L'AIB aderisce al principio dell'Open Access, accesso aperto alla
comunicazione scientifica tramite Internet, e condivide l'affermazione
"La nostra missione di disseminazione della conoscenza è
incompleta se l'informazione non è resa largamente e prontamente
disponibile alla società".
<http://oa.mpg.de /openaccess -berlin /BerlinDeclaration
_it.pdf>
[PDF 46 k]
Garantire pubblica disponibilità dei risultati della ricerca significa garantire l'interesse degli autori e degli studiosi ad accrescere la visibilità e la diffusione del loro lavoro; significa garantire l'interesse dei cittadini, che come contribuenti finanziano la ricerca e che al progresso delle conoscenze affidano le aspettative di sviluppo sociale e crescita civile; significa adempiere alla missione del bibliotecario nell'èra di Internet.
L'Open Access può avere diverse espressioni (da quelle più radicali orientate alla duplicabilità indefinita dei contenuti in linea a quelle più moderate orientate ad assicurarne l'originalità, l'autenticità e la contestualizzazione attraverso la disponibilità ad accesso aperto di un unico esemplare); può concretizzarsi in diverse attività (dagli e-journals agli archivi di e-print, post-print e documentazione istituzionale); può basarsi su diverse metodologie di gestione; può assumere diverse forme organizzative (dal caso dell'autore o della sua istituzione che finanziano l'editore perché renda liberamente accessibile il documento a quello delle iniziative editoriali di parte pubblica -- interne a uno stesso ente o interistituzionali --, fino alle forme miste di partenariato pubblico / privato). Le esperienze in questo campo sono molteplici e in larga parte ancora da approfondire, ma tutte condividono uno stesso obiettivo: adottare strategie economicamente sostenibili per restituire i contenuti alla comunità che ne ha permesso la produzione, superando le restrizioni imposte dall'editoria tradizionale.
Il movimento a favore dell'Open Access è partito infatti dalla constatazione che il modello editoriale tradizionale non è più adeguato alle esigenze della comunicazione scientifica, anzi ne ostacola la produzione e la fruizione: le istituzioni pubbliche, le università e gli enti di ricerca finanziano la ricerca; la ricerca si traduce in pubblicazioni (tipicamente, articoli di periodici); gli autori e gli enti finanziatori cedono i diritti di sfruttamento economico agli editori, senza corrispettivo; gli editori vendono le pubblicazioni a prezzi elevati, subordinando al pagamento qualunque possibilità di accesso, incluso il cosiddetto fair use, ovvero la consultazione e lo scambio a fini di studio e non di profitto; le università e gli enti di ricerca, attraverso le biblioteche, sono costrette a pagare per riappropriarsi del loro prodotto.
Le tecnologie digitali e Internet offrono invece l'opportunità di delineare uno scenario nuovo, fondato sulla possibilità di autoarchiviazione dei lavori scientifici da parte degli autori, e sulla possibilità di farli conoscere in tempi rapidi tramite la rete pubblica.
Un recente studio sulla letteratura periodica scientifica commissionato dalla Direzione generale Ricerca della Commissione europea <http://ec.europa.eu /research /science -society /pdf /scientific -publication -study _en.pdf> [PDF 829 k] ha evidenziato come i prezzi degli abbonamenti dipendano dal loro Impact Factor e dall'entità del gradimento da parte dei lettori e degli autori, non dai costi di produzione. Ha evidenziato, inoltre, come -- a parità di IF e di costi di produzione e distribuzione -- i periodici editi da enti not-for-profit abbiano prezzi notevolmente inferiori rispetto a quelli editi da soggetti commerciali. Ha infine fornito i seguenti dati: negli ultimi trent'anni, i prezzi dei periodici scientifici sono lievitati fino al 300 % al di sopra dell'inflazione; a questo fenomeno ha fatto riscontro la progressiva riduzione del volume degli abbonamenti da parte delle biblioteche, che sono i principali acquirenti di questo tipo di pubblicazioni; dal 1995, contestualmente allo sviluppo delle tecnologie digitali, l'entità degli aumenti dei prezzi è diminuita rispetto al ventennio precedente, tuttavia rimanendo superiore all'inflazione e non proporzionata ai costi di produzione e distribuzione dei periodici, che pure si sono sensibilmente ridotti grazie appunto alle nuove tecnologie; la disponibilità on-line dei periodici non è valsa a realizzare l'auspicata riduzione dei prezzi, visto che i modelli contrattuali prevalenti vincolano tuttora al mantenimento degli abbonamenti cartacei, o comunque prevedono prezzi non molto diversi da quelli del cartaceo, a cui va aggiunta una notevolmente maggiore percentuale d'IVA.
Resta da chiedersi come questi modelli possano reggere senza alterare il mercato e senza ripercussioni sui meccanismi di controllo qualitativo della ricerca e sulle garanzie di democraticità dei metodi di selezione e accesso.
Sul versante della domanda, è già emerso il fenomeno dell'impoverimento progressivo delle raccolte delle biblioteche, costrette dai limiti di budget ad acquistare solo le opere considerate assolutamente indispensabili e a tagliare tutte le proposte che varrebbero ad ampliare il pluralismo delle fonti e a incoraggiare iniziative editoriali nuove. Sul versante dell'offerta, un mercato dominato da poche concentrazioni editoriali accentua il rischio di conformismo scientifico e culturale.
E se il fenomeno è di portata planetaria ed europea, sono tuttavia i contesti meno competitivi ed economicamente più deboli a correre i rischi maggiori: si pensi all'Italia, paese che è ai livelli più bassi in Europa in termini di sostegno alla ricerca scientifica di qualità, e dove l'industria editoriale sconta un'arretratezza tecnologica tale da renderla assai poco appetibile per quanto riguarda in particolare le risorse on-line.
