Contrariamente alle apparenze e agli stereotipi, la versatilità è forse la caratteristica più spiccata del bibliotecario. O almeno del bibliotecario italiano.
Quando ho cominciato a interessarmi alla storia della professione bibliotecaria, a partire dalle vicende dell'Associazione italiana biblioteche, Guglielmo Passigli per un po' è stato solo un nome. Anzi due, Giuseppe e Guglielmo, visto che Giuseppe Guglielmo Passigli è citato spesso con uno solo dei suoi nomi, l'uno o l'altro, e non era evidente a prima vista che si trattasse della stessa persona.
Vicesegretario dell'AIB dal 1933, dal 1936 segretario (insieme ad Antonio Boselli, a cui la carica fu sempre mantenuta anche se dopo il '32 non poté in effetti occuparsene), fu Passigli - per esempio - a leggere al Congresso di Macerata del 1937 l'importante relazione di Luigi De Gregori, Libro, biblioteche e associazioni bibliotecarie, salutata da «vivissimi applausi» ma oggetto della nota replica, quasi intimidatoria, del ministro Bottai 1. Come si sa Luigi De Gregori, per la sua voce bassa e forse anche un po' per vezzo, affidava spesso la lettura delle sue relazioni congressuali a una voce amica e più potente, non essendo ancora in uso sistemi di amplificazione 2. Ci aveva scherzato sopra l'amico Formiggini, ringraziando De Gregori dell'estratto della sua relazione del '32 su La grande Biblioteca nazionale in Roma:
Caro Professore, la ringrazio molto per il bell'opuscolo che mi ha favorito, che mi ricorda una data assai lieta. Peccato che esso non sia che un plagio di un bellissimo discorso del Passigli che a Modena si buscò così tutte le congratulazioni degli ascoltatori... 3
Ma dopo i congressi del '37 e del '38, di Guglielmo Passigli si perdevano le tracce.
Gli utilissimi indici cumulativi di «Accademie e biblioteche d'Italia» 4 segnalano solo una sua breve nota, non priva di interesse, sulla conservazione e la consultazione dei giornali, a partire dall'esperienza della Biblioteca nazionale di Roma 5.
Nel corso dei lavori per il dizionario bio-bibliografico dei bibliotecari italiani del Novecento avviato da Giorgio De Gregori e portato alla pubblicazione da Simonetta Buttò 6, dai generosi archivi dell'AIB (inestricabilmente intrecciatisi nel tempo con le carte di Luigi e di Giorgio De Gregori) era però emersa la velina di un necrologio dattiloscritto, anonimo e non datato, verosimilmente inedito, che viene qui pubblicato in appendice.
Il diligente e deferente autore (anzi autrice, come vedremo) del necrologio vi tracciava un profilo intrigante, di bibliotecario navigato ma anche di viaggiatore, diplomatico, giornalista, slavista, suggerendo tante possibili, ma non facili, strade per ulteriori ricerche.
Il necrologio era evidentemente databile ai primi anni dopo la Liberazione, precisamente al 1947 (a cinque anni dalla morte del Passigli, come si dice al principio); steso da un collega ed amico (in un primo momento pensai che potesse essere lo stesso De Gregori), poteva essere rimasto inedito perché destinato a quella «Rivista delle biblioteche», fondata da De Gregori in quell'anno, che si era arrestata al solo primo numero per la sua improvvisa scomparsa, unita ad una certa crisi redazionale. Solo nel 1950, come si sa, riprese le pubblicazioni la rivista ministeriale, «Accademie e biblioteche d'Italia», interrotta nel corso del 1943.
Fortunosamente, l'autrice si rivelò poco dopo essere Marta Friggeri, bibliotecaria della Nazionale di Roma, entrata nei ruoli delle biblioteche statali nel 1933 (con lo stesso concorso di Francesco Barberi), destinata per breve tempo alla Braidense di Milano ma rientrata entro il 1936 nella capitale. Negli anni Cinquanta fu poi alla Biblioteca di storia moderna e contemporanea, sempre a Roma, tenendone anche la reggenza; diresse successivamente, dal 1956, la Biblioteca statale di Lucca e, dal 1970 al 1973, l'Angelica 7. Sfogliando le buste dei Carteggi di bibliotecari nell'Archivio storico dell'AIB, per consultare il gonfio fascicolo dedicato a Giuseppe Fumagalli, mi cadde infatti l'occhio sul suo vicino, quello intestato appunto alla Friggeri, che conteneva un solo foglio, una breve missiva a Luigi De Gregori con cui accompagnava l'invio del suo scritto 8. Anche se il necrologio e la lettera a cui era originariamente allegato si erano, chissà quando, separati, finendo fra materiali diversi, si potevano quindi rimettere in relazione. In seguito, curiosando qua e là nel carteggio di Luigi De Gregori, ho notato che in quel periodo egli si era rivolto a numerosi colleghi e amici, in varie parti d'Italia, chiedendo loro notizie e commemorazioni di bibliotecari scomparsi negli anni della guerra, che voleva fossero ricordati, un po' alla volta, nella «Rivista delle biblioteche» 9.
Nel frattempo, da altre ricerche bibliografiche cominciavano ad emergere diversi suoi scritti sulla «Nuova Antologia», la sua traduzione del pamphlet contro la pena di morte di Vladimir Korolenko e - quando già cominciavo a dubitare che la notizia sulla traduzione tolstoiana fosse attendibile e riferita a un'edizione effettivamente pubblicata - i due volumi di Guerra e pace 10. Ci vorrebbe la penna di Guglielmo Passigli, concreta e senza pretese letterarie ma vivace ed arguta, per raccontare il sapore dei suoi reportages, che trovavo via via nelle annate della «Nuova Antologia». Forse erano le sue radici toscane - ed ebraiche - risciacquate nel Tevere, insieme con le vaste letture di letterature europee ciascuna nella sua lingua, a permettergli quello stile disinvolto e diretto, ma mai privo di discrezione ed eleganza. Anche quando descriveva un suk o una stazione di polizia, russa o turca, Passigli non faceva del sensazionalismo né indulgeva fastidiosamente a colorire le sue avventure e disavventure. Il suo interesse per la comprensione delle culture diverse è lo stesso quando si affaccia guardingo in una taverna malfrequentata di Tiflis o di Tunisi e quando analizza e commenta, al suo tavolino, le tendenze degli studi umanistici in Russia o l'autobiografia del pope Gapon. I suoi interessi per la politica e l'economia internazionale, insieme alle sue capacità di relazione, confermano il cenno del necrologio alla sua aspirazione, non realizzata, alla carriera diplomatica, ma non meno spiccate sono le sue attitudini verso il giornalismo e la letteratura di viaggio. Desta una certa ammirazione, bisogna confessarlo, la sua capacità di affrontare con curiosità e buonumore una quantità di disagi, noie e pericoli, fra i popoli più diversi, e di cavarsela brillantemente anche in situazioni quanto meno spinose, probabilmente unendo l'educazione impeccabile (che allora era anche e forse soprattutto autocontrollo), la conoscenza di parecchie lingue e, probabilmente, la comunicativa e l'italica arte di arrangiarsi.
Come apprendiamo dal necrologio, Guglielmo Passigli aveva iniziato gli studi di chimica e farmacia, passando poi a laurearsi in giurisprudenza, a Roma, nel 1899; si era anche diplomato in inglese e in francese e aveva appreso (per proprio conto?) anche il russo, il tedesco e lo spagnolo. Molto presto aveva cominciato anche a viaggiare: secondo il necrologio aveva solo diciott'anni al tempo del primo dei suoi vari viaggi in Russia.
Comincia nello stesso anno della laurea la sua collaborazione alla «Nuova Antologia». Per inciso, ne aveva lasciato la direzione da due anni Domenico Gnoli, che Passigli troverà come suo direttore alla Biblioteca nazionale di Roma. Il suo primo scritto è una recensione a un'opera inglese, la storia della letteratura giapponese di W. G. Aston, pubblicata nel 1899 nella collezione Short histories of the literatures of the world dell'editore londinese W. Heinemann. Probabilmente il Passigli non aveva una conoscenza specifica della materia, semmai un interesse per le vicende attuali, politiche e culturali, del Giappone (come lui stesso accenna nelle prime righe), e si limitò in sostanza a un'ampia e chiara sintesi, in un campo in cui dovevano difettare gli specialisti.
