Ebook, DRM e biblioteche: una mappa sintetica sulle prospettive del 'digital lending' per libri e altri media in Italia
Sono in molti a chiedersi, in questi mesi, quale sarà l'impatto per le biblioteche della tardiva ma ormai definitiva "discesa in campo" dell'editoria italiana nel settore degli ebook, che costituisce ormai una realtà consolidata del mercato di altri paesi (tanto nel settore accademico e professionale quanto in quello della narrativa e della saggistica) [1]. Il problema principale per le biblioteche è costituito dal fatto che il mercato consumer tradizionale non si occupa di "prestito digitale" o digital lending, e che il digital lending è decisivo per una corretta strategia di distribuzione degli ebook in biblioteca.
Prima di addentrarci nella questione del prestito digitale è però importante introdurre un elemento di cautela "storica", per così dire, che può aiutarci a contestualizzare i problemi che oggi le biblioteche si trovano ad affrontare con gli ebook. Difatti la novità che oggi stiamo vivendo non è per nulla quella degli ebook in generale. Nel mercato accademico e professionale gli ebook esistono (anche in Italia e in Europa) dagli anni '90 del secolo scorso. Anche nel settore degli ebook di narrativa e di varia esistono forme consolidate di gestione del loro uso in biblioteca (queste ultime invece rimaste non sperimentate per ragioni che ho analizzato altrove [2] nelle biblioteche italiane ed europee).
La vera novità dell'editoria digitale ha tre dimensioni specifiche (in particolare per l'Italia):
Non stiamo quindi scoprendo in questi mesi gli ebook. Stiamo solo cominciando a ragionare sul modo in cui gli ebook "generalisti" possano entrare nel mondo delle biblioteche pubbliche, eventualmente anche con il supporto dei nuovi dispositivi di lettura. Le biblioteche accademiche, al limite, stanno scoprendo in questi mesi come integrare la loro offerta di ebook con i nuovi device in circolazione. Tali device sono all'inizio del loro percorso evolutivo (anche in termini di qualità tecnologica e di funzionalità), ed è probabile che guadagnino una diffusione rilevante nei prossimi anni: al momento, tuttavia, è il personal computer il dispositivo principale per l'accesso agli ebook in Italia e nel mondo.
Questi temi sono stati largamente affrontati dalla comunità bibliotecaria americana anche in termini di un progetto complessivo e strategico [3]. In Italia invece il dibattito è solo all'inizio, langue su questioni abbastanza secondarie ed è inoltre caratterizzato da una sostanziale disinformazione su quanto già accade nelle biblioteche accademiche da oltre 10 anni e su quanto accade anche nelle public library americane grosso modo dallo stesso periodo.
La mappa sintetica che segue è basata sull'esperienza condotta con la piattaforma MediaLibraryOnLine, sulla quale abbiamo sperimentato o sperimenteremo nei prossimi mesi tutte le forme di prestito digitale descritte qui di seguito (incluse quelle provenienti dal mercato americano attraverso partnership dirette con i principali operatori). Credo che – di là delle singole soluzioni sperimentate – il merito principale di MediaLibraryOnLine sia quello di promuovere un grande network nazionale per la determinazione di politiche strategiche per le biblioteche pubbliche, in linea con l'esigenza di generare una massa critica per la contrattazione con editori, distributori, produttori di software e di hardware.
Proviamo allora anzitutto a fissare una definizione operativa di "prestito digitale", poiché la mappa che sto per disegnare è tutta giocata attorno a questa definizione. Chiamerò "prestito digitale" o digital lending qualsiasi architettura tecnologica che consenta alla biblioteca di veicolare – attraverso la rete Internet e soprattutto in modalità remota, cioè fuori della biblioteca stessa, a casa, in ufficio, a scuola, in situazioni di mobilità – i contenuti digitali ai dispositivi di lettura (PC, ebook device basati su e-ink, iPad e altri tablet, iPhone e altri smartphone, ecc.) dell'utente finale. Non è qui rilevante il fatto che il device sia di proprietà dell'utente o di proprietà della biblioteca, l'elemento decisivo è come il contenuto arriva al device [4].
