteche pubbliche.
In particolare il killer stringe allo scopo una relazione con una
bibliotecaria della biblioteca di Ferrara (forse l'Ariostea, ma il
nome non è citato).
Il serial killer ha appena fatto l'amore in macchina con la sua ragazza:
"Stava anche raccogliendosi i capelli per fermarli con un elastico che
teneva tra i denti, e Vittorio pensò che era così, bionda e provocante,
con i capelli lisci stretti in una coda e gli occhiali sottili che doveva
essere quando era al lavoro, in biblioteca, a Ferrara. Per bene, maliziosa e
intellettuale allo stesso tempo." (p. 79-80)
Il serial killer e la persona che gli procura i lavori si tengono in
contatto con le chat:
"Prima di uscire tirò fuori dal cassetto del tavolo un registro con la
costola a spirale e lo consultò rapidamente, facendo scorrere il dito su
una serie di nomi e indirizzi. Sospirò vedendo che era il turno della
Biblioteca comunale di Cavriate, in provincia di Bergamo, e lesse la nota
accanto all'indirizzo. 'Orario di massimo affollamento: sabato pomeriggio
(universitari). Bibliotecaria giovane e carina. Noterebbe: utenti anziani,
fuori target, bei ragazzi'.
Ma due controllori di chat notano che c'è qualcosa che non va (benché
pensino che si tratti di combattimenti tra cani e non di omicidi su
commissione) e cercano, contattando i provider, di individuare i due
interlocutori:
"Ne abbiamo provati sei.
Pittbull: Biblioteca comunale di Villa Spada, Bologna. Biblioteca comunale
di Varese. Cybercafé. Andromeda di Padova.
Il vecchio: Aeroporto Leonardo da Vinci, Fiumicino. Cybercafé Xenia, Roma.
Biblioteca civica di Sabaudia, Latina.
Tutti posti pubblici. Utilizzabili da chiunque. Inutilizzabili."
(Torino, Einaudi, 2000)
Lucarelli, Carlo. -- Indagine non autorizzata. -- 2000. --
Un omicidio nei dintorni dell'albergo dove Mussolini passa le vacanze
minaccia di turbare la quiete del Duce e getta nel panico la questura
riminese. Dopo poche ore di frenetica indagine il presunto colpevole
viene arrestato. Il caso sembra chiuso ma all'ispettore Marino,
funzionario zelante, qualcosa non quadra .
Il capitolo 10, pp. 42-47, è interamente ambientato in biblioteca,
dove l'ispettore Marino (che sfoglia i giornali della biblioteca alla
ricerca di un indizio) si incontra con un giornalista - Gabriele
Dannunzio - che lo sta aiutando nella ricerca della verità
sull'omicidio.
"C'era silenzio, in biblioteca, un silenzio così pesante e umido che
quasi si confondeva con l'afa polverosa della sala di consultazione.
Anche la ventola appesa al soffitto, sul tavolo della bibliotecaria,
era ferma, con le pale immobili e inutili come l'elica di un aeroplano
abbattuto" (p. 42)
"Spinse il fascicolo lontano da sé, sul banco di legno scuro, venato
ma lucidissimo, senza accorgersi dello sguardo torvo che la
bibliotecaria in camice nero gli aveva lanciato da dietro agli
occhiali ." (p. 42)
Per poter velocizzare il lavoro di ricerca Marino pensa che possa
essere utile "mostrare il tesserino del Commissariato alla
bibliotecaria, che gli aveva passato i fascicoli degli ultimi due mesi
con sufficienza, come se gli avesse fatto un gran piacere" (p. 43)
All'arrivo del giornalista i due iniziano un colloquio ad alta voce
che provoca l'irritazione di un altro lettore che se ne va seccato. Il
commento del giornalista è "un seccatore di meno. La bibliotecaria mi
conosce e non dirà nulla se parlo ad alta voce" (p. 44)
Alla fine del colloquio Marino scopre casualmente un indizio
importante e "afferrò il giornale con tanta foga che ne strappò una
pagina. La bibliotecaria si alzò dal tavolo sotto alla ventola,
sfilandosi gli occhiali con aria decisa. [...] La bibliotecaria battè le
nocche sul tavolo di Marino facendolo sobbalzare. - Devo chiedervi di
andarvene, signore. Questo è un luogo di studio e non un caffè. Ma
prima favorite venti centesimi per il giornale che avete rotto" (p. 47)
(Bresso : Hobby & Work, 2000)
Lumachi, Francesco. -- Storie per librai. 2004. --
"Mistificazioni, leggende, falsificatori, martiri, bibliotecari, correttori
di stampe." (Robin, 2004)
Luttazzi, Daniele. -- Luttazzi Satyricon. -- 2001. --
"Caro Daniele, perché hai fatto medicina?
Per vocazione: un giorno entro in una biblioteca e chiedo se hanno un libro
sulla manovra di Heimlich, quella che serve a liberare chi sta soffocando
dal bolo che gli è andato di traverso. La bibliotecaria mi fa: 'Guardi sullo
scaffale in fondo, quello più in alto'. Prendo la scala, salgo, cerco il
libro, torno dalla bibliotecaria.
'Ha dimenticato la scala'.
Vado, rimetto a posto la scala, torno. 'Vorrei prendere questo libro.'
'Ha la tessera della biblioteca?'
'No.'
'Costa 8.700 lire.' Gliene do diecimila.
'Non ho il resto. Questa è una biblioteca, non una banca.'
Riprendo la scala, rimetto il libro sullo scaffale in alto, vado in banca a
cambiare i soldi. 'Si questa è una banca. Eccole i soldi.' Torno in
biblioteca, compro la tessera, prendo la scala, prendo il libro sulla
manovra Heimlich, torno in macchina, ma ormai la mia ragazza è morta soffocata.
(Milano, Mondadori, 2001, p. 127-128).
Maggiani, Maurizio. -- Il viaggiatore notturno. -- 2005. -- Contiene alcune pagine molto belle (p. 104-107) sulla sua iniziazione alla
biblioteca.
"Io credo in qualche cosa. Da ragazzino credevo in molte più cose ancora e con molta più intensità. E
penso, adesso, che fosse un bene.
C'è stato un momento in cui ho creduto persino ai dischi volanti. Ed è stato bello.
Era bello crederci, ed era bello tutto quello che si sviluppava intorno a questa meravigliosa verità dei dischi
volanti venuti da un altro pianeta:
È successo che avevo undici anni, quando sono stato corrotto da un agitatore comunista, il bibliotecario della
Biblioteca Dopolavoro Ferrovieri. Questo perché per il mio compleanno mio padre Dinetto mi aveva regalato la
tessera di quella biblioteca. Dinetto non era ferroviere, ma aveva delle conoscenze.
Aveva anche le sue idee in fatto di regali di compleanno."
(Milano, Feltrinelli, 2005)
Manfredi, Max - Trucco, Manuel. -- Il giro del mondo in 320 limerick.
Filastrocche, poesie e nonsense -- 1994. --
A una bibliotecaria di Montescudo
si presentò un ergastolano nudo. Le disse: "Voglio un tomo che parli d'ogni uomo; anche di me, se non le sembro crudo".
Il limerick è anche illustrato con un disegno di Serena Giordano.
(p. 44, Milano, Vallardi, 1994)
novità
Manzoni, Alessandro. -- I promessi sposi. -- 1840. -- Il XXVII capitolo contiene
la descrizione della biblioteca di don Ferrante. "Don Ferrante passava di grand'ore nel suo studi
o, dove aveva una raccolta di libri considerabile, poco meno di trecento volumi: tutta roba
scelta, tutte opere delle più reputate, in varie materie; in ognuna delle quali era
più o meno versato. [...] Due però erano i libri che don Ferrante anteponeva a
tutti, e di gran lunga, in questa materia; due che fino a un certo tempo, fu solito chiamare i
primi, senza mai potersi risolvere a qual de' due convenisse unicamente quel grado: l'uno il
Principe e i Discorsi del celebre segretario fiorentino; mariolo sì, diceva
don Ferrante, ma profondo: l'altro la Ragion di Stato del non men celebre Giovanni
Botero; galantuomo sì, diceva, ma acuto." Nel capitolo XXII Manzoni parla della fondazione
dell'Ambrosiana ad opera di Federigo Borromeo: "[...] se non fosse in piedi questa biblioteca
ambrosiana, che Federigo ideò con sí animosa lautezza, ed eresse, con tanto dispendio,
da' fondamenti; per fornir la quale di libri e di manoscritti, oltre il dono de' già
raccolti con grande studio e spesa da lui, spedì otto uomini, de più colti ed
esperti che potè avere, a farne incetta, per l'Italia, per la Francia, per la Spagna, per
la Germania, per le Fiandre, nella Grecia, al Librano, a Gerusalemme. Così riuscì
a radunarvi circa trentamila volumi stampati, e quattordicimila manoscritti. Alla biblioteca
unì un collegio di dottori [...]. Nelle regole che stabiliì per l'uso e per il
governo della biblioteca, si vede un intento d'utilità perpetua, non solamente bello in
sé, ma in molte parti sapiente e gentile molto al di là dell'idee e dell'abitudini
comuni di quel tempo. Prescrisse al bibliotecario che mantenesse commercio con gli uomini
più dotti d'Europa, per aver da loro notizie dello stato delle scienze, e avviso de' libri
migliori che venissero fuori in ogni genere, e farne acquisto; gli prescrisse d'indicare agli
studiosi i libri che non conoscessero, e potesser loro esser utili; ordinò che a tutti,
fossero cittadini o forestieri, si desse comodità e tempo di servirsene, secondo il
bisogno. Una tale intenzione deve ora parere ad ognuno troppo naturale, e immedesimata con la
fondazione d'una biblioteca: allora non era così. E in una storia dell'ambrosiana, scritta
(col costrutto e con l'eleganze comuni del secolo) da un Pierpaolo Bosca, che vi fu bibliotecario
dopo la morte di Federigo, vien notato espressamente, come cosa singolare, che in questa libreria,
eretta da un privato, quasi tutta a sue spese, i libri fossero esposti alla vista del pubblico,
dati a chiunque li chiedesse, e datogli anche da sedere, e carta, penne e calamaio, per prender
gli appunti che gli potessero bisognare; mentre in qualche altra insigne biblioteca pubblica
d'Italia, i libri non eran nemmeno visibili, ma chiusi in armadi, donde non si levavano se non
per gentilezza de' bibliotecari, quando si sentivano di farli vedere un momento; di dare ai
concorrenti il comodo di studiare, non se n'aveva neppur l'idea. Dimodoché arricchir tali
biblioteche era un sottrar libri all'uso comune: una di quelle coltivazioni, come ce n'era e
ce n'è tuttavia molte, che isteriliscono il campo. Non domandate quali siano stai gli effetti
di questa fondazione del Borromeo sulla cultura pubblica: sarebbe facile dimostrare in due frasi,
al modo che si dimostra, che furon miracolosi o che non furon niente; cercare e spiegare, fino a un
certo segno, quali siano stati veramente, sarebbe cosa di molta fatica, di poco costrutto, e
fuor di tempo."
Marani, Diego. -- L'interprete. -- 2004. --
"Dopo una settimana, decidemmo di dividerci. Burke seguiva il corso e io ficcanasavo per la città. Mi recai anch'io
alla biblioteca comunale, consultai i registri dei prestiti, mi attardai nella sala di lettura del reparto di lingue
straniere per osservarne i frequentatori, attaccai discorso con i bibliotecari alla caccia del minimo indizio che potesse
confermare il passaggio dell'interprete per quei luoghi. Controllai gli alberghi e pagai laute mance ai portieri perché
mi fornissero i nomi di tutti gli stranieri arrivati nell'ultimo mese." (p. 209, Milano, Bompiani, 2004)
Marinetti, Filippo Tommaso. -- Fondazione e manifesto del futurismo. -- 1909. --
L'articolo 10 del primo manifesto del futurismo, datato 11
febbraio 1909 e uscito per la prima volta in francese su "Le Figaro"
del 20 febbraio 1909 e in italiano nella rivista "Poesia" n.
1-2, così recita: "Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche,
le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il
femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria".
E piu' avanti Marinetti continua:
"In verità io vi dichiaro che la frequentazione quotidiana dei musei, delle
biblioteche e delle accademie (cimiteri di sforzi vani, calvarii di sogni
crocifissi, registri di slanci troncati! ... ) è, per gli artisti,
altrettanto dannosa che la tutela prolungata dei parenti per certi giovani
ebbri del loro ingegno e della loro volontà ambiziosa. Per i moribondi, per
gl'infermi, pei prigionieri, sia pure: - l'ammirabile passato è forse un
balsamo ai loro mali, poiché per essi l'avvenire è sbarrato... Ma noi non
vogliamo più saperne, del passato, noi, giovani e forti futuristi!
E vengano dunque, gli allegri incendiarii dalle dita carbonizzate!
Eccoli! Eccoli!... Suvvia! date fuoco agli scaffali delle biblioteche!...
Sviate il corso dei canali, per inondare i musei!... Oh, la gioia di veder
galleggiare alla deriva, lacere e stinte su quelle acque, le vecchie tele
gloriose!... Impugnate i picconi, le scuri, i martelli e demolite senza
pietà le città venerate!
I più anziani fra noi, hanno trent'anni: ci rimane dunque almeno un
decennio, per compier l'opera nostra. Quando avremo quarant'anni, altri
uomini più giovani e più validi di noi, ci gettino pure nel cestino, come
manoscritti inutili. Noi lo desideriamo!
Verranno contro di noi, i nostri successori; verranno di lontano,
da ogni parte, danzando su la cadenza alata dei loro primi canti,
protendendo dita adunche di predatori, e fiutando caninamente, alle porte
delle accademie, il buon odore delle nostre menti in putrefazione, già promesse alle catacombe delle biblioteche.
Ma noi non saremo là... Essi ci troveranno alfine - una notte
d'inverno - in aperta campagna, sotto una triste tettoia tamburellata da una
pioggia monotona, e ci vedranno accoccolati accanto ai nostri aeroplani
trepidanti e nell'atto di scaldarci le mani al fuocherello meschino che
daranno i nostri libri d'oggi fiammeggiando sotto il volo delle nostre
immagini".
Mastrocola, Paola. -- Che animale sei? Storia di una pennuta. -- 2005. --
Quando uno nasce non sa mica chi è e da dove arriva e se nessuno te lo spiega è un bel problema.
È quanto accade alla protagonista di questa storia, una simpatica pennuta, che scaraventata giù da un
camion la notte di Natale, si ritrova sola e per le strade del mondo, alla ricerca di una nuova mamma
pantofola, che l'aveva adottata sotto un bidone dell'immondizia.
Viaggi e viaggi portano la protagonista a conoscere la famiglia di George Castor, aspirante filosofo ad Oxford, che
si ribella alla sua famiglia di castori-ingegneri, la maestra Tolmer che alleva galline, l'amico Pipi Strel che
chissà perchè dormiva di giorno... Ma poi si sa l'amore arriva sempre anche per le pennute
in cerca di identità: sarà Lupo Solitario scrittore di romanzi e grande lettore a farle perdere la testa.
"Stava andando a prendersi il solito caffè al suo bar preferito, prima di entrare in biblioteca dove si
sarebbe chiuso, come sempre, tutto il giorno a scrivere." (pagina 94).
Una fiaba-romanzo che spiega a grandi e piccini i tanti perchè della vita.
(Guanda, 2005)
novità
Mastronardi, Luciano. -- Il mestro di Vigevano. -- 1962. -- Compare un ristorante-biblioteca.
Meldini, Piero. -- L'avvocata delle vertigini. -- 1994. -- Noir ambientato tra biblioteche e manoscritti.
Il metalibro : viaggio intorno al libro / a cura di Gaetano Colonnese,
Vittorio Dini, Elio Morelli. -- 1984. --
Si tratta di una raccolta di brani e citazioni sul libro. Diviso in tre
parti: la prima comprende degli estratti da altre opere di autori diversi, la
seconda è una raccolta di massime e frasi celebri, la terza comprende le
risposte di personaggi famosi (non solo scrittori) ad un questionario che la
casa editrice aveva loro mandato, sempre sul loro rapporto con i libri.
I riferimenti alle bblioteche sono naturalmente numerosi.
"Ma non vi faccia gran maraviglia. I libri alle volte sono stati mangiati. [...]