Molto diverso è il suo secondo contributo per la rivista, un vivace reportage di un viaggio nel Caucaso, uscito nel 1900, accompagnato da 14 illustrazioni. Partito con la speranza di «vedere un po' di montagne selvaggie non profanate dalla manía della réclame», come le aveva trovate in Svizzera, passata la Grecia e qualche traversia con la polizia turca a Istambul, traversò il Mar Nero, simpatizzando con un gruppo di ufficialetti che finito il corso andavano a raggiungere le loro destinazioni in Asia Minore. «Che soldati! - notava -. Non è il fanatismo che li rende formidabili: il disprezzo religioso della morte sarà un grande fattore, ma il disprezzo per gli agi è un fattore più potente ancora, e non è certo comandato dal Profeta» 11. Al porto di Batùm comincia la terra del petrolio, «il cui odore ci si rivela quando scendiamo [...] e ci perseguita ovunque, finchè non rientriamo in Europa» 12. Poi, con 700 km di ferrovia e più di trenta ore di viaggio, fino a Bakù, sul Caspio: nelle stazioni si scende per sorbire un'acquavite o un tè dal samovar della sala d'attesa, aspettando la campana che avvisa di risalire a bordo; la notte i sedili si trasformano in cuccette. Ma più ancora che alla descrizione di costume delle tante etnie che si incontrano nel Caucaso, che lo abitano o vi soggiornano per il lavoro o il servizio, o a quella efficacissima del paesaggio infernale della valle dei pozzi, Passigli appare interessato alle intricate questioni politiche, etniche, religiose ed economiche che dividono quegli stessi popoli, aizzati o spalleggiati dai diversi Stati europei, e che egli riesce a ricostruire in maniera molto informata ed equilibrata, anche attraverso incontri o colloqui con esponenti politici e religiosi. Nonostante la sua finezza di osservatore e le sue capacità diplomatiche, a volte - anche in altri viaggi - lo troviamo a spingersi un po' troppo in là per saggiare sentimenti e reazioni altrui: per esempio, a proporre, in un ricevimento di nobili a Tiflis, un brindisi a un futuro regno indipendente di Georgia, ottenendo in risposta un silenzio glaciale. Il viaggio termina con una corsa vertiginosa verso Nord, la traversata delle montagne del Caucaso, compiuta in parte in slitte a cavalli che scivolano come il vento, senza rumore, tra muraglie di neve e vere gallerie scavate nel ghiaccio sotto i crinali da cui scendono le valanghe, che altrimenti interromperebbero la pista. Le ultime incisioni che accompagnano l'articolo, evidentemente realizzate su schizzi dal vero, riescono a rendere qualche "istantanea" di questo viaggio; solo alcuni anni più tardi, per il viaggio del 1906 in Russia, Passigli riuscì ad equipaggiarsi, come vedremo, con una macchina fotografica.
Due anni dopo, Passigli si dirigeva invece verso il Nordafrica, di ritorno da Caprera - dove aveva partecipato al pellegrinaggio nazionale a vent'anni dalla scomparsa di Garibaldi - e dai luoghi siciliani dei Mille 13. Sbarcato a Tunisi, rimase inizialmente deluso:
Io sono ammiratore sincero e profondo del progresso e di tutti i suoi portati che tendono a far sparire le distanze e ad accomunare le razze umane. Ma non riesco a sradicarmi dall'anima un senso di rancore per tutti quei frutti della civiltà moderna, che, avvicinando ed assimilando le cinque parti del mondo, rendono sempre più piccolo e sempre più monotono il povero pianeta su cui viviamo senza la speranza di porre il piede in altri punti dell'universo. [...]
Se la temperatura alquanto africana, mitigata sotto i portici da giganteschi ventagli mossi da arabi per mezzo di funi; se gli europei, cogli abiti di tela bianca e gli elmetti, non mi avessero attestato che mi trovavo in un paese veramente nuovo, avrei creduto che tutti quegli arabi che incontravo per la via e che affollavano il tramway su cui ero salito, fossero i resti di qualche numerosa mascherata. [...] E cominciavo a pentirmi di essermi mosso di lontano per provare quella disillusione, e a convincermi che Tunisi era senza dubbio più bella prima che la civiltà europea la coprisse colle sue ali protettrici. Pranzai in una trattoria mezzo italiana e mezzo francese, mi sedetti in un caffè donde mi scacciò l'intermezzo della Cavalleria Rusticana [...] e alla fine mi ritirai, un po' scorato, all'albergo, e mi coricai sperando di trovare almeno in sogno le moschee, le carovane, i palmizi, e forse, se la notte mi fosse più propizia della giornata, anche le traccie dell'elefante e del leone 14.
Ma il giorno dopo, cominciata l'esplorazione della città vecchia, dei suoi mercati e dei suoi caffè, la sua curiosità inizia a risvegliarsi, e lo porterà anche nel tribunale, a seguire qualche udienza, e al grande corteo funebre per la morte del bey Alì Pascià.
Già nelle conclusioni del reportage del 1900, Passigli aveva avvertito con preoccupazione i rischi dell'espansionismo dell'Impero russo, dal Polo al Caucaso, con la ferrovia transiberiana verso l'Estremo Oriente e con la bandiera del panslavismo verso i paesi balcanici. Dopo la parentesi del viaggio in Tunisia (e un articolo di carattere storico-bibliografico, a cui accenno più avanti), l'interesse per la Russia torna al centro dei suoi contributi successivi. Sul numero del 1º marzo 1905 esce un suo saggio su La Russia odierna che, prendendo spunto da «i disastri della guerra presente e il malessere interno del quale non vediamo prossima la fine» 15, spiega i caratteri della lingua russa, erroneamente creduta molto difficile o ingrata, e lo sviluppo della sua letteratura, fino alla fioritura della sua narrativa e alle ultime tendenze, da Gorki ai poeti simbolisti e decadenti. Che tratti degli arbitri dell'amministrazione o delle sette religiose o degli studi universitari di scienze umane e naturali, l'autore mostra un'invidiabile e aggiornata conoscenza della cultura e della vita sociale, basata, oltre che su larghe letture, su lunghi soggiorni e amicizie, a cui si accenna qua e là. La Russia era in quei giorni in rivolta, sull'onda degli insuccessi nella guerra scatenata nel 1904 dal Giappone e della cruenta repressione della manifestazione del 22 gennaio 1905, di cui era stato animatore l'ambiguo pope Giorgio Gapon. La sua autobiografia - uscita a tamburo battente, in meno di un anno - venne recensita da Passigli, con ampi commenti sull'accaduto, nel numero del 1º febbraio 1906 16.