Ecco perché il movimento per l'Open Access ha trovato sostenitori via via sempre più numerosi ed entusiasti, e lo stesso Studio della Commissione Europea sopra citato ne dà atto, concludendosi -- tra l'altro -- con alcune raccomandazioni: alle agenzie pubbliche che finanziano la ricerca, affinché impongano, quale condizione necessaria per l'erogazione di fondi pubblici, il deposito dei risultati in appositi archivi accessibili per tutti dopo poco tempo dalla pubblicazione, previo accordo con gli editori; agli editori, affinché provvedano al contenimento della politica dei prezzi in modo da limitare le barriere economiche all'accesso; ai governi, affinché riducano l'imposta sulle pubblicazioni elettroniche, o almeno ridistribuiscano i fondi derivanti questa imposta alle istituzioni di ricerca; a tutti i soggetti coinvolti, affinché cooperino per assicurare la conservazione e l'accesso di lungo periodo alle pubblicazioni attraverso modelli economicamente sostenibili di deposito legale gestiti da organizzazioni not-for-profit.
Tuttavia, l'evoluzione in questa direzione non è facile né scontata, poiché vi si oppongono resistenze di carattere non solo commerciale, da parte degli editori -- che pure cominciano a capire che si tratta di una contrapposizione sterile, e ad aprirsi al movimento sperimentando in non pochi casi nuove politiche contrattuali e/o forme innovative di partenariato con le università e gli enti di ricerca -- ma anche culturale, da parte degli autori.
Per gli autori, le perplessità ad entrare in un circuito "open" possono essere legate al timore di perdere il controllo sulla paternità e sull'integrità dei propri lavori, oppure a quello di perdere le abituali garanzie di validazione qualitativa assicurate dai meccanismi editoriali tradizionali. È vero che tali preoccupazioni sono fondate e che occorre attuare strategie efficaci, sia per tutelare i diritti morali degli autori, sia per prevenire a monte il rischio di un'indistinta "Vanity press". D'altro canto proprio la maggiore e più rapida visibilità sulla rete può efficacemente contribuire a scongiurare tali rischi, facilitando l'identificazione delle opere e della loro paternità intellettuale e consentendo forme di valutazione più oggettiva, trasparente e democratica all'interno della comunità scientifica di riferimento. Non è un caso se proprio nei contesti più avanzati sono nati i primi progetti ispirati all'Open Access.
I bibliotecari stanno giocando un ruolo determinante a favore di una capillare diffusione dell'informazione sul significato e sui vantaggi dell'Open Access, e hanno un ruolo essenziale nella realizzazione di progetti di qualità e negli studi per il progresso della ricerca e dell'innovazione in questo campo. Un risultato importante come la firma della Dichiarazione di Berlino da parte dei rettori di quasi tutte le università italiane <http://www.zim.mpg.de /openaccess -berlin /signatories.html> [65 k] non sarebbe stato possibile senza l'impegno, la tenacia, la competenza, la capacità di advocacy dimostrate dai bibliotecari universitari. Che hanno poi partecipato attivamente, all'interno della Commissione biblioteche della CRUI, alla stesura delle Raccomandazioni per lo sviluppo dell'editoria elettronica negli atenei italiani <http://www.crui.it /data /allegati /links /3290 /pubblicazione _raccomandazioni _editoria.pdf> [PDF 559 k], un documento che non si limita a fornire indicazioni tecniche orientate all'accessibilità, all'interoperabilità e all'efficacia dei sistemi di descrizione e codifica dei documenti digitali, ma evidenzia le molteplici implicazioni e i possibili risultati dello sviluppo delle iniziative editoriali istituzionali, soprattutto se rafforzate dall'adozione di inziative normative in tema di diritto d'autore, deposito legale, valutazione della ricerca.
L'AIB, in tutte le sue articolazioni, è determinata ad affiancare, far conoscere, valorizzare, sostenere il movimento per l'affermazione di modelli alternativi e aperti di comunicazione, nella certezza che l'accesso pubblico alla letteratura scientifica è un diritto di tutti i cittadini ed è condizione necessaria per favorire la ricerca di qualità e lo sviluppo competitivo dell'Europa e dell'Italia.
AIB è un'associazione senza scopo di lucro finalizzata alla crescita professionale dei bibliotecari e allo sviluppo delle biblioteche in Italia.
Tramite la disponibilità gratuita on-line di AIB-WEB, di AIB notizie e dei periodici elettronici pubblicati dalle sezioni regionali, AIB mette a disposizione dell'intera comunità bibliotecaria e di tutti i potenziali interessati i documenti prodotti nell'ambito dell'attività politica e del lavoro scientifico delle varie componenti dell'Associazione (CEN, sezioni regionali, commissioni e gruppi di studio), garantendone la qualità, l'originalità, l'accessibilità, la contestualizzazione, la permanenza, fin dove lo permettono la dedizione, la professionalità e il lavoro volontario dei redattori.
A tale scopo, e tenuto conto della tecnologia del link che permette di integrare virtualmente contenuti residenti su siti diversi, la Redazione di AIB-WEB, con il sostegno del CEN, scoraggia in linea di principio la duplicazione on-line di contenuti già pubblicati e liberamente accessibili sul proprio sito, e per la stessa ragione evita di ripubblicare contenuti liberamente disponibili su altri siti e integrabili nelle proprie pagine mediante un semplice link.
Per quanto riguarda le monografie e i periodici a stampa, AIB persegue una politica di contenimento dei prezzi, che sono commisurati ai costi di produzione e distribuzione.
Roma, 18 novembre 2006
Associazione italiana biblioteche
Il presidente, prof. Mauro Guerrini |