Un vero danno saragrave; per le biblioteche pubbliche. Chi non ha spiccioli per far colazione si
reca subito ad una R. Biblioteca, e col pretesto di studiare, consultare, riscontrare, mangia.
Comprendo benissimo che i Governi, savî e previdenti, aggiungeranno nuovi articoli al
Codice Penale; comprendo che nelle Biblioteche Nazionali, Provinciali e Comunali ci saranno in
permanenza soldati e guardie di città con le baionette in punta, per tener d'occhio gli
studiosi. Opera vana! Ci vuol tanto poco ad ingoiare una pagina di libro. Che cosa potrebbero
fare quei soldati? Ammazzare un povero diavolo perché mangia? Starebbero freschi! Credete
che nel duemila non ci siano socialisti? I partiti estremi farebbero cadere il Parlamento. Ammazzare
chi mangia! Oh! dunque bisogna star digiuni? Reazionari! forcaiuli! assassini! Allegri dunque, signori
studenti del duemila. La vita per voi costerà poco, giacché al cibo dell'anima e del
corpo provvederanno le R. Biblioteche. [...]
Giustamente molti di noi di sono preoccupati di questa enorme quantità di
carta stampata e temono che forse un giorno questa pletora di libri, di
opuscoli, di fogli, inonderà la terra. L'immane produzione libraria ha
colto alla sprovvista le nostre biblioteche. Esse sono piene, strapiene e
non possono accogliere neppure un libricino di poche pagine. Bisogna
allargarle, aggiungere nuove sale; ma aggiungi e aggiungi il mondo diverrà
tutto una grande biblioteca."
(p. 29-31, tratto da: Matteo Cuomo, Nel mondo dei libri. Napoli, Pierro, 1912)
"Si lamenta ancora il prezzo alto dei libri dovuto anche al fatto che lo sconto praticato ai
librai è eccessivo, arrivando spesso anche al 50 per cento, sebbene sia limitato ufficialmente
al 25; l'elevato costo delle tariffe postali, il numero eccessivo delle copie d'obbligo, delle
copie cioè da rilasciarsi alle tipografie in servizio delle biblioteche pubbliche. Tutte
queste cause hanno certamente un qualche valore, ma vi è pure molta esagerazione nella
constatazione della malattia. Perché, è pur vero che, nonostante tutto, si legge
assai più di una volta; le biblioteche pubbliche e scolastiche, che potrebbero, quando
disponessero di mezzi pecuniari adeguati, assorbire grande quantità della produzione
libraria, vanno diffondendo l'amore della lettura, e la vita intellettuale è resa più
attiva, più fervida, e più estesa anche dalle moderne invenzioni del cinematografo
e della radio che contribuiscono a divulgare la cultura sino nei più remoti villaggi.
(p. 36, tratto da: Umberto Dorini, Breve storia del commercio librario, Milano, Mondadori,
1938)(Il metalibro, Napoli, Colonnese, 2000)
Montanari, Raul - Nove, Aldo - Scarpa, Tiziano. -- Nelle galassie oggi come oggi : covers. -- 2001. -- Include una poesia di Tiziano Scarpa ispirata alla canzone
"I Zimbra" dei Talking Heads e intitolata "Versi scritti in una
biblioteca tarlata". L'incipit [gli spazi vuoti sono dell'autore] è:
Ti scr vo in una bi lioteca t rlata dai tarl /
che tar ano la iblioteca e ne fanno tarli [...].(Torino, Einaudi, 2001, p. 32)
Monti, Augusto. -- Tradimento e fedeltà. -- 1934. --
Il romanzo è ambientato alla fine dell'Ottocento:
"Figurarsi: a Torino, con la Biblioteca Civica e la Nazionale illuminate
e calde e gratuite, con libri fino al tetto e impiegati attenti e
premurosi come commessi di negozio e pronti a calargli giù volumi
finché ne voleva [...]"
(p. 26)
Morghen, Ruggero. -- Il dizionario del BeLpensante. -- 2006. -- Raccolta di aforismi articoli interventi di
Ruggero Morghen, bibliotecario gardesano, nei quali l'attenzione
si concentra sul mondo dei libri e delle biblioteche (un capitolo si
intitola proprio Librariana), sui movimenti cattolici, su Piero Chiara
ed altri autori scomparsi in questi anni.
Morselli, Guido. -- Il comunista. -- 1991. --
Più volte nel libro il protagonista, Walter Ferranini,
ricorda le ore trascorse nelle biblioteche pubbliche di diverse
città americane (Filadelfia, Camden) e alla Biblioteca pubblica di
Reggio Emilia a leggere e studiare i testi di Marx e Lenin.
Montrucchio, Alessandra. -- Ondate di calore. -- 1996. --
Il racconto È stato solo un sogno ha come protagonista Laura, stanca di un marito noioso e del suo
lavoro, che si innamora di un quattordicenne incontrato in biblioteca.
"E mentre andava in biblioteca, doveva comprare il pane, il latte, e del
prosciutto. Meno male che quel giorno era addetta all'Ufficio Informazioni;
lì, almeno, avrebbe avuto il tempo per leggere." (p. 95)
"Laura andò in bagno [...]. Altro che iniziare quattordicenni eccitanti.
Tutto quello che poteva iniziare lei era la pulizia di un gabinetto, la
compilazione di una tessera della Biblioteca Civica di Torino." (p. 96)
"E lei ce non era neanche riuscita ad aprire il suo libro. Che sfortuna
dannata: per una volta che non c'era quasi nessuno, in biblioteca, doveva
sorbirsi l'imbonitrice della Stanhome, e alla fine avrebbe pure dovuto
comprare deu prodotti che non le servivano." (p. 96)
"Capelli lisci e castani, naso
perfetto, labbra da morsi, occhi scuri e impertinenti; e un corpicino di
quelli destinati a far voltare le femmine per strada.
Sì, dimmi pure. Buongiorno, mi
hanno detto che per fare la tessera del prestito dovevo venire qui. Sì,
infatti. Laura prese una tessera vergine e una biro con le mani che quasi le
tremavano, rialzò gli occhi sul ragazzino. Accidenti, era ancora più
eccitante che in sogno. E come si vestiva bene, doveva essere quel che si
dice di buona famiglia. Dunque, devi dirmi i tuoi dati e farmi vedere un
documento. Lui, con una voce un po' stridula, in cambiamento, le disse tutto
e le porse la carta d'identità. Laura compilò la tessera, lentamente,
sbirciando il libro che lui aveva sottobraccio. Un commento ai Sepolcri di
Foscolo. Ecco fatto, per il prestito devi andare allo sportello di fronte
alle scale e poi portare la ricevuta la banco della dsitribuzione. La
tessera passò dalla mano di Laura a quella di lui." (p. 97)
Laura uscì dall'ufficio informazioni e si fermò davanti a uno schedario,
lo aprì. [...] Lui si girò, si incamminò verso il banco della
distribuzione [...] lui consegnò la ricevuta del prestito, staccò dal
banco della distribuzione, di nuovo le passò dietro; uscì. Laura tornò
nell'Ufficio Informazioni; la sua collega stava spiegando a una signora
anziana come si usa un catalogo bibliografico [...]" (p. 97-98)
"Buongiorno, devo restituire un libro e prenderne un altro [...]. Laura prese
dalla sue mani il commento sui Sepolcri e una raccolta di saggi su Foscolo,
gli dette il modulo del prestito da compilare e gli chiese la sua tessera.
Gli sorrise e, mentre scriveva i dati del libro sulla tessera, disse Libri
impegnativi eh? [...]. Laura gli restituì tessera e libro." (p. 99)
"[...] un uomo sui cinquanta, capelli tinti e poco puliti, vestito troppo
stretto, le sbattè un libro e la tessera sul tavolo." (p. 100)
"Deo arrivò al banco di distribuzione, le consegnò la scheda su cui aveva
segnato il titolo e la collocazione del libro che gli serviva. Mi spiace, ma
questo è un libro raro, devi chiederlo alla sala manoscritti, e oggi la
sala manoscritti è chiusa. [...] Hai proprio bisogno di quel libro? [...].
Aspetta qui da una parte, gli sussurrò, vedo cosa posso fare. Laura prese
altre schede, le consegnò ai colleghi che cercavani i libri, dette alcuni
testi alle persone che aspettavano al banco. Farlo o non farlo? Certo. per
il ragazzino dei suoi sogni questo e altro. Non appena ci fu un momento di
vuoto, prese il mazzo che raccoglieva le chiavi delle diverse sale della
biblioteca, disse a una collega che andava a mangiare qualcosa al bar per
prendere a stomaco pieno, diochemalditesta, un'aspirina, uscì e fece cenno
a Deo di seguirla.
Ecco, questa è la sala manoscritti, io adesso ti do il libro, ma ti devi
guardarlo qui e senza metterci troppo tempo, d'accordo? [...]. Laura si mise
a sistemare i testi fuori posto. [...]. Grazie, io ho finito. Bene, andiamo.
Uscirono dalla sala manoscritti, Laura chiuse a chiave la porta. Lui le
sorrise. Grazie ancora, mi ha proprio ricolto la situazione. Non c'è
problema, basta che non lo dici in giro, sai com'è. [...] poi tornò
lentamente al banco della distribuzione. Passato il mal di testa?, le chiese
la sua collega. Sì, grazie. Perfetto, allora va' a sistemare questi. La sua
collega le fece piombare sulle braccia una pila di volumi polverosi. (p.
101-102) (Venezia : Marsilio, 1996)
Mozzi, Giulio. -- La felicità terrena. -- 1996. -- Nella raccolta è incluso il racconto "Tilli"
(p. 98-114), il cui protagonista, che racconta in prima persona, fa il fattorino per una libreria.
A p. 100, in occasione di una consegna "la bibliotecaria scese le scale e si fece dare il libro attraverso il cancello".
(Torino, Einaudi, 1996)
Mozzi, Giulio. -- Parole private dette in pubblico. Conversazioni e racconti sullo scrivere. -- 1997. --
Contiene il testo "Di cosa parliamo quando parliamo di insegnare a scrivere?" (p. 105-128) basato su una conferenza e fra
il saggistico l'autobiografico e il letterario, dove racconta le sue esperienze come docente in corsi di "scrittura
creativa", spesso tenuti in biblioteche, citate di sfuggita in più punti. In un altro testo "Il vero e l'allegro",
(p. 145-151):
"È una libreria che fa modernariato (come dicono gli antiquari con disprezzo): in pratica ci si trova una
quantità di libri del Novecento che non sono più in commercio. Non solo libri, che so, degli anni Dieci o
Trenta: anche degli anni Cinquanta, Sessanta, Settanta. Libri fuori commercio e fuori anche delle biblioteche (trovatemi
una biblioteca civica che tenga, tanto per dire, tutto Soldati o tutto Piovene)." (p. 145)
(Theoria, 1997)
Nembrini, Claudio. -- Fine dell'amore. -- 1996. --
Dal risguardo: Lei è la giovane assistente di un avvocato, Lui fa il
bibliotecario e si occupa di scuola. Alle spalle hanno illusioni e
delusioni. Hanno creduto in una società migliore, hanno condiviso gli
ideali che avrebbero dovuto renderla possibile, poi il loro declino. E ora
sono tornati a provare il gusto della vita privata, del mistero che si
accompagna all'amore, del bisogno dell'altro.
"L'ufficio al secondo piano della Biblioteca era angusto e scolorito. Vi si
accedeva da una scala interna per metà ingombra di casse e di scatole, e un
manifesto ingiallito appeso alla porta ricordava l'esposizione con cui si
era inaugurato lo stabile dopo l'unico restauro avvenuto trent'anni prima.
Bastava girare leggermente la testa per trovarselo davanti coi caratteri
turchini sullo sfondo grigio; ma il trascorrere del tempo aveva impresso a
quella carta logora altri segnali: ombre, sembravano, nel loro annunciare
una non più lontana fatiscenza, e bastava una giornata uggiosa, o di pioggia
battente, per sentirla avanzare: così come nelle giornate afose che
precedono la stagione estiva, la luce obliqua dei raggi solari, piombando su
quella scritta turchina, ne sigillava la fissità. E il tempo sembrava
fermarsi, dentro la stanza, tra pile di libri, schedari, formulari,
distribuiti nei massicci scaffali, addossati alle pareti, fino a lambire il
soffitto." (p. 87, Marsilio, 1996)
Nori, Paolo. -- Le agenzie ippiche. -- 2004. --
Raconto in cui la biblioteca ha un ruolo fondamentale che comincia così: "Una volta, nel dicembre del novantatré, facevo la
tesi, ero nella biblioteca Lenin di Mosca, non ne potevo pi`, volevo leggere qualcosa che mi facesse dimenticare che
ero a Mosca, che ero in biblioteca, che dovevo scriver la tesi, che era il dicembre del novantatré, mi son messo a leggere
un libro che con la mia tesi c'entrava pochissimo me l'aveva consigliato la mia insegnante di russo era un romanzo di un
filosofo russo che viveva in Inghilterra Filosofia di un vicolo, si intitolava." (p. 263, in La biblioteca e
l'immaginario. Percorsi e contesti di biblioteconomia letteraria, a cura di Rossana Morriello e Michele Santoro, Milano,
Bibliografica, 2004, p. 263-272)
Nori, Paolo. -- Bassotuba non c'è. -- 1999. --
"È successo che a questa ragazza le ho chiesto Lavori in biblioteca, vero?
si, mi ha detto. Eh, faccio il concorso a Modena, il diciannove. Ma dai?
Si. Eh, mi dice, hai già lavorato in biblioteca ? No. Eh, mi dice, è
impossibile che tu vinca. Ah si? Si. Allora non lo faccio, le dico. Eh,
dice lei. [...] Poi mi dice che nella biblioteca dove lavora, a Cavriago,
hanno bisogno di uno che lavori part-time, al suo posto, che lei fa la
maestra di yoga e vuole liberarsi da un po' di pratiche bibliotecarie. Se
voglio mandarle un curriculum. Tra l'altro, mi dice, anche il fatto che
parli russo va bene, che a Cavriago, con la statua di Lenin, c'è un certo
viavai. [...] Così ci siamo messi d'accordo che ci vediamo, lunedì
pomeriggio nella sua biblioteca." (p. 100)
"Adesso, l'impulso che ho adesso, è di mettermi a letto a dormire. Andare
a dormire e non rompete più il cazzo, che voglio dormire. Il dottore, a
dormire. Gli esami, a dormire. La Tac, a dormire. Te, babbo, dormi un po'.
Dormiamo. il magazzino ? Che magazzino ? La biblioteca ? Che biblioteca ?
Magazzinieri, bibliotecari, andate a dormire. Dormiamo e non rompete più
il cazzo, non telefonate. Bravi. Dormiamo. Non rompete più il cazzo.
Dormiamo. Ho un sonno..." (p. 101)
"Però, lunedì, stai a sentire, lunedì, tra tre giorni, succede qualcosa.
Lunedì succede che vado in una biblioteca e c'è il caso che si decidono,
che mi prendono part-time a fare il bibliotecario. È successo così, che
mi sono iscritto a un concorso per bibliotecari che fanno a Modena." (p. 99)
"Vado in biblioteca, a Cavriago, per vedere se magari mi assumono. Allora
me la fanno vedere, la biblioteca. Il primo libro che vedo è sulla
scrivania della bibliotecaria, Anarchici italiani, si chiama. Bene.
Dopo scendiamo in emeroteca, vedo che ci sono delle copie di 'Umanità
Nuova'. Eh eh. Dopo allora faccio la tessera, che ho trovato anche un libro
di Malerba che non l'avevo mai visto, e lo prendo in prestito. Faccio il
gesto di tirar fuori il portafogli, che magari mi chiedono un documento.
Invece no, semplicemente mi chiedono Nome, Cognome, Indirizzo, Mestiere,
Telefono. E basta [...] Mi tasto la tasca posteriore destra, vuota. [...]
Porca miseria, la prima volta che vengo in un posto, mi fregano il
portafogli. Bel posto, per lavorarci. [...] E lei penserà Si, questo è
proprio uno preciso che bisogna assumerlo, a fare il bibliotecario [...]