Alla Russia Passigli dedicò ancora un lungo reportage in due puntate da Pietroburgo, a seguito di un nuovo soggiorno di circa un mese, nell'agosto e settembre del 1906. Superati i minuziosi controlli di polizia al confine russo-tedesco, inizia il lungo viaggio in ferrovia verso la capitale:
Quando cala la notte, nell'interno del treno cresce anzichè diminuire l'animazione. Quasi tutti accendono le loro candele; preparano i bicchieri, lo zucchero e i biscotti pel tè; distendono tovaglie e coperte, e alle stazioni riempiono d'acqua bollente i ramini. Fra i bicchieri fumanti del color dell'ambra, la conversazione fiorisce. Si parla dello sciopero a Pietroburgo, delle rivolte militari in Finlandia; e tutti, con una libertà di linguaggio che mi stupisce, esprimono francamente le loro opinioni. Quando, negli altri miei viaggi in Russia, mi accadeva di intavolare in un luogo pubblico un discorso che sapesse di politica, o l'argomento cadeva di peso, o le voci si facevano basse e gli sguardi sospettosi. Ora invece si parlava alto dei soprusi della polizia, della necessità di un governo costituzionale, e della speranza che anche l'esercito prendesse le parti del popolo, e lo sostenesse nelle sue rivendicazioni. Solo verso la mezzanotte le candele cominciarono a spegnersi, e con esse i discorsi ardenti... 17
A Pietroburgo, dove dilagano proteste, cospirazioni e delinquenza comune, Passigli riesce perfino a penetrare (con la sua lingua sciolta e la sua improntitudine, a quanto racconta) nella villa del ministro Stolypin appena devastata da un attentato terroristico, cogliendone qualche immagine con «il suo kodak impenitente», «fedele e pericoloso compagno» 18. Il reportage è accompagnato da 34 sue fotografie, colte talvolta solleticando la vanità dei soggetti ritratti, ma più spesso in maniera avventurosa: la sua inseparabile e sospetta cassetta a tracolla e il suo intrufolarsi dovunque la curiosità lo porti gli costano, fra l'altro, un doppio arresto nella zona delle manovre militari che si tengono in quei giorni. La seconda parte del racconto, invece, è dedicata alla visita alla comunità monastica delle isole di Valaam, nel lago Ladoga, all'ascetico soggiorno (impagabile la descrizione del vitto, che richiese tutto il suo spirito di adattamento), al ritorno attraverso la Finlandia e agli ultimi incidenti pietroburghesi.
Con questo contributo, nel 1906, termina la sua collaborazione alla «Nuova Antologia», almeno per quanto ne sappiamo; troviamo ancora, nel 1907, soltanto una lunga recensione (ma in sostanza prevalentemente un estratto) della traduzione italiana, curata da Celestino Schiaparelli, di un libro di viaggio arabo del XII secolo 19. Ma non si può escludere che altri suoi contributi siano apparsi non firmati, e non saprei datare - né collocare rispetto alle collaborazioni firmate - il suo impegno di redattore capo della rivista, che risulta dal necrologio (la rivista stessa non riporta, oltre all'indicazione del responsabile, notizie sulla redazione).
Nel frattempo, il 1º febbraio 1901, Passigli era entrato nelle biblioteche governative, come sottobibliotecario dell'ultima classe, tra i vincitori di un concorso che aveva visto per primo Gino Levi, poi il gruppo dei "normalisti" (Fortunato Pintor, Luigi Ferrari e Giulio Coggiola) e tre donne, Ida Luisi, Zulia Benelli e Itala Santinelli, che andavano ad aggiungersi alle prime due donne laureate entrate poco prima nei ruoli (Teresa Bari e Bianca Distinti). Percorse con la lentezza di quegli anni le varie classi della qualifica di sottobibliotecario (poi trasformata in quella di bibliotecario), lavorando a quanto pare alla Nazionale di Roma e legandosi d'amicizia soprattutto con Luigi De Gregori (di tre anni più anziano, primo nel concorso successivo, entrato nel 1903 alla "Vittorio Emanuele") e con Maria Ortiz (di quattro anni più giovane, prima nel concorso del 1906, rientrata a Roma - dal 1908 all'Alessandrina e dal 1911 in Nazionale - dopo due anni all'Universitaria di Genova).
Della sua attività in questi anni sappiamo poco o nulla, ma è del 1903 il suo primo scritto di carattere più professionale, legato proprio alla Nazionale: un articolo di presentazione, ancora sulla «Nuova Antologia», della Mostra di topografia romana allestita nella crociera del Collegio Romano per iniziativa di Domenico Gnoli in occasione del Congresso internazionale di scienze storiche 20. Probabilmente continuò a coltivare i suoi interessi letterari, giornalistici e politici: è del 1910 la sua traduzione, realizzata in tempi rapidissimi, de L'impero della morte di Korolenko, l'appassionato libro di testimonianze e riflessioni sulle esecuzioni capitali e la repressione in Russia, dopo la rivolta del 1905, accompagnato da una prefazione di Tolstoj.
Non è datata, ma si può dubitativamente collocare verso gli anni 1906-1907, la sua traduzione di Guerra e pace, pubblicata dalla Società editrice laziale, probabilmente a puntate o dispense, in una collana popolare illustrata, la Biblioteca di viaggi e racconti (priva, di solito, di date di pubblicazione). La Società editrice laziale, con sede a Roma in via Tomacelli e una tipografia propria in via Borgognona, sembra aver svolto un'attività non indifferente, dal 1893 al 1913, nel campo non solo della narrativa e dei periodici, ma anche in quello delle pubblicazioni giuridiche 21. Si tratta di una traduzione per un pubblico di massa (nella quale, per esempio, si è rinunciato all'alternanza tolstoiana, nei dialoghi, fra russo e francese, rendendo entrambe le lingue in italiano) ma che si legge con piacere, spigliata e diretta, disinvolta soprattutto nel rendere le scene domestiche e sociali e le conversazioni.
Negli anni successivi lo troviamo coinvolto in un'altra iniziativa editoriale, l'Enciclopedia contemporanea illustrata pubblicata a dispense dall'editore Vallardi. Si trattava di una specie di dizionario enciclopedico annuale, in ordine alfabetico, relativo agli eventi politici e alle novità anche scientifiche ed artistiche, con voci non firmate ma spesso molto ampie e dettagliate (in particolare sulla politica internazionale). L'opera, che contava su una quindicina di redattori, fra i quali il Passigli, venne inizialmente diretta da un altro bibliotecario, Mario Menghini, funzionario dell'amministrazione universitaria comandato stabilmente alla Biblioteca nazionale e più tardi conservatore del Museo, archivio e biblioteca del Risorgimento. Nell'ultima annata (1914) come direttore gli subentrò Passigli, mentre Menghini restò fra i collaboratori; vi troviamo anche un altro bibliotecario (e amico del Passigli), Guido Calcagno, che dopo una lunga carriera alla "Vittorio Emanuele" era dal 1912 direttore dell'Universitaria di Messina e sarebbe rientrato a Roma nel 1915 come direttore dell'Alessandrina.
Con la grande guerra, almeno dal 1917, Passigli venne coinvolto per la sua conoscenza delle lingue e la sua esperienza internazionale in vari incarichi e missioni: secondo il suo curriculum, fu in Russia nel 1917 con l'addetto navale italiano, il comandante Carlo Rossetti, e nel 1918 a Stoccolma come capo del Centro Informazioni in Scandinavia. Dopo la conclusione della guerra, fu dal gennaio 1920 al maggio 1921 capo di gabinetto del commissario italiano (il generale Alberto De Marinis) nella Commissione interalleata per l'Alta Slesia; nel 1922 partecipò come addetto stampa alla Conferenza internazionale di Genova.
Possiamo tornare a seguire la sua carriera professionale dopo la promozione a bibliotecario capo, al principio del 1927, e la nomina, nel marzo di quello stesso anno, alla direzione della Biblioteca universitaria di Messina. Una sede certo non ambita, anzi spesso vacante, e un istituto che non si era ancora del tutto risollevato dalla distruzione portata dal terremoto del 1908. Comincia da quell'anno e da quel trasferimento, a parte una cartolina del 1925 da Parigi, la sua corrispondenza con Luigi De Gregori, conservata nell'Archivio dell'AIB.
Le mie impressioni messinesi dell'aprile - scrive Passigli un mese dopo aver preso possesso della Biblioteca - sono buone quanto quelle che ne riportai nel marzo. La città, la casa, le genti, il clima sono gradevoli, e gli inconvenienti che possono presentare sono piccoli.
In Biblioteca il personale è buono e l'edificio soddisfacente. Ma occorre ordinare tutto, tutto: rifare l'inventario e i due cataloghi; ricollocare quasi tutto il materiale; provvedere ai mobili e agli scaffali; ciò non potrà procedere che lentamente, data l'esiguità dello stato maggiore 22.
Con tutte queste cose da fare, scrive spesso a Luigi De Gregori (ma anche alla Ortiz e a Guido Calcagno, che aveva diretto la biblioteca di Messina dopo il terremoto ed era allora ispettore superiore alla Direzione generale delle accademie e biblioteche), per incaricarlo di parecchie incombenze pratiche e per consiglio.
