La "European Conference on digitisation of journals" (Copenaghen, 13-14 marzo 2000; http://www.deflink.dk/journals) è stata un momento d'incontro a livello internazionale che ha consentito da un lato la dettagliata presentazione di vari progetti di digitalizzazione in corso in diversi paesi, dall'altra un confronto a tutto campo sulle problematiche collegate alla conversione su supporto digitale, in particolar modo dei periodici.
Dalla discussione sono emersi numerosi e stimolanti motivi di riflessione e una traccia di raccomandazioni per chi si accinga a delineare un progetto in questo campo. Intanto va preso atto di una differenza di fondo nell'approccio alle tematiche della digitalizzazione, a seconda che le si guardi dal punto di vista di una biblioteca di ricerca, universitaria o comunque specializzata, oppure da quello di una biblioteca nazionale: la selezione del materiale da digitalizzare nel primo caso sarà orientata alle specifiche esigenze della comunità scientifica, possibilmente coinvolta in tutte le scelte; nel secondo caso sarà conseguente alla politica di tutela e diffusione dell'eredità culturale nazionale. I periodici dovranno essere selezionati quindi con riguardo ai più rappresentativi in rapporto alla mission della biblioteca, ai più consultati (anche ricorrendo a strumenti di valutazione tipo indici citazionali), a quelli con problemi (supporto fisico danneggiato, accesso comunque problematico).
Questioni immediatamente successive alla selezione, prima di affrontare la fase operativa, sono gli accordi con gli editori sulla questione del copyright e il problema dei costi.
Nel discutere questi punti, i bibliotecari europei si sono trovati a confrontarsi ripetutamente con le soluzioni proposte dal progetto statunitense J-STOR (http://jstor.org): varato con grande dispiego di fondi da parte della A.W. Mellon Foundation. J-STOR si è poi trasformato in un'organizzazione no profit in grado di autofinanziarsi grazie alle sottoscrizioni richieste alle biblioteche e agli istituti di ricerca per accedere al patrimonio digitalizzato: questo consiste finora in 117 testate, tra le più rappresentative in una quindicina di discipline, disponibili online per tutto il pregresso esclusi gli ultimi tre/cinque anni, dinamicamente intesi rispetto all'ultimo fascicolo uscito.
Questo modo di intendere dinamicamente il confine rispetto all'attualità (protetta da un differente regime di copyright), definito moving wall, è la base su cui J-STOR ha costruito un'intesa con gli editori: questi vedono così tutelati i loro interessi sulle pubblicazioni recenti (magari edite ormai direttamente in versione online), e al tempo stesso si trovano a beneficiare dell'archiviazione elettronica delle loro stesse pubblicazioni.
Riguardo ai costi, ovviamente nel settore pubblico il modello di erogazione di un servizio dietro sottoscrizione s'immagina difficilmente applicabile, ma si concorda sul fatto che si dovrebbe prendere in considerazione la produzione di servizi collaterali in quanto valore aggiunto (pubblicazioni elettroniche, ecc.); mentre si potrebbe gestire, parallelamente al filone progettuale principale, un'attività di digitalizzazione su domanda.
Comunque i costi sono una nota dolente, di cui si è a lungo discusso, fino a mettere in dubbio l'opportunità stessa di avventurarsi in estesi progetti di digitalizzazione e rivalutare invece una politica di descrizione bibliografica spinta fino alle component parts, tanto più che proprio i periodici mediamente non sono descritti e indicizzati in modo sufficiente a paragone con le monografie (David Bradbury, British Library). Tanto più ci si è trovati d'accordo quindi sul fatto che dev'essere garantito l'accesso pubblico online a livello di reference, e possibilmente anche a livello di indici.
Quanto alla cooperazione internazionale, va citato il progetto DIEPER (Digitised European Periodicals) (http://www.SUB.Uni-Goettingen.de/gdz/dieper/): progetto sostenuto dalla Comunità Europea, il più rilevante da tener presente, non soltanto nell'ottica di avviare anche in Italia una politica nazionale di digitalizzazione dei periodici, ma anche in vista di singoli limitati interventi.
Obiettivo di DIEPER è creare un punto di accesso unico per i periodici digitalizzati (da qualunque paese), senza dover fare ricerche multiple in Internet. I periodici digitalizzati - o di prossima digitalizzazione - vengono elencati in un registro internazionale (sul modello dello European Register of Microform Masters), al fine di evitare duplicazioni; dal registro è previsto il collegamento con i siti dei singoli periodici. Inoltre il progetto ha lo scopo di elaborare delle linee-guida di validità generale.
Si è a lungo discusso inoltre di standard: pur non essendo state varate linee-guida ufficiali, gli standard adottati, ad esempio, nell'ambito di DIEPER, possono essere al momento un autorevole punto di riferimento. Vale la pena di accennare, pur senza addentrarsi qui nello specifico tecnico, che la maggior parte delle esperienze presentate valutava molto favorevolmente il ricorso ai metadata come alternativa alla tradizionale descrizione in formato MARC, così come ad un'indicizzazione full text basata sull'applicazione dell'OCR che, se successivamente sottoposto a correzione, risulta molto costoso.
In conclusione, tratteggiando un modello organizzativo europeo: si dovrebbe pervenire inizialmente ad un catalogo collettivo delle risorse, ad uno schema di produzione coordinato, ad un comune gateway per la distribuzione, per approdare ad un database internazionale di risorse digitalizzate (accesso di primo livello: reference e tables of contents, accesso di secondo livello: full text). Ci si augura d'incontrarsi ad una prossima Conferenza qualche tratto più avanti rispetto a questo percorso ideale.
Infine, è risultata ancora aperta (e forse in proporzione ad altri aspetti ha trovato poco spazio), la discussione sul management dei documenti digitali in ordine alla loro conservazione e all'accesso permanente: in effetti, l'impressione ultima è che la digitalizzazione, almeno come è stata tratteggiata nell'ambito di questa Conferenza, sia la nuova frontiera dell'accesso, ma non basti ancora, per se stessa, ad assicurare la conservazione delle risorse, pur essendone quest'ultima, almeno nel breve termine, una delle principali ricadute.