Dopo restiamo d'accordo che ci risentiamo, che decidono tutto alla fine di
ottobre, la mia assunzione. Mi piacerebbe questa biblioteca, che c'è pieno
di libri anarchici. E come entri, sulla destra, c'è la statua di Lenin,
l'originale. Quella che è in piazza, è una copia. Questa, prima, era nela
sede del PDS. Poi il PDS non l'han più voluta, allora la tengono qui in
biblioteca." (p. 104-105)
"Comincio a studiare il concorso per la biblioteca, al mattino. Vado in
biblioteca, a studiare. [...] Domani cambio biblioteca, vado in Palatina.
La Palatina è una 'biblioteca con particolari compiti e funzioni'. È
anche una 'biblioteca delle sezioni musicali'. Vedremo." (p. 117)
"Il portiere della Palatina mi dà un foglio e la chiave di un armadietto.
Cosa devo fare ? gli chiedo. Mi spiega e si mette a ridere. Ti sei
dimenticato, mi dice. Entro, consegno la scheda, trovo posto nel salone,
l'ultimo posto a destra dell'ala sinistra dei tavoli. Comincio a leggere il
giornale. La sala, semideserta alle otto e mezza, si riempie del fruscio
dei grandi fogli del "Corriere della sera". Mi disturba, questo rumore.
Lascio il "Corriere", prendo il libro. Inizio a leggere un saggio.
Mediazione catalografica, c'è scritto. Significa i cataloghi." (p. 120)
"Il mio tavolo è libero, oggi. Il mio libro, me l'hanno tenuto. Solo, la
bibliotecaria, quando le ho detto il titolo, Gli anarchici, mi ha
detto Non si leggono, questi libri. L'ho guardata con uno sguardo
interrogativo. Non si leggono questi libri, mi ha detto, in questo momento.
Quando si leggono ? Scherzo, mi ha detto. Sono simpatizzante, e mi ha dato
il libro. Solo, ha aggiunto, è un'utopia." (p. 133)
"Arrivo in biblioteca, mi metto a studiare. Non ci capisco un cazzo, in
questi manuali di biblioteconomia, dopo mezz'ora esco a fumare." (p. 140).
(Einaudi, 2000)
Nori, Paolo. -- Le cose non sono le cose. -- 1999. -- Il libro inizia con questa epigrafe:
"Quando tornavo dalla biblioteca era sempre la solita messinscena. Aprivo la porta e lei mi guardava.
'Be', niente libri?'
'Vicki, non ci sono libri in biblioteca'
C.B.'. Ulteriori brani nel libro:
"E vai davanti alla biblioteca dell'università ad aspettare la tua studentessa, cha fa il tutor per arrotondare, e senti un
amico di tuo fratello che ti dice Che squallore e concordi per ragioni etiche e architettoniche." (p. 21)
"Quando i Botticelli si ripresentano nel suo ufficio con il volantino che annuncia un altro concerto, il geloso sorride, gioviale.
'Avete fatto molta pubblicità?', chiede e i Botticelli gli snocciolano l'elenco dei posti nei quali hanno appeso i volantini:
negozi di dischi, facoltà universitarie, biblioteche. Sabato mattina il geloso prende su a piedi e, pian pianino,
zoppicando, va a lingue e a filosofia e a matematica e in biblioteca Civica e in Guanda e in Palatina e, uno a uno, stacca tutti i
manifestini che trova." (p. 29)
"E stiamo un po' seduti sul divano, tutti sorridenti, a sentire una cosa che Rossella deve finire di raccontare. Dice che è
stata in biblioteca a cercare una rivista e le hanno detto che la rivista non c'era perché c'era uno iato, e lei dice
Pensavo che uno iato fosse il distacco tra due vocali contigue quando esse non formano dittongo e si articolano distintamente." (p. 33)
"Allora mi metto a leggere un libro che ho preso in prestito in biblioteca e che parla di Luigi Pirandello. Perché
quando si tratta di scrivere tutti dicono Pirandello, Pirandello, ma vi siete informati? Si fa presto a dir Pirandello, Pirandello, lo
conoscete? No, perché bisogna andarci, nei posti, prima di dire." (p. 59-60)
"Ma a me mi sembrava proprio che Pirandello era un matto, nonostante gli occhiacci che mi faceva quel professore. Allora
sono andato in biblioteca, che bisogna andarci, nei posti, e ho preso un libro su Pirandello, per documentarmi sulla di lui malattia." (p. 61)
"Biblioteca buongiorno, la voce è la stessa di ieri mattina, voce di donna con forte accento emiliano. Buongiorno, mi
chiamo Ferrari, vorrei parlare col signor Barigazzi. Il signor Barigazzi è fuori ufficio. Quando lo posso trovare? Lo
trova dopo mezzogiorno. Grazie. Prego. Stia bene." (p. 62)
"C'è alle cinque e mezza, la presentazione, arrivo in città che sono le quattro, faccio un giro in biblioteca, arrivo
in libreria che sono le cinque." (p. 92-93)
"Adesso vicino al computer ho un foglio bianco con scritte le cose che devo fare. Pagare la bolletta del gas, del telefono.
Compilare il modello unico e pagare le tasse. Tradurre in russo il regolamento della biblioteca. [...] E non ho voglia di fare
niente. Ma cosa può fare, uno che ha spremuto in un romanzo le idee, l'energia, la poca forza che aveva, se non
aspettare che gli telefonino, o che gli scrivano? [...] Cosa può fare, se non aspettare, cosa può fare, cosa
può fare? Portare giù l'acqua. Tradurre in russo il regolamento della biblioteca. Preparare la scaletta per il
concerto dei Bogoncelli. Compilare il modello unico. Putanassa vacassa." (p. 123-124)
"Riprovo, va in moto. Ho fatto una sgasata che l'hanno sentita su tutta la prospettiva Nevskij, dall'inizio alla fine. Ho baciato
il volante, ho fatto due metri avanti, due metri indietro, due metri avanti, ho spento. son sceso, ho chiuso e mi sono incamminato
cantando verso la biblioteca, coi russi che mi guardavano come per dire Chissà cos'ha quello lì da cantare. E
in biblioteca l'han notato tutti, che ero contento, e mi chiedevano Come mai oggi sei così contento? Mi è
andata in moto la macchina, gli rispondevo: non capivano mica." (p. 139)
"Chissà che cos'hai combinato tu in Russia. Be', gli ho detto, sono andato in biblioteca e devo dire, effettivamente, che
le biblioteche russe sono proprio diverse da quelle italiane. Alla Publicnaja di Leningrado, per esempio, e qui lui mi ha
interrotto dicendo Io sono stato in Svezia." (p. 153)
(Ravenna, Fernandel, 1999)
Nori, Paolo. -- Ente nazionale della cinematografia popolare. -- 2005. --
"Dice Terzani che nel milleottocentonovantotto i vagoni de luxe della transiberiana avevano sale da bagno, una biblioteca,
una palestra e una sala da musica con pianoforte" (p. 73)
"Oggi il vagone de luxe della transiberiana si differenzia dagli altri vagoni per il numero di posti [...] e per il colore
dei rivestimenti [...]. Per il resto, non solo non c'è la palestra non c'è la biblioteca non c'è la
sala da musica non c'è il pianoforte non c'è niente di speciale [...]." (p. 74, Milano, Feltrinelli, 2005).
Nori, Paolo. -- Grandi ustionati. -- 2001. --
"Il giorno della prima presentazione del mio primo romanzo Le cose
non sono le cose, che lo presentavano in una biblioteca in provincia
di Reggio Emilia a Cavriago, il responsabile della cultura della
Gazzetta di Parma riceveva un invito alla presentazione di un romanzo
di uno di Parma pubblicato per le edizioni Fernandel di Ravenna
[...]" (p. 23)
"Learco, mi dice Miasma, oggi ero in biblioteca che girottolavo, mi
domandavo cosa leggere, mi ha sorpreso questo desiderio di concertare
le nostre letture, qual'è l'ultimo artefice che ha attraversato il
tuo campo visivo? Foscolo, gli dico. Niccolò Foscolo, dice Miasma,
detto Ugo, benissimo, dice, una scelta eccellente." (p. 100)
"A Modena, intanto che ci sono, vado in biblioteca prendo un libro
del Foscolo le Ultime lettere di Jacopo Ortis [...] questo, mi
ricordo, delle Ultime lettere di Jacopo Ortis del Foscolo, un po'
poco, e a Modena in biblioteca prendo anche due libri di critica,
sulle Ultime lettere di Jacopo Ortis e sul Foscolo [...]." (p. 113)
"A Modena, davanti alla biblioteca incontro un critico di letteratura
che ha saputo dell'incidente, mi chiede se mi volevo suicidare, con
l'incidente. Inconsciamente, mi dice." (p. 114)
(Einaudi, 2001)
Nori, Paolo. -- I quattro cani di Pavlov. -- 2006. --
"Allora Pietroni [...] va in questa scuola superiore che non è superiore, lo accoglie un bibliotecario gli presenta
i nuovi arrivi i nuovi romanzi italiani contemporanei appena usciti che sono tutti stesi su un tavolo. Questo, gli dice il
bibliotecario, è un romanzo sul problema della tossicodipendenza, questo, gli dice, è un romanzo sul problema
della sessualità giovanile, questo, gli dice, è un romanzo sul problema dell'immigrazione, quello, è
un romanzo sul problema dei giovani nel meridione e Pietroni, guarda il bibliotecario Maaa, gli chiede, romanzi senza
problemi, non ne avete?" (p. 110-111).
Nello stesso romanzo anche altre due occorrenze della parola "biblioteca", ma riferite a una raccolta personale casalinga,
a p. 20 e 30. (Bompiani, 2006)
Nori, Paolo. -- Siam poi gente delicata: Bologna Parma, novanta chilometri. -- 2007. --
"Sembrava tanto erudito, Giuseppe Balsamo, docente di biblioteconomia all'università di Parma fondata tardissimo nel
medioevo o anche dopo." (p. 13)
"Cara Irma, qui c'è un freddo che tu non ti puoi immaginare e stamattina sono andato in biblioteca prestissimo che
c'era un buio, in giro, c'era buio come le caccole del naso. Stai bene e salutami tua mamma, firmato Il tuo babbo." (p. 22)
"Dopo un'altra lettera, penso, potrebbe essere Cara la mia Irma, qui c'è ancora più freddo di ieri e quando
sono uscito dalla biblioteca stasera c'era un buio, non come le caccole, adesso ti insegno, fai aprire la bocca a tua
mamma, avvicinati, guardaci dentro [...]." (p. 23)
"Dicono tanto S'è bruciata la biblioteca d'Alessandria, S'è bruciata la biblioteca d'Alessandria, Oh, che
disgrazia, dicono, s'è bruciata la biblioteca d'Alessandria. Ma lo sapete chi l'ha bruciata? Giulio Cesare." (p. 37)
"Uno va in biblioteca, a Reggio Emilia, e dice Sono tranquillo. Col chicco, che sei tranquillo. [...] Poi dopo, una serata
bruttissima non so perchè, o perchè nella biblioteca ho trovato un libro che mi scombussola tutto dalla testa
ai piedi [...]." (p. 91)
"A Reggio Emilia, nella celebre biblioteca di Reggio Emilia, biblioteca Panizzi, uno trova un libro russo e dopo nel
tornare a Parma comincia a leggerlo, lettura sapienziale, anche se subito non sembrava. [...] Dopo a un certo punto a
pagina sette di quel libro lì di letteratura russa, trovato alla bibliotca Panizzi di Reggio Emilia, uno a leggere
si accorge che a pagina sette, di quel libro lì, qualcuno a matita ha tracciato un apostrofo tra un e amico. [...]
Allora la coloratrice sapienziale gli chiede, a uno che va a Reggio Emilia e in biblioteca trova un libro sapienziale
Perchè non mi scrivi una poesia, da colorare? [...] Dopo a pagina diciannove, in quel libro lì sapienziale
trovato alla biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, biblioteca sapienziale di una città sapienziale di sapienza
emiliana [...]." (p. 97-98)
"Cara Irma, volevo chiederti, sei te che fai degli sbordacci sui libri della biblioteca Panizzi di Reggio Emilia?." (p. 103)
"Una volta, un po' di tempo fa una mia conoscente mi ha chiesto di scrivere un pezzo sulla biblioteca dove lei ci lavora,
che è una biblioteca dove vado anch'io, qualche volta. Le serviva questo pezzetto per pubblicarlo poi nel bollettino
della di lei biblioteca per i loro utenti, per cortesia. Ma non so cosa scrivere. Ma va benissimo anche quella cosa che mi
hai raccontato di tua figlia. Ah. Davvero? Sì sì. Allora ho scritto un pezzetto che si chiama Delle volte che
gliel'ho anche mandato. Delle volte. Nella biblioteca Sala Borsa c'è una mia conoscente che ci lavora che mi ha chiesto
di scrivere una cosa io però a dire il vero non ho niente da scrivere. Io ormai nella biblioteca Sala Borsa vengo
solo in quella dei piccoli che c'è una sala che veniamo io e mia figlia delle volte che è una sala molto
bella che i bambini ci possono giocare tranquillamente. Delle volte quasi sempre ci sono dei bambini più grandi che
trattano male mia figlia perlomeno così sembra a me lei però va all'asilo è abituata poi ha un buon
carattere non se la prende [...]" (p. 104)
"Il quartiere di Modena io l'ho frequentato qualche anno fa, andavo anche in biblioteca, a Modena. Adesso ci vado più
raramente, adesso vado in centro, a Bologna, a trovare l'Irma, nell'estrema periferia, Parma, quartiere dormitorio, e in
periferia, Reggio, la city, a fare i lavori e vado anche in biblioteca, nella city. [...] Ci sono delle biblioteche anche a
Parma, solo sono dei posti, le biblioteche di Parma, non la Palatina, quelle altre, tristi, come se leggere i libri fosse
una cosa triste." (p. 136)
(Roma-Bari, Laterza, 2007)
Nori, Paolo. -- Si chiama Francesca, questo romanzo. -- 2002. --
Riferimenti alla biblioteca Lenin di Mosca, dove il protagonista si e' recato per preparare la sua tesi di laurea (p. 22).
"[...] pensavo io l'altro giorno intanto che dai sotterranei della Gazzetta di Parma mi avviavo verso l'oltretorrente che a pranzo
avevo un appuntamento con Mario che potevo anche andarci in autobus ci andavo a piedi per via di un filosofo russo che era
anche un bibliotecario.
Che in Russia a Mosca nell'ottocento, ho pensato io l'altro giorno intanto che proveniente dai sotterranei della Gazzetta di
Parma mi incamminavo lungo la via Emilia verso l'oltretorrente, c'era un bibliotecario della biblioteca Rumjanevskij che era
anche un filosofo che lui aveva una teoria evolutiva che l'altro giorno io ho pensato che se per caso cominciavo a scrivere un
altro romanzo ne volevo parlare, di questa teoria, Che ha anche a che fare con la mia salute con lo stato attuale della mia
evoluzione e essendo i romanzi che scrivo dei romanzi che tutti dicono son autobiografici non dovrei far fatica, infilarcela
dentro, ho pensato.
Che questo bibliotecario filosofo, amico personale di Fëdor Michailovic Dostoevskij di
Lev Nikolaevic Tolstoj, lui pensava che nel futuro dell'umanità c'era un'evoluzione
imminente e inevitabile la conquista dell'immortalità per tutti anche per quelli che
eran già morti che la resurrezione dei corpi predetta dalle scritture lui non la
prendeva come una metafora, secondo lui sarebbe proprio successa concretamente i vivi
sarebbero restati vivi per sempre i morti sarebbero tornati in vita per questo motivo era
necessaria la conquista e la colonizzazione dei pianeti vicini per via che sulla terra
altrimenti tra poco non ci sarebbe stato più spazio.
Che lui diceva, questo bibliotecario filosofo, che era anche un fatto logico ci si poteva
arrivare con le similitudini che come nella
notte dei tempi l'uomo si era evoluto era passato dalla condizione che strisciava su quattro
zampe si era alzato su due era
passato da uno stato bidimensionale a uno tridimensionale, lui diceva che era matematico che
si sarebbe presto passati da uno
stato tridimensionale a uno tetradimensionale che l'uomo avrebbe conquistata la quarta
dimensione che è il tempo l'avrebbe
dominata in tutte le sue varianti di passato presente futuro l'avrebbe usata come voleva,
pensava il filosofo, pensavo io l'altro
giorno intanto che zoppicavo morto di sonno verso l'osteria con cucina Pedale veloce nel
quartiere più povero e più,
pittoresco del capoluogo emiliano." (p. 41-42)
Una volta una biblioteca ha pensato di fare un incontro sui miei libri preferiti, mi hanno
chiesto di fare una lista che poi li avrebbero cercati li avrebbero proposti ai lettori, io ho
cominciato a scrivere, aveva detto questo scrittore, uno due tre quattro cinque sei sette otto
nove dieci undici dodici, aveva detto, e intanto faceva il segno di lui che prendeva appunti
noi spettatori Oooooh, pensavamo, sono proprio tanti, e lui poi aveva detto che dopo un quarto
d'ora gli era venuto un dubbio aveva telefonato alla biblioteca Trentadue titoli, aveva
chiesto, sono abbastanza?