È già passato l'anno dalla mia venuta a Messina. Nel complesso mi ci trovo bene: meglio che nei primi mesi.
La Biblioteca mi interessa: ma vi è un lavoro mastodontico per metterla a sesto 23.
Ma col tempo il suo spirito positivo e la voglia di fare, la «formidabile forza di adattamento» (sono parole sue), cominciano a scemare: si sente isolato, tagliato fuori da tutto, e anche l'idea di passare qualche giorno a Roma per il congresso internazionale dei bibliotecari non lo attira, semmai l'idea di una mangiata in trattoria con Gigi, o qualche chiacchierata con lui o con la Ortiz («e non posso dire et coetera», aggiunge). Per la prima volta, chiede all'amico di avvertirlo «se ti si affacciasse qualche possibilità di un mio ritorno onorevole e definitivo a Roma» 24. Verrà a Roma nel giugno '29 per il Congresso mondiale delle biblioteche e di bibliografia, ma dal settembre di quell'anno fino al '32 non sono conservate altre sue lettere a De Gregori.
Nel 1930, invece del desiderato "rimpatrio", venne il trasferimento alla direzione della Nazionale di Palermo (che comportava anche la carica di Soprintendente alle biblioteche della Sicilia), lasciata da Antonio Boselli per l'Universitaria di Bologna. In quell'anno Passigli figura anche tra i primi aderenti all'Associazione dei bibliotecari italiani e l'anno dopo prende parte al suo primo Congresso, tenuto a Roma, intervenendo brevemente nel dibattito. A seguito dell'intervento del prof. Eugenio Di Carlo dell'Università di Messina sulle condizioni di abbandono dei volumi provenienti dai conventi soppressi nella Comunale di Palermo, segnala il caso della biblioteca di Guglielmo Pitré, il noto studioso delle tradizioni popolari, ceduta nel 1916 dagli eredi alla Nazionale di Palermo, ma non ancora ordinata 25.
La corrispondenza con Luigi De Gregori riprende nel febbraio 1932 e la situazione precipita improvvisamente nei primi giorni dell'anno successivo. Il giorno di Capodanno Passigli scrive all'amico scherzando sulle predizioni del Barbanera, ma il 7, dopo l'ispezione appena ricevuta di Alfonso Gallo, comprende di trovarsi in un guaio grosso (del quale, purtroppo, non dà spiegazioni nella lettera, visto che De Gregori ne era già per proprio conto al corrente).
La coalizione mafiosa, mossa e capitanata da due di qua dentro, quelli che avevo già segnalati al Ministero come specialisti in congiure ed intrighi, ha fatto la sua gazzarra. [...] Consigliato anche dal comm. Gallo, ho chiesto di essere senza indugio tolto da questo ambiente.
Ma per venire a Roma: ché non farei in vita un quarto trasloco. Tre ne ho fatti, con questo, che sto già preparando.
Ti scongiuro, caro Gigi, aiutami ora, ché tu puoi far molto [...].
Con piacere e con affetto verrei anche alla Casanatense, in sottordine, pur di stare una buona volta tranquillo. E che lo facciano subito. Qui mi sento in uno stato di vera esasperazione, e debbo far finta di nulla.
Compiono ora i sei anni da che sono in quest'isola scellerata. Nessuno, di nessuna amministrazione, ci passa un periodo così lungo, a meno che per sue condizioni, non si sicilianizzi addirittura.
Scrivimi, scrivetemi, toglietemi da una situazione angosciosa.
Spero molto in te 26.
Non conosciamo i fatti a cui Passigli si riferisce, ma da questa lettera e dalla successiva si comprende che aveva commesso un passo falso, era «caduto» - come dice lui stesso - in un «tranello» tesogli da due dipendenti, coadiutori abituati a fare il bello e il cattivo tempo, che già tempo prima avevano montato una campagna contro Camillo Pecorella (trasferito, all'arrivo di Passigli, a dirigere la biblioteca di Messina) 27. A giudicare dal tono delle lettere, in una persona d'esperienza, equilibrata e di spirito come lui, certo la vicenda doveva averlo profondamente angosciato. Anche dopo la sua partenza la situazione della biblioteca di Palermo rimase difficile: il suo successore, il fiorentino Eugenio Rossi, alla sua prima direzione, dopo poco più di un anno ottenne di tornare, come vicedirettore, alla Nazionale di Firenze; lo sostituì per circa tre anni Ester Pastorello, non senza incontrare anche lei notevoli difficoltà.
Comunque, Passigli riuscì a rientrare alla "Vittorio Emanuele", come vicedirettore, prendendo servizio il 19 agosto 1933 28, al ritorno da una vacanza a Vienna. Contemporaneamente, dal 1º agosto, veniva promosso direttore di seconda classe. La Nazionale romana non era, peraltro, una sede meno travagliata di quella di Palermo, se alla fine per sostituire il vecchio Bonazzi collocato a riposo si era dovuti ricorrere a un giovane (trasferendolo da una sede minore, Padova), che poi morirà improvvisamente dopo poco più di un anno.
Oltre a svolgere i compiti di vicedirettore, alla Nazionale di Roma (affidata dopo la morte di Ageno, dal principio del 1935, a Nella Vichi) Passigli diresse la Sezione di cultura generale, istituita verso il 1930, a partire da una piccola sezioncina di opere di frequente consultazione, per mettere a disposizione del pubblico non specializzato, al piano terra, una scelta di volumi recenti. Da una "costola" di questa sezione nacque nel '35, a quanto pare per iniziativa di Passigli, un settore di "Recentissimi", ospitato prima nella frequentatissima Emeroteca e dal '37 in una sala autonoma, costituito con novità librarie d'interesse generale acquistate appena uscite (senza attendere, quindi, l'iter lungo e incerto del deposito obbligatorio); gli ultimi acquisti erano esposti in una vetrina rinnovata ogni due settimane 29. Ai primi mesi dopo il suo rientro a Roma si riferisce anche l'articolo, già ricordato, sull'Emeroteca («nome alquanto inesatto», nota lui stesso) della "Vittorio Emanuele" 30. Le ricche collezioni di giornali politici e riviste della Biblioteca attiravano in quella sala un nutrito pubblico e il materiale, soprattutto quello meno comune o più ricercato, si logorava rapidamente richiedendo, come era avvenuto per la collezione completa del «Popolo d'Italia» (l'unica a Roma), un complesso e comunque precario restauro. Passigli avanzava quindi, per la conservazione e la consultazione dei giornali, tre proposte. In primo luogo, la stampa di un certo numero di copie su carta a mano, per le biblioteche e altri enti con interessi di conservazione, secondo l'esempio del «New York Times», che aveva visitato l'anno precedente durante il suo viaggio in America. Le altre proposte riguardavano in particolare il «Popolo d'Italia»: darne una riproduzione fotolitografica in formato un po' ridotto, in offset, procedimento di cui presentava una pagina campione, e pubblicarne un indice analitico, che sarebbe stato utile (indicando la data dei diversi avvenimenti) anche per la consultazione di altri giornali.
Dal suo ritorno a Roma, Passigli fu anche fra i più stretti collaboratori di Luigi De Gregori nell'Associazione, di cui dal 1932 questi, pur con la sola carica di tesoriere, era di fatto l'anima e il principale organizzatore 31. Vicesegretario dal maggio 1933, segretario dopo il rinnovo delle cariche nel '36, Passigli fu sempre presente ai congressi dell'Associazione e più volte coinvolto, per la sua conoscenza delle lingue e la sua esperienza, nelle delegazioni all'estero. Ai congressi internazionali di Atlantic City (1926) e di Edinburgo (1927), da cui nacque l'IFLA, De Gregori aveva partecipato insieme a Vincenzo Fago, un curioso bibliotecario letterato e viaggiatore che era entrato con lui alla Nazionale di Roma, come compagno di concorso, ma era stato poi comandato al Cairo e, con vari incarichi, al Ministero degli esteri, e parlava correntemente l'inglese. Tornato Passigli a Roma, divenne lui il compagno di viaggio abituale di De Gregori: al viaggio a Chicago dell'ottobre 1933, per i congressi dell'IFLA e dell'ALA, seguirono quello a Madrid nel '35 per il secondo Congresso mondiale delle biblioteche, quello a Varsavia e a Dresda, nel '36, per i congressi dell'IFLA e dei bibliotecari tedeschi, e quello del '37 a Parigi per il Congresso mondiale della documentazione universale e la sessione IFLA 32.
