AIB Notizie 10/2001
OPAC punto e a capo.
Quali cataloghi per il recupero delle informazioni bibliografiche in linea
di Rossana Morriello
OPAC punto e a CAPO. Quali cataloghi per il recupero delle informazioni bibliografiche in linea è il titolo del quarto seminario AIB-WEB che si è svolto nell'ambito del XLVIII Congresso dell'AIB a Bibliocom.
La sessione, curata dalla redazione di AIB-WEB e dalla CNUR (Commissione nazionale Università ricerca) dell'AIB e coordinata da Serafina Spinelli (coordinatrice CNUR) e Riccardo Ridi (coordinatore AIB-WEB) in collaborazione con Gabriele Mazzitelli (CNUR), è stata strutturata in due parti. Nella prima, Maurizio di Girolamo e Claudio Gnoli, membri della redazione AIB-WEB, hanno presentato e commentato le linee guida dell'IFLA sugli OPAC (OPAC displays). La seconda parte, dopo una relazione di Antonella De Robbio (AIB-WEB) che ha fornito una panoramica sui nuovi modelli di OPAC disponibili sul mercato internazionale, ha assunto la forma di una tavola rotonda coordinata da Riccardo Ridi, alla quale sono stati chiamati a sedere, oltre alla stessa De Robbio, Gabriele Gatti della redazione AIB-WEB, Marco Calvo della società E-text e Mauro Zerbini di Informazioni Editoriali.
Serafina Spinelli ha aperto la sessione spiegando come si sia voluto scegliere l'argomento OPAC, di estrema attualità e oggetto di costante interesse da parte della redazione AIB-WEB, alla luce dei significativi cambiamenti che interessano i cataloghi online delle biblioteche in relazione al loro rapporto con gli altri strumenti per la ricerca dell'informazione, disponibili in quantità crescente sul mercato.
Di Girolamo e Gnoli hanno, quindi, esposto i risultati di uno studio analitico sulle linee guida che l'IFLA ha pubblicato nel 1998 sul suo sito e che, al centro di discussioni e critiche da parte di vari esperti, sono state successivamente rimosse dallo stesso sito in quanto considerate superate.
Le linee guida, a cui hanno lavorato esperti IFLA dei settori catalogazione, indicizzazione, controllo bibliografico e information technology, fissano una serie di principi a cui gli OPAC dovrebbero rispondere per quel che riguarda la visualizzazione dei risultati di un'interrogazione (quindi non tanto relativamente alla maschera di ricerca), indipendentemente dal tipo di interfaccia in uso nel catalogo (a carattere, GUI proprietaria, Z39.50, Web). Prendono in considerazione quattro modalità di ricerca: di un particolare autore, di una particolare opera, su un dato soggetto, con un particolare approccio disciplinare.
Il documento IFLA elenca trenta principi di base, a cui segue una serie di raccomandazioni generali e specifiche e un glossario.
La polemica sugli OPAC diplays, seguita accuratamente dai due relatori che hanno fornito dettagliati riferimenti bibliografici, si è innescata a partire dalla stessa necessità di predisporre delle linee guida in materia di OPAC e si è sviluppata principalmente sulla rivista elettronica «ITAL» (Information technology and libraries). I due fronti di discussione hanno avuto come principali interlocutori da un lato, Walt Crawford, schierato su posizioni critiche e spesso provocatorie basate sulla convinzione che gli OPAC siano oggetti particolari, non analizzabili con gli stessi criteri che si usano per altri strumenti, e soprattutto con criteri standard validi per tutti i casi, dal momento che non si può avere un OPAC ideale, e dall'altro lato, Martha M. Yee, una degli esperti che hanno lavorato alla creazione delle linee guida, la quale, accusando Crawford di scarsa scientificità nei suoi commenti, risponde alle provocazioni difendendo l'utilità del documento.
Dopo aver introdotto e commentato il dibattito su «ITAL», i relatori hanno presentato i trenta principi soffermandosi su alcuni particolarmente significativi e concludendo l'intervento con i risultati dell'indagine sui quattro OPAC italiani selezionati. La verifica sul campo di quanto gli OPAC rispondessero alle linee IFLA ha avuto un intento puramente esemplificativo della realtà italiana e la scelta di quegli OPAC - ci hanno tenuto a precisare i relatori - non implica nessuna valutazione sui sistemi gestionali in uso nei cataloghi selezionati, dal momento che, come ben sappiamo, gli OPAC sono personalizzabili. La scelta è stata basata sui software più diffusi in Italia, selezionando quindi l'indice SBN, Aleph presso l'Università di Genova, Sebina e EasyWeb presso l'Università "La Sapienza" di Roma. Su questi sono stati provati i principi (tra cui: il record richiesto viene evidenziato, sia per quanto riguarda la ricerca per campi che per liste? L'autore, l'opera o il soggetto cercati vengono evidenziati? Sono evitati i troncamenti di intestazioni? I riferimenti incrociati sono integrati nella visualizzazione? La visualizzazione offerta è sintetica e compatta? Sono presenti i legami di un periodico che ha cambiato titolo con i titoli precedenti? Viene visualizzata la relazione gerarchica tra l'opera e le sue parti?)