Ma no, gli avevano detto la biblioteca, trentadue, che esagerato, due, tre, gli avevano detto,
Ooooh, avevamo pensato noi ascoltatori trentadue titoli in un quarto d'ora, oooh, mi son
ricordato io l'altro giorno nella hall del teatro cattolico lì di Milano intanto che
arrivava un ragazzo che era anche lui in anticipo veniva da noi sul divano si sedeva con noi
anche lui si metteva a fumare." (p. 64)
"[...] non c'era neanche la soddisfazione di verificare se era circus o era square era una via normalissima senza segreti senza
neanche dei negozi di dischi o delle librerie o delle biblioteche dove comprare o prendere a prestito almeno dei libri di filosofia
sufi non c'era niente da fare, solo andare avanti e indietro [...]" (p. 93)
"[...] è come una via Emilia ma molto più piccola [...] non c'è neanche una libreria neanche una biblioteca che almeno uno
potrebbe leggere un libro di filosofia sufi o al limite Eco o Castaneda svagarsi un attimo [...]" (p. 96)
(Torino, Einaudi, 2002)
Nori, Paolo. -- Spinoza. -- 2000. -- Il protagonista Learco
Ferrari, scrittore parmense inedito ma prossimo alle prime pubblicazioni,
traduttore e magazziniere per mantenersi, frequenta biblioteche e partecipa
a concorsi e colloqui per posti di bibliotecario.
"Erano i primi tempi che avevo deciso di scrivere. Era strano, allora.
Avevo deciso di scrivere tutti i giorni. Solo, mi sedevo al computer, non
avevo niente da scrivere. Allora cercavo gli argomenti. Come argomento mi
era venuta in mente la vita di Eleonora Vallone. Io, pensavo, vado in
emeroteca, prendo tutti gli Stop, i Novella duemila, gli eva tremila che
hanno, faccio le fotocopie degli articoli su Eleonora Vallone, poi scrivo
la sua vita." (p. 17)
"Il concorso in biblioteca lo sapevo che non lo vincevo. Ero andato per
vedere com'era. C'era pieno. Saremo stati in mille, divisi in due turni.
Io, secondo turno, aspettavo fuori mezz'ora. C'era pieno di gente che
ripassava, io fumavo e leggevo un libretto palermitano, storie di matti.
Dopo ci facevano entrare. Ci davano una busta, ci davano una penna, ci
davano dei questionari. Dentro la busta c'era un'altra busta con un
foglietto che sopra bisognava scrivere nome, cognome, indirizzo e sigillare
e rimettere dentro la busta più grande. Dopo bisognava compilare il
questionario. In dieci minuti avevo già finito. Bisognava rimettere tutto
dentro la busta e richiudere. Leccavo la colla sulla busta e chiudevo. Mi
mettevo a rileggere le storie palermitane. Vedevo che passavano a
consegnare dei tubetti di colla per chiudere le buste. Uscivo che c'era un
traffico, sulla tangenziale, infernale." (p. 29)
"Andavo in centro, finalmente nullafacente, di mattina, perché di sera
avevo sempre questa storia del magazzinaggio, due ore, andavo in centro a
girare, con due libri da restituire alla biblioteca, prendete, prendete,
rendete, e nel tornare mi venivano in mente tutte le storie che erano state
bloccate nella mia testa per tanto tempo." (p. 37)
"Mercoledì, al mattino, appuntamento in una biblioteca a discutere un
contratto per l'anno prossimo, venti ore ore la settimana, venti milioni, a
fare il bibliotecario" (p. 50)
"Mi mettevo a leggere, che in biblioteca avevo preso Etica dimostrata
secondo l'ordine geometrico, di Benedetto Spinoza, e due o tre libri di
Bernhard" (p. 59)
"Ti interessa questo lavoro, mi chiedevano. Sì. Hai già lavorato in
biblioteca, mi chiedevano. No. Hai già usato internet, mi chiedevano. No.
Hai già lavorato col pubblico, mi chiedevano. No. Mi sembra che il
colloquio sia andato bene, mi dicevano alla fine. Annuivo." (p. 65)
"Andavo in biblioteca per restituire i tre libri di Beckett, che ne vevo
letto sì e no dieci pagine, poi ci eravamo disgustati, con Beckett, e
Etica dimostrata secondo l'ordine geometrico, di Benedetto Spinoza, che
l'avevo aperto, avevo letto Parte prima. Dio, l'avevo richiuso." (p. 75)
"Dovevo cercare un libro nel casino dei libri di casa mia, che la
biblioteca mi aveva scritto, Learco Ferrari, mi avevano scritto, sono sei
mesi che ha questo libro, cosa pensa di fare ?" (p. 94)
"Meno male mi chiamava la biblioteca, mi dicevano Learco Ferrari, il libro
che non ci ha restituito per mesi e mesi, l'hanno trovato nella biblioteca
di Modena, sotto un tavolo. Ce lo mandano loro per posta, Learco Ferrari,
le è andata bene." (p. 97)
"Mario diceva che lo licenziavano, la biblioteca dove lavorava. Erano dei
suoi amici, ma lo licenziavano perché una volta si era scordato di aprire
la biblioteca. Forse, era per quello, non aveva capito bene. Era deluso
soprattutto dal fatto che erano suoi amici, diceva." (p. 104)
"A Cavriago, le dicevo, dovevo andare anch'io a lavorarci, in biblioteca;
avevano fatto dei colloqui, che avevano bisogno di un aiutante, ero
arrivato secondo. Mi avevano telefonato che stavo dormendo, con questa
notizia che ero arrivato secondo. Mi dispiace, mi aveva detto la
bibliotecaria. Sei stata gentilissima, le avevo detto, ed ero tornato a
dormire, che ero stanchissimo, quiei giorni lì." (p. 128)
(Torino, Einaudi, 2000).
Nori, Paolo - Raffaini, Marco. -- Storia della Russia e dell'Italia: romanzo storico epistolare. -- 2003. --
Contiene numerosi passi sulle biblioteche. Ad esempio...
"Che poi per fortuna qualcuno aveva fatto subito un'altra domanda per sciogliere l'imbarazzo che si era creato Lei nei suoi
libri parla spesso di biblioteche, che rapporto ha lei con le biblioteche, mi avevano chiesto, e io stavo per rispondere,
qualcosa da dire ce l'avevo, che sulle biblioteche ne sapevo sicuramente di più che su Spinoza solo che prima che
rispondessi te che eri tra il pubblico Che domanda, hai detto, per Learco le biblioteche sono come per me le agenzie
ippiche." (p. 61)
"Biblioteca di qua, biblioteca di là, sempre a parlar di biblioteche, te basta che c'è una biblioteca e sei
contento. Quaranta pagine a parlare di biblioteche, io non lo so." (p. 76, Ravenna, Fernandel, 2003).
Nuzzolo, Massimiliano. -- L'ultimo disco dei Cure. -- 2004. --
Romanzo parzialmente autobiografico. A p. 154:
"In effetti a me e Mario è capitato spesso di discutere sulla collocazione
che dovremmo avere tra i giovani mestrini. Non apparteniamo alla prima
categoria, in quanto ricusiamo ogni forma di standardizzazione, odiamo le
discoteche e la febbre del sabato sera, il macchinone (pronto a
schiantarsi su un bel platano) e la biblioteca, dove tutto si fa fuorchè
studiare: sindrome da deficienza acquisita e volontaria, e non
esiste una cura."
(Milano, Sironi,2004)
Oggero, Margherita. -- Una piccola bestia ferita. -- 2003. --
Però, per arrivare alla biblioteca civica [di Torino], preferì passare nella zona a
traffico limitato. Andare in biblioteca era sempre una gioia, che cominciava
già sul marciapiede e sulla scala d'accesso, ingombri di persone di età
varia ma perlopiù ragazzi con libri sotto il braccio negli zaini in borse di
carta e di plastica. (p. 177)
Nelle sale i tavoli erano tutti occupati, il rumore di sottofondo era quello
di libri spostati o sfogliati, di qualche sommesso bisbiglio, un'oasi di
pace nella frenesia della competizione brutale e rumorosa, di clacson
premuti rabbiosamente, di spintoni, invettive e schiamazzi. La fortuna
continuava a essere dalla sua parte: al computer per le ricerche
bibliografiche c'era il più gentile dei bibliotecari, un trentenne timido
occhialuto e con l'aria insicura che però si muoveva con sicurezza e abilità
nei meandri di classificazioni e rimandi incrociati. Con lui, oltre che alla
solita intesa che si stabilisce immediatamente tra tutti quelli che dei
libri non sanno fare a meno ne era nata una più profonda e personale basata
sulla scoperta di predilezioni e idiosincrasie comuni: tra le prime Melville
Conrad e i racconti di mare, tra le seconde gran parte degli ultimi
scrittori irlandesi. Gli spiegò quel che cercava -testi di analisi sul mito
di Ifigenia-, lui picchiett&ograv; sui tasti del computer per qualche minuto poi
le stampò due videate fitte fitte con l'indicazione delle opere e di dove
erano reperibili: per portarsi a casa solo quelle presenti alla civica
avrebbe dovuto ricorrere a Gondrand. Si sistemò di sbieco a un tavolo, si
studiò un poco la lista e scelse tre volumi che le parevano più promettenti
di altri, anche in relazione al numero non massacrante di pagine, li prese
in prestito e uscì. (p. 178, Milano, A. Mondadori, 2003)
Pansa, Giampaolo. -- Il sangue dei vinti : quello che accadde in Italia dopo il 25 aprile. -- 2003. -- Livia,
bibliotecaria della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, unico personaggio di fantasia del libro di Pansa, aiuta
l'Autore a ricostruire i tragici fatti dei mesi immediatamente successivi al 25 aprile.
Giampaolo Pansa nell'introduzione al libro, rivolto al lettore, esordisce: "L'unico personaggio immaginario di questo libro
è Livia Bianchi, la bibliotecaria di Firenze". E poche pagine dopo ne fornisce la descrizione: "Era una bella donna
sui quarant'anni, alta, più cicciosa che asciutta, capelli neri sciolti sulle spalle. Vestiva un abito intero, di
colore scuro, che le disegnava con malizia le forme. Il viso era dominato da un naso sottile, lungo nel modo giusto. E da
due occhi che scrutavano con un'espressione cortese, quasi dolce".
(Milano, Sperling e Kupfer, 2003)
Panzini, Alfredo. -- Il diavolo nella mia libreria. -- 1920. -- Contiene una biblioteca ereditata.
Papini, Giovanni. -- Un uomo finito. -- 1913. --
Nella sua autobiografia (scritta a trent'anni), Papini racconta il suo primo ingresso
alla Nazionale di Firenze.
"Dopo qualche anno di letture furiose e disordinate mi accorsi che i pochi
libri ch'erano in casa...non bastavano. Seppi da un ragazzo, un po' più
grande di me, che c'erano in città grandissime e ricchissime librerie aperte
a tutti, dove in date ore si poteva andare, chiedere qualunque libro si
volesse, e, quel che più conta, leggerli senza spender nulla. Decisi di
andarci subito. C'era però una difficoltà: per entrare in quei paradisi
bisognava aver per lo meno sedici anni. Io ne avevo dodici o tredici, ma per
la mia età ero anche troppo alto. Una mattina di luglio mi provai...Scrissi
alla peggio la mia scheda e la presentai...L'impiegato - lo ricordo ancora:
sia maledetto!... - mi squadrò con aria di compatimento e con esosa voce
strascicata mi chiese: - Scusi, quanti anni ha lei ? - Feci il viso rosso
più di rabbia che di vergogna e risposi, facendomi più vecchio di tre anni -
Quindici - Non bastano. Mi dispiace. Legga il regolamento. Torni tra un
anno. Uscii di là umiliato, indispettito, abbattuto e tutto gonfio di odio
fanciullesco contro quell'orribile uomo che impediva a me, povero e affamato
di sapere, il libero uso di un milione di libri...Non aspettai neppure un
anno per tentar la seconda prova. Anche questa riuscì male. Dovetti arrivare
ad un'altra estate per vincere...Tutto là dentro mi pareva santo e
maestoso...Diventai presto come di casa, imparai le facce dei distributori,
scopersi i segreti delle segnature, penetrai nei cataloghi...".
(p. 19-22, Firenze, Vallecchi, 1968)
Parente, Massimiliano. -- Mamma. Romanzo d'amore. -- 2000. --
"Scioccante vicenda di un amore proibito tra una madre e suo figlio" [dalla
quarta di copertina] narrato in prima persona dal figlio.
"Brutto tempo, viene a prendermi in macchina, di fronte alla biblioteca,
dove sono stato un paio d'ore per cercare di finire la mia ricerca
bibliografica, della quale non mi interessa nulla, so già che salterò alla sessione successiva, o a quella successiva
ancora. Temo che tenterà di baciarmi, e spero che lo faccia, o che non ne abbia il coraggio, e
allora non sarò certo io a farlo". (p. 30, Roma, Castelvecchi, 2000)
Pauletto, Giancarlo. -- Amati giri ciclici : poesia e prassi della bicicletta. --
1990. --
Todos caballeros.
Robusti lattonieri quarantenni amano pedalare in compagnia sulle colline venete, o sulle prealpi lombarde, o sulle ondulate strade
toscane; solidi, forti, rosolati contadini cinquantenni si danno battaglia lungo interminabili rettilinei pianaroli; occhialuti, magri
studenti ventenni s'inseguono elegantemente piegati sul manubrio, sfogando una propizia e magari felice giovinezza; insegnanti di
ragioneria, di fisica o di latino non disdegnano impegnarsi allo spasimo in salita, oppure chiacchierare di scuola, presidi e studenti
avendo alzate le mani sul manubrio; medici di base, specialisti tisiologi, chirurghi in vacanza, dentisti assetati comprano biciclette
da milioni con la scusa del moto che fa bene; frati cappuccini, missionari comboniani, seminaristi estivi e parroci di campagna
in incognito - tutti, peraltro, riconoscibili dalla sommarietà dell'abbigliamento - combattono pedalando le tentazioni della
carne; lindi camerieri, barbuti bibliotecari, impiegati in pensione schiamazzano dietro alle ragazze passando in frotta per le strade
dei paesi; negozianti di orecchini, rivenditori di granaglie, geometri con colbacchi invernali tentano calare la pancetta figurandosi
future, irraggiungibili magrezze; operai della catena, operai delle forge, lenti e tranquilli operai comunali si danno appuntamento
davanti al Bar Sport, alle otto esatte di mattina; idraulici azzimati, occhiglauchi maestri di sci, intellettuali non più organici -
e giornalisti un poco vergognosi - dimenticano problemi tubici, curvici, ruolici e autocensorici 'stando alla finestra' come il miglior
Saronni in una bella mattina di primavera; tutti insieme, in mille, in duemila, corrono verso i monti, o verso il mare, con il sole, o
con la pioggia, si fanno fenomenali pastasciutte, trincano smodatamente o parcamente o, nei casi più preoccupanti, non
trincano affatto; di tanto in tanto, nel gruppone, emergono femmine, bellissime: con meravigliosi mandolini. Qua e là si
individuano pallidi poeti, corruschi militari, pittori spampanati. Scarseggiano invece, e di molto, i politici: e questo è male,
perché la bicicletta è onesta, ciò che promette, mantiene: avrebbero da essa, i nostri beneamati,
qualcosa da imparare.