Oltre a questi viaggi di lavoro, sappiamo che Passigli tornò per un mese e mezzo a Vienna, nel settembre-ottobre 1935, sollecitando invano l'amico a venirlo a trovare.
Io intanto sto esaminando la situazione a Vienna dal tuo punto di vista. Ho appurato che qui si frigge con lo strutto, non col burro, e che alla Nazionale vi sono varii manoscritti.
Volendo, potrai mangiare all'italiana; conosco quattro ristoranti italiani; ve ne sono di buoni ungheresi, dove potremo farci un bicchierotto di Tokaj; ve ne è uno serbo, con specialità balcaniche; vi sono delle Keller sotterranee dove si mangiano colore e odore locale [...].
Ho fatto un florilegio di una ventina di caffè, che dovrai conoscere. Tu poi ti pasteggerai il Museo di storia dell'arte, le Biblioteche che vorrai vedere...33
Ma Luigi De Gregori non poté andare a trovarlo. «È un vero peccato! [...] Avremmo fatto una vita da Rex», gli scrisse Passigli, alludendo al transatlantico - «un mezzo grattacielo! (sono 11 piani)», aveva annotato De Gregori nel suo diario - con cui erano partiti da Napoli per New York nel 1933 34.
L'ultima iniziativa dell'Associazione a cui Passigli fu presente è il quinto Congresso nazionale, tenuto a Bolzano e a Trento nel maggio 1938. Veniva lanciata in quei mesi la virulenta campagna antisemita del regime e nel giro di pochissimo tempo, con le leggi del novembre di quell'anno, si giunse al licenziamento anche dei bibliotecari di origine ebraica: Passigli, la Mondolfo (già destituita l'anno prima dalla direzione della Nazionale di Firenze per motivi politici), la Ascarelli, tutti e tre presenti al convegno (la Mondolfo anche come relatrice), e ancora Emma Coen Pirani (presente ai due congressi precedenti, ma assente a Bolzano) e Laura Luzzatto Coen 35. Questi provvedimenti, fra i più obbrobriosi del regime, posero quindi fine alla carriera bibliotecaria di Guglielmo Passigli, come alla sua partecipazione alla vita dell'Associazione.
Difficile, al di là delle poche parole del necrologio, è sapere cosa sia stato degli ultimi anni della sua vita. Sappiamo soltanto che non venne meno l'amicizia con Luigi De Gregori. Forse a un suo tentativo di trovare una via per evitare il licenziamento, o una nuova sistemazione, è legato il curriculum autografo del Passigli, qui pubblicato in appendice, che sulla base dell'indicazione degli anni di servizio può essere datato fra il febbraio 1938 e il febbraio '39; sono oscuri, nel necrologio, gli accenni all'indisponibilità di Passigli a ricorrere a scappatoie (allora comunque rare e difficili) e ai provvedimenti che avevano colpito anche la sorella e la nipote. A queste Passigli, rimasto scapolo, era molto legato, come alla madre, che aveva portato con sé nel suo trasferimento a Messina ma che doveva essere ormai defunta.
È difficile sfuggire alla tentazione, pur se su indizi molto tenui, di identificare la sorella di Guglielmo in Anna Passigli Piazza, scrittrice e studiosa di letteratura inglese, professoressa nei licei classici di Roma, che figura nell'elenco degli autori ebrei di libri scolastici di cui si vietò l'adozione nell'estate del 1938 36 e venne poi licenziata per le leggi razziali al principio del '39 37. Il cognome Passigli non è raro, sia a Firenze che a Roma, ma una circostanza significativa è che Anna era vedova e qualche indizio lo forniscono anche generi e sedi editoriali dei suoi scritti: una sua commemorazione di Shakespeare e un opuscolo su Shelley uscirono a Roma nel 1916 e nel 1923, mentre due volumetti di testi inglesi annotati per le scuole risultano pubblicati a Palermo, nella Collezione di classici stranieri dell'editore Trimarchi, nel 1927 e '28, cioè quando Guglielmo si era trasferito a Messina, forse con tutti i suoi familiari 38.
Le ultime notizie che abbiamo di Guglielmo Passigli ci vengono dalla sua lettera a Luigi De Gregori del 30 giugno 1941, datata da Rodeano Alto, nei dintorni di Udine. In questa lettera (l'unica successiva al 1935 che sia conservata nell'Archivio dell'AIB) gli raccontava di aver seguito le sue istruzioni chiamando, appena arrivato a Udine, il signor Clocchiatti, che lo aveva prelevato in albergo e accompagnato al paese con una macchina condotta da un autista. Doveva trattarsi del padre di Clelia Clocchiatti, nuora di Luigi De Gregori (aveva sposato Francesco, il comandante "Bolla" della Brigata Osoppo), o forse del fratello di lei, che aveva appunto un'automobile. Comunque, era stato Luigi a insistere che l'amico, a Udine, non dovesse prendere la tramvia pubblica, ma chiamare i suoi parenti, avvertiti nel frattempo.
Qui le cose - concludeva Passigli - sono talmente semplici, che non oso esortarti a venire a trascorrervi più di qualche ora. [...] Io mi fermerò qui parecchi giorni, e forse il progettino a scartamento ridotto potrebbe riuscirci. Dopo New York, Rodeano sarebbe una degna conclusione 39.
Non sappiamo quale fosse il "progettino" lassù, ma dopo meno di un anno Passigli moriva, a Roma, per un attacco cardiaco. Dal necrologio apprendiamo che lasciò la parte migliore dei suoi libri alla biblioteca dove aveva trascorso quasi tutta la carriera, la Nazionale romana. Del lascito sembra si siano perse le tracce, e la notizia stessa, ma mi auguro che possano essere ritrovate. Non hanno avuto esito, finora, alcuni limitatissimi sondaggi da parte mia.
Degli obbrobri dell'obbrobrio, come si sa, faceva parte anche la damnatio memoriae: dalla progressiva sparizione dei personaggi di origine ebraica anche dei secoli passati dalle riviste, dai libri, persino dalle enciclopedie, fino al divieto di pubblicare necrologi, o semplici inserzioni sui giornali, per la morte di un ebreo.
Una rarissima eccezione, a quanto pare, riguardò proprio un bibliotecario, Salomone Morpurgo, per la morte di suo figlio Augusto. Impose il necrologio al «Corriere della sera» Ernesta Bittanti, con queste parole: «La vedova di Cesare Battisti annuncia in pianto ai superstiti amici della vigilia di Trento e Trieste la morte del figlio di Salomone Morpurgo e Laura Franchetti, Ing. Augusto Morpurgo, volontario e decorato della grande guerra, come l'unico fratello caduto ventenne sulle Alpi trentine» 40. La morte dello stesso Salomone, nel febbraio '42, fu segnalata solo dall'«Osservatore romano».
Il necrologio di Passigli ricorda che i colleghi «non ebbero la possibilità» di commemorarlo «pubblicamente al momento della morte». Anche se erano passati ormai diversi anni, Luigi De Gregori cercò, come abbiamo visto, di procurarne un ricordo nella sua «Rivista delle biblioteche», ma la sorte di nuovo non fu benigna: con la sua morte e l'interruzione della rivista, anche il tardivo necrologio rimase inedito.