Oltre ai problemi intrinseci ai cataloghi italiani, quali l'assenza di rinvii e relazioni esplicitate, che hanno ovviamente influenzato i risultati, il quadro emerso sembra testimoniare che sebbene gli OPAC displays siano stati considerati superati dall'IFLA e quindi dati per acquisiti, non lo sono affatto, invece, a tutt'oggi per le biblioteche italiane.
Un'arretratezza italiana che è stata ribadita nella relazione di Antonella De Robbio che, nell'esaminare i nuovi modelli di OPAC in evoluzione sul mercato, ha rivolto necessariamente la sua attenzione a quanto accade all'estero. Grandi movimenti e trasformazioni interessano il mondo degli OPAC da diversi anni. Movimenti che hanno alla base da un lato, fattori economici di mercato e, dall'altro, fattori tecnologici, e che hanno delle ripercussioni sia sulla professione bibliotecaria che sull'utente finale. Nel primo caso, si tratta del risultato di fusioni ed alleanze tra i vari agenti presenti sul mercato: produttori di software, fornitori di contenuti (editoria elettronica) e, in alcuni casi, bibliotecari. Ne è un esempio la Library of Congress, la biblioteca alla base dello sviluppo del software Voyager di Endeavor, che ha avuto una grossa penetrazione in ambito bibliotecario fin dalla sua nascita nel 1999, e che a sua volta è stato acquisito da Elsevier. Gli aspetti tecnologici sono legati ai nuovi modelli di OPAC emergenti: OPAC integrati, a valore aggiunto, in cui le informazioni catalografiche si affiancano a risorse digitali di vario tipo (banche dati, e-journals, e-books, altre risorse Web). Antonella De Robbio ha poi illustrato una serie di modelli, a partire dai risultati delle ricerche realizzate da ARL (Association of Research Libraries) e da «Library journal» che ogni anno pubblica un rapporto rivolto anche ai produttori di software. Ha, inoltre, evidenziato i problemi connessi allo sviluppo di questi nuovi modelli, relativi al copyright delle risorse digitali, alla difformità di formati, all'utilizzo di metadata standard in contesti per altri versi personalizzabili.
Alla relazione è seguita la tavola rotonda vera e propria che, a partire da alcuni spunti proposti da Riccardo Ridi e colti dalle relazioni che l'hanno preceduta, ha portato inizialmente l'attenzione sul concetto di portale. La definizione di portale è ancora piuttosto confusa, sebbene sia molto usata e anche abusata. Lo si può paragonare, per certi versi, alla televisione che tenta di amalgamare notizie diverse, in modo da creare un'offerta che possa andar bene per tutti, ma ciò si scontra con la natura stessa di Internet che induce alla scelta, alla selezione. Il paragone viene efficacemente esteso, nel dibattito, alla distinzione tra TV generalista e TV specializzata. Il portale ha contenuti preconfezionati per cui chi si rivolge a questo genere di strumenti solo apparentemente ha libertà di scelta. Libertà che è, invece, caratteristica della biblioteca e che potrebbe venir meno allorché si parli di portalizzazione degli OPAC (un termine, tuttavia, che seppur usato di frequente non si adatta certo ai cataloghi online, per i quali bisognerebbe parlare più correttamente di "integrazione").
Successivamente è stato posto l'accento sugli aspetti economici che il concetto di portale implica. Nei portali il fine ultimo è di natura commerciale e tutti i servizi offerti sono da valutare in quest'ottica, nel processo di "find, connect and buy". Solo in questi termini si può parlare di portale.
A tal proposito Zerbini ha evidenziato come il cambiamento di percezione dell'utente nei confronti del mondo del libro sia stato indotto da siti commerciali come Amazon, e non certo dai congressi di bibliotecari. È evidente, dunque, che un'integrazione delle risorse bibliotecarie e commerciali sia necessaria e che il modello portale possa fornire spunti interessanti anche in ambito bibliotecario. Una mentalità maggiormente votata alla "commercializzazione", al marketing dei servizi e degli strumenti bibliotecari, rispetto a quanto accade oggi, avrebbe indubbiamente effetti benefici sul nostro lavoro. Per fare un unico esempio, le classificazioni bibliotecarie vengono efficacemente utilizzate dai siti commerciali come Alice.it o Yahoo, e i loro utenti ne fanno uso, mentre, come ben sappiamo, la ricerca per classificazione nei cataloghi delle biblioteche è poco usata. Probabilmente proprio perché vi è scarsa conoscenza delle sue potenzialità.
Ancora una volta la parola chiave è, quindi, "comunicazione" tra i diversi operatori commerciali e non, tra i bibliotecari e gli altri agenti del mondo dell'informazione. È ora per i bibliotecari di mettere un punto e andare a capo, di aprirsi verso le nuove possibilità, ma anche le nuove esigenze, del mondo dell'informazione, di entrare attivamente nei nuovi circuiti e modelli in corso di sviluppo. Un concetto che è stato esemplificato incisivamente da Antonella De Robbio che ha suggerito che l'OPAC muti la sua natura in modo da divenire OPen Public ACcess Catalogue.
MORRIELLO, Rossana. OPAC punto e a CAPO. Quali cataloghi per il recupero delle informazioni bibliografiche in linea. «AIB Notizie», 13 (2001), n. 10, p. 6-7.
Copyright AIB, ultimo aggiornamento 2001-12-04 a cura di Franco Nasella
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n13/01-10morriello.htm