Cari associati,
vorremmo comunicare la nostra intenzione di ricandidarci al CEN per il prossimo mandato. E' una decisione
che prendiamo in primo luogo per rispetto del lavoro svolto con gli amici che compongono l'esecutivo
uscente. Un lavoro difficile, faticoso, che ha condotto la nostra associazione fuori dalle secche di una
crisi molto seria, organizzativa, economica ma anche d'identità.
Per molti versi questa fase può dirsi superata. Sul fronte interno, le pendenze con il fisco che abbiamo ereditato sono state risolte, le procedure contabili interamente rivedute e affidate al controllo di un commercialista, i problemi di bilancio ricondotti entro confini accettabili grazie al lavoro della segreteria e all'impegno di tutte le sezioni regionali. Anche l'impianto organizzativo dell'associazione è ora più solido e consente di guardare al futuro con maggiore fiducia: la segreteria dispone di personale stabile e dedicato, il recente riconoscimento della personalità giuridica ci accredita come ente affidabile, l'ultima modifica statutaria assegna al segretario nazionale compiti e prerogative nuovi, avvicinando l'AIB al modello delle grandi associazioni bibliotecarie internazionali.
Sul versante esterno, i rapporti con le istituzioni sono stati ripresi e rinsaldati, nel solco della tradizione che ha contraddistinto la nostra associazione nei suoi momenti migliori; la presenza dell'AIB nelle sedi internazionali si è rinforzata grazie al buon esito di IFLA 2009 e all'impegno dei molti colleghi che rappresentano il mondo bibliotecario italiano nelle sezioni dell'IFLA, in Eblida e in altri organismi; abbiamo cercato di far sentire la nostra voce attraverso audizioni parlamentari e presso la Commissione Europea, abbiamo avviato un dialogo franco ma costruttivo con l'Associazione Italiana Editori e una stretta collaborazione con il Centro per il Libro e la Lettura.
Si potrebbe continuare a lungo. E tuttavia questi risultati non pretendono di esaurire il campo del possibile, di mettere in ombra altri impegni che attendono di essere onorati. Il comparto culturale è in crisi, ancor prima che di risorse, di considerazione. L'impressione è che una parte consistente degli italiani pensi al patrimonio e alle istituzioni culturali (ma anche a quelle che si occupano di educazione, istruzione, ricerca) come a qualcosa di non essenziale, di non connaturato alla nostra storia, identità, memoria, né al nostro futuro: beni voluttuari, a cui si può rinunciare al primo raffreddore, beni immateriali sui quali non vale la pena investire in tempi di crisi, perché "la cultura non si mangia". Una simile affermazione, tanto più grave se pronunciata da persona che ricopre un alto incarico istituzionale, prefigura un futuro che non avremmo mai voluto vedere ma che è già il nostro presente, in cui le istituzioni pubbliche sembrano rinunciare a sostenere le attività culturali. Una scelta in controtendenza rispetto ad altri paesi, dove l'investimento in cultura, ricerca, istruzione è considerato la chiave di volta per uscire dalla crisi.
Crediamo che il primo impegno che attende il prossimo CEN sia proprio combattere il destino di marginalità che rischia di inghiottirci. Dobbiamo levare forte la nostra voce affinché giunga alla società civile, alle persone comuni, per spiegare a cosa servono biblioteche ben funzionanti e quale beneficio possono recare ai singoli e al Paese, alle generazioni presenti e a quelle future. Dobbiamo creare consenso attorno alle biblioteche, avvicinarle all'orizzonte di vita di chi non le frequenta. Solo così possiamo sperare che esse smettano di essere considerate sanatori, lazzaretti, parcheggi per dipendenti scomodi, dependances ad uso e consumo del personale docente, magazzini di libri inaccessibili ai più per diventare servizi realmente a portata di cittadino, non solo in alcune regioni ma in ogni parte d'Italia e in particolare al sud; solo così possiamo consolidare l'idea che la biblioteca è di tutti e per tutti, e che in biblioteca nessuno è straniero. Solo attraverso una presa di coscienza collettiva possiamo dare sostanza alle nostre rivendicazioni per dare un futuro dignitoso alla professione bibliotecaria e prospettive ai giovani che vi si affacciano. E' un compito strenuo, a cui tuttavia non ci si può sottrarre.
Il secondo impegno riguarda i giovani, le modalità del loro ingresso nella professione, le condizioni di lavoro, il precariato. Il personale in servizio nelle biblioteche italiane sta invecchiando: la generazione che ha iniziato a lavorare negli anni Settanta sta andando in pensione e rischia di non avere a chi lasciare il testimone. L'AIB ha l'obbligo morale di portare questa situazione all'attenzione dell'opinione pubblica e delle istituzioni, di denunciare l'assenza di prospettive che condanna intere generazioni al precariato e all'insicurezza. Ciò può essere fatto anche potenziando la capacità dell'Osservatorio Lavoro e Professione (OLAVEP) di presidiare i "fronti caldi" dei concorsi e delle gare d'appalto, queste ultime sempre più determinanti per chi si affaccia alla nostra professione in un'epoca caratterizzata dalla transizione dello status giuridico del bibliotecario da dipendente pubblico a operatore privato.
L'AIB deve dare più spazio ai giovani che desiderano impegnarsi in prima persona nella vita associativa. Come? Aprendo le porte alle nuove leve, evitando di cumulare incarichi sulle medesime persone, favorendo il ricambio dei quadri, limitando il ricorso alla cooptazione nella scelta di coordinatori e componenti di gruppi e commissioni, valorizzando l'apporto di idee e di competenze di cui ogni nuova generazione è depositaria.