Non considero quindi rientranti nel concetto di prestito digitale le forme "manuali" di prestito dell'ebook basate ad esempio sull'acquisto di un titolo, sul deposito del titolo medesimo su un device da parte del bibliotecario e infine sul prestito del device medesimo all'utente finale. Come è stato sottolineato recentemente, simili meccanismi possono essere usati come forme di sperimentazione delle nuove tecnologie di lettura [5], ma non possono in alcun modo sostituire una vera architettura di prestito digitale. Il prestito manuale dell'ebook, combinato al device di lettura, rende il prestito ancora più costoso, macchinoso e statico del prestito di materiale analogico tradizionale. Il prestito manuale degli ebook non ha inoltre alcuno dei vantaggi in termini di velocità, disseminazione, costo, possibilità di cooperazione, consentiti dalle architetture di prestito digitale.
Vedremo più avanti che è perfettamente possibile immaginare dei prestiti di device di lettura agli utenti, ma è necessario che tali device poggino su un'architettura di prestito digitale che consenta all'utente di accedere via rete (attraverso il medesimo device) a un catalogo di titoli resi disponibili dalla biblioteca.
In breve, si ha prestito digitale quando con un dispositivo tecnologico qualsiasi accedo via rete a una collezione di titoli digitali resi disponibili dalla biblioteca. La transazione di prestito avviene attraverso la rete in modalità remota: questo è il nocciolo del prestito digitale e questo è il nocciolo del vantaggio distributivo degli ebook, poiché in questo modo posso gestire il processo per un utente o per un milione di utenti con un'infrastruttura e costi simili.
In questi ultimi mesi del 2010 si va componendo e concretizzando lo scenario della distribuzione di ebook da parte degli editori italiani. I grandi operatori sono ormai in gioco. Mondadori distribuisce il suo catalogo su Bol.it, sullo store di Telecom Italia e su Bookrepublic, e sarà presto presente su tutti gli store principali in Italia. Edigita (RCS, Mauri Spagnol, Messaggerie, Feltrinelli) entrerà in funzione a breve in una prospettiva B2B (Business to Business) che permetterà agli editori partecipanti di gestire attraverso una sola piattaforma l'invio degli ebook a diversi store. IBS (in collaborazione con Simplicissimus Book Farm, che ha sviluppato la piattaforma Stealth) ha una sezione dedicata agli ebook già dall'ultimo Salone del Libro; infine Bookrepublic si configura ormai autorevolmente come "terzo polo" dedicato ai piccoli editori indipendenti, anche se il suo store ha un'offerta che copre anche il resto del mercato.
A questi "nuovi" distributori digitali vanno doverosamente aggiunti operatori come Casalini Libri, DEA Store, Licosa e altri che hanno gestito negli ultimi anni un'offerta digitale con contenuti prevalentemente accademici e professionali. Casalini libri, in particolare, è il primo operatore italiano ad aver sviluppato una piattaforma dedicata all'intermediazione digitale di editori italiani per il mercato bibliotecario italiano e internazionale. Operatori come DEA Store e Licosa si sono invece concentrati sulla distribuzione di prodotti digitali stranieri nel mercato istituzionale e bibliotecario italiano.
Tra il gruppo dei "nuovi" editori/distributori entrati in scena e operatori come Casalini Libri – al di là delle ovvie differenze in termini di collezioni – esiste una differenza sostanziale in termini di tipologia e target del servizio offerto.
Telecom, Edigita, IBS, BOL, Bookrepublic, ecc. puntano – come è del tutto ovvio che accada – al mercato consumer, al mercato dell'utente individuale che acquista una "licenza d'uso permanente" dell'ebook acquistato. Questo modello (che chiamerò del "retail atomico", cioè libro per libro, consumatore per consumatore) è radicalmente diverso da quello di operatori del mercato bibliotecario, che costruiscono delle collezioni di testi fissando un prezzo per l'accesso in consultazione (una tantum per il back-file completo della collezione, con sottoscrizioni annuali di accesso o con un mix delle due cose).