Ma si è comunque salvato, tra le carte del lavoro di Giorgio De Gregori, e arriva ora, dopo che ai cinque anni si è aggiunto più di mezzo secolo, a comparire a stampa, in una sede offerta a un altro bibliotecario. Insieme alla scarna biografia di Guglielmo Passigli, e a qualche sua lettera, anche le sue fattezze si sono salvate alla memoria, nella bella fotografia del 1933 che lo ritrae accanto a Luigi De Gregori, con un cappotto nero, un grosso feltro pure nero e un cospicuo papillon, appoggiati al parapetto del Conte di Savoia salpato da New York, con sullo sfondo i grattacieli della città 41. Questa fotografia permette di riconoscerlo, piuttosto invecchiato, sempre con cappotto e cappello nero e un bastone da passeggio, in una delle foto della gita in montagna di un gruppo di congressisti e congressiste di Bolzano '38: è tra Francesco Barberi e Luigi De Gregori, ci sono anche Giorgio De Gregori, Enrico Jahier, Alberto Giraldi, insieme ad alcune giovani bibliotecarie, probabilmente fiorentine e romane, non ancora identificate 42.
APPENDICE 43
Son trascorsi cinque anni dalla sua scomparsa e solo ora si può rievocare la sua figura. Adempio ben volentieri a questo compito, per recare un omaggio alla memoria di una persona che per la ricchezza dello spirito e per la bontà del cuore ha lasciato un profondo rimpianto.
Suo padre era toscano, ufficiale dell'esercito italiano, combattente nelle Guerre d'Indipendenza; la madre discendeva da nobile famiglia parmense ed era donna piena di brio e di squisita educazione. Egli nacque a Firenze ma fin da giovinetto si trasferì a Roma dove compì tutti gli studi. D'ingegno vivace e memoria prodigiosa, si dedicò a studi di diversa natura, secondo il suo carattere che di tutto s'interessava. Frequentò il biennio di chimica e farmacia, sostenendo anche gli esami di botanica, zoologia e chimica generale. Quindi seguiva il corso di giurisprudenza, laureandosi nel 1899 e contemporaneamente conseguiva i diplomi universitari di inglese e francese. Lo studio delle lingue, al quale si dedicò con passione, tanto da diventare in breve padrone anche del russo, tedesco e spagnolo, ci rivela uno degli aspetti fondamentali del suo carattere. La sua curiosità di conoscere i paesi, curiosità tutta umana, che supera i limiti dell'interesse puramente turistico, estendendosi a tutte le manifestazioni della vita dei popoli e della loro psicologia, lo spinse a compiere numerosi viaggi. All'età di diciotto anni andò in Russia e da allora viaggiò, per diporto o per missioni, in tutti i continenti.
Altro aspetto tipico del suo carattere fu l'affetto profondo, pieno di tenera sollecitudine che ebbe per la famiglia: per i genitori, finchè vissero e per la sorella e la nipote. A questo affetto sacrificò le sue aspirazioni, che lo spingevano alla carriera diplomatica, alla quale era particolarmente adatto per le qualità di cultura e di carattere, oltre che per l'educazione raffinata.
Non potendo seguire la carriera che avrebbe preferito, nel 1901 entrò nelle Biblioteche: nel corso della sua lunga carriera fu direttore della Biblioteca Universitaria di Messina e poi della Biblioteca Nazionale di Palermo, e in tutti e due i luoghi lasciò fama di direttore giusto, ma nello stesso tempo severo. Nel 1932 fu trasferito alla Biblioteca Universitaria di Roma, e quindi, come vice-direttore e direttore della Sezione di Cultura Generale, alla Nazionale di Roma. A lui si deve l'istituzione della sezione dei "Recentissimi", per poter mettere a disposizione del pubblico le novità librarie con maggior rapidità di quella consentita dal meccanismo del diritto di stampa.
Nei primi anni della sua carriera si dedicò anche all'insegnamento delle lingue inglese e russa in scuole o presso associazioni, in molti casi senza percepire compenso.
Ma se fu bibliotecario di valore per la sua grande cultura e direttore di prim'ordine, non fu certamente un topo di Biblioteca, non si seppellì nel suo ufficio, anzi continuò a interessarsi del mondo circostante, prendendo viva parte alle manifestazioni della cultura. Fra le sue attività culturali e giornalistiche meritano particolare menzione la collaborazione, in qualità di redattore capo, alla "Nuova Antologia" e all'"Enciclopedia contemporanea" del Vallardi. Inoltre tradusse direttamente dal russo "Guerra e pace" di Tolstoi e fu corrispondente di giornali.
Un'altra attività che va ricordata è quella che svolse, con particolare competenza, di interprete, sia in istruttoria penale, sia e soprattutto, come militare. Nel 1917 fu interprete militare alle dipendenze dell'Addetto navale in Russia; tra la fine del 1918 e il principio del 1919 fu inviato a Stoccolma dal Comando Supremo come Capo del Centro d'Informazioni, esercitando anche, nella carenza dell'Addetto Militare, alcune delle sue funzioni. Infine dal 20 gennaio al 10 maggio 1921 fu Capo di Gabinetto dell'Alto Commissario italiano nella Commissione Alleata di Governo e Plebiscito dell'Alta Slesia, esercitando le funzioni di Commissario durante le assenze del titolare. Il Commissario stesso, generale De Marinis, esprimeva su di lui il giudizio seguente: "Il Dr. Passigli conosce ottimamente il russo e il tedesco e ha perfetta padronanza delle lingue francese e inglese. La sua cultura, il suo carattere, lo mettono in grado di poter prestare preziosi servizi in missioni all'estero, per le quali credo mio dovere segnalarlo all'alta considerazione delle Autorità da cui dipende".
Le leggi per la difesa della razza lo costrinsero ad abbandonare l'impiego, e la cosa fu per lui tanto più dolorosa, perchè da molto tempo, unitamente alla sua famiglia, convertito al cattolicesimo. Ma egli non sarebbe mai ricorso a mezzi disonesti per evitare il provvedimento e così subì, come gli altri ebrei, la tremenda ingiustizia. Nella persecuzione si rinforzarono i vincoli di affetto che lo legavano alla sorella e alla nipote, anch'esse duramente colpite. Il dolore per l'ingiustizia subita, lo fece rinchiudere in una triste solitudine e minò la sua esistenza: il 19 giugno 1942 chiudeva i suoi giorni per malattia di cuore. Nel testamento aveva lasciato la parte migliore della sua biblioteca alla Biblioteca Nazionale.
A lui almeno fu risparmiato l'orrore delle persecuzioni tedesche, la minaccia dei Campi della morte. Si è spento fra l'affetto dei suoi cari, confortato dagli estremi Sacramenti.
A lui, che ha lasciato in chi aveva avuto occasione di avvicinarlo un ricordo pieno di stima e di affetto, vada il reverente omaggio di tutti i colleghi, che non ebbero la possibilità di farlo pubblicamente al momento della morte.
[Marta Friggeri]
Passigli Giuseppe Guglielmo
cav. uff. (dal 1935) della Corona d'Italia
del fu Carlo (Ten. Colonnello di fanteria)
nato a Firenze il 26 agosto 1877.
Bibliotecario-direttore (grado 7º): vice direttore attualmente della R. Biblioteca Nazionale Centrale "Vittorio Emanuele II" in Roma.
37 anni di servizio effettivo.
Ha diretto per 3 anni e mezzo la R. Biblioteca Universitaria di Messina e per 2 anni e mezzo la R. Biblioteca Nazionale di Palermo.
L'Accademia Peloritana di Messina lo nominò suo socio, in considerazione dell'istituzione da lui voluta e condotta innanzi di una larga raccolta di memorie stampate e manoscritte della Provincia di Messina e delle Provincie di Calabria.
Campagne di guerra: 1917 e 1918.
Iscritto d'Ufficio al Partito Nazionale Fascista nel maggio 1926 44.
Nei due anni accademici 1904-05 e 1905-06 fu lettore di lingua russa nella R. Università di Roma.
Ebbe in quell'epoca l'onore di essere ricevuto in udienza privata da S.M. il Re e da S.M. la Regina.
Nel 1917 fu inviato in missione in Russia alla dipendenza dell'addetto navale, Comandante Carlo Rossetti.
Nel 1918 fu inviato dal Comando Supremo a Stoccolma, quale Capo del Centro Informazioni in Scandinavia.