Il terzo impegno riguarda la trasformazione dell'AIB in una moderna associazione professionale. E' un compito a cui il prossimo CEN sarà chiamato in virtù della riforma statutaria approvata nel novembre scorso, tanto più urgente se, come ci auguriamo, il Ministero della Giustizia inserirà l'AIB nel novero delle associazioni rappresentative delle professioni non regolamentate. Se ciò avverrà avremo centrato un obiettivo storico, quello del riconoscimento formale della professione bibliotecaria. Avremo però anche la responsabilità di dare sostanza alla nuova identità associativa.
L'AIB dovrà trovare i modi più diretti ed efficaci per comunicare agli enti titolari di biblioteche, anche attraverso opportuni accordi con le associazioni rappresentative (ANCI, UPI, Conferenza delle Regioni, CRUI, Federculture) e con i sindacati di categoria, che per fare il bibliotecario servono competenze ed abilità certificate, capacità derivanti da percorsi di studio e professionali definiti, aggiornamento continuo. Questo obiettivo potrà essere perseguito attraverso il rafforzamento del legame politico e operativo con il Colap e con la redazione di una "Carta nazionale delle professionalità operanti in biblioteca" che indichi a tutti i soggetti pubblici e privati che hanno responsabilità istituzionali, amministrative e formative i profili delle professionalità indispensabili al buon funzionamento delle biblioteche, descrivendone le competenze, le responsabilità, i requisiti per l'accesso.
L'AIB sarà chiamata a certificare il possesso delle competenze e il loro aggiornamento. Dovrà farlo con autorevolezza, equità e rigore, individuando modalità certe e sostenibili nel tempo. Avremo inoltre la responsabilità di agevolare e sostenere i percorsi formativi degli associati predisponendo un'offerta di corsi ampia, articolata, adatta alle esigenze di tutti i settori del nostro comparto. Questo obiettivo può essere raggiunto solo attraverso il coordinamento di tutti i livelli associativi coinvolti nella formazione: penso in particolare alle sezioni regionali, a cui dovrà essere richiesto maggior coinvolgimento nella progettazione di un'offerta formativa unitaria, che sia chiaramente riconoscibile come "offerta AIB".
Anche in questo caso, tuttavia, quanto esposto non esaurisce il problema. Il riconoscimento della rappresentatività professionale dell'associazione è un traguardo importantissimo ma il vero riconoscimento è quello che deriva dal dimostrare che siamo una risorsa per il Paese, non un costo da tagliare. La maggior parte di noi lo fa quotidianamente, nella propria biblioteca e nei confronti della propria utenza. Lo si può fare anche come categoria, provando ad essere presenti e attivi nei luoghi in cui oggi molte persone che non utilizzano le biblioteche cercano risposte qualificate ai loro quesiti o informazioni pertinenti e affidabili: mi riferisco, ad esempio, a servizi come Yahoo Answer o a Wikipedia. L'AIB non ha certamente la forza per sostenere direttamente un onere di questo tipo; i bibliotecari italiani però sì, intervenendo a titolo volontario ma riconoscibile, sotto l'egida e il coordinamento dell'AIB.
A queste tre responsabilità, che ci sentiamo di indicare come prioritarie, se ne affiancano altre, non meno importanti. Proveremo a indicarle sinteticamente.
Serve, infine, maggior partecipazione e maggiore capacità di suscitare adesione. Il prossimo CEN dovrà lavorare duramente per arginare l'emorragia di iscritti che ormai rappresenta un trend costante. Non si tratta solo della preoccupazione legata alla diminuzione delle entrate, che pur penalizza la nostra azione. E' un problema di rappresentatività e di consenso. L'AIB non può essere l'associazione dei bibliotecari solo in virtù di una norma che delega il compito di certificare lo status dei lavoratori delle biblioteche. L'AIB da sempre incarna un orizzonte ideale in cui i bibliotecari italiani si sono riconosciuti e ancora si riconoscono. Se vogliamo che questa percezione non si perda dobbiamo saper suscitare adesione ai valori di una professione che si fonda, ben prima che su specificità di natura tecnica, su principi di libertà di pensiero e di opinione, uguaglianza, accesso alla conoscenza e alla cultura, inclusione, equità.
L'adesione a una associazione si basa, oltre che sulla valutazione del rapporto costi-benefici, sul cuore e sulla passione. Queste virtù possono essere alimentate solo se sapremo accogliere e valorizzare l'impegno individuale e garantire occasioni di confronto interno, sviluppare capacità di ascolto della base associativa e un dialogo con gli associati più forte e capillare. In questo percorso dovremo trovare i modi e gli spazi per valorizzare e rendere ancora più incisivo il ruolo delle sezioni regionali e garantire maggiore coinvolgimento nei processi decisionali al CNPR, anche attraverso il superamento degli attuali assetti statutari. L'esigenza di dialettica democratica - che è fondativa per una associazione basata sul volontariato – deve però conciliarsi con una maggiore capacità decisionale: confronto, condivisione, operatività e tempestività devono diventare i tratti distintivi della nostra azione a tutti i livelli; diversamente, rischiamo di apparire paralizzati dalle discussioni interne e incapaci di incidere sui temi che ci stanno a cuore.
Queste sono le motivazioni e le priorità che ci muovono nel proporre la nostra candidatura al CEN. Come avrete notato, si tratta in massima parte di problematiche legate alla dimensione della politica bibliotecaria. Sono i temi che più ci appassionano, sui quali siamo disposti a impegnarci nell'interesse della nostra professione e di tutti i bibliotecari italiani.
Stefano Parise (membro del CEN uscente)
Enrica Manenti (presidente uscente sezione Emilia Romagna)
Raffaele Tarantino (presidente uscente sezione Calabria)
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2011-02-28 a cura della Redazione AIB-WEB.
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