AIB Notizie 3/2003
Quale formazione per bibliotecari e documentalisti?
Vittorio Ponzani
A partire dalla segnalazione di uno studio commissionato dall'OCLC Institute sui fabbisogni formativi dei bibliotecari, intitolato Library training and education market needs assessment study (disponibile all'URL http://www.oclc.org/promo/unlimited/edu01b.htm), in AIB-CUR si svolge uno dei dibattiti più interessanti e vivaci degli ultimi tempi (oltre 50 messaggi), con la partecipazione di bibliotecari e documentalisti, sia esperti che alle prime armi, di professori universitari di materie biblioteconomiche, di membri dei direttivi delle più importanti associazioni professionali di bibliotecari e professionisti dell'informazione.
La presenza di figure professionali tanto eterogenee rende ricco lo scambio di opinioni, dal quale emergono esigenze formative diverse, in relazione alle diverse esperienze di ciascuno. Tutti i messaggi, comunque, sono concordi nel sottolineare l'importanza della formazione per una professione che negli ultimi anni, soprattutto con l'avvento delle nuove tecnologie, è molto cambiata e richiede nuove competenze e nuove capacità.
Il percorso per ottenere queste competenze passa sia attraverso la formazione universitaria di base sia attraverso l'aggiornamento e la formazione permanente (purtroppo in Italia siamo ancora molto lontani dalla media di 12.000 dollari destinati dalle università americane per l'aggiornamento professionale dei propri dipendenti).
Le posizioni dei partecipanti alla discussione in AIB-CUR divergono invece a proposito dei contenuti della formazione universitaria, quelli attuali e quelli che si dovrebbero attuare in futuro. Alcuni messaggi, infatti, lamentano che i programmi dei corsi universitari siano troppo centrati sulle materie tradizionalmente "da bibliotecari", come biblioteconomia, bibliografia e bibliologia, anche se tutti naturalmente riconoscono che la conoscenza di queste discipline è la base indispensabile per ogni bibliotecario e professionista dell'informazione.
Ma se per i bibliotecari il percorso formativo appare più chiaramente definito, più complessa è la situazione per chi vuole intraprendere professioni legate alla documentazione e più in generale al trattamento dell'informazione. Le numerose tipologie di attività legate a quest'ambito e la conseguente varietà di competenze richieste rendono difficile definire chiaramente un percorso formativo predeterminato. È necessario, per rispondere efficacemente alle nuove esigenze del mercato del lavoro, partire da una solida formazione biblioteconomica di base, ma offrire anche la possibilità di creare nuovi percorsi formativi con curricula più flessibili, inserendo magari nel piano di studi materie come management dei flussi informativi, reference, business information ecc., attualmente assenti dalle università italiane.
A questi rilievi critici rispondono alcuni docenti universitari di materie biblioteconomiche, che invece disegnano un quadro abbastanza positivo, con un'offerta universitaria e post-universitaria in notevole crescita sia quantitativa che qualitativa, con un numero sempre maggiore di atenei che istituiscono il corso di laurea in Conservazione dei beni culturali e con l'attivazione di diversi master che offrono interessanti possibilità di approfondimento. Per quanto riguarda l'accesso al mondo del lavoro dei giovani, poi, si registra una percentuale piuttosto alta di neolaureati (ma anche in procinto di laurearsi) inseriti nel mondo del lavoro, sia stabilmente a seguito di concorso, sia attraverso collaborazioni temporanee in cooperative di catalogazione.