Retail atomico e sottoscrizioni istituzionali costituiscono i due modelli prevalenti rispettivamente nel mercato consumer e nel mercato delle biblioteche, e si accompagnano tipicamente a modalità tecnologiche di accesso ai contenuti differenziate.
Nel mercato consumer, chi acquista ebook esegue tipicamente il download del titolo, che potrà poi utilizzare secondo i vincoli più o meno stretti fissati dall'editore a monte (vedi sezione successiva sui DRM). Nel mercato delle biblioteche è invece prevalente un accesso attraverso piattaforme che consentono la pura consultazione del titolo, senza possibilità di conservarlo sul dispositivo dell'utente se non per periodi limitati di tempo (vedi sezione successiva sul modello Overdrive). Semplificando, possiamo dire che nel mercato consumer è prevalente il modello del download dell'ebook mentre nel mercato delle biblioteche è prevalente il modello dello streaming del titolo. Ma come vedremo questa distinzione di massima ha importanti eccezioni.
La progettazione di un'architettura distributiva degli ebook in biblioteca passa necessariamente attraverso l'analisi delle forme di protezione (DRM o Digital Right Management) applicate da editori e distributori ai propri contenuti.
Esistono tre grandi famiglie di politiche sul DRM nel mondo della distribuzione di ebook:
Gran parte dei formati di ebook oggi diffusi (incluso il sempre più diffuso epub) supporta una qualche forma di DRM, una tecnologia di protezione che limita le possibilità di uso dell'ebook da parte dell'utente finale. La tabella seguente (fonte Wikipedia [6]) riassume le principali tipologie di formati di ebook e la possibilità di applicare un DRM.
Tipiche restrizioni di DRM sugli ebook nel mercato consumer sono:
Ad esempio, gli ebook acquistati con il Kindle di Amazon richiedono un software specifico di lettura (per PC, smartphone, iPhone, iPad, ecc.) che controlla (via rete) la riproduzione del file su altri dispositivi da parte dell'utente. In alcuni casi (ad esempio il Nook di Barnes & Noble) il DRM include la possibilità di "prestare" il libro a un utente collegato: questa modalità di prestito non ha tuttavia nulla a che fare con il prestito bibliotecario in senso proprio, ed è un semplice allargamento delle forme d'uso del libro nel mercato consumer.
In alternativa alle restrizioni classiche di DRM, alcuni editori/distributori (ad esempio, molti editori sulla piattaforma Bookrepublic in Italia) usano strategie di Social DRM: in questi casi il file non ha restrizioni software di alcun tipo per l'utente ma contiene al suo interno una sorta di "ex libris" digitale che consente di risalire all'utente che ha acquistato originariamente il titolo.
Va precisato che tutte le principali tecnologie di DRM esistenti sul mercato sono state "crackate" e che il DRM non può quindi essere considerato a prova di hacker. Ciò crea un interessante paradosso: il file crea ostacoli a utenti che non hanno alcuna propensione alla "pirateria" mentre non ne pone alcuno ad utenti tecnicamente smaliziati e con propensione alla distribuzione illegale di contenuti. Poiché i DRM implicano anche complicanze tecniche per gli utenti, il paradosso è che il DRM - ben lungi dal proteggere - rischia di funzionare come deterrente all'acquisto in mercati perfettamente legali.
Ma al di là di considerazioni generali, quello che qui importa focalizzare è che tutte le forme utilizzate nel mercato retail standard sono inadeguate per il mercato bibliotecario:
Per questa ragione nel mercato bibliotecario operano due modalità di protezione che sono alla base di tutte le piattaforme di "digital lending" che si sono affermate sul mercato:
Entrambe queste modalità di "digital lending" possono essere progettate in modalità multi-device automatica, in modo che l'utente non debba preoccuparsi di fare lo slalom tra formati e device compatibili. Si tratta di una opportunità ancora poco sfruttata dalla maggior parte degli operatori (anche a causa dei costi tecnologici di implementazione).