Dal gennaio 1920 al maggio 1921 fu capo di gabinetto del Commissario Italiano (S.E. il Generale Alberto De Marinis) nella Commissione Interalleata per il Governo e il Plebiscito dell'Alta Slesia, in esecuzione del Trattato di Versailles. Per decreto del Comitato degli Ambasciatori fu nominato anche Commissario supplente, ed ebbe occasione di esercitare effettivamente la supplenza per oltre un mese.
Nel 1922 fu addetto all'Ufficio Stampa della Conferenza di Genova, alle dipendenze dell'on. Senatore Artom.
Ha fatto parte di commissioni giudicatrici di concorsi banditi da Università, dal Ministero dell'Educazione Nazionale e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Dal 1934 è Segretario dell'Associazione Italiana per le Biblioteche.
Attuale domicilio: Via Ufente 12 int. 1, Roma.
La letteratura giapponese. «Nuova Antologia di scienze, lettere ed arti», n. 667 (1º ott. 1899), p. 478-499.
Recensione di W. G. Aston, Japanese literature, London: W. Heinemann, 1899.
Nel Caucaso: note di viaggio. «Nuova Antologia di lettere, scienze ed arti», n. 688 (16 ago. 1900), p. 660-685: ill.
Una gita a Tunisi. «Nuova Antologia di lettere, scienze ed arti», n. 738 (16 set. 1902), p. 304-318: ill.
La Mostra di topografia romana. «Nuova Antologia di lettere, scienze ed arti», n. 756 (16 giu. 1903), p. 621-629: ill.
La Russia odierna. «Nuova Antologia di lettere, scienze ed arti», n. 797 (1º mar. 1905), p. 108-118.
La rivolta in Russia: le memorie del padre Gapon. «Nuova Antologia di lettere, scienze ed arti», n. 819 (1º feb. 1906), p. 517-530: ill.
Recensione di The story of my life, by Father Gapon, London: Chapman & Hall, 1906.
A Pietroburgo: impressioni di viaggio. «Nuova Antologia di lettere, scienze ed arti», n. 836 (16 ott. 1906), p. 537-554; n. 840 (16 dic. 1906), p. 611-626: ill.
In pellegrinaggio alla Mecca nel secolo XII. «Nuova Antologia di lettere, scienze ed arti», n. 856 (16 ago. 1907), p. 660-665.
Recensione di Ibn Gubayr (Ibn Giobeir), Viaggio in Ispagna, Sicilia, Siria e Palestina, Mesopotamia, Arabia, Egitto, compiuto nel secolo XII, prima traduzione fatta sull'originale arabo da Celestino Schiaparelli, Roma: Casa editrice italiana, 1906.
Korolenko, Wladimiro (Vladimir Galaktionovic). L'Impero della morte, con prefazione di Leone Tolstoi e con note introduttive di Michele Ossorghine (Ilyn); traduzione di Guglielmo Passigli. Roma: Società libraria editrice nazionale, 1910. XX, 171 p.
Enciclopedia contemporanea illustrata. Serie I, vol. 1 (1911)-4 (1914). Milano: Vallardi, 1913-1916. 4 vol.: ill. (Lessici Vallardi).
Pubblicata a dispense. Guglielmo Passigli figura fra i collaboratori; nel vol. 4 (1914) anche come direttore.
Tolstoj, Leone (Lev Nikolaevic). Guerra e pace, traduzione dal testo russo del prof. Guglielmo Passigli, con disegni originali di Gino De Bini. Roma: Società editrice laziale, [s.d.]. 2 vol. (571, 601 p.): ill.
[Intervento]. In: Il primo Congresso dell'Associazione dei bibliotecari italiani (Roma, 19-22 ottobre 1931-IX), Roma: Libreria del Littorio, [1932], p. 74.
Gli atti sono pubblicati anche in «Accademie e biblioteche d'Italia», 5 (1931/32), n. 3/4, p. 153-257.
Come conservare le raccolte dei giornali? Una proposta per "Il popolo d'Italia". «Accademie e biblioteche d'Italia», 8 (1934), n. 1, p. 13-15, 1 tav.
Note
1 Luigi De Gregori, Libro, biblioteche e associazioni bibliotecarie, in: Il Convegno dei bibliotecari a Macerata e Recanati, Roma: Biblioteca d'arte, 1937, p. 58-63. Gli atti sono pubblicati anche in «Accademie e biblioteche d'Italia», 11 (1937), n. 3/4, p. 259-325. Anche l'anno precedente, al Convegno di Genova, la relazione sulla Sessione IFLA di Varsavia era stata letta da Passigli: cfr. I convegni bibliotecari di Varsavia e di Dresda, «Accademie e biblioteche d'Italia», 10 (1936), n. 3, p. 216-221 (senza indicazione dell'autore) e Il convegno dei bibliotecarî italiani a Genova, ivi, n. 4, p. 311-318 (p. 315).
2 La giovane e ambiziosa Virginia Carini Dainotti, rispondendo all'invito a tenere una relazione al congresso successivo, quello di Bolzano, suggeriva appunto di ricorrere, per la prima volta, a un amplificatore (lettera del 2 maggio 1938 a Luigi De Gregori, nell'Archivio storico AIB, E.I.1 Congressi nazionali, Bolzano 1938).
3 Cartolina di Angelo Fortunato Formiggini a Luigi De Gregori del 31 gennaio 1933, nell'Archivio storico AIB, Carteggi di bibliotecari. La relazione, anticipata sulla «Nuova Antologia» (n. 1447, 1° luglio 1932, p. 88-96) col titolo La Biblioteca nazionale e senza illustrazioni, uscì anche negli atti: Il secondo Congresso dell'Associazione dei bibliotecari italiani: Modena-Firenze, 12-15 giugno 1932, Roma: Biblioteca d'arte, [1933], p. 24-40 (anche in «Accademie e biblioteche d'Italia», 6 (1932/33), n. 4, p. 325-372, e n. 5, p. 446-483).
4 Indici delle annate: annate I (1927/28)-L (1982), compilati da Guglielmo Manfré e Giovanni Solimine, «Accademie e biblioteche d'Italia», 57 (1989), n. 3/4.
5 Come conservare le raccolte dei giornali? (1934), su cui mi soffermo più avanti. Per i dati bibliografici completi dei suoi scritti si rimanda all'Elenco delle pubblicazioni di Guglielmo Passigli in appendice.
6 Giorgio De Gregori - Simonetta Buttò, Per una storia dei bibliotecari italiani del XX secolo: dizionario bio-bibliografico 1900-1990, con la collaborazione di Giuliana Zagra, Roma: Associazione italiana biblioteche, 1999.
7 In occasione del collocamento a riposo, l'«Almanacco dei bibliotecari italiani» le dedicò uno dei consueti Ritratti (1973, p. 125), con qualche notizia e una fotografia.
8 Lettera datata Roma, 10 giugno 1947: «Gentile Professore, Le mando la necrologia del dott. Passigli. È venuta un po' frammentaria ma era difficile coordinare tutti quei dati un po' eterogenei. Voglia scusarmi per questo. Con molti deferenti saluti Marta Friggeri» (Archivio storico AIB, Carteggi di bibliotecari).
9 Il primo numero della rivista contiene i necrologi di tre bibliotecari dell'Emilia-Romagna, stesi da Domenico Fava (Albano Sorbelli, Santi Muratori, Romeo Galli, «Rivista delle biblioteche», 1 (1947), n. 1, p. 125-131). Lo specimen della rivista, preparato quando l'uscita del primo fascicolo era prevista per luglio-settembre 1946, prevedeva invece, insieme al necrologio di Sorbelli, quelli di Passigli e di Nicola Onorato. Erano stati chiesti anche altri necrologi, ma non sembra che nell'Archivio dell'AIB siano rintracciabili ulteriori testi di questo genere rimasti inediti. Il progetto fu ripreso poi da «Accademie e biblioteche d'Italia», che nel primo fascicolo della nuova serie pubblicò parecchi brevi necrologi.
10 L'edizione, non presente nel CUBI e nel Pagliaini, ha fatto però la sua comparsa qualche tempo fa in SBN (esemplare dell'Universitaria di Bologna, a cui se ne sono aggiunti poi alcuni altri); più recentemente un paio di copie sono state offerte nel commercio antiquario.