(Portogruaro, Ediciclo, 1990)
Pecchio, Giuseppe. -- Osservazioni semiserie di un esule in Inghilterra. --
1831. --
"... i protettori e protetti da queste classi ben conobbero questo
inconveniente, e col loro infaticabile zelo si diedero a cercarne i rimedi
[Si tratta degli effetti disumanizzanti del lavoro a catena]. Immaginarono
dunque delle biblioteche pei manifattori da stabilirsi in ogni città. Esse
non sono aperte che due ore nella sera; contengono storie, viaggi, disegni
di macchine. La sottoscrizione per un trimestre non costa che diciotto soldi
inglesi." (p. 53, Milano, Longanesi, 1975)
Peretti, Valerio. -- Buon natale bastardi. Storie di straordinaria perfidia. -- 2000. --
In una raccolta di 28 raccontini al fulmicotone, l'autore ci offre un eccellente campionario di cattiverie, in grado di
fare da autorevole contrappasso alle caramellosità zuccherose che ogni anno, con l'approssimarsi del natale, ci
vengono propinate dalla narrativa italiana e straniera. Qui non c'è traccia di happy end e di buoni sentimenti. E
anche i bibliotecari sono costretti a liberarsi della loro tradizionale bontà per dar corpo alla peggiore delle
crudeltà: abbandonare ai bordi dell'autostrada un bambino scambiato erroneamente per cagnolino. Succede a Marisa, la
bibliotecaria protagonista di uno dei racconti, che ama molto gli animali, e durante una gita in Messico non ha cuore di
lasciare nel fango di una strada un piccolo chihuahua dagli occhi dolci.
"Lasciato il bar, l'uomo [Babbo Natale] si ritrovò a passare davanti alla biblioteca del comitato di quartiere. Un
piccolo spazio autogestito in cui i giovani durante il giorno potevano leggere, ascoltare musica e scambiarsi opinioni,
mentre di notte potevano rubare libri, impianti stereo e scambiarsi sostanze stupefacenti. Davanti all'ingresso c'era
infatti un ex ragazzo sbandato che grazie alla biblioteca aveva potuto studiare e laurearsi in economia e commercio, così
ora non era più un tossico dipendente, ma un tossico imprenditore. Non chiese la carità all'uomo... gli
chiese un finanziamento, se l'uomo glielo avesse rifiutato il tossico imprenditore lo avrebbe punto con una Montblanc
infetta. L'uomo, comprensivo, pagò senza fiatare e quello lo lasciò entrare. Appoggiati alle pareti, gli
scaffali mezzi vuoti davano una immagine desolante del posto. A terra, in un angolo, c'era un cartone cosparso di colla con
in mezzo un dizionario. Aveva lo scopo di catturare i topi di biblioteca
Nel complesso, però, era un posto tranquillo, e comunque l'uomo non era entrato per leggere né tantomeno per
studiare. Era entrato per osservare una signora. All'uomo faceva piacere verificare di persona se i regali fatti l'annoprima avessero soddisfatto le aspettative dei clienti. Una sorta di analisi di mercato fatta in proprio, nel tentativo di migliorare il servizio natalizio di Babbo Natale.
Marisa, la bibliotecaria, l'anno precedente gli aveva inviato una lettera in cui chiedeva come regalo la possibilità
di fare un bel viaggio, di quelli importanti, che non si possono dimenticare...
Marisa era una donna semplice, di quelle che non hanno tanti grilli per la testa, perché si lavano spesso i capelli.
Nella vita amava due cose: gli animali e i viaggi. Per questo, da ragazza, aveva tentato inutilmente di fidanzarsi con un
piccione viaggiatore." (p. 107-109, Casale Monferrato, Piemme, 2000)
Permunian, Francesco. -- Camminando nell'aria della sera. -- 2001. --
In un paese sulle rive meridionali del lago di Garda, il dottor Porfirio Papas, dall'osservatorio privilegiato del suo
studio di medico condotto, guarda la vita scorrere sotto le sue finestre. Niente sfugge al suo occhio disincantato: i
notabili, il clero, le ex-amanti, i matti del vicino manicomio, gli intellettuali, le vecchie signorine di provincia. C'è
il professore Amintore Medaglia, scappato dalla Milano giornalistica e letteraria e dal cinico mondo dell'editoria per
finire tra le grinfie dei surreali membri di un'associazione culturale. C'è pure lanziano bibliotecario Edoardo,
organizzatore di ambiziosi corsi di scrittura creativa.
Povero Edoardo, dopo tanti anni di lavoro in biblioteca, cosa mai gli starà succedendo? Che sia un po' svanito, ora
che è prossimo alla pensione? Ogni volta che rimette a posto un libro, gli capita di ricordare il volto di chi,
quel libro, l'ha consultato oppure preso in prestito. Una folla silenziosa e variopinta occupa la sua mente, mi ha
confessato, e gli tiene compagnia. Perciò gli è sempre penoso constatare che un certo numero di lettori non
tornerà più in biblioteca, per il semplice fatto che sono morti. Costoro vengono segnati in un registro a
parte, un quadernone nero con la scritta Registro Assenti che sembra lanagrafe dei fantasmi. Il signor Edoardo ricorda
tutti, presenti e assenti; basta che abbiano messo piede almeno una volta in biblioteca, ognuno occupa stabilmente una
nicchia allinterno della sua memoria prodigiosa." (p. 15)
Lautore è bibliotecario a Desenzano del Garda. (Milano, Rizzoli, 2001).
Pincio, Tommaso. -- Un amore dell'altro mondo. -- 2002. --
Decise di lasciare il posto di custode notturno presso la biblioteca
pubblica di Aberdeen. Non era male, il lavoro alla biblioteca. Era un lavoro
ed era una ragione in più per rimanere sveglio la notte, anche se di ragioni
ne aveva così tante che la metà sarebbero bastate. Inoltre era un luogo
sicuro; un po' mortifero forse, ma sicuro. Poi gli piaceva come l'eco dei
suoi passi nella sala lettura sembrava fungere da richiamo per la pioggia
che arrivava immancabile ogni notte. Il sommesso rumore della pioggia e
l'eco dei suoi passi nella sala di lettura. C'era un che di bello. (p. 22, Torino, Einaudi, 2002)
Pirandello, Luigi. -- Il fu Mattia Pascal. -- 1904. -- "Fui, per circa due anni, non so se più cacciatore di topi che guardiano di libri nella biblioteca che un monsignor Boccamazza, nel 1803, volle lasciar morendo al nostro Comune. È ben chiaro che questo Monsignore dovette conoscer poco l'indole e le abitudini de' suoi concittadini; o forse sperò che il suo lascito dovesse col tempo e con la comodità accendere nel loro animo l'amore per lo studio. Finora, ne posso rendere testimonianza, non si è acceso: e questo dico in lode de' miei concittadini." (p.48) "- '[...] Conosci Romitelli?' - 'No' - 'Come no! Quello che sta laggiù, alla biblioteca Boccamazza. È sordo, quasi cieco, rimbecillito, e non si regge più sulle gambe. Iersera, a cena, mio padre mi diceva che la biblioteca è ridotta in uno stato miserevole e che bisogna provvedere con la massima sollecitudine. Ecco il posto per te!' - 'Bibliotecario?' escalami. - 'Ma io...' - 'Perché no?' disse Pomino. - 'Se l'ha fatto Romitelli...' Questa ragione mi convinse. [...] E così quattro giorni dopo, diventai bibliotecario. Sessanta lire al mese. Più ricco della vedova Pescatore! Potevo cantar vittoria" (p.81-82). (Milano, Mondadori, 1965).
Pontiggia, Giuseppe. -- Il giocatore invisibile. -- 1978. --
Un professore universitario viene attaccato da un lettore anonimo dalle pagine di una rivista di filologia classica, "La
Parola agli Antichi", per un'etimologia inesatta. Questo attacco diventa una specie di ossessione per il professore che
cerca di scoprire l'autore dell'articolo, indagando tra i suoi colleghi del dipartimento di antichità classiche, ma
anche tra assistenti e studenti. Un paio di scene si svolgono nella biblioteca del dipartimento.
"Alla biforcazione del cunicolo, una freccia indicava sulla destra la biblioteca. [...] Si alzò e si diresse alla
vetrina delle riviste, lungo la parete di destra. Quelle di antichità classica, allineate su un piano inclinato come
su un leggìo, esponevano il loro primo numero nell'angolo in penombra. Premette il pulsante vicino allo spigolo e
la luce fece risplendere le copertine sotto il vetro: "Oriente e Occidente", con la zattera di Ulisse che galleggiava su
uno sfondo d'oro, poi "Apollon", un sole dai raggi di Medusa, e poi "Graecia", un fregio del Partenone tra pampini liberty
che si avviticchiavano a un capitello, e "La civetta di Minerva", che fissava da un trespolo il lettore, seguita dalla
colonna decapitata di "Philologica"; e poi la lucertola sul mosaico a pezzi di "Trinacria", le mele d'oro appese a un ramo
di "Hesperia", il delfino che guizzava su un'onda di "Mare Nostrum", la curva dello stadio di Olimpia in "Gioventù
dell'Ellade", il bue laziale di "Origines"; poi "Etruria", con un volo di falchi sopra l'editore, poi la carta patinata
delle "Muse" e il tunnel nelle mura ciclopiche di "Antichità italiche" e infine la maschera tragica, in inchiostro
di china, di "La Parola agli Antichi", che spalancava la bocca sotto due orbite vuote. In basso era scritto: 'fondata il
quinto anno dopo l'Unità'. In quel momento vide l'assistente che entrava cauto in sala dall'altra porta, quella
sovrastata dalla scritta 'Silentium', passava davanti alla luce della finestra e, arrivato di fronte allo scaffale delle
riviste, protendeva le sue braccia sottili verso il penultimo ripiano e afferrava delicatamente alcuni numeri di "La Parola
agli Antichi". Mentre li estraeva, i suoi occhi videro quelli del professore oltre i vetri. Allora depose le riviste sul
ripiano e attraversò la sala per raggiungerlo, volteggiando con leggerezza tra i tavoli e le sedie." (p. 17)
I suoi sospetti cadono sul collega Liverani, "Ricordava che un'altra volta, in biblioteca, nel vano della finestra
aperta sui giardini, mentre aspettavano che il commesso portasse i libri, Liverani gli aveva chiesto sorridendo: 'Ti
attirano sempre tanto le etimologie?' (p. 68)
Vi è inoltre la biblioteca di un circolo di scacchi.
"Il circolo intitolato a Paul Morphy era stato fondato trent'anni prima da un conte, che ufficialmente, nel corso della sua
vita, si era occupato solo di scacchi. Alto, magro, completamente calvo, il cranio coperto di efelidi, il viso
incartapecorito, sedeva assorto davanti a una scacchiera d'avorio in un ingrandimento fotografico in cima allo scalone. In
un arazzo sulla destra Dafne nuda era raggiunta da Apollo su uno sfondo di foglie dorate. Al termine della balconata si
accedeva alla biblioteca scacchistica lasciata in eredità dal conte, seimila volumi, tutti rilegati in pelle rossa,
con le iscrizioni d'oro zecchino. Si diceva che ne avesse letto solo qualcuno e che gli altri si limitasse a sfogliarli e
ad accarezzarli, prima di porli dietro ai vetri piombati della sua libreria." (p. 86, Milano, Mondadori, 1989)
Pontiggia, Giuseppe. -- La morte in banca. Un romanzo breve e sedici racconti. -- 1959 (solo romanzo breve
omonimo e 5 racconti). --
Protagonista del romanzo breve è un diciassettenne che, per motivi
economici, deve impiegarsi precocemente in banca, pur proseguendo nel
frattempo i propri studi letterari. La biblioteca ricorre spesso, da p. 14
in poi, come piacevole luogo di studio, contrapposto all'opprimente
ambiente bancario.
(Oscar Mondadori, 2003)
Pontiggia, Giuseppe. -- Prima persona. -- 2002. --
Raccolta, rimaneggiata, di testi brevi gia' apparsi su "Il Sole 24
Ore". Parecchi su libri, librerie, editoria, lettura, scrittura,
biblioteche private, ecc.
"Eccezioni - La figlia di un mio amico ha otto anni e legge un numero
stupefacente di libri. Li acquista, se li fa regalare, li cerca nella
biblioteca della scuola e del rione. La maestra le ha detto: "Leggi
meno". (p. 150-151).
"Biblioteche in fiamme - Il destino ultimo delle biblioteche, tranne
quella che Bachelard colloca in paradiso, è sempre stato il fuoco"
(p. 120).
(Mondadori, 2002)
Puppa, Paolo. -- Venire, a Venezia. -- 2000. --
Dodici monologhi teatrali. Il primo ("Cannaregio. San Geremia") ha
come unico personaggio "il bibliotecario".
"Mi chiamo Elio e ho quarantasei anni. Abito da queste parti. [...]
Io lavoro in Marciana, la biblioteca della mia città. Sistemo i
libri che arrivano e consegno quelli richiesti dai lettori. Un tempo,
ho sperato anch'io di diventare uno studioso. Stavo per pubblicare la
mia tesi. [...] Sono cominciati in Marciana dei lavori di restauro
nel piano terra, quello dove lavoro. [...] Un giorno, siamo usciti
assieme dalla Marciana, e per qualche minuto il percorso per tornare
a casa ci ha uniti. Ma in quei brevi momenti, credevo di morire per
la vergogna. Se mi avessero visto in compagnia d'un muratore
sconosciuto, sfiorato in biblioteca [...]. E torno sempre colla
memoria alla Pasqua, a quando la biblioteca è rimasta chiusa per
pochi giorni e alla smania che m'ha condotto sotto le finestre di
casa sua, nella corte dietro Sant'Alvise, col terrore di essere
scorto, col terrore di non trovarlo. E quando il ragazzo è tornato
in Marciana, ritemprato e reso ancor più fragrante da una sosta
salutare, l'ho trattato con ostilità e malumore. [...] Stasera non
andrò a letto, anche se domani mi aspetta il controllo dei prestiti
scaduti. [...] Spero solo che se ne vada via dalla Marciana. Via,
via. Basta, basta. i lavori, del resto, stanno per finire." (p. 11-19
Bologna : CLUEB,
2000)
Ramondino, Fabrizia. -- Passaggio a Trieste. -- 2000. -- La biblioteca del Centro Donna Salute Mentale di Trieste, è un luogo ricorrente nel romanzo. È lo spazio in cui le ospiti del Centro scrivono le loro poesie e le loro storie; è lo spazio dove l'autrice si rifugia per starsene un po' da sola, ma dove finisce sempre per incontrare qualcuno. "La biblioteca ha una tenda rosa. È la più bella stanza del Centro. È anche la stanza adibita ai colloqui." (p.105) Alcune delle donne del Centro sono anche assidue frequentatrici della Biblioteca civica di Trieste. Anche questa biblioteca, come molte altre, risulta essere un luogo essenziale di integrazione sociale e di contatto con il mondo per coloro che fanno fatica a condurre una vita "normale". (Torino, Einaudi, 2000)
Recami, Francesco. -- Il correttore di bozze. -- 2007. -- Nel suo secondo romanzo Recami intreccia
virtuosisticamente la routine professionale di un correttore di bozze con una vicenda poliziesca. "Eppure anche quando il
correttore leggeva un libro per diletto, un libro qualsiasi che prendeva in prestito in biblioteca, perché di
comprarli non se ne parlava, sono carissimi, carissimi, non resisteva alla tentazione di prendere nota di refusi, errori e
inesattezze che ci trovava (p. 61-62, Sellerio, 2007). "Il correttore si era preso la briga di andare in biblioteca, per
controllare nell'edizione originale" (p. 66). Inoltre riferimenti alle bibliografie a p. 70 e 108-109.
Recami, Francesco. -- L'errore di Platini. -- 2006. --
Gianni e Sabrina, trentenni, lui piccolo lavoratore autonomo, lei casalinga, hanno una vita normalissima, sebbene angustiata
dalla sciagura di una figlia definitivamente cerebrolesa. Sabrina, fantasticando di finire in prigione, si immagina mentre
"leggeva tutti i giornali e le pubblicazioni specializzate in economia, nel silenzio della biblioteca del carcere, ed era
diventata un'esperta del mercato azionario." (p. 107, Sellerio, 2006).
(p. 107, Sellerio, 2006).
Repetti, Paolo. -- Lamento del giovane ipocondriaco. -- 2000. -- Uno sfogo di Marta, la sorella del giovane ipocondriaco:
"Vuoi sapere qual è il tuo problema ? (no) Vuoi davvero che te lo dica ?
(no): è che sei astratto e didattico. Tu non parli, tieni delle lezioni.