L'esempio di Overdrive (accidentalmente equivalente nel mercato consumer al caso Mondadori [8], che usa un DRM simile) può chiarire bene il problema al quale sto facendo riferimento. Overdrive usa un DRM Adobe sui file PDF/EPUB che è utilizzabile su alcuni device e non su altri. Le tecnologie di protezione a marchio Adobe sono due (Adobe Policy Server e Adobe Content Server), ma non è qui né possibile né utile approfondire queste differenze.
La seguente tabella (fonte Wikipedia [9]) mostra la leggibilità dei PDF aperti sui device più diffusi.
Ma i PDF/EPUB protetti con DRM Adobe non sono leggibili ad esempio su Kindle, iPad [10], smartphone vari e altri dispositivi che non supportano nativamente questa modalità di protezione. Naturalmente queste cose possono cambiare molto velocemente, ma qui importa dar conto di una tipologia generale di problemi.
A fronte della grande diffusione nelle biblioteche americane, il servizio Overdrive ha generato molto malcontento relativamente alle restrizioni del loro DRM. Niente meglio della seguente vignetta esemplifica una certa opinione pubblica americana sul tema [11].
In questo momento la quasi totalità dei grandi operatori consumer (italiani e stranieri) non consente forme di "digital lending": Amazon, Barnes and Noble, Apple iTunes/iBooks, IBS, Biblet, BOL.it, giusto per citare i più noti in Italia, semplicemente ancora non hanno elaborato una proposta specifica per il mondo delle biblioteche.
Costituirà un'eccezione unica a livello mondiale la piattaforma Google Editions (prevista a fine 2010 e rimandata a inizio 2011) che, con ogni probabilità, consentirà anche l'accesso in streaming via web a titoli conservati nello store Google (oltre al download sui device partner di Google), con la possibilità quindi di gestire sottoscrizioni istituzionali per le biblioteche. Si tratta solo di un'ipotesi, dato che il servizio non è stato ancora aperto al pubblico, ma il fatto che Google offra una potenziale eccezione al meccanismo dominante nel mercato retail si spiega facilmente con le relazioni ormai consolidate tra l'azienda di Mountain View e il mondo delle biblioteche, da cui ha preso le mosse il programma di mass digitization oggi visibile nel servizio Google Book Search.
La situazione di arretratezza del mercato italiano sul digital lending è comunque, sperabilmente, contingente. Con ogni probabilità nel giro di qualche anno servizi di digital lending per il mercato bibliotecario saranno attivati da tutte le grandi piattaforme distributive direttamente o indirettamente attraverso l'accordo con piattaforme partner specializzate come Overdrive.
Il problema del digital lending si pone non solo per i contenuti in commercio ma anche per le opere fuori commercio e orfane. La gestione di tali contenuti è proverbialmente complessa dal punto di vista legale (vedi Google Books Settlement Agreement e la problematica legale internazionale che ne è scaturita). Dagli USA come al solito arrivano soluzioni che anticipano (magari problematicamente) le questioni legali con un approccio pragmatico e operativo. Brewster Kahle di Internet Archive ha infatti annunciato che incorporerà nel catalogo di Open Library una soluzione di prestito digitale in accordo con Overdrive. La soluzione prevede il seguente meccanismo:
La notizia non ha suscitato sinora grande scalpore [12], ma è evidente che si pone qui un problema che apre una prospettiva completamente nuova sulla possibilità di gestire il prestito delle opere fuori commercio. Le politiche europee sul tema delle opere orfane potrebbero costituire il vettore per risolvere e gestire il problema anche in Italia e in Europa, anche se le politiche di lobbying degli organismi bibliotecari europei [13] non sembrano focalizzate sul digital lending, che è invece l'elemento decisivo perché ha una ricaduta operativa immediata ed è potenzialmente meno controverso nel dialogo con gli editori.
Il problema del digital lending non riguarda solo gli ebook ma tutte le tipologie multimediali con le quali si confrontano le biblioteche. Da questo punto di vista, le biblioteche pubbliche sono quelle chiamate a gestire la maggiore eterogeneità e complessità multimediale. Musica, film, quotidiani e periodici, audiolibri, banche dati, learning objects e altre tipologie di oggetti entrano a far parte quotidianamente del bouquet di prestiti tipicamente gestiti dalle biblioteche pubbliche, ove si riscontra la tendenza accentuata a una ripartizione al 50% tra libri e altre tipologie multimediali.
