Il “nuovo” diritto d’autore. Quale futuro?
Il diritto d’autore è uno dei temi più problematici,
ed attuali, per l’utilizzo delle nuove tecnologie in biblioteca, ed altrove.
Iniziamo col dire che la nostra legislazione in materia è abbastanza
datata: legge quadro sul diritto d’autore n. 633 del
22 aprile del 1941. Sicuramente il Legislatore del 1941 non poteva
prevedere tutte le evoluzioni tecnologiche e, quindi, la legge è
stata più volte integrata da alcuni interventi legislativi successivi,
configurandosi come un insieme, a volte anche abbastanza eterogeneo, di
diverse normative. Nonostante questo, possiamo comunque ricavare dalla
legge del 1941 quelle che sono le linee generali, le linee guida, che bene
o male si adattano a tutte la fattispecie, anche le più recenti.
La legge sul diritto d’autore non regola soltanto i diritti economici,
e morali, degli autori, ed altri diritti connessi, ma stabilisce in quali
casi, ed entro quali limiti, sono possibili alcune utilizzazioni libere;
ovvero utilizzazioni dell’opera protetta in cui non è necessario
richiedere l’autorizzazione al titolare dei diritti, o pagare una remunerazione.
Si è discusso se le nuove tecnologie siano protette dal diritto
d’autore, o vista la novità del supporto, siano al di fuori della
previsione normativa. La risposta è positiva. è da notare
che, anche nel caso in cui non fosse applicabile detta legislazione, vi
sono altri istituti civilistici applicabili (quali ad esempio la concorrenza
sleale, o l’arricchimento indebito).
Analizzando la definizione di opera protetta (art.1): sono protette
tutte le opere d’ingegno, a carattere creativo, qualunque ne sia il modo
o la forma di espressione. Ciò che è rilevante è,
quindi, il contenuto, e non il supporto su cui si presenta.
Allo stato attuale il Legislatore italiano non è ancora intervenuto
in alcun modo a regolare il diritto d’autore nel campo multimediale, o
elettronico. Questa carenza, che non è solo italiana, ma mondiale,
ha delle spiegazioni che analizzeremo meglio in seguito, possiamo comunque
anticipare che risulta problematica la definizione di alcuni aspetti
giuridici in un mercato che evolve così in fretta.
Al problema della definizione giuridica di un mercato così attivo,
ed in continua evoluzione, si affianca anche il problema di una visione
globale, ed internazionale, del mercato stesso. L’opera d’ingegno, ovvero
l’espressione di un’idea, si presta per sua natura ad una facilissima circolazione;
se ci si collega ad Internet, e si scrive una poesia o un qualunque altro
testo, questo testo può liberamente circolare in tutto il mondo.
È quindi logico che un Legislatore nazionale, come quello italiano,
prima di intervenire sulla materia, voglia essere sicuro che vi sia una
evoluzione legislativa, un’unica linea di pensiero tra i vari Legislatori
perché altrimenti si creerebbero delle frontiere, delle barriere
giuridiche alla libera circolazione delle idee.
Naturalmente questo discorso vale in maniera particolare per l’Unione
Europea, che si propone di creare un unico mercato interno; infatti, il
diritto d’autore è uno dei temi principali su cui si sta intervenendo,
e si è già intervenuti, per un’armonizzazione. è evidente
che per creare un unico mercato, in cui fare circolare le opere d’ingegno,
è necessario avere legislazioni simili, almeno per grandi linee,
tra tutti i Paesi dell’Unione.
L’Unione Europea è intervenuta più volte su questa
materia con una serie di direttive, che sono state recepite, o che stanno
per essere recepite, ma che non risolvono i molteplici problemi delle
nuove tecnologie, per la novità del supporto. Come dicevo prima,
ci sono addirittura problemi relativi alla definizione di opera multimediale.
Già il termine multimediale sarebbe improprio: letteralmente ‘multimediale’
significa che utilizza più media (supporti). Per esempio, un libro
utilizza un unico medium: un supporto cartaceo che ci dà un’immagine
visiva; una videocassetta, fattispecie regolata dalla legge, utilizza diversi
media, audio e video insieme, quindi sarebbe un’opera multimediale.
Quindi, già nella definizione di opera multimediale abbiamo
alcuni problemi: nel linguaggio parlato comune intendiamo per multimediale
tutto ciò che è connesso alle nuove tecnologie (come l’editoria
elettronica), mentre da un punto di vista strettamente giuridico-tecnico
questo uso del termine non è appropriato, perché anche la
televisione, le videocassette sarebbero multimediali.
Quando uscirono i CD si provò a darne una definizione
giuridica (differente da quella tecnica), ma arrivati ad un certo livello
di discussione, l’evoluzione tecnologica distinse i CD musicali,
CD-ROM, CD-I ed altri ancora e ci fu, quindi, una grande confusione.