Le poche volte che ti ho chiesto un consiglio, mi sono franati addosso
interi scaffali della tua dannata libreria. Non hai un briciolo di
passione. I sentimenti poi! non sai proprio cosa siano. La gente parla di
cose normali, oppure sta zitta. Ma tu lo senti che c'è. Lo senti dal
calore. Tu no. Te ne stai lì ad osservarmi e invece non mi vedi. Quello
che non mi va giù, quel che mi fa venire la bava, (ehi, non esageriamo!)
va bene, che mi fa infuriare è questo tirarti fuori da tutto. La mamma
è
morta da quindici giorni e lui di cosa viene a parlarmi? di quanti fottuti
secondi mi restano da campare. Capisci cosa voglio dire? (cristo, vuoi
smetterla di guardarmi come se avessi le mani sporche di sangue?) Sei
insopportabilmente didascalico, (questo me l'hai appena detto, piccolina)
voglio dire che sei sempre così sicuro di sapere tutto, hai la testa che
assomiglia a una biblioteca, ma credi davvero che ci sai anche una sola
delle mie amiche disposta a passare le sue giornate in una biblioteca?
(questa me la paghi)" (Milano: Mondadori, 2000, p. 41-42)
Romeo, Antonella. -- La deutsche vita. -- 2004. -- Vivace
autobiografia, in cui la Storia - quella della seconda guerra mondiale,
quella sociale della Germania e dell'Italia, quella dell'Europa
contemporanea - si intreccia alle storie quotidiane di una giornalista
italiana che vive ad Amburgo. Tra l'altro, descrive una visita alla
Marciana, erroneamente indicata come biblioteca civica, e si interessa al
planisfero conosciuto come Mappamondo di Fra Mauro. "Ricordo un'antica
rappresentazione geografica dell'Europa che avevo visto nella Biblioteca
Civica di Venezia. La mirabile opera di un monaco vissuto nel Quattrocento
veniva protetta dalla polvere con un sipario di velluto, in un settore
solitamente chiuso al pubblico. Ero entrata nella Biblioteca di Piazza San
Marco insieme a Denise, un'amica che fa la bibliotecaria a New York. Per lei
i colleghi veneziani avevano improvvisato una visita guidata. Così scoprii
quel tesoro geografico... Riconobbi i contorni ben disegnati del mio paese,
e subito cercai con lo sguardo lo Schleswig-Holstein. Con sorpresa vidi che
il cartografo si era dimenticato di disegnare le terre basse del Nord, che
si chiamano Dithmarschen e Nordfriesland. Al loro posto c'era solo mare. Poi
pensai che forse non era un errore, e cercai di trovare una spiegazione il
più possibile plausibile. Semplicemente a quell'epoca quelle terre non erano
ancora state strappate del tutto al mare grazie alle dighe, la cui
costruzione le popolazioni locali perfezionarono, grazie all'assistenza
tecnica degli ingeneri olandesi, nel XVII secolo."
(p. 142-143, 2007, Torino, Edizioni Seb 27)
Rossanda, Rossana. -- La ragazza del secolo scorso. -- 2005. --
La Rossanda racconta di quando scoprì, nel 1943, che il suo maestro, il
filosofo Antonio Banfi, era comunista.
"Dei comunisti avevo l'immagine che mi si era formata dentro durante la
Guerra di Spagna come vendicatività dei poveri, violenta, temibile.
Anche di quello dubitavo, era vero o non vero? Pressappoco in quei
giorni a Padova Marchesi faceva il discorso di apertura dell'anno
accademico e passava alla clandestinità. Non credo che lo sapessimo
subito. Non so chi mi disse: Ma Banfi è comunista. Ero così fuori di me
che puntai dritto su di lui fra un esame e l'altro. Se ne stava in sala
professori, appoggiato al termosifone freddo accanto alla finestra. 'Mi
hanno detto che lei è comunista'. Mi guardò, mi aveva fatto già due
esami, dovette concludere che ero quel che parevo, una in cerca di
bussola, che non percepiva neppure il senso mortale di certe parole.
'Che cosa cerca?' Gli dissi dei volantini che finora avevo visto, della
confusione, del non sapere. Si staccò dal termosifone, andò alla
scrivania e su un foglietto scrisse una lista nella sua grafia minuta.
'Legga questi libri, - mi disse, - quando li avrà letti torni'. Uscii,
corsi alle Ferrovie nord, in treno apersi il foglietto. C'era scritto:
Harold Laski, La libertà nello stato moderno e Harold Laski, Democrazia
in crisi; K. Marx, Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte e K. Marx, Le lotte
di classe in Francia dal 1848 al 1850. Un libro di De Ruggiero, mi pare.
Lenin, Stato e rivoluzione. 'Di S. quel che trova'. Restai pietrificata.
Era comunista, proprio comunista. Bolscevico. Mi balzarono alla mente le
immagini spagnole, sangue, polvere, violenza. A proposito, là aveva
vinto Franco, ma quando, come? Neanche sapevo. Scesi a Como, andai alla
biblioteca comunale. C'era un addetto non più giovane, gentile. Gli tesi
il foglietto. 'Guardi nell'ultimo cassetto, - mi disse, - quello che non
ha etichetta'. Mi avviai al vecchio classificatore dai cassetti
quadrati. In fondo, in basso, ce n'era uno in bianco, come fosse ancora
da riempire. Tirai verso di me. Era pieno. In ordine. Trovai tutto,
anche un K. Marx, Il capitale delle edizioni Avanti!, copertina di tela
e una piuma rossa - o era una bandiera - sbiadita. Di S. non trovai
niente. Sull'Urss c'era un libro di viaggi d'un ingegnere. Compilai le
schede e il bibliotecario mi portò i testi. 'Li posso portare a casa?'
Annuì. Non ci dicemmo niente.
[...]
A casa lessi tutta la notte, un giorno, due giorni. Non andai a Milano.
Come rientrava, Mimma [la sorella, Marina Rossanda] mi prendeva di mano
gli stessi libri. Papà e mamma non chiesero che cosa leggessimo, non
chiedevano mai. Da Laski saltai al 18 brumaio e da questo a Stato e
rivoluzione. Mi venne la febbre. Macigni interi cui ero passata accanto
andavano a un loro posto, non potevo più fare come se non ci fossero o
fossero fatali. In verità non era una scoperta, era una presa d'atto
senza più rinvii possibili. Collegavo, ricollegavo, parole, silenzi,
eventi cui ero passata accanto volutamente cieca. Lessi tutto, qualcosa
rilessi. Solo Il capitale mi cadde dalle mani, come non fosse il più
urgente.
[...]
Addio alla mia intangibilità, addio al sobrio e tiepido
futuro, alle lodevoli ambizioni, addio all'innocenza. (p. 73-74, Torino, Einaudi, 2005).
Scarpa, Tiziano. -- Kamikaze d'Occidente. -- 2003. --
Romanzo semi autobiografico, con numerosi riferimenti (alle pagine 41, 55,
56, 155, 157 e 170) alle biblioteche, tutti di passaggio e spesso riferiti
a letture pubbliche effettuate, appunto, in biblioteca.
(Rizzoli, 2003).
novità
Sciascia, Leonardo. -- Il consiglio d'Egitto. -- 1963. -- Diversi riferimenti a libri e biblioteche.
Sciascia, Leonardo. -- Una storia semplice. -- 1989. -- Descrive la biblioteca di casa Roccella.
novità
Siciliano, Enzo. -- Diamante. -- 1984. -- Un bibliotecario viene assunto da una ricca famiglia per catalogare la biblioteca e si troverà coinvolto nelle vicende dei suoi membri.
Soria, Pietro. -- La ragazza francese. -- 2005. --
- Sono a Moncalieri. Nella biblioteca storica da cui è stato trafugato lo Statuto. Era inutile mandarci Modica. Lo
conosci, ha difficoltà con le Pagine Gialle. Figuriamoci con la gotica bastarda. (p. 244)
- Adesso segnati il nome di questi due codici: Les très Riches Heures... E Les Belles Heures de Nôtre Dame.
- Fatto.
- Incominciamo dal secondo. Per quanto riguarda l'indagine, vale zero. È comunque il famoso legame con Torino: Un
frammento, chiamato Les heures de Turin, è infatti conservato al Museo Civico.
[...] il Codice viene diviso in due sezioni. La prima è rimasta in Francia. La seconda è finita nei Paesi
Bassi ed è sparita per qualche secolo. Una sua parte è poi misteriosamente ricomparsa nel Settecento tra i
beni della Biblioteca di Vittorio Amedeo II di Savoia, ma è andata distrutta in un incendio.
- E allora come fai a dire che è al Museo Civico?
- Calma. Negli stessi anni è stato scoperto un altro frammento nella Biblioteca dei principi Trivulzio a Milano.
È questo qua che abbiamo a Torino e, in effetti, è stato chiamato Les Heures de Turin-Milan. Pensa, le
miniature sarebbero di Jan van Eych. (p. 251-252)
Ed ecco la mia strepitosa scoperta: all'interno dello Statuto trafugato a Moncalieri c'era una copia pressoché
perfetta del febbraio che ti ho appena descritto. Con l'unica grande differenza rispetto alle Très Riches Heures. [...]
- Bene: nello Statuto rubato non si soffia piùù sulle mani per riscaldarsi. E sai perché?
- Dài, vieni al sodo.
- Perché le ha entrambe impegnate a tenere su un Calice... Ma c'è di più: il curatore qui sostiene che
il villaggio sullo sfondo, non chiedermi perché lo sa, è Montferrier in Ariège.
- E dove si trova di preciso?
- Tatatà! A dieci minuti da Montségur... (p. 254-255)
Le cose erano andate cos&igrav;: Modica, indagando sulla scomparsa dello Statuto, era finito nella Biblioteca storica di
Moncalieri. E, parlando con il curatore, aveva scoperto che Manuel era stato lì un mese e mezzo prima della sua morte.
[...] a De Mattia era venuto un sospetto.
Perciò aveva preso una decisione impensabile.
Aveva abbandonato volontariamente la sua tana.
Ed era andato a fare due chiacchiere con il curatore. (p. 255)
La prima cosa che aveva scoperto era che anche Hassan Fenumi, l'agente di Haboudiffa, era stato in biblioteca a domandare
del medesimo Statuto quando però era già stato rubato da almeno una settimana.
Alle sue insistenze il bravuomo si era fatto venire in mente che forse in archivio esisteva la tesi di una ragazza che si
era laureata in storia medioevale: ci aveva lavorato su quelle scrivanie per un bel po'. E, se non ricordava male, era
proprio incentrata su quel manoscritto. [...] Nella sua ricerca, l'autrice aveva fatto esplicito riferimento al Graal e a
Montségur, basandosi su quel famoso doppio febbraio.
Peccato che anche la tesi fosse sparita. (p. 256)
- E allora, se era tutto un inganno, perché qualcuno ha rubato il Codice?
Thérèse alzò di nuovo le spalle.
- Ti posso garantire soltanto una cosa: se chiami il tuo De Mattia, ti dirà che la biblioteca ha un pacco da
ritirare in posta. L'intestazione è "Manufatto libresco prezioso".
- Cazzo! L'hai rubato tu...
- Tu ammetteresti mai una cosa del genere? (p. 307)
Starnone, Domenico. -- Segni d'oro. -- 1990. -- Il protagonista del terzo romanzo di Starnone, è un bibliotecario di provincia, senza
nome, che vive un'esistenza priva di grandi soddisfazioni professionali.
"Facevo il bibliotecario, un lavoro casuale, di ripiego, tanto per non
finire insegnante anch'io. (p. 10)
Allora avevo concorso a malincuore per guadagnarmi un posto nelle
biblioteche comunali. C'ero riuscito: orari fissi, la scansione
implacabile del tempo di lavoro e di quello libero, la noia. In mezzo a
libracci stantii sfregiati da rari adulti con l'aria sospetta e da
bambini cisposi delle elementari, per un po' avevo perso la voglia di
leggere.
In compenso io e Virginia ci eravamo regolarmente sposati. Ero apparso
acquietato. Ma dopo poco tempo mi aveva preso la smania di impegni di
maggior concetto: un corso di aggiornamento, una traduzione per una
rivista, una comunicazione a un convegno sulla computerizzazione delle
biblioteche, una recensione alla Rai; cose di cui poi parlavo per
giorni come se fossero il mio vero lavoro. (p. 11)
[Chiede il trasferimento da Roma a Momtemori, per evitare alla moglie
che lì insegna di fare la pendolare]
Appena presi servizio a Montemori mi sentii sbiadire ancora di più.
Scoprii che potevo restare per un tempo indeterminato a esortare in
versi gli adolescenti che chiedevano libri in prestito o si mettevano
a leggere ai tavoli. Lasciate perdere, dicevo; godete, voi giovani
amanti, se l´ombra scnede sui volti e opaco un sonno ci preme. Così,
ma senza voce. Mi limitavo a farmi ronzare dentro le intonazioni più
disparate. Poi mi risvegliavo e mi domandavo: sono sciumunito? (p. 14)
A pochi passi dalla biblioteca scorreva il fiume Sacco ed emanava un
tanfo che ogni respiro era come se una cannonata mi avesse centrato il
torace. Nessuno però sembrava farci caso. Gli utenti, come si dice,
attraversavano il cortile a testa bassa o conversando amabilmente tra
loro, quasi che l´aria fosse acqua di colonia. Entravano disinvolti
nell´ambiente confortevole della biblioteca e se ne uscivano ancora più
disinvoltamente, con i libri che avevano sgraffignato, le pagine utili
che avevano trafugato, la taglierina di cui si erano serviti per mutilare i volumi. (p. 14)
I ragazzi delle scuole, infatti, venivano in biblioteca soprattutto per
due motivi. Il primo: cercare cenni su Montemori nelle opere di
D´Annunzio. Il secondo: imparare tutto su Enrico Toti che, lavorando da
ferroviere in quella zona, aveva perso la gamba qualche chilometro più
in là, sotto una locomotiva. [...] In genere gli insegnati arrivavano
con le scolaresche in libera uscita, me le affidavano e se ne andavano
al bar. (p. 16)
(Feltrinelli, 1990)
Tomasi di Lampedusa, Giuseppe. -- Il gattopardo. -- 1958. -- Si svolge in biblioteca la nota scena in cui il principe Salina spiega a Chevalley perché rifiuta il seggio da senatore.
Tondelli, Pier Vittorio. -- Camere separate. -- 1989. --
"Leo cammina solitario lungo i portici del paese. È costretto a
salutare quasi ogni persona che incontra, poiché conosce tutti e
tutti lo conoscono. Non si ferma, fa un breve cenno del capo agli
amici di suo padre, alle amiche di sua madre, a qualche parente, ai
fratelli o alle sorelle degli amici, alle commesse dei negozi del
centro, all'orologiaio, al barista, al farmacista, a un suo
professore del liceo, al suo vecchio allenatore di basket, al
vicesindaco, all'impiegato della biblioteca comunale, a un gruppo di
ragazzini di un complesso rock, a una su compagna di scuola, alla
madre di questa compagna che segue distanziata di qualche metro."
(Bompiani, 1999, p. 131)
novità
novità
Vassalli, Sebastiano. -- Dux. -- 2002. --
Gli ultimi anni di Giacomo Casanova a Dux, bibliotecario presso il Conte di Waldstein.
(Einaudi, 2002)
Vassalli, Sebastiano. -- Un infinito numero. -- 1999. --
"[Ottaviano] si rivolse a Mecenate. Lo lodò per il suo impegno in favore
delle arti e della poesia, e gli annunciò di voler acquistare, per conto
dello Stato che le avrebbe donate alle biblioteche pubbliche, tutte le
copie disponibili delle opere di Virgilio; lasciando di sasso quelli che lo
stavano ascoltando, compresi (credo) l'autore e l'editore delle opere in
questione." (Einaudi, 1999, p.51).