Ho avuto occasione altrove di notare come il prestito di supporti analogici (in particolare di contenuti digitali su supporto analogico già disponibili via rete) rende le biblioteche pubbliche degli straordinari box mover, dove ingenti risorse vengono investite per movimentare oggetti che, se distribuiti attraverso la rete, avrebbero un costo distributivo vicino allo zero [14].
Prendiamo l'esempio di musica e film. Per entrambe queste tipologie di contenuti si è già diffusa o si sta diffondendo in modo evidente la tendenza a distribuire/consumare tali contenuti attraverso la rete piuttosto che attraverso il loro acquisto/noleggio su supporto analogico.
Per quanto riguarda la musica si tratta di una realtà consolidata, che genera già un calo sensibile dei prestiti bibliotecari di CD audio tradizionali. Per quanto riguarda i film, la tendenza è chiara negli USA, anche se versa in uno stato di sostanziale arretratezza in Italia. Credo sia sufficiente dare un'occhiata ai servizi di video on demand ad alta definizione via Internet di operatori come Amazon [15] e Netflix [16] (per citare solo due tra i più noti), per capire come il mondo dell'home video (acquisto/noleggio) è ormai definitivamente passato alla distribuzione di rete (su PC, dispositivi mobili, console di videogiochi e quant'altro). In questa prospettiva le biblioteche che continueranno a puntare su strategie da box mover perderanno gradualmente il loro pubblico a fronte di costi crescenti per la movimentazione del materiale analogico preesistente, costi che risulteranno progressivamente sempre meno rapportati a indici di circolazione che li giustifichino.
Dal mondo extra-librario proviene anche un terzo modello di digital lending poco diffuso ma che va citato per completezza. Si tratta del modello pay per view. In questo modello – indipendentemente dal tipo di contenuto che si vuole acquisire – la biblioteca acquista dall'editore/distributore un pacchetto di download di cui gestirà la distribuzione ai propri utenti con eventuali limitazioni sul numero di download possibili per utente. L'elemento interessante di questa modalità è che il file in download (magari DRM Free) rimane all'utente finale. Non si tratterebbe quindi a rigore di "prestito" digitale quanto piuttosto di un vero e proprio "dono" della biblioteca all'utente. Ma se si ragiona in termini di prestiti complessivi da parte degli utenti, e l'effetto quantitativo raggiunto in termini di circolazione è il medesimo, non si vede perché non si dovrebbe poter regalare il contenuto all'utente finale. Un esempio di questa modalità distributiva insolita è il servizio di download musicale Freegal specializzato nella distribuzione del catalogo musicale Sony alle biblioteche [17].
Regalare contenuti agli utenti è certamente un paradosso. Ma un paradosso equivalente è quello per il quale il costo di una transazione di prestito in una biblioteca ha costi paragonabili a quelli necessari all'acquisto dei contenuti stessi se acquistati in volumi rilevanti.
Il nocciolo dei sistemi di digital lending è tutto qui: al di là di quello che se ne pensa in termini di fenomenologia delle forme di lettura/consumo o di impatto delle novità tecnologiche sull'utente, questi sistemi comportano risparmi radicali nel delivery del contenuto all'utente. Attorno a questo nodo le biblioteche di ogni genere potranno progettare nei prossimi anni forme interessanti di risparmio e di rilancio dei propri servizi per gli utenti.
Almeno in ambito bibliotecario, il dibattito sul "futuro del libro" (che periodicamente ricompare sulla scena a fronte della novità tecnologica del momento [18]) andrebbe più opportunamente sostituito da un dibattito sullo sviluppo di un nuovo servizio complementare di accesso ai contenuti delle biblioteche. Può darsi che ciò renda meno attraente, meno accademico e meno ideologico il tema, ma credo che ciò avrebbe il vantaggio di velocizzare il processo di innovazione in corso. In campo tecnologico credo sia meglio evitare il tic "crociano" italico per cui, invece di innovare ci occupiamo di "storia della tecnologia".
