AIB Notizie 4/2002
La biblioteca ibrida,
verso un sistema informativo integrato
di Fabio Di Giammarco
Nel consueto appuntamento annuale alle Stelline, tenuto a Milano il 14 e 15 marzo, si è affrontato quest'anno un tema di forte attualità: l'irruzione delle nuove tecnologie nel mondo delle biblioteche con la conseguente, problematica, commistione di vecchio e nuovo, analogico e digitale. E da qui il titolo del convegno: "La biblioteca ibrida, verso un sistema informativo integrato". La definizione "biblioteca ibrida" esprime, infatti, lo sforzo, malgrado il susseguirsi di cambiamenti tecnologici e culturali, di trovare un nuovo modello capace di combinare tradizione e innovazione. Conseguentemente, ai relatori non si è presentato un compito facile. Disegnare scenari, offrire indicazioni, proporre ipotesi di lavoro riguardo un tema, com'è quello della "biblioteca ibrida", appunto sfuggente perché profondamente intrecciato agli esiti sempre imprevedibili della rivoluzione digitale, ha richiesto un bagaglio di cognizioni, competenze, professionalità, ma anche doti predittive nonché l'uso d'immagini, suggestioni e metafore.
Da parte nostra, avendo come obiettivo quello di fornire un resoconto esauriente, abbiamo pensato che per esporre in una maniera comprensibile una tematica abbastanza sfuggente perché in continuo divenire, fosse meglio distinguere le argomentazioni succedutesi in base a tre assunti: 1) questioni filosofiche; 2) opportunità operative e nuovi strumenti; 3) contaminazioni e rischi.
Identità, ruolo, futuro e complessità della "biblioteca ibrida" ricadono in quegli aspetti afferenti il primo punto. In relazione all'identità, Riccardo Ridi, professore di biblioteconomia all'Università di Venezia, ha evidenziato il paradosso del «vecchio vino in una botte nuova», cioè quello di un'identità "ibrida" spacciata per nuova. Ma le cose stanno diversamente. In realtà le biblioteche sono state dall'inizio ibride in quanto hanno sempre dovuto fare i conti con documenti eterogenei come manoscritti, libri a stampa e quant'altro. Semmai, ha aggiunto Ridi, va tenuto conto che sull'attuale forma d'ibridazione (analogica/digitale) preme una digitalizzazione pervasiva che potrebbe, in tempi non lontani, spingere la biblioteca ad assumere sembianze simili a un catalogo virtuale alla Napster.
La perdita del ruolo è, invece, l'aspetto che ha più impensierito Michele Santoro dell'Università di Bologna. Il problema è nel disorientamento che ha colpito la funzione bibliotecaria da quando il nuovo sapere in formato digitale ha messo a rischio il suo ruolo di filtro, transito e cerniera, rispetto ai processi di trasmissione tra emittenti e destinatari. Il pericolo di questa fase "ibrida" è che la biblioteca perda progressivamente la rappresentanza di una conoscenza che, sempre più digitalizzata e quindi composita e frammentata, richiede duttilità, connessioni e soprattutto nuovi modelli presi preferibilmente dalla dimensione dinamica di rete. In questo senso può tornare utile, secondo Santoro, il modello dell'enciclopedia trasferito nel Web. L'esempio è offerto dall'Enciclopedia Britannica che ha riorganizzato le proprie conoscenze sia da un punto di vista interno (con la modifica delle voci per meglio aderire alla realtà del Web) sia da quello esterno (con la realizzazione di collegamenti tra voci interne e fonti informative disseminate a cominciare da quelle disponibili in Internet).
C'è però chi afferma che ibrido non corrisponde necessariamente a identità debole e indeterminata, ma al contrario la disponibilità di strumenti e tecnologie avanzate può potenziare le performance ed esaltare la missione civile e democratica della biblioteca rinvigorendone quindi il ruolo. Lo hanno sostenuto i relatori statunitensi Maurice J. Freedman e Michael Malinconico, per i quali lo spirito illuministico delle public libraries può rivivere nell'ibridazione nascente.
