[AIB-WEB] Associazione italiana biblioteche. Congresso 1999

 

Come cambiano le pubblicazioni scientifiche in rete

Tullio Basaglia, Politecnico di Torino
Evoluzione e problemi della comunicazione scientifica in forma elettronica

L’impatto dei nuovi mezzi di diffusione dell’informazione scientifica

Al fine di illustrare l’evoluzione e i problemi della comunicazione scientifica nel contesto creato dalle nuove tecnologie, farò riferimento alla situazione della comunità dei fisici delle alte energie, prima di passare ad una serie di osservazioni la cui validità può essere estesa ad altri campi della ricerca scientifica e tecnologica.

La comunità dei fisici nucleari comprende circa 20.000 ricercatori, attivi presso istituzioni di ricerca e Università di tutto il mondo. Per la natura dell’oggetto delle loro ricerche – l’esplorazione degli elementi costitutivi della materia, che richiede sovente l’utilizzo di macchinari estremamente complessi – svolgono una parte rilevante della loro attività presso una decina di laboratori situati in Europa, negli Stati Uniti e in Giappone.

All’interno di questa comunità esistono circoli più ristretti di ricercatori, appartenenti ad esempio ad una delle numerose "collaborazioni" che conducono gli esperimenti. Si tratta di gruppi ben definiti, i cui membri sono sparsi su un’area geografica che coincide con il mondo intero e hanno l’esigenza di scambiarsi testi, dati ed informazioni in tempo reale sugli esiti delle ricerche che conducono insieme, ma per la maggior parte dell’anno, a distanza.

Si tratta probabilmente della comunità di studiosi che fa più largo consumo di letteratura grigia, in formato elettronico e non, assieme a quella degli astronomi.

La tecnologia che consente di ricevere, archiviare e distribuire gli "e-prints" ha contribuito sì a rendere più facilmente accessibili questi documenti, ne ha accresciuto la "visibilità", ma occorre sottolineare che il preprint rivestiva, ben prima della rivoluzione portata dal WWW, una funzione importante di veicolo di trasmissione dell’informazione scientifica tra i fisici nucleari.

Lo strumento principale per la diffusione di "e-prints", come comunemente sono chiamati i preprints diffusi in formato elettronico, è senza dubbio l’archivio cosiddetto "xxx" [1] fondato da Paul Ginsparg nel 1991 presso il Los Alamos National Laboratory e tuttora ospitato da quell’istituzione di ricerca.

L’archivio include venti sezioni tematiche, alcune delle quali sono suddivise in sottosezioni. La copertura tematica, che inizialmente comprendeva vari settori della fisica nucleare e dell’astrofisica, ora si estende a numerosi settori della fisica, alla matematica e all’informatica.

Ogni paper è contrassegnato da un numero che lo identifica in modo univoco. È possibile effettuare ricerche per autore, titolo, anno e parole dell’abstract.

"xxx" ha ricevuto circa 8.000 sottomissioni di articoli nei primi quattro mesi del 1999, che corrispondono a circa 360.000 pagine pubblicate su base annuale. Sulla base di questa cifra, l’archivio può essere definito come il più prolifico "editore" nei campi della fisica (soprattutto della fisica nucleare), dell’astronomia e della matematica. Questi dati sono stati forniti da Greg Kuperberg dell’Università della California a Davis, in un messaggio inviato a SLA-PAM, la lista di discussione dei bibliotecari di Fisica, Astronomia e Matematica della SLA (Special Libraries Association).[2]

Tutti i testi ospitati da "xxx" sono disponibili in linea gratuitamente, e il sito di Los Alamos ha quindici "mirrors" che ne facilitano l’accessibilità su scala mondiale. Non intendo soffermarmi sulla storia di questo successo; mi preme invece evidenziare come questa ed altre esperienze simili abbiano influenzato la struttura della comunicazione scientifica e i meccanismi della sua diffusione, ponendo nuovi problemi agli attori di questo processo, tra i quali ci sono ovviamente i bibliotecari.