Si decise di non intervenire, per il momento, con una legge, a regolare
la materia in questa situazione di incertezza, data sia dal
mercato, sia dalla evoluzione degli accordi internazionali, sia dalla novità
del supporto. Solo quando si saprà per certo, ad esempio, quali
sono tutte le applicazioni delle nuove tecnologie, e tutti i problemi
ad esse collegati, si potrà provare a dare una regolamentazione.
Nel lasso di tempo che ci separa da un intervento chiaro e risolutivo
in questa materia (che comunque in base a varie indicazioni non potrà
essere breve) ci troviamo in una situazione in cui non abbiamo certezze
sulla gestione dei nuovi supporti.
In questo periodo di incertezze, è necessario richiamarsi ad
alcune linee generali, alcuni principi basilari, che ci dicano come
la biblioteche possano gestire tali opere in maniera legittima, e senza
violare i legittimi interessi dei titolari dei relativi diritti economici
e morali.
In questa situazione si configurano tre possibili soluzioni.
La prima è l’attesa di un intervento legislativo chiarificatore;
ma abbiamo visto come, in realtà, a parte i tempi per
la realizzazione di un intervento sulla materia, restino alcuni dubbi,
ad esempio sulla stessa definizione di opera multimediale, o sullo
sviluppo di tutte le potenzialità connesse.
Una seconda soluzione potrebbe essere quella di ricercare nella legislazione
esistente qualche regolamentazione, o con l’applicazione analogica della
legislazione esistente su diritto d’autore alle nuove tecnologie, o con
l’applicazione di altri istituti già esistenti nel nostro ordinamento.
Ad esempio nella legge del 1941 non si menzionano i CD musicali, ma indubbiamente
esistono delle analogie, dei punti di contatto, delle somiglianze
tra le cassette (che sono regolate dalla legge) ed i CD musicali (ferme
restando le differenze tra analogico e digitale). In questo caso potremmo
applicare la legislazione esistente anche alle nuove fattispecie (ad esempio
per il prestito). Vi sono poi degli altri istituti, al di fuori della legge
sul diritto d’autore, quali, ad esempio, il divieto di concorrenza sleale,
l’appropriazione indebita ed altre normative, da cui si può ricavare
un quadro legislativo di riferimento anche per le nuove tecnologie. Naturalmente
anche questa seconda soluzione presenta alcuni problemi, e dà luogo
ad alcune perplessità; sono problemi relativi alla chiarezza
e alla certezza del diritto; se ancora oggi la fotocopia è oggetto
di infinite discussioni, possiamo immaginare cosa possa significare applicare
analogicamente questa legislazione, già di per sé problematica,
ad un supporto completamente nuovo, quale, ad esempio, l’editoria elettronica.
Questo ci porterebbe ad una fase di alta litigiosità, di incertezza,
e non risolverebbe, invece, il problema fondamentale, non dicendoci come
gestire le nuove tecnologie e con quali limiti.
La terza soluzione può essere quella contrattuale. Dal codice
civile, noi sappiamo che le parti possono regolare i loro rapporti con
un valido contratto. Al fine di sensibilizzare tutti gli operatori interessati
alla soluzione contrattuale per i prodotti elettronici e multimediali,
l’Unione Europea ha finanziato il programma ECUP (European Copyright Users’
Platform). Il programma, gestito da EBLIDA (un’associazione europea delle
associazioni di biblioteche) intende fornire uno schema di contratto, negoziato
tra le biblioteche e gli editori multimediali, in grado di risolvere i
punti di discussione, ed i dubbi inerenti alla gestione del prodotto. Questa
soluzione è, a mio avviso, preferibile, anche se vi sono dei problemi,
comunque superabili: dipende dal potere contrattuale delle parti su quali
punti si raggiunge un accordo, e che tipo di accordo si raggiunge. Tuttavia,
in attesa di un intervento legislativo chiaro e preciso, la soluzione contrattuale
può rappresentare un vantaggio. D’altronde ormai, per i CD e per
alcune opere multimediali ed elettroniche, non si parla più di contratto
di vendita, ma di contratto di fornitura dei servizi, sottoscrivendo il
quale vi impegnate a determinate regole, ed acquisite alcuni diritti. Tuttavia
resta un contratto predisposto unilateralmente dagli editori, in cui il
margine di contrattazione è spesso limitato. Il programma dell’Unione
Europea, che l’AIB sta facendo proprio, e di cui già si vedono
alcuni progetti pilota, offre invece alle biblioteche la possibilità
di studiare delle soluzioni da negoziare con gli editori, e le associazioni
di editori, per cercare soluzioni comuni.