Vecchioni, Roberto. -- Il libraio di Selinunte. -- 2004. --
Selinunte è una città in cui "non si comunica più a parole, ma a codici", non c'è più
memoria del passato e "il pensiero è lettera morta". Ma una volta le cose non stavano così. Tutto è
cambiato dopo la vicenda del libraio che lo scrittore (nonché cantautore) racconta nel libro. Il libraio arriva
improvvisamente in città, apre la libreria e vi tiene delle letture, alle quali però nessuno partecipa se non
il giovane Nicolino (io narrante). L'inizio della fine di Selinunte è il rogo della libreria, che evidentemente
evoca allo scrittore memorie di roghi di biblioteche in quanto così lo descrive: "Quando i pompieri ebbero finito,
e ci volle poco, le fondamenta della casa sembravano la bocca di un vulcano, di quelli che mandan giù
continuamente fumo, ma non eruttano mai. Non c'era più niente, non un modbile, non una stampa o un quadro, non una
sedia. E nemmeno un libro. Di quell'enorme biblioteca blu cobalto non era rimasto un volume, neanche bruciato, neanche a
pezzi. Come se tutti i libri fossero stati portati via insieme, trascinati altrove prima o durante o chissà quando,
in quell'incendio." (p. 51, Torino, Einaudi, 2004)
Veltroni, Walter. -- La scoperta dell'alba. -- 2006. --
Dalla sovraccoperta: "Giovanni Astengo, poco più di quarant'anni, lavora all'Archivio di Stato, dove cataloga le vite
quotidiane eppure straordinarie racchiuse nei diari di persone come tante."
Dall'incipit dell'ultimo capitolo (p. 143 e seg.):
"L'ingresso della biblioteca è grande, ben tenuto. Quando arrivo c'è poca gente. entro nella stanza delle
richieste dei libri. C'è una signora, sessanta anni o giù di lì, che sta lavorando al computer. Ha una
targhetta con il nome: Laura Giunti. Mi guarda, con un'aria stanca, e mi dice: "Posso esserle utile?". Ha i capelli grigi
raccolti e degli occhialetti che le scivolano sul naso. Deve essere stata una donna bella, molto bella. Le dico: 'Si, avrei
bisogno di due libri: Doppio sogno di Arthur Schnitzler e Il progetto e il sangue di Patrizia Salvetti'. Lei mi guarda
distratta e dice, cominciando a consultare il computer: 'Il primo lo abbiamo sicuramente. Glielo prendo. Il secondo non
l'ho mai sentito. Aspetti che controllo'. Aspetto. Digita più volte titolo e autore. 'Non lo trovo. Cos'è? Un saggio?
e si ricorda l'editore?'. 'È un diario e credo sia stato pubblicato in proprio'. 'Ah, ecco perchè non c'è.
Non teniamo i diari che non siano stati pubblicati da editori conosciuti' mi risponde gentile. 'E perchè?' le chiedo
con altrettanta gentilezza, 'non hanno diritto di essere conservate le storie delle persone? [...]'. Mi guarda stupita,
solleva gli occhiali. Non perde le staffe, è composta. Per questo è stupita ma non turbata, non spaventata. 'Io
sono anche d'accordo con lei, ma forse sono troppi, non c'è spazio. E comunque non dipende da me [...]'".
Ultimo paragrafo del libro (p. 150):
"Ecco, ora ho finito il mio diario [...]. Ora si stamperà questa storia. Qualcuno la leggerà, la riassumerà,
la archivierà. E così, finalmente, avrò vissuto davvero'.
(Milano, Rizzoli, 2006).
Vendrame, Ezio. -- Una canna con Giorgio Bassani. -- 2006. --
"'Se ci sono dei posti al mondo che, senza mai smettere d'autocelebrarsi con tanto di puzza sotto il naso come luoghi emeriti
di diffusione della cultura, sono quanto invece di più abissalmente distante possa esistere dalla Cultura stessa,
ebbene queste sono le biblioteche. tutti quegli spazi chiusi; tutti quegli occhi cerchiati; tutte quelle vite bruciate e
clitoridi ghiacciati; tutti quei mezzi busti sbucanti dal banco-prestiti, che non riesci mai a capire se c'hanno ventotto o
quarantadue o cinquantacinque anni tanto sembrano manichini della - perdonate il nome, del tutto inadatto a cimiteri
ambulanti del genere - Rinascente; tutti quei sorrisi prestampati di gente che, anche se ti conosce da quando avevi sette
anni, non esita a trattarti allo stesso modo in cui un burocrate comunale si rivolgerebbe al primo stronzo che entra a
chiedere il certificato di morte di sua nonna...
Mai uno slancio d'umanità nella voce e mai un guizzo di calore nello sguardo, quei manichini formano un inedito
mobile unico CULO-SEDIA tanto son diventati di legno pure loro, ormai. Eppoi tutte quelle cliccate di polpastrello sul
mouse e quelle schedine-prestito vomitate dalla stampante e 'Una firma qui, per favore' ed 'Ecco a lei serviti un etto di
Moravia, una fetta di Kerouac, due chili e mezzo di Pasolini' e appallottolatevi pure cinquanta chili della vostra carta
oleata dove il sole non splende, tristi salumieri del Verbo Scritto!
Benone. Prendiamo quanto ho scritto finora sui bibliotecari ed eleviamolo all'ennesima potenza: non potranno che
materializzarsi di botto, dentro la sfera magica, le mura del Luogo Più Amorfo mai apparso sulla faccia della
terra... Una Biblioteca intitolata, non si sa per colpa di quale bizzarria del destino, al più grande scrittore
ferrarese d'ogni tempo: Giorgio Bassani [...]"
"Se il vecchio Giorgio, anima vitalissima e sempre pronta alla denuncia dell'ipocrisia e dell'omertà borghese della
nostra Ferrara, sapesse che gli è stato dedicato 'sto posto di mummie, be', non è neanche da dire che si
rivolterebbe con tanta rabbia nella tomba, cazzo, da far arrivare le scintille dei suoi fuochi fatui fin davanti al
Castello Estense!" esclamò a nocche strette il mio Fausto illuminato dal nero d'una notte senza stelle, proprio
davanti alla porta chiusa della Biblioteca Statale (sic!) 'Bassani''." (p. 85, sta in Il mio miele ti avvelenerà,
Milano, Mondadori, 2006)
Ventavoli, Bruno. -- Il gioco del sangue. -- 2001. --
Il giallo è ambientato a Torino. "-Cosa vuoi dire?
- Voglio dire che ieri non sei andato a prendere un libro alla Biblioteca
Nazionale perché la biblioteca è chiusa, il mercoledì pomeriggio -
sbottò Marisa con una punta di risentita gelosia muliebre.
- Non era la Nazionale, era la Civica." (p. 121)
"Entrai nell'emeroteca della Biblioteca Civica e una bibliotecaria come
Catherine Zeta Jones mi portò i rullini richiesti." (p. 162)
Vigevani, Alberto. -- La febbre dei libri: memorie di un libraio bibliofilo. -- 2000. -- "Ma i libri che mi procuravo con i miei mezzi di ragazzino non bastavano mai. Così ricordo che mio padre, socio della Dante Alighieri, mi accompagnò alla piccola biblioteca circolante dell'associazione, in via Gesù (o Sant'Andrea), di cui divenni assiduo frequentatore, anche, penso, per la grazia della giovane e bella bibliotecaria, in quegli anni Camilla Cederna, che ebbi tante occasioni di incontrare poi." (Palermo, Sellerio, 2000, p. 10).
Volponi, Paolo. -- Memoriale. -- 1962. -- Albino Saluggia, operaio di una fabbrica del nord Italia (la Olivetti), frequenta la "biblioteca della fabbrica". "Era un bel locale anche se io dentro, a guardare migliaia di libri mi sentivo confuso e pensavo di non trovare la strada per uscire libero come prima, quando ero entrato." (Torino, Einaudi, 1998, p. 59)
Zambon, Edoardo - Binaghi, Valter. -- L'ultimo gioco. -- 1999. --
Contiene il ritratto di Sara, bibliotecaria in una piccola biblioteca di paese,
nella quale tuttavia - dopo una breve disastrosa esperienza di insegnamento
all'Istituto tecnico - "si era trovata finalmente a suo agio, e qui, giorno dopo
giorno, la scoperta di una vocazione inaspettata. Un libro per ogni uomo,
una storia per ogni dolore."
(Milano, Mursia [1999], p. 39-47)
Zancan, Beppi.-- La balbuzie di Bobbio. -- 2004. --
Un ex assistente universitario e un bibliotecario si incontrano in treno e ricordano i tempi dell'Università, quando
alla Facoltà di Scienze politiche insegnava Norberto Bobbio.
Il bibliotecario:
"Le farò così vedere cosa mi ha lasciato il Professore ... mi ha donato tutta l'opera di Hegel nell'edizione
originale pubblicata a Leipzig nell'Ottocento e fischia ... Centoventidue tomi, pensi lei, ho douto far costruire
un'apposita scaffalatura ... E ci ha messo pure la dedica, sul frontespiszio del primo tomo. " (p. 47-48, Torino, Edizioni
Angolo Manzoni, 2004)
Ziarati, Hamid. -- Salam, maman. -- 2006. --
Scritto in italiano da un autore iraniano, ormai residente a Torino da molti anni racconta la storia di una famiglia prima
e dopo la Rivoluzione.
"Un paio di settimane prima degli esami per il diploma superiore Puyan, invece di andare in biblioteca a studiare come
aveva detto era andato dalle parti dell'università." (p. 127, Einaudi 2006)
Per l'elaborazione del repertorio è stata utilizzata la
bibliografia di riferimento, e
sono state accolte segnalazioni e suggerimenti di:
Sandro Apis, Giuseppe Basile, Fabrizio Bertoli, Alberto Blandin Savoia, Ilaria Brancatisano, Annalisa Bruni, Sabrina Brunodet, Patrizia Caciolli,
Marco Chiarini, Annalisa Cichella, Carla Crivello, Antonella De Robbio, Federica De Toffol, Maurizio di Girolamo, Chiara Faggiolo,
Rossella Fiorentino, Giovanna Frigimelica, Stefano Gambari, Francesco Garza, Peter Genito, Francesco Lucania,
Patrizia Lucchini, Monica Margara, Luisa Martini,
Gabriele Mazzitelli, Juliana Mazzocchi, Ludovica Mazzola, Davide Monge, Roberto Montali, Daniela Mori, Ruggero Morghen, Carlo Paravano, Barbara Poli, Maria Stella Rasetti,
Carlo Revelli, Alessandro Rossetto, Francesca Russo, Michele Santoro, Chiara Semenzato, Annalisa Serafini,
Giovanni Solimine, Maurizio Tarantino, Paolo Tolu, Sergio Trevisan, Romano Vecchiet, Giulia Visintin.
Le indicazioni poste tra parentesi quadre alla fine di ogni elemento del repertorio si
riferiscono alla fonte dalla quale la notizia e la descrizione sono state ricavate. Dove
compaiono un autore e una data il riferimento è alla bibliografia; le sigle indicano
i membri della redazione o le segnalazioni esterne. [ABr] Annalisa Bruni, [ABS] Alberto Blandin Savoia,
[AC] Annalisa Cichella, [AdR] Antonella De Robbio,
[AG] Anna Galluzzi, [AR] Alessandro Rossetto, [AS] Annalisa Serafini, [BP] Barbara Poli, [CC] Cecilia Cognigni,
[CCr] Carla Crivello, [CF] Chiara Faggiolo, [CP] Carlo Paravano,
[CR] Carlo Revelli, [CS] Chiara Semenzato, [DM] Daniela Mori, [DMn] Davide Monge, [FB] Fabrizio Bertoli, [FDT] Federica De Toffol, [FG] Francesco Garza,
[FL] Francesco Lucania, [FR] Francesca Russo,
[GB] Giuseppe Basile, [GF] Giovanna Frigimelica,
[GM] Gabriele Mazzitelli, [GS] Giovanni Solimine, [GV] Giulia Visintin, [IB] Ilaria
Brancatisano, [JM] Juliana Mazzocchi, [LM] Luisa Martini, [LMz] Ludovica Mazzola,
[MC] Marco Chiarini, [MdG] Maurizio di Girolamo, [MM] Monica Margara,
[MS] Michele Santoro, [MSR] Maria Stella Rasetti, [MT] Maurizio Tarantino, [PB] Patrizia Bonino, [PC] Patrizia Caciolli, [PG] Peter Genito,
[PL] Patrizia Lucchini, [PT] Paolo Tolu,
[RF] Rossella Fiorentino,
[RM] Rossana Morriello, [RMr] Ruggero Morghen, [RMt] Roberto Montali, [RR] Riccardo Ridi, [RV] Romano Vecchiet, [SA] Sandro Apis, [SB] Sabrina Brunodet,
[SGm] Stefano Gambari, [ST] Sergio Trevisan.
Copyright AIB 2000-05-06,
ultimo aggiornamento 2009-03-06,
a cura di Rossana Morriello,
con la collaborazione della
redazione.
Per consultare rapidamente l'elenco, selezionare la lettera alfabetica corrispondente al cognome
dell'autore:
[MSR]
[DM]
[RR]
[RR]
[Nisticò, 1999]
[MC]
Ammaniti, Niccolò. -- Fango. -- 1999. --
L'istituto di studi archeologici dell'Asia minore. Un vecchio edificio di mattoni rossi, Con la sua brava scala di marmo. Il suo bravo portiere piegato dagli anni. I
suoi tre piani divisi tra aule, stanze dei professori, una mensa scadente e biblioteche piene di libri. Milioni di libri.
Salì di corsa al primo piano e riuscì ad arrivare appena in tempo per seguire la lezione. Codici e scrittura assira. Prese appunti sbadigliando e
desiderando un bell'espresso. Finita la lezione si chiuse in biblioteca. Aveva appena un mese per consegnare la tesi e non era che a metà.
(p. 154 Ti sogno con terrore, Oscar Mondadori, 1999)
[AdR]
[CCr]
[Biblionova, 2000]
[GF]
[ST]
[CC]
[RM]
[MT]
[RM]
[PB]
[RR]
RR
[RR]
[JM, RR]
[RR]
[RR]
[CC] ; [RM]
[CC]
[RR]
[Biblionova, 2000]
[CF]
Bortolazzi, Luca. -- Fen. -- 2008. --
Il romanzo, scritto da un bibliotecario valdostano, è ambientato nelle sale
della consultazione della biblioteca regionale di Aosta. La trama dalla quarta di copertina:
"Una ragazza viene trovata uccisa nella biblioteca di Aosta. L'indagine
della polizia, condotta dall'ispettore Chatrian, uomo brusco e
sognatore, è affiancata da quella più impacciata e dettata dalla
necessità del bibliotecario, che risulta quasi subito il principale
sospettato del delitto e che vuole quindi scagionarsi. Nel procedere
delle indagini si scoprono molti segreti della vita della ragazza, come
certi giochi erotici che si svolgevano nei bagni della biblioteca dove è
avvenuto l'omicidio, o come le frequentazioni della vittima legate alle
chat-line e il fatto che il giorno della sua morte avrebbe dovuto
incontrarsi con una misteriosa guida alpina.
(Orbetello, Editrice Effequ, 2008)
[SB]
[PB]
[CC]
[SA]
[RR]
Brizzi, Enrico. -- La vita quotidiana a Bologna ai tempi di Vasco. -- 2008. --
Nella prima parte della narraazione autobiografica ospitata nella
collana "Contromano" lo scrittore Enrico Brizzi, famoso soprattutto
per il romanzo d'esordio "Jack Frusciante è uscito dal gruppo"
(1994), racconta della sua infanzia bolognese. Durante una lite fra
bambini per il "possesso" di un cortile...
"'Non vorrai mica dargli soddisfazione' dissi a Iuri che fremeva, e
per tirarmi su di morale presi a insultarli con parole copiate dai
libri della biblioteca.
'Maledetti commodori!', gridavo ginocchioni dietro la Ritmo.
'Anacoreti puzzoni! Olonesi nefasti!' Avevo un tono così indignato
che le vecchie hanno cominciato ad affacciarsi alle finestre." (p. 24) "Non la Bologna da documentario sul buon vivere e il buon mangiare,
ma quella vera, dei punk cinofili e crestati parauniversitari e di un
libertinaggio che non si esercita solo in discoteca, ma soprattutto
nelle biblioteche universitarie, nei bar di via Guerrazzi e del
Pratello e nelle feste in casa dei fuorisede." (p. 127)
"Se il mondo dello show business letterario era quello che avevo
intravisto, molto meglio restare se stessi, ricevere le lettrici più
devote e affondare nella vita di quartiere, fra la biblioteca di
Villa Spada e i prati dietro le vecchie scuole medie [...]" (p. 144, Laterza, 2008).