Un segno inequivocabile dell’importanza assunta dagli e-prints è dato da un’indagine statistica sulle citazioni di preprints (in formato elettronico o cartaceo) riportate dai giornali tradizionali. L’analisi è stata condotta sul database "Science Citation Index" dell’ISI da Greg Youngen, bibliotecario dell’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign. [3]

In base a questa indagine, il numero di citazioni di preprints cartacei su base annuale tra il 1988 e il 1996 è in calo pressoché costante: si passa da 1.500 citazioni del 1988 a circa 1.100 nel 1996. Il numero delle citazioni di e-prints subisce invece un incremento notevolissimo: si passa da zero citazioni nel 1991 (anno di fondazione di "xxx") a 1.900 circa nel 1996. Ovviamente, i primi tre periodici per numero di citazioni di e-prints nell’arco di tempo considerato si collocano nell’ambito della fisica delle particelle (Nuclear Physics B, Physics Letters B, Physical Review D).

E’ curioso come "The Astrophysical Journal", l’unico periodico che includa nelle istruzioni per gli autori un esplicito invito a non far riferimento a "comunicazioni private, […] preprints e altre fonti generalmente non accessibili ai lettori", sia il periodico che totalizza il numero più alto di citazioni di preprints cartacei nel periodo 1988-1996.

Esaminiamo ora, sulla base dell’esperienza dell’archivio "xxx", alcuni fenomeni che caratterizzano la struttura del testo scientifico in forma elettronica, determinano le modalità della sua fruizione e il suo status.

  1. L’instabilità del contenuto: un testo in rete può non solo esser facilmente modificato o addirittura manipolato, con i rischi che ciò può comportare, ma può subire un normale processo di revisione. Nel caso dei testi sottomessi all’archivio citato "xxx", può accadere che un utente scarichi un testo e lo utilizzi, anche quando quell’articolo è stato ormai rimpiazzato da una versione - sotto forma di preprint oppure pubblicata – che può differire anche in modo considerevole da quella di cui l’utente dispone. L’archivio "xxx" di Los Alamos non permette all’autore di rimuovere del tutto un articolo, una volta che esso è stato accolto nell’archivio. Tuttavia, l’autore può rimuovere il testo rimpiazzandolo con una breve nota di spiegazione, che va anche inserita nell’abstract, onde evitare all’utente un’inutile downloading.
  2. Le versioni "vecchie" di un lavoro sono mantenute in archivio, e la nuova versione contiene nell’abstract un riferimento alla versione precedente. Lo stesso non vale per le versioni "superate", che non contengono riferimenti a versioni successive. Questa politica rivela una scarsa attenzione per il problema della coerenza interna dei dati di un archivio.

    Per finire, a fronte di un problema di instabilità della fonte, sorge evidentemente il problema dello status di questi lavori e del valore degli stessi al fine di un avanzamento nella carriera accademica. "xxx" non ha un vero e proprio meccanismo di peer reviewing, ma opera una sorta di filtro imponendo una registrazione preventiva degli autori e respingendo articoli palesemente irrilevanti. E’ la comunità stessa dei "pari" dell’autore a esercitare il controllo di qualità.

    Non intendo qui soffermarmi sulla questione concernente la necessità o meno del peer reviewing, perché intendo limitarmi ad alcuni aspetti tecnici della comunicazione scientifica in forma elettronica; occorre tuttavia osservare che, nell’ambito della fisica delle alte energie, un articolo prodotto da una collaborazione subisce un complesso e severo iter di verifica di qualità ancor prima di esser sottomesso a Los Alamos, ed infine ad un periodico "tradizionale". Si può quindi affermare che forme di peer reviewing "interno", ma comunque non alternative al normale meccanismo di controllo di qualità, esistono già all’interno di comunità di studiosi ben definite, come le collaborazioni.