11 Nel Caucaso: note di viaggio (1900), p. 661-662. Per i termini geografici ho utilizzato nel testo le forme che ricorrono negli scritti stessi, anche se diverse da quelle attuali o preferite in italiano.
12 Ivi, p. 663.
13 Una gita a Tunisi (1902).
14 Ivi, p. 306-308.
15 La Russia odierna (1905), p. 108.
16 La rivolta in Russia: le memorie del padre Gapon (1906).
17 A Pietroburgo: impressioni di viaggio (1906), I, p. 537-538.
18 Ivi, I, p. 545 e 549. L'apparecchio era allora, come si vede, considerato di genere maschile.
19 In pellegrinaggio alla Mecca nel secolo XII (1907).
20 La Mostra di topografia romana (1903). Anche in questo caso, però, Passigli si propone una vivace rievocazione di eventi e spazi della vita della Roma papale, piuttosto che un commento erudito sulle caratteristiche dei materiali esposti.
21 Ringrazio Mariolina Palazzolo e Silvia Morganti per le informazioni che mi hanno gentilmente fornito, e che confluiranno del repertorio degli Editori italiani dell'Ottocento in corso di pubblicazione presso l'editore Franco Angeli.
22 Lettera del 28 aprile 1927, nell'Archivio storico AIB, Carteggi di bibliotecari, come tutte le sue lettere citate successivamente.
23 Lettera del 2 aprile 1928.
24 Lettera del 10 marzo 1929. Su un possibile ritorno a Roma Passigli chiederà ancora notizie nella sua lettera del 26 settembre successivo.
25 Il primo Congresso dell'Associazione dei bibliotecari italiani (Roma, 19-22 ottobre 1931-IX), Roma: Libreria del Littorio, [1932], p. 74.
26 Lettera del 7 gennaio 1933. Un post scriptum aggiunge «Scrivimi a casa», facendo capire che non poteva fidarsi dell'ufficio.
27 Cfr. le lettere del 16 e del 26 gennaio 1933.
28 Il necrologio cita anche un trasferimento all'Alessandrina nel 1932, quindi prima dell'incidente palermitano, ma deve trattarsi di un'informazione errata. È possibile che si fosse pensato a un trasferimento altrove del direttore di quella biblioteca, Giuseppe Gulì, con il conseguente spostamento di Passigli da Palermo, ma Gulì invece mantenne la direzione fino al collocamento a riposo, nel '33. Può darsi anche che la destinazione all'Alessandrina fosse stata presa in considerazione, invece della Nazionale, nell'estate del '33: ai primi di agosto infatti Calcagno aveva scritto a Passigli di avere «notizie un po' allarmanti sulla sua prossima sede», ma una telefonata a De Gregori lo aveva rassicurato (cfr. la lettera di Passigli a De Gregori del 12 agosto 1933, da Vienna).
29 Cfr. Nella Santovito Vichi, La sezione di cultura generale nelle biblioteche nazionali, in: Il Convegno nazionale dei bibliotecari italiani (Bolzano-Trento, 14-16 maggio 1938-XVI), Roma: Biblioteca d'arte, 1938, p. 59-63 (p. 62-63). Gli atti sono pubblicati anche in «Accademie e biblioteche d'Italia», 12 (1938), n. 3/6, p. 215-334.
30 Come conservare le raccolte dei giornali? Una proposta per "Il Popolo d'Italia" (1934).
31 Mi permetto di rinviare al mio Per la storia dei bibliotecari italiani: note dal libro di cassa dell'Associazione italiana biblioteche 1930-1944, «Bollettino AIB», 40 (2000), n. 3, p. 365-384.
32 Cfr. Giorgio De Gregori, Vita di un bibliotecario romano: Luigi De Gregori: con i suoi diari, documenti inediti, note e figure, con la collaborazione di Andrea Paoli, Roma: AIB, 1999, p. 140-171, che riportano (salvo per Parigi) i diari di viaggio; quelli dei viaggi in Spagna e a Varsavia e Dresda sono di pugno del Passigli, ma conservati da Luigi De Gregori.
33 Lettera del 22 settembre 1935.
34 Lettera del 7 ottobre 1935 (e cfr. G. De Gregori, Vita di un bibliotecario romano cit., p. 142).
35 Cfr. La menzogna della razza: documenti e immagini del razzismo e dell'antisemitismo fascista, a cura del Centro Furio Jesi, Bologna: Grafis, 1994; Claudio Di Benedetto, Cataloghi di razza, in: Il linguaggio della biblioteca: scritti in onore di Diego Maltese, Firenze: Regione Toscana, Giunta regionale, 1994 (stampa 1995), p. 301-307; Giorgio Fabre, L'elenco: censura fascista, editoria e autori ebrei, Torino: Zamorani, 1998; Michele Sarfatti, Gli ebrei nell'Italia fascista: vicende, identità, persecuzione, Torino: Einaudi, 2000.
36 G. Fabre, L'elenco cit., p. 444. Anna Passigli venne poi inclusa anche nell'elenco del marzo 1942 degli Autori le cui opere non sono gradite in Italia (ivi, p. 479).
37 Cfr. l'elenco del Personale insegnante ebraico dispensato dal servizio (1939), ripubblicato negli «Annali della pubblica istruzione», 44 (1998), n. 5/6, p. 107-108. Vi figura, sempre fra i professori dei licei classici, anche una Maria Piazza, insegnante a Roma, che potrebbe essere la figlia di Anna a cui accenna il necrologio.
38 Anna Passigli Piazza, Il III centenario della morte di William Shakespeare: commemorazione, Roma: Cooperativa tipografica italiana, 1916 (l'esemplare della Forteguerriana di Pistoia ha una dedica autografa dell'autrice a Ferdinando Martini); Anna Passigli Piazza, Cor cordium (Percy Bysshe Shelley), Roma: Soc. tip. A. Manuzio, 1923; Charles Dickens, The cricket on the earth: a Christmas story, prepared for pupils' use with Italian notes and introduction by Anna Passigli Piazza, Palermo: Trimarchi, 1927; William Shakespeare, Julius Caesar, for the use of Italian students with introduction and notes by Anna Passigli Piazza, Palermo: Trimarchi, 1928.
39 Lettera del 30 giugno 1941.
40 Su questo episodio cfr. Ernesta Battisti Bittanti, Brescia 1871-Trento 1957: in memoria: scritti suoi ed a lei dedicati, Trento: Arti grafiche Saturnia, 1962, p. 178-179; Vittorio Enzo Alfieri, Ernesta Battisti e il diario della vergogna, «Nuova Antologia», n. 2155 (lug.-set. 1985), p. 324-330; Id., Maestri e testimoni di libertà, 2ª ed., Milazzo: Spes, 1986, p. 236-237.
41 La fotografia, di proprietà della famiglia De Gregori, è riprodotta in G. De Gregori, Vita di un bibliotecario romano cit., p. 155.
42 La fotografia, di proprietà della famiglia De Gregori, è riprodotta in G. De Gregori, La mia vita tra le rocce e tra i libri, Roma: AIB, 2003, p. 94.
43 Il necrologio dattiloscritto di Marta Friggeri e il curriculum autografo di Passigli, conservati nell'Archivio storico AIB, sono stati trascritti rispettando grafia e punteggiatura degli originali. Il testo del necrologio comprende due correzioni di forma manoscritte, probabilmente dell'autrice. Sul verso della seconda carta del curriculum si legge un appunto a matita di De Gregori, relativo alle conoscenze linguistiche e alle capacità diplomatiche di Passigli, da utilizzare forse per il necrologio.
44 La sottolineatura è nell'originale.
45 Questo elenco comprende i soli scritti fin qui rintracciati e ricordati nel testo, senza alcuna pretesa di completezza.
Alberto Petrucciani. Un bibliotecario giramondo e la damnatio memoriae: Guglielmo Passigli (1877-1942). In: Studi e testimonianze offerti a Luigi Crocetti. Milano: Editrice Bibliografica, 2004, p. 389-409.