[RR]
[RR]
[RR] ; [ABr]
[RM, RR]
[FB]
[DMn]
[AdR] ; [RR]
[MM]
[Nisticò, 1999]
[CC]
[RR]
[CC]
[CR]
[MS]
[MT]
[AS]
[Pierulivo, 1999]
[RM]
[RR]
[Ferrieri, 1997] ; [PB]
[MC]
[AC]
[CC] ; [ABr]
[RR]
[CF]
[RF] ; [RM]
[MSR]
[RM]
[Nisticò, 1999]
[Nisticò, 1999]
[PB]
[CC]
[Ferrieri-Innocenti, 1998]
[RV]
Covacich, Mauro. -- Prima di sparire. -- 2008. -- Quasi tutte le mattine vado alla Biblioteca Casanatense. Lo faccio più che altro per inventarmi
un impegno, per dare un contegno pubblico al me stesso che altrimenti vedo ciondolare dal divano al letto e ritorno. Così invece, buttato giù il primo
Voltaren, allacciato il corsetto, posso attraversare il centro con l'impressione di essere ancora un membro attivo della società. Posso incedere con passo un
po' robotico nell'atrio buio della biblioteca, compilare la scheda d'ingresso, depositare corsetto e cellulare in un armadietto tutto mio e guadagnarmi un posto nella
sala di consultazione come un qualsiasi ricercatore.
Manoscritti, incunaboli, stampati. Circa tredicimila edizioni del sedicesimo secolo. Non è una biblioteca qualunque, questa. Ci vengono sempre le stesse
persone. Dottorandi, qualche filologo straniero, professori di settant'anni rimasti studiosi adolescenti, uomini felici come il tizio qui accanto, due televisori al
posto degli occhiali, una vita intera a sfogliare codici miniati. Ci vengono loro, e io, che apro i cassetti con una mano sui lombi come una donna incinta, che
chiedo i titoli più difficili per avere più tempo da aspettare, che resto seduto per intere mezz'ore ad ascoltare i commenti dlele due bibliotecarie
sulle ricette del Gambero Rosso.
"Se ce metti er pompelmo rosa viene mejo, to 'o dico io".
"Ahoo!, e che no ' so fa' er carpaccio de pesce spada?"
(p. 175-176) (Torino : Einaudi, 2008)
[GF]
[GF]
[MT]
[Biblionova, 2000]
[Ferrieri, 1997] ; [RM]
[RM]
[RM]
[Nisticò, 1999]
[MSR]
[RM]
[CC]
[AdR]
[PB]
[RR]
[GB]
[MC]
[Ridi, 1995] ; [SGm]
[Nisticò, 1999]
A) I cataloghi devono essere divisi al massimo: deve essere posta molta cura nel dividere il catalogo
dei libri da quello delle riviste, e questi da quello per soggetti, nonché i libri di
acquisizione recente dai libri di acquisizione più antica. [...]
B) I soggetti devono essere decisi dal bibliotecario. I libri non devono portare nel colophon
un'indicazione circa i soggetti sotto cui debbono essere elencati.
C) Le sigle devono essere intrascrivibili, possibilmente molte, in modo che chiunque riempia la
scheda non abbia mai posto per mettere l'ultima denominazione e la ritenga irrilevante in modo che
poi l'inserviente gli possa restituire la scheda perché sia ricompilata.
D) Il tempo tra richiesta e consegna dev'essere molto lungo.
E) Non bisogna dare più di un libro alla volta.
F) I libri consegnati dall'inserviente perché richiesti su scheda non possono essere
portati in sala consultazione, cioè bisogna dividere la propria vita in due aspetti
fondamentali, uno per la lettura e l'altro per la consultazione. La biblioteca deve scoraggiare
la lettura incrociata di più libri perché provoca strabismo.
G) Deve esserci possibilmente assenza totale di macchine fotocopiatrici; comunque, se ne esiste
una, l'accesso dev'essere molto lungo e faticoso, la spesa superiore a quella della cartolibreria,
i limiti di copiatura ridotti a non più di due o tre pagine.
H) Il bibliotecario deve considerare il lettore un nemico, un perdigiorno (altrimenti andrebbe
a lavorare), un ladro potenziale.
I) Quasi tutto il personale deve essere affetto da limitazioni fisiche. Io sto toccando un punto
molto delicato, su cui non voglio fare nessuna ironia. È compito della società
dare possibilità e sbocchi a tutti i cittadini, anche a quelli che non sono nel pieno
dell'età o nel pieno delle loro condizioni fisiche. Però la società ammette
che, per esempio, nei vigili del fuoco occorra operare una particolare selezione. [...]
L) L'ufficio consulenza dev'essere irragiungibile.
M) Il prestito dev'essere scoraggiato.
N) Il prestito inter-biblioteca deve essere impossibile, in ogni caso deve prender mesi. Meglio
comunque garantire l'impossibilità di conoscere cosa ci sia nelle altre biblioteche.
O) In conseguenza di tutto questo i furti devono essere facilissimi.
P) Gli orari devono assolutamente coincidere con quelli di lavoro, discussi preventivamente coi
sindacati: chiusura assoluta di sabato, di domenica, la sera e alle ore dei pasti. Il maggior
nemico della biblioteca è lo studente lavoratore; il miglior amico è Don Ferrante,
qualcuno che ha una biblioteca in proprio, che quindi non ha bisogno di venire in biblioteca e
quando muore la lascia in eredità.
Q) Non deve essere possibile rifocillarsi all'interno della biblioteca, in nessun modo, e in
ogni caso non dev'essere possibile neanche rifocillarsi all'esterno della biblioteca senza prima
aver depositato tutti i libri che si avevano inconsegna, in modo da doverli poi richiedere dopo
che si è preso il caffè.
R) Non deve essere possibile ritrovare il proprio libro il giorno dopo.
S) Non deve esser possibile sapere chi ha in prestito il libro che manca.
E, poi, ho messo un requisito Z): idealmente l'utente non dovrebbe poter entrare in biblioteca;
ammesso che ci entri, usufruendo in modo puntiglioso e antipatico di un diritto che gli è
stato concesso in base ai principi dell'Ottantanove, ma che però non è stato ancora
assimilato dalla sensibilità collettiva, in ogni caso non deve, e non dovrà mai,
tranne che i rapidi attraversamenti della sala di consultazione, aver accesso ai penetrali degli
scaffali.
Esistono ancora biblioteche del genere? Questo lo lascio decidere a voi [...]".
("Quaderni di Palazzo Sormani", 6 (1981); poi in Sette anni di desiderio, Milano, Bompiani, 1990)
[RM, RR]
[RM]
[CC]
[AS, CC]
[RM]; [RR]
[PL]
[MC]
[Biblionova, 2000]
[MT]
[RMt]
[Ferrieri, 1997]
Genna, Giuseppe. -- Hitler. -- 2008. -- Nel romanzo ci sono alcuni riferimenti alla bibliotechina di una sorta di dormitorio per poveri frequentato in
gioventù da Adolf Hitler.
"Per un vezzo, una piccola sala di lettura, una biblioteca abbozzata: l'anticorpo per gli artisti falliti che finivano in quello scolo" (p. 67)
"Hitler dipinge. Si rifugia nella piccola sala di lettura, che soltanto lui frequenta." (p. 70)
"La stanza è piccola. Buia. Non si addice all'uso che se ne fa: sala di consultazione e lettura. Pochi tavoli: quatro. alle pareti, pochi libri: storie
antiche, l'Impero romano, volumi raccattati da qualche robivecchi. In ogni angusta realtà si trova spazio per la frivolezza - la Mannerheim non è da
meno. Da tre anni e mezzi è questo il rifugio di Adolf, quando non dipinge." (p. 72)
Un ulteriore riferimento alle biblioteche a p. 258-259, relativamente al rogo di libri "degeneri" effettuato dai nazisti a Berlino il 10 maggio 1933:
"I libri sono stati requisiti in biblioteche, consegnati dagli studenti, uomini delle SA e delle SS hanno compiuto irruzioni in appartamenti di intellettuali, hanno
stracciato intere librerie"
(Milano, Mondadori, 2008)
[RR]
Giordano, Paolo -- La solitudine dei numeri primi -- 2008. --
"Alice montava e smontava l'immagine del momento in cui lei e Mattia si sarebbero incontrati, ne correggeva i particolari, studiava la scena da diverse angolazioni.
Consumò quel pensiero al punto di farlo sembrare non più una proiezione quanto piuttosto un ricordo.
Era anche stata alla biblioteca comunale. Aveva dovuto tesserarsi, perchè non ci aveva mai messo piede prima di quel giorno. Aveva cercato i giornali che
parlavano della scomparsa di Michela. Leggerli l'aveva turbata, come se tutto quell'orrore stesse accadendo di nuovo, non lontano da lì. La sua sicurezza
aveva vacillato davanti a una foto di Michela in prima pagina, dove lei appariva spaesata e fissava un punto al di sopra dell'obbiettivo, forse la fronte di chi
scattava."
(p. 280, Milano, A. Mondadori, 2008)
[MC]
[GM]
[MT]
[CC]
[MSR]
[PL]
[AdR]
[PB]
[RM]
[CC]
[FDT, GV, PB, RM, RR]
[CF]
[Ferrieri, 1997] ; [RR]
[CC]
[Ferrieri, 1997]
[CS]
[BP]
[Ferrieri, 1997]
[CP, PC] ; [PB]
[AR]
[CC]
[RMt]
[GS]
[RR]
Mango, Laura Marianna. -- DDC. -- 2008. --
Racconto uscito durante la la settima edizione di Subway-Letteratura,
evento editoriale che vede la distribuzione gratuita (nelle stazioni
della metropolitana o in altri spazi pubblici) di opere di giovani autori.
Definito "thriller
accademico da 5 fermate". La DDC - ovviamente - è la Dewey e la protagonista
è studentessa di biblioteconomia... e finisce male! (Subway-Letteratura, 2008)
[FG, FR, GS]
[RM] ; [BP]
[MC]
[RM]
[AS]
Mastrocola, Paola. -- E se covano i lupi. -- 2008. --
"E qui il lupo parlò al gufo di quel meraviglioso luogo che si chiama biblioteca, pieno di libri, e di silenzio, e di gente che c'è ma sembra non
esserci, quindi non ti disturba ma ti tiene compagnia, così tu ti senti solo ma anche non solo, condizione che è la migliore per studiare, scrivere e
pensare: cioè, in una parola, covare.
Il libro &egave; dedicato "a tutti i lupi, e in generale a coloro che hanno la pazienza di aspettare che qualcosa nasca".
(p. 82, Guanda 2008)
[LMz]
[Nisticò, 1999]
[Ferrieri, 1997]
[RM]
[RR]
(Torino : Einaudi, 1934)
[FL]
[RMr]
[CC]
[RM]
[RR]
[RR]
[ST]
[RM]
[RR]
[RR]
[RR]
[RR]
[RR]
[RR]
[RF, RR]
[RR]
[RR]
[RR]
[DMn]
[MdG] ; [GB]
[Caproni, 1997]
[MT]
[RR]
[MC]
[CR]
[MSR]
[ST]
[PT]
[RM]
[RM]
[RR]
[RR]
[RR]
[CC]
[RR]
[RR]
[IB]
[ST]
[FB]
[RR]
Scarpa, Tiziano. -- Occhi sulla graticola. -- 1996. --
"(epsilon) La biblioteca universitaria è un luogo che esalta al massimo grado il sottinteso sessuale, proprio perché tende idealmente ad abolire la
categoria del corporeo, riducendo a puro spirito la presenza dei suoi frequentatori. Basti pensare alla mitologia del silenzio bibliotecario, intimato tassativamente
nelle sale di studio e consultazione e che, proprio per questo, finisce per rendere fastidioso, assai più percepibile e distraente qualsivoglia rumorino.
(zeta) La biblioteca abolisce e mette fra parentesi il corpo, pretende che l'organismo si spiritualizzi diventando puro paio di pupille ricettive che decifrano
alfabeti e numeri di pagine dei libri. La biblioteca tollera a malapena l'esistenza di braccia e mani come mere sfogliatrici di pagine, scartabellatrici di schede,
digitatrici di tasti d'archivio computerizzato, sottolineatrici di righe. La biblioteca concede alle gambe e alla schiena di limitarsi a portare in giro la testa a
compulsare bibliografie, riempire moduli di richiesta prestito, ritirare libri al banco di distribuzione. Calmierare il rumore, zittire le chiacchiere, ovattare il
caos: ma c'è un motivo molto più profondo all'origine della mortificazione bibliotecaria del corpo, e noi qui lo affronteremo solo di struscio, Alfredo
futuro. Il motivo è la vendetta dei libri, che sono fatti di linguaggio staccato dal corpo=, parole che parlano una volta per tutte senza potersi correggere e
ribattere all'interlocutoree alzare la posta in gioco nel discorso e dire l'ultima parola e ridere bene ridendo ultime, come invece fa un corpo che presenzia a una
chiacchierata: perciò i libri si allineano nelle biblioteche al puro scopo di accumulare miliardi di parole, per accatastare tonnellate di frasi, per sfoggiare
sugli scaffali un enorme volume di discorsi che serve unicamente a mettere in soggezione il corpo dei frequentatori, vuole zittire e mettere a tacere i corpi che
vanno in biblioteca tutti malinconici e ripieni di sensi di colpa per il loro potenziale di parole infinite. I corpi contengono un potenziale atomico verbale capace
di distruggere il pianeta novecentonovantanove trilioni di volte, una quantità potenziale di parole immane, esplosiva, detonante, che supera in un corpo solo
l'intera quantità di parole racchiuse nelle biblioteche di tutto il pianeta moltiplicate per un miliardo di miliardi. La potenza verbale sviluppabile da
ciascun corpo è pari al quadrato della velocità della luce moltiplicato per l'inconsumabile produttività del logos [...]"
(p. 36-38, Torino, Einaudi, 1996)
[PG]
[Grignani, 1998a]
[Caproni, 1997]
Scozzari, Filippo. -- Memorie dell'arte bimba. 2008. --
"Rubavo giornalini agli amici, alle edicole, alla bibliotechina di
classe, e non rispondevo mai al chi te li dà? di mia madre" (p. 51)
"Si suppone ad esempio che i vostri pupazzi abbiano la faccia, ma se
uno si mette a collezionare anche visi ed espressioni, poi non gli
basterebbe la Biblioteca di Alessandria, che infatti quando ne hanno
scoperto l'inadeguatezza, quando hanno pensato che non sarebbe
servita ad opporsi alla storia, le han dato fuoco." (p. 120)
"Ero scarso anche a Packard e Buick, e trovarsi un modello plausibile
di guepiere
da vacca, o di Colt col silenziatore, era difficilissimo. Internet
non esisteva, e di
sicuro non potevo prendere il tram, andare alla Biblioteca dell'Archiginnasio
e chiedere di indirizzarmi al reparto Guepieres da Vacche" (p. 180), Roma, Coniglio, 2008).
[RR]
[Chaintreau-Lemaître, 1993]
[PB]
[GS] ; [PB]
[RR]
Toscana, David. -- L'ultimo lettore. -- 2007. --
"Lucio osserva deluso le tre donne e i due uomini che sono venuti in biblioteca.
Pensavo ci fosse più gente interessata a sapere cosa ne è stato di Melquisedec;
ma vedo che la sua sorte, la sua vita, non interessano quanto la sua acqua. Lo
irrita aver sistemato dodici sedie davanti alla sua scivania, in tre file di
quattro, perché più della metà delle sedie vuote dà alla riunione un'aria di
fallimento. E poi tutti e cinque i presenti hanno più di cinquant'anni,
impossibile pensare che abbiano menti sveglie, ben disposte verso la parola."
(p. 113, Roma, Editori riuniti, 2007)
[LM]
Trevisan, Vitaliano. -- Shorts. -- 2004. -- "Vai in Africa, aveva detto il tipo della biblioteca di Mira, dunque
o vai in vacanza, o vai a fare un viaggio. E aveva ribadito il
concetto più di una volta, con convinzione, facendo degli esempi,
riformulandolo a ogni momento; e più il tipo della biblioteca lo
ribadiva, più io mi irritavo [...]"
È l'incipit del breve racconto Mzungu doesn't like flies. Un pezzo
di colore , che fa parte della raccolta
"Shorts" (Einaudi, 2004, p. 119-122).
[RR]
[RR]
[RR]
[RM]
[RR]
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[ABS]
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[CCr]
[CC]
[CC]
Biblioteche e bibliotecari nella letteratura straniera