  3. Un fenomeno di automatizzazione e di "decentramento" delle funzioni che permettono l’inoltro di testi in formato elettronico e dei dati che li identificano e ne descrivono il contenuto. La soluzione adottata da "xxx" permette di minimizzare il lavoro di input dei dati bibliografici, affidandolo agli autori, che trovano sul sito di "xxx" tutte le istruzioni per l’inoltro dei testi e dei relativi dati bibliografici. L’autore è quindi non solo editore di sé stesso, ma è anche catalogatore. E’ questo un sistema che alcune biblioteche dei laboratori di ricerca nella fisica delle particelle tentano di far conoscere ed utilizzare ai loro "lettori/autori/editori". Biblioteche come quella del CERN, ad esempio, non solo incoraggiano l’inoltro di preprints in formato puramente elettronico da parte degli autori attivi presso quel laboratorio, ma invitano altre istituzioni a servirsi dello stesso meccanismo per l’invio dei loro e-prints.[4] I vantaggi di una simile forma di inoltro degli articoli sono evidenti. Il problema del controllo degli accessi a questi servizi è risolto da "xxx", dal CERN e da altre istituzioni grazie a meccanismi di registrazione e di identificazione tramite password. Un esempio importante di periodico elettronico che ha automatizzato quasi interamente le operazioni di invio, comunicazione tra autori e peer reviewers, pubblicazione e archiviazione è "Journal of High Energy Physics"[5], in cui l’editore tradizionale (la Società Italiana di Fisica) è presente solo come produttore della copia cartacea per l’archiviazione.
  4. Una crescente, ma ancora problematica, integrazione tra documenti e dati eterogenei, fonti primarie e secondarie dell’informazione, che concorrono a creare un modello di biblioteca "ibrida", in cui gli steccati tra tipologie di documenti, differenti tra loro per natura e struttura, non sono più accettabili. Sorge di conseguenza il bisogno di strumenti di reperimento dell'informazione adeguati alla natura eterogenea della collezione di una biblioteca ed alle esigenze dell’utente, che chiede di poter sfruttare un numero sempre maggiore di risorse complesse utilizzando un numero minore (tendente a uno) e di strumenti di utilizzo sempre più semplice.
  5. A questo proposito occorre osservare che un numero crescente di periodici elettronici include, nelle referenze poste in calce agli articoli, legami ipertestuali verso il testo pieno dei preprints sottomessi a Los Alamos. Stabilire il legame in senso inverso è invece un problema che ha trovato soluzioni differenti: "xxx", ad esempio, fornisce indicazioni sull’avvenuta pubblicazione di un paper nel caso in cui l’autore comunichi questo dato, ma non crea un legame che conduca alla versione pubblicata. Sono le biblioteche – per ora – a farsi carico di creare questi legami, talvolta soccorse, talvolta involontariamente ostacolate dagli editori.

    Un esempio di interazione tra editori "classici" e l’archivio "xxx" è quello fornito dai rapporti di collaborazione intercorrenti tra l’American Physical Society e l’archivio di e-prints, che fanno sì che sia possibile sottomettere un preprint alle riviste dell’APS a partire dal sito "xxx.lanl.gov".


  6. Una tendenza verso la standardizzazione del formato dei testi. In questo contesto, gli editori tradizionali e non hanno scelto PostScript e PDF come standards "di fatto".
  7. Il problema della scelta del formato di visualizzazione dei testi elettronici è solo apparentemente secondario. In questo caso, parafrasando McLuhan, si può dire che il "formato è il messaggio". Un esempio interessante ci viene dai periodici matematici (ma il discorso vale anche per i periodici di fisica), dove è forte l’attrito tra il sistema di notazioni che è necessario visualizzare e i mezzi a disposizione per ottenerlo.

    L’HTML è indubbiamente un punto di riferimento per quel che riguarda i formati per l’editoria elettronica, ma ha alcuni svantaggi, tra cui quello di non garantire la medesima resa grafica se si utilizzano browser differenti. Inoltre, i simboli non disponibili in HTML devono essere ottenuti mediante l’inserimento di immagini in formato ".gif", che devono essere "linkate" al testo stesso, creando problemi di visualizzazione nel caso si intenda scaricare l’articolo. C’è un’evidente necessità di utilizzare linguaggi più adatti alla natura del "messaggio" (ad esempio LaTeX), che possano eventualmente essere tradotti in HTML in un secondo tempo.

    Il formato PDF ha quelle caratteristiche di "portabilità" che HTML non ha, e può inoltre contenere legami ipertestuali, benché questa operazione sia alquanto complessa; si può ovviare a questo problema creando i legami in un’altra versione del testo e poi convertendola in PDF.

    Il PDF garantisce infine la massima fedeltà all’aspetto della copia cartacea di un periodico, sia a video, sia nella stampa.

    Per quel che riguarda le scelte fatte da "xxx" in termini di formato dei papers, si può notare che i formati raccomandati sono TeX, LaTeX, AMS-TeX e AMS-LaTeX; in alternativa a questi si può scegliere HTML + GIF.