Alcuni messaggi denunciano però che sul versante delle professionalità più elevate esiste il problema del riconoscimento delle competenze e delle difficoltà di carriera rispetto ad altre categorie professionali. Un messaggio porta l'esempio di un bando di concorso europeo, recentemente segnalato in AIB-CUR Lavoro, per la selezione di un "bibliotecario/archivista" (sic! ) presso Eurojust, il nuovo centro di documentazione europeo che dovrebbe svolgere un ruolo di coordinamento delle autorità nazionali nelle indagini contro il crimine organizzato. Nel bando si richiede, tra i (molti) altri requisiti, «almeno 12 anni di esperienza di gestione indipendente di una biblioteca, […] competenza elevata nel campo delle tecnologie dell'informazione, attitudine al comando e alla gestione, capacità di pianificare, dirigere, gestire, attuare e sovrintendere alle attività e alle operazioni della biblioteca». Nonostante le competenze richieste, l'inquadramento previsto è C2-C3, cioè quello di una segretaria di buon livello, e questo crea gravi problemi di progressione della carriera e di posizione all'interno dell'organizzazione.
La preparazione dei giovani che intendono avvicinarsi al mondo delle biblioteche rappresenta certamente un tema cruciale, ma una corretta politica di sviluppo delle biblioteche deve affiancare al problema della formazione quello del riconoscimento delle capacità professionali dei bibliotecari e dei documentalisti, che si deve poter tradurre anche in un'adeguata progressione di carriera.
Un messaggio alla lista pone la questione della competenza del bibliotecario nella disciplina in cui è specializzata la biblioteca o il centro di documentazione presso cui va a lavorare. &Ègrave; ancora accettabile la figura del bibliotecario umanista che poi va a lavorare in una biblioteca tecnico-scientifica? Come progettare un percorso formativo che sia interdisciplinare ma che nello stesso tempo non sia dispersivo? Alcuni messaggi, prendendo come riferimento la nuova riforma universitaria, che prevede una laurea di primo livello e una successiva laurea specialistica (secondo il modello 3+2), formulano un'ipotesi per cui si potrebbe accostare alla laurea in una materia tradizionale (per esempio economia, matematica, medicina ecc.) una seconda laurea specialistica in biblioteconomia. In questo modo si formerebbero dei bibliotecari che hanno anche buone competenze nell'ambito disciplinare in cui vanno ad operare, essendo in grado, per esempio, di svolgere senza difficoltà il ruolo di subject librarian.
Questa ipotesi non convince altri partecipanti al dibattito, i quali sottolineano come le competenze fondamentali per un bibliotecario siano quelle biblioteconomiche, da applicare poi a qualsiasi ambito disciplinare. Nel merito, poi, l'ordinamento universitario attuale prevede che le lauree specialistiche rappresentino in qualche modo il proseguimento e l'approfondimento degli studi di primo livello, quindi non appare possibile una netta separazione tra i due percorsi. Inoltre non esiste nemmeno una domanda sufficiente per corsi universitari particolarmente specifici e d'altra parte, nel quadro del mercato del lavoro, manca sia la richiesta per questo tipo di professionisti così specializzati, sia un inquadramento e una carriera adeguati a tali competenze.
Ma soprattutto vari messaggi stigmatizzano quello che viene considerato un approccio sbagliato al problema, che considera la biblioteconomia come una disciplina essenzialmente pratica, che si caratterizza per una serie di capacità tecniche, e non invece come un insieme di principi, di valori e di competenze metodologiche, da applicare nella propria attività professionale. «Dobbiamo dare spazio alle tecniche - scrive un professore di biblioteconomia - ma in primo luogo alle 'ragioni' su cui le tecniche si fondano, per formare professionisti consapevoli». Le tecniche sono certamente importanti, e «il mercato del lavoro ora chiede soprattutto cottimisti catalogatori - prosegue un altro docente - ma io vorrei formare bibliotecari, che non è esattamente la stessa cosa»
ponzani@aib.it
L'archivio storico di tutti i contributi inviati in AIB-CUR è consultabile, da parte degli iscritti alla lista, a partire dall'indirizzo https://www.aib.it/aib/aibcur/aibcur.htm3
PONZANI, Vittorio. Quale formazione per bibliotecari e documentalisti?. «AIB Notizie», 15 (2003), n. 3, p. 7.
Copyright AIB, ultimo aggiornamento 2003-04-11 a cura di Franco Nasella
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