di FRANCO NERI
con una risposta di Maria Stella Rasetti
In occasione di un importante convegno dei primi anni '90, La biblioteca e il suo pubblico (1993), un relatore, esponendo le sue riflessioni sulla "qualità totale" in biblioteca in un intervento densamente intessuto di una terminologia desunta dalla letteratura anglosassone, presentava un lucido su cui in tutta evidenza risaltava check scritto chek.
Era la dimostrazione paradossale di come il processo di controllo di qualità coinvolga innanzitutto la propria scrittura.
L'intervento di Maria Stella Rasetti, Prove di qualità totale, pubblicato sul n. 2 di "Bibelot", credo riproduca il medesimo errore.
La collega Rasetti, probabilmente mossa dal duplice desiderio di valorizzare sia nei confronti dell'Amministrazione comunale e della città di Empoli che presso il circuito delle biblioteche toscane il lavoro da lei svolto (preoccupazione, d'altro canto, largamente comprensibile), non mi pare sia riuscita ad inquadrare il suo intervento nel processo di evoluzione storica della Biblioteca "R. Fucini", con un sostanziale azzeramento di quanto realizzato in precedenza. Quanto da Rasetti affermato richiede pertanto integrazioni che mi sembrano doverose.
Chi scrive ha diretto per 15 anni (1980-1994) la Biblioteca comunale "R- Fucini" di Empoli. E' stata l'esperienza professionale ed umana più densa della mia vita. Giovane direttore, a meno di 30 anni ho dovuto guidare il processo di trasformazione di una struttura bibliotecaria che aveva caratteri di marcata originalità nel tessuto delle biblioteche toscane. Biblioteca di ente locale "antica" (fondata nel 1819), essa intersecava le peculiarità della biblioteca di conservazione e quella di principale struttura informativa e culturale del territorio. Un territorio ed un bacino di utenza che coinvolgeva pubblici provenienti da aree diverse, da Lastra a Signa a Pontedera, da Lamporecchio a S. Miniato, con una incidenza del 30% di pubblico non residente.
Nei 15 anni di direzione ho l'orgoglio e la consapevolezza di avere condotto la Biblioteca comunale di Empoli a risultati di rilievo e, in taluni casi, di eccellenza: nella sperimentazione di procedure catalografiche ed informatiche; nella didattica della biblioteca e dei suoi fondi antichi; nella condivisione in rete locale di archivi su Cd-rom; nella attività di ricerca; nella analisi e valorizzazione dei fondi documentari; nella promozione ed apertura di servizi nuovi per l'epoca (Il Centro di documentazione dell'antifascismo e della Resistenza; il CESI); nella sperimentazione di nuove organizzazioni del lavoro e di processi formativi degli operatori; nella progettazione dei corsi dell'Università libera; nell'attività diffusa e continuativa di consulenza specialistica e di realizzazione del prestito interbibliotecario. Dei colleghi che mi hanno accompagnato in questa affascinante avventura, molti potrei ricordarne, interni ed esterni alla struttura: uno su tutti, Pierluigi Niccolai. La Biblioteca è stata quindi interna ad una rete di cooperazione non solo di area, ma addirittura regionale Tutto ciò è ampiamente e analiticamente documentato nell'imponente archivio di relazioni, rapporti, ricerche da me costruite, e negli studi ed articoli da me variamente scritti in questi che, su diversi temi (catalogazione; didattica della biblioteca; biblioteche scolastiche; educazione dell'utente; metodologia di ricerca bibliografica; analisi di fondi speciali) riflettono non solo idee, ma metodologie, prassi realizzazioni direttamente sperimentate. Tutto ciò, inutile dirlo, è disponibile all'attuale direttrice, Maria Stella Rasetti, e alla stessa dovrebbe essere ampiamente noto.
La Biblioteca è stata negli anni della mia direzione uno straordinario laboratorio di formazione di professionalità bibliotecarie. Ho l'orgoglio, anche in questo campo, di avere contribuito (sia direttamente che indirettamente) alla formazione di una generazione di bibliotecari. Quanti si sono confrontati con le descrizione catalografiche prodotte nella Biblioteca comunale, fra le più autorevoli del CUT; quanti hanno appresso dalla metodologia di analisi del "Fondo Vanghetti"; quanti dai "modelli" operativi di didattica della biblioteca e del libro antico?
Di tutto questo non vi è traccia nell'articolo di Rasetti. Nel suo intervento si descrive una biblioteca che non ha storia: una direzione precedente senza nome; un degrado dei servizi le cui origini - se si legge l'infelice disposizione dei paragrafi - non si sa bene a quando far risalire; una biblioteca le cui risorse positive ("Al suo attivo la Fucini può contare. Insomma, una biblioteca con moltissime ombre, ma con numerose luci") sono sommariamente citate, fuorché un patrimonio metodologico, professionale, di analisi e realizzazioni da me guidate e dirette.
Sono contento che Rasetti ponga il problema della "formazione come pratica ordinaria dell'organizzazione del lavoro". Ma come può sfuggirle (dato che è largamente documentato nella memoria scritta ed orale), che è quanto ho fatto sin dal 1 gennaio 1980?. La Biblioteca comunale "R. Fucini" è stata la prima in Toscana a realizzare (1989-1990) un progetto obiettivo che coinvolgesse tutti gli operatori; la prima a coinvolgere nell'attività di consulenza ed orientamento (percepita come un continuum) anche gli operatori (peraltro straordinari) a più bassa qualifica, realizzando ben 3 ampi e strutturati corsi di formazione.
Senza contare le verifiche frequentissime con i singoli ed i gruppi di lavoro, l'apprendimento (individuale e di gruppo) di nuove tecniche; la consapevolezza che la trasformazione di una struttura così originale è complessa è possibile solo se la lettura e modifica dell'organizzazione del lavoro viene effettuata da tutti, con l'apporto di ciascuno all'interpretazione dei flussi informativi e delle trasformazioni del pubblico.
Certo, ogni direzione non è mai continuazione, ma reinterpretazione della realtà in cui si opera, con strumenti concettuali e metodiche naturalmente diverse. Ma quel che non è accettabile è pretendere che la storia inizi ex novo azzerando esperienze, realizzazioni, professionalità. Questo no, è proprio il contrario della qualità totale.
Caro Franco,
la tua autorevolezza e competenza professionale sono al di sopra di ogni sospetto, e nessuno mai oserebbe metterle in forse. Non hai bisogno di ricordare le tappe del tuo lavoro alla "Fucini", tanti sono gli articoli da te pubblicati al riguardo, tanti sono i bibliotecari cresciuti alla tua scuola. Una excusatio non petita, quindi, nei confronti di un articolo che non ricostruiva la storia della biblioteca, ma presentava i primi risultati di una sperimentazione appena avviata. Non ho fatto il tuo nome - questo il peccato gravissimo che non mi perdoni - perché non ne ho visto la rilevanza ai fini dell'illustrazione del progetto: un progetto che si propone di fare fronte ad una situazione di difficoltà oggettiva di cui non sei certo responsabile. Perché la storia delle biblioteche non la fanno i direttori da soli, ma la fanno anche sindaci, assessori, ragionieri, utenti, operatori tutti. Bastava che tu entrassi nel merito del progetto , superando il disappunto per l'assenza del tuo nome, per capire che esso fa i conti proprio con la storia della "Fucini": con il buono, ma anche con il cattivo di quella storia. Le biblioteche non sono nostre, caro Franco: parlarne non è farne un caso personale. Io non ho commesso errori di ortografia, in compenso tu sei andato fuori tema.
Cordialmente,
Maria Stella Rasetti