    Le ragioni di questa preferenza consistono nel fatto che TeX


  8. La crescente importanza attribuita ai metadata. E’ in atto uno sviluppo, nell’ambito dello XML, di una serie di linguaggi "settoriali", tra i quali MathML [6], che consentirebbe di ovviare alle insufficienze dell’HTML come linguaggio per la creazione di ipertesti in ambito matematico e fisico. Si prevede di generare testi in MathML a partire da LaTeX. Già si progetta un Chemical Markup Language (CML) [6], che dovrà rendere graficamente la struttura molecolare di un composto, ed è già realtà il Biosequence ML (BSML) [6], che ha lo scopo di visualizzare in modo graficamente efficace le sequenze genomiche. La definizione di linguaggi sempre più aderenti alla specificità dei contenuti da trasmettere non è in contraddizione, ma anzi si armonizza bene con il concetto ispiratore di XML, un linguaggio che può essere applicato ad ogni tipo di informazione strutturata.

Il ruolo del bibliotecario

Organizzazione, selezione e catalogazione di risorse elettroniche: l’esempio della "Edinburgh Engineering Virtual Library"

L’esperienza della EEVL (Edinburgh Engineering Virtual Library) [7,8] è estremamente interessante e si presta a considerazioni generali sul problema dell’organizzazione dell’accesso alle risorse elettroniche.

EEVL è un progetto finanziato dal Joint Information Systems Committee (JISC) nel quadro dell’Electronic Libraries Programme (Elib) ed è stato avviato nel 1995. EEVL è uno dei numerosi Subject Based Information Gateways (SBIG) creati nell’ambito di Elib.

Il "cuore" di EEVL è costituito da un "Development Team", in rappresentanza dei partners del progetto (Università di Edinburgo, Napier University, Università di Cambridge, Imperial College, Nottingham Trent University, IEE, e la Heriot-Watt University Library con funzioni di leader). L’Institute for Computer-Based Learning (ICBL) fornisce il supporto informatico.

Il "Development Team" prende decisioni in materia di sviluppo della collezione, strutturazione del database e delle pagine Web, catalogazione e classificazione. E’ inoltre responsabile della promozione del servizio stesso.

Selezione.

I membri del team raccolgono e descrivono le risorse, inserendo i metadata che ne consentono l’identificazione e il recupero. Ogni membro è responsabile di un’area tematica. Ai fini della "scoperta" e della selezione delle risorse, il team è affiancato da una rete di volontari (Trusted Information Providers, TIPs).

Lo scopo è evidentemente quello di scegliere risorse di qualità, ma definire questo concetto non è semplice, perciò il team ha delineato una politica precisa di "acquisizione", che tende a escludere siti a contenuto esclusivamente promozionale o scarsamente tecnico, in base ad un’analisi dei bisogni informativi della comunità di studiosi che si intende servire.

Un giudizio di valore viene incluso in ogni record, in base al quale una risorsa viene inclusa o no nel database. Questo dato non è reso visibile all’utente.

Catalogazione e classificazione.

I metadata concernenti le risorse elettroniche, organizzati in records bibliografici, concorrono a formare un database. Il record consta di 22 "attributi" (titolo, parole chiave, descrizione, classificazione, tipo di risorsa, URL, ecc.). Questi "attributi" sono utilizzati ai fini dell’organizzazione dei links sulle pagine di EEVL (e quindi consentono il browsing) e della ricerca.

Il modello adottato per la creazione dei metadata di EEVL è stato delineato prima che i "Dublin Core metadata" [9] si imponessero come standard per la descrizione e l’identificazione delle risorse elettroniche. I "Dublin Core metadata" sono stati aggiunti nella pagine del sito di EEVL, ma EEVL non ha ritenuto di dover modificare la struttura del record del suo database per uniformarla a quella dei "Dublin Core metadata".

Lo schema di classificazione di EEVL è basato su quello prodotto da Engineering Information Inc. per il database Compendex – Engineering Index, con alcuni adattamenti, per renderlo adeguato all’eterogeneità dell’informazione che può essere reperita su Internet. La scelta di questo schema di classificazione è stata determinata dalla sua flessibilità e dal fatto che è noto alla maggior parte degli ingegneri. E’ allo studio il progetto di inserire termini del thesaurus di Ei nei records di EEVL.

Altri servizi.

Il sito di EEVL ospita tra l’altro lo "UK Engineering Search Engine", che indicizza ogni parola sulle pagine Web dei siti catalogati nel database di EEVL (fino a un massimo di 250 pagine per sito) e permette quindi un tipo di ricerca

che si colloca a metà tra quella del motore di ricerca tradizionale e quella del database di risorse selezionate in base a criteri di qualità.