Per Freedman, presidente della potente American Library Association (ALA), i grandi risultati ottenuti negli ultimi anni dai sistemi bibliotecari americani sono la conferma della bontà di queste idee progressiste. L'avvento della "biblioteca digitale", dei servizi online, dei database commerciali non solo non ha minato la centralità della biblioteca fisica ma ne ha decretato un rinnovato e crescente successo attestato dall'aumento delle frequenze nelle biblioteche pubbliche degli States passate, rispetto a dieci anni addietro, da 500 milioni a oltre un miliardo.
M. Malinconico, dell'Università dell'Alabama, ha, invece, posto in primo piano il binomio vincente servizi-digitalizzazione. Se servizi e accesso rappresentano l'obiettivo fondamentale della biblioteca, ancor di più se ibrida, la strada maestra è allora quella delle tecnologie digitali. Le ragioni sono tante e tutte importanti. Le copie digitali presentano insuperabili vantaggi nelle riproduzioni, per lo studio, e per le infinite possibilità di manipolazione che offrono, mentre gli archivi digitali forniscono un servizio di consultazione remota a dir poco eccezionale. Ne è prova il progetto IBM-Biblioteca Vaticana in corso di realizzazione che prevede la digitalizzazione di migliaia di manoscritti a beneficio di studiosi sparsi per il mondo che potranno studiarseli senza muoversi dai loro paesi.
Altra questione aperta: il futuro che aspetta la "biblioteca ibrida". Il processo di digitalizzazione può, infatti, apparire come una freccia che punta decisa verso la disintegrazione, la scomparsa della biblioteca fisica.
Berndt Dugall, della Biblioteca universitaria di Francoforte, sembra non avere dubbi in proposito. Se è vero che la storia recente delle biblioteche è stata caratterizzata da diverse fasi tecnologiche, è lecito pensare che dopo automazione e ibridazione sarà la volta della completa digitalizzazione che avrà come esito finale la completa smaterializzazione del mondo tangibile della biblioteca.
Ma quest'attuale fase di mezzo può essere anche letta diversamente, vale a dire ibridazione non come inizio di smaterializzazione ma come espressione di complessità. E per Piero Cavaleri della LIUC questo può rappresentare un segno di svolta, vincente, visto che la "biblioteca ibrida" si trova a dover affrontare la non linearità dei mutamenti in corso. Si tratta di una sfida alla complessità non superabile con i modelli rigidi (lineari) tipo digital library, ma, viceversa, con sistemi adattabili che diano modo di ripensare le organizzazioni e riorganizzare le conoscenze, avvicinandosi ai confini del "caos", unico luogo, secondo le scienze della complessità da cui Cavaleri trae ispirazione, dove nei momenti di cambiamento può prodursi, veramente, il nuovo. Luogo dove risiedono anche le frontiere della tecnologia, e nel quale troviamo un altro modello di "biblioteca ibrida": quella con i "bit in tasca" descrittaci da Alberto Salarelli dell'Università di Parma. È un'altra immagine di sistema-biblioteca, questa volta all'insegna dell'informatica tascabile, del wireless e di contenuti strutturati in modo nuovo, flessibile. Già operativo in USA, dove alcune biblioteche hanno installato reti WLAN (Wireless Local Area Network) funzionanti mediante onde ad alta frequenza in grado di far scambiare dati tra computer, portatili, palmari situati nell'area coperta dal segnale.