Giulio Blasi (
blasi@horizons.it)Giulio Blasi, Horizons Unlimited - Bologna, e-mail: blasi@horizons.it
[1] Si vedano i dati quadrimestrali dell'IDPF (International Digital Publishing Forum): <http://www.openebook.org/doc_library/industrystats.htm>, a fronte del dato AIE sull'Italia nel 2009 dello 0,1% del mercato librario complessivo.
[2] Vedi Giulio Blasi, La biblioteca digitale pubblica. Il blind spot delle iniziative italiane sulle digital library e il progetto MediaLibraryOnLine, "Biblioteche oggi", marzo 2009, <http://www.medialibrary.it/adm/UserFiles/file/Biblioteche_Oggi_Marzo_2009_BDP.pdf>.
[3] Rimando in particolare al documento intitolato COSLA: eBook Feasibility Study for Public Libraries, pubblicato da Officers of State Library Agencies (COSLA) nel giugno 2010: <http://www.cosla.org/documents/COSLA2270_Report_Final1.pdf>.
[4] Le biblioteche svolgono un ruolo decisivo nel mondo come fattore di contrasto al digital divide e possono continuare utilmente a svolgere tale ruolo anche nel settore dell'editoria digitale. Rimando allo studio Opportunity for All: How the American Public Benefits from Internet Access at U.S. Libraries, realizzato dalla University of Washington e dalla Gates Foundation per un'analisi del ruolo delle public library nel contrastare il digital divide nel 2009 negli USA <http://impact.ischool.washington.edu/documents/OPP4ALL_FinalReport.pdf>.
[5] Vedi Luca Ferrieri, L'ebook in biblioteca: una sfida culturale, "Biblioteche oggi", settembre 2010: <http://www.bibliotecheoggi.it/content/20100700501.pdf>, sull'esperienza della biblioteca di Cologno Monzese.
[6] <http://en.wikipedia.org/wiki/Comparison_of_e-book_formats>.
[7] <http://www.overdrive.com/products/dlr/>. Ma si veda anche NetLibrary: <http://library.netlibrary.com/Home.aspx>.
[8] Si veda l'avviso sul DRM associato ai libri del gruppo Mondadori sul sito Bookrepublic: <http://www.bookrepublic.it/book/9788858400579-indignazione/>.
[9] <http://en.wikipedia.org/wiki/Comparison_of_e-book_formats>.
[10] In realtà su iPad il DRM non è utilizzabile in modo nativo (cioè usando Safari o iBooks) ma è utilizzabile con app dedicate come Bluefire Reader.
[11] <http://bradcolbow.com/archive/view/the_brads_why_drm_doesnt_work/?p=205>
[12] Salvo eccezioni, tra le quali James Grimmelmann, uno dei più autorevoli e sistematici commentatori del "Settlement Agreement" di Google: <http://laboratorium.net/archive/2010/06/30/gbs_internet_archive_starts_lending_in-copyright_e>.
[13] Si veda ad esempio: <http://www.eblida.org/uploads/eblida/10/1257341032.pdf>.
[14] Giulio Blasi, La biblioteca digitale pubblica, cit., p. 23. <http://www.medialibrary.it/adm/UserFiles/file/Biblioteche_Oggi_Marzo_2009_BDP.pdf>.
[15] <http://www.amazon.com/gp/video/ontv/start>.
[16] <http://www.netflix.com/HowItWorks>.
[17] <http://www.freegalmusic.com/homes/aboutus>.
[18] Si veda a titolo di esempio il volume del 1996 Geoffrey Nunberg (ed.), The Future of the Book, University of California Press, <http://books.google.it/books?id=O8xg8EfQnnAC&printsec=frontcover&dq=the+future+of+the+book&hl=it&ei=CQq7TPvJKIOfOq7IkeIM&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CDIQ6AEwAA#v=onepage&q&f=false>. Nel 1996 erano il CD ROM e l'ipertestualità a essere considerati alla frontiera del mutamento.