Infine, per quel che riguarda la promozione del servizio, sono stati diffusi messaggi su liste di discussione specifiche e comunicati stampa sono stati pubblicati in periodici di soggetto ingegneristico. EEVL ha organizzato un programma di presentazioni del servizio in varie Università del Regno Unito.

Il servizio di reference nella biblioteca digitale

La lista di discussione dei bibliotecari di reference, LIBREF-L [10], ha ospitato recentemente un thread a proposito del fenomeno del calo dell’utilizzo del servizio di reference e di un calo dell’utilizzo "in loco" dei servizi della biblioteca stessa, rilevato dalle statistiche prodotte da alcune biblioteche universitarie e di ricerca americane.

A questo fenomeno ha indubbiamente contribuito l’esistenza di banche dati liberamente disponibili agli utenti finali, con interfacce che semplificano notevolmente l’interrogazione.

Inoltre, l’accessibilità di periodici elettronici e di archivi di preprints elettronici ha ridotto ulteriormente la necessità dell’utente di utilizzare la biblioteca per reperire i documenti.

Alcuni degli intervenuti sottolineavano tuttavia la difficoltà di rilevare esattamente il numero di transazioni effettuate, poiché molte di queste sono frammentate in una serie di interventi effettuati in più tempi e utilizzando fonti diverse, gratuite o a titolo oneroso.

Nell’ambito della discussione su LIBREF-L, altri suggerivano che le rilevazioni dell’utilizzo delle pagine Web della biblioteca dovrebbero in qualche modo contribuire alle statistiche sull’utilizzo del servizio di reference, perché molte delle informazioni trasmesse in passato dal bibliotecario vengono ora reperite dall’utente senza ricorrere ad intermediari. Il bibliotecario di reference quindi svolge il proprio lavoro anche facendo il webmaster.

Un altro aspetto che caratterizza il servizio di reference è costituito dal fatto che le domande poste dall’utente sono sempre più spesso il risultato di ricerche bibliografiche condotte autonomamente, e che occorre sovente "ricostruire" il cammino percorso dall’utente per essere in grado di rispondere efficacemente. Questa operazione è complessa, e rivela sovente scarsa consapevolezza da parte dell’utente del procedimento intellettuale che dovrebbe condurlo ad individuare l’informazione cercata. Inoltre, è in questo caso che il bibliotecario ha la percezione della necessità non solo dell’addestramento dell’utente all’utilizzo degli strumenti di ricerca che vengono messi a disposizione, ma anche dell’informazione sulle caratteristiche e le potenzialità (e soprattutto i limiti) degli strumenti stessi.

In un contesto che vede un crescente utilizzo dei servizi della biblioteca da parte di utenti remoti, il servizio di reference si trova a dover predisporre strategie e strumenti nuovi, poiché anche nella biblioteca digitale i servizi – quale quello di reference – sono importanti quanto le risorse. Infatti, una biblioteca digitale fatta solo di risorse equivarrebbe un puro e semplice "magazzino", per quanto ben fornito e organizzato.

I principali strumenti per il reference nella biblioteca elettronica sono:

I formulari sul WWW e l’email

Statistiche raccolte a cavallo del 1998 e il 1999 da Bernie Sloan (Università dell’Illinois a Urbana-Champaign) su un campione di 18 tra biblioteche pubbliche e universitarie statunitensi, rivelano che il servizio di reference via email riscuote scarso successo. I dati, raccolti nell’arco di circa 30 mesi, indicano che in 11 casi su 18, il servizio di reference riceve meno di un email al giorno in media. Il numero delle transazioni via email costituisce meno dell’uno per cento del totale. [11]

Questi risultati, che derivano da un’analisi condotta su un campione limitato di biblioteche, hanno tuttavia trovato conferma nell’esperienza di tutti i partecipanti alla discussione che ha avuto luogo sulla lista di discussione dei bibliotecari di reference, LIBREF-L.

I motivi dell’insuccesso possono essere sintetizzati così:

Per concludere, si può osservare che i due strumenti messi a disposizione del lettore (indirizzo email cui rivolgere questioni di reference e formulario Web) hanno delle analogie nel funzionamento da un punto di vista tecnico. Tuttavia, se si costruisce un formulario Web articolato in

L’utente sarà "costretto" ad uno sforzo di definizione delle sue esigenze che potrà almeno parzialmente riprodurre la situazione dell’intervista di reference, e dare un contributo più utile e articolato al lavoro del bibliotecario. L’email evidentemente non "guida" l’utente in alcun modo.