Ci portano, invece, al punto 2 quei contributi dedicati all'armamentario strumentale, operativo, con il quale la "biblioteca ibrida" s'appresta a scendere nell'agone dell'information technology. A cominciare da un'altra rivoluzione, di stampo "copernicano", annunciata da Mauro Guerrini dell'Università di Firenze e concernente lo strumento catalogo. Si tratta di un cambiamento considerevole che riguarderà sia la sua forma fisica sia le informazioni in esso contenute. Insomma, si preannuncia per la "biblioteca ibrida" un catalogo tipo WebOpac ad alta interattività lettore-documento nel quale la risorsa elettronica locale e remota è destinata ad assumerne la centralità catalografica. Si prospetta poi il ritorno, aggiornato ai tempi di Internet, di uno strumento strategico per le biblioteche sin dagli anni Settanta: quello della cooperazione. Dopo aver svestito i panni antiquati dei sistemi centralizzati in voga nei decenni passati, attualmente è già riproposto in rete sotto varie forme che vanno dai consorzi ai progetti di VRD (Virtual Reference Desk) cooperativi. E Anna Galluzzi, dell'Università di Bologna, partendo anche da queste esperienze, l'ha presentato quale mezzo ideale per gestire complessità e costi della "biblioteca ibrida". Posizione che ha trovato riscontro nell'oggetto della relazione della coordinatrice della Commissione nazionale Biblioteche pubbliche dell'AIB, Elena Boretti, ovvero nel progetto "Cooperare a distanza" mirante a realizzare anche in Italia un servizio cooperativo di reference remoto per biblioteche pubbliche basato su un repertorio imperniato su risorse in lingua italiana.
La "biblioteca ibrida" oltre che sulla cooperazione dovrà sempre più basarsi su un'altra fondamentale strategia operativa: l'integrazione di risorse. Paul Weston dell'Università di Pavia, che si è occupato a fondo di questo problema, ha spiegato come l'adozione di tecnologie elettroniche faccia aumentare l'interoperabilità fra reti documentarie e sistemi eterogenei. Ad approfondire poi un particolare aspetto ci ha pensato Antonella De Robbio trattando della «parola chiave per l'accesso alla biblioteca ibrida», vale a dire dei metadati: strumenti cerniera tra documenti analogici e digitali con propensione all'integrazione delle risorse perché capaci di descrivere e presentare le più svariate informazioni provenienti sia dal di dentro sia dal di fuori delle mura "virtuali" della "biblioteca ibrida".
Infine, vanno segnalati gli effetti ed eventuali rischi che l'invasività digitale comporta e può comportare per la "biblioteca ibrida". Effetto interessante è quello della contaminazione, rilevato da Luca Ferrieri nella Biblioteca civica di Cologno Monzese di cui è direttore. Nella realtà in questione l'apertura massiccia alle nuove tecnologie e alla multimedialità ha avuto come risultato non solo l'ibridizzazione della biblioteca ma anche l'afflusso di nuovi utenti che hanno ibridizzato il pubblico determinando una mescolanza d'atteggiamenti del tipo: attrazione per la tecnologia/indifferenza per i libri, rifiuto per i computer/passione per lettura. Atteggiamenti che pongono al centro dell'attenzione una questione fondamentale: qual è il posto per la lettura, per l'alfabetizzazione nel modo in cui è stata intesa finora, di fronte a un ibridismo digitale che trascina con sé biblioteca ed utenti? «Non tutto è bello nel giardino digitale», così si è espresso, riferendosi ad una digitalizzazione miope e troppo spinta, Denis Reidy della British Library. E i rischi che corre l'Icaro elettronico (leggi "biblioteca ibrida") - ha continuato - se si avvicina troppo al sole digitale non sono da poco: costi elevati, selezione sbagliata del materiale, copyright, problema della conservazione, gestione delle risorse umane ecc., e se l'Icaro elettronico non tiene conto di tutto ciò potrebbe ricadere al suolo e farsi molto male. E dunque, "biblioteca ibrida", malgrado le «magnifiche sorti e progressive» risuonate nello splendido Palazzo milanese, non fare l'errore di volare troppo in altro dimenticandoti di misurare costi e benefici, di ben ponderare programmi e progetti, e soprattutto non farti prendere dalla tentazione di voler rinunciare troppo presto a vantaggi, comodità e piaceri della vecchia ed amata carta. Bit e atomi - e a Milano sono stati su questo tutti d'accordo - possono ancora fare, incontrandosi nella "biblioteca ibrida", una lunga strada insieme.
digiammarc@tiscalinet.it
DI GIAMMARCO, Fabio. La biblioteca ibrida. Verso un sistema informativo integrato. «AIB Notizie», 14 (2002), n. 4, p. 9-10.
Copyright AIB, ultimo aggiornamento 2002-04-20 a cura di Franco Nasella
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n14/02-04digiammarco.htm