Il Virtual reference.

Sono già operativi sistemi che permettono di offrire un servizio di reference a utenti remoti "in tempo reale", in videoconferenza o tramite chat lines, tuttavia i dati a disposizione sul loro utilizzo e sulla risposta dell’utenza sono ancora troppo scarsi e non consentono per ora di trarre conclusioni.

Un capitolo a parte meritano i cosiddetti "virtual reference desk", che si configurano per lo più come elenchi di risorse raggruppate per soggetto, completati talvolta da un meccanismo di ricerca che opera su un set di siti selezionati e da un link che permette di sottoporre questioni al bibliotecario di reference.

Un’altra funzione del "virtual reference desk" è quella, sempre più importante, di fornire un servizio di supporto all’insegnamento a distanza.

Gli strumenti del servizio di reference subiscono trasformazioni, che risentono della diffusione delle nuove tecnologie: le bibliografie a stampa scompaiono gradualmente dalle biblioteche scientifico-tecniche, rapidamente rimpiazzate da database in linea e su CD-ROM. Solo le collezioni a stampa pubblicate in un arco temporale non coperto dalle banche dati conservano un ruolo rilevante in queste biblioteche.

Molto più difficile è rimpiazzare del tutto le opere di consultazione in forma cartacea (enciclopedie, dizionari e simili) con il loro corrispondente elettronico. I libri elettronici soffrono di difetti strutturali, che li rendono ancora poco appetibili. Esistono tuttavia esperienze interessanti in questo campo, ad esempio quella dell’"Encyclopaedia Britannica online" [12], che tra l’altro offre un meccanismo di ricerca il quale permette l’impiego del linguaggio naturale.

Un’esigenza fondamentale avvertita dall’utente dell’informazione elettronica è quella del browsing, una funzione da realizzare in un "ambiente" che simuli la situazione del lettore di fronte all’opera su carta. Si tratta di un problema che non ha trovato ancora una soluzione soddisfacente.

Bibliografia

[1] "arXiv.org e-Print archive" http://xxx.lanl.gov (visto 15.5.1999)

[2] Archivio di SLAPAM-L http://listserv.nd.edu/archives/pamnet.html (visto 15.5.1999)

[3] Gregory K. Youngen. Citation Patterns to Traditional and Electronic Preprints in the Published Literature. <<College & Research Libraries>>, 59 (1998), n. 5, p. 448-456.

[4] Il servizio che consente l’inoltro di e-prints al CERN Document Server si trova all’URL http://preprints.cern.ch/cgi-bin/newsub/submit.pl (visto 15.5.1999)

[5] Journal of High Energy Physics http://jhep.cern.ch (visto 15.5.1999)

[6] Per informazioni su MathML, si veda il sito http://www.w3.org/Math (visto 15.5.1999)

A proposito di Chemical Markup Language (CML), si veda http://www.xml-cml.org/design.html (visto 15.5.1999)

Informazioni sul Biosequence ML si trovano presso il sito della Visual Genomics, Inc. http://www.visualgenomics.com/bsml/index.html (visto 15.5.1999)

[7] Il sito della EEVL si trova all’URL http://www.eevl.ac.uk (visto 15.5.1999)

[8] Roddy MacLeod, Linda Kerr, Agnès Guyon. The EEVL Approach to Providing a Subject Based Information Gateway for Engineers. <<Program>>, 32 (1998), n. 3, p. 205-223

[9] Per informazioni sulla "Dublin Core Metadata Inititiave", si veda l’URL http://purl.org/dc/ (visto 15.5.1999)

[10] Archivio di LIBREF-L http://listserv.kent.edu/archives/libref-l.html (visto 15.5.1999)

[11] Il thread "Why don't people use e-mail reference?" si trova all’URL http://listserv.kent.edu/scripts/wa.exe?A1=ind9901d&L=libref-l#47 (visto 15.5.1999)

[12] Il sito della "Encyclopaedia Britannica online" si trova all’URL http://www.eb.co.uk:180/ (visto 15.5.1999) (password d’accesso necessaria)


Copyright AIB 1999-05-18 a cura di Susanna Giaccai

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