AIB. Gruppo di studio sulle pubblicazioni ufficiali | |
1. Bisogni informativi
Una parte non secondaria del nostro lavoro di mediatori fra l'utenza e la documentazione normativa consiste nella traduzione in termini documentari delle richieste che ci vengono poste. A livello minimo, l'utente tende a chiedere la Gazzetta ufficiale: vedremo poi se ha torto o ragione a porre la richiesta in questi termini, ma intanto vorrei proporre uno schema di "traduzione", in sostanza uno schema di analisi dei bisogni informativi che può costituire anche una guida per la selezione/integrazione delle fonti in un contesto multiforme (sia a livello istituzionale che di mercato) e caratterizzato da notevoli sovrapposizioni.
Le diverse categorie di utenza, ma anche lo stesso utente a diversi livelli e in diversi momenti della sua indagine, hanno bisogno di: 1) individuare le norme rilevanti per la propria indagine, 2) disporre dei testi delle leggi, 3) ricostruire il testo vigente della legislazione ad una certa data.
A riscontro di questa analisi, si individuano risorse elettroniche che contengono meri riferimenti legislativi (che, se supportate da una adeguata indicizzazione semantica, possono essere sufficienti a rispondere al primo tipo di esigenza), fonti a testo completo, talvolta arricchite da un apparato di riferimenti incrociati che facilitano la comprensione della situazione vigente, e infine fonti elettroniche caratterizzate da un maggiore o minore intervento editoriale sui testi volto ad estrapolare la situazione normativa vigente dal groviglio delle modifiche, delle abrogazioni e di tutti i mutamenti diacronici della legislazione.
Rispetto a questa tipologia, è però necessario osservare alcune cautele nella valutazione delle risorse, osservando ad esempio la loro copertura. Mi riferisco ovviamente in primo luogo alla copertura temporale, infatti perché sia certa la rilevanza e l'esaustività di un risultato è necessario che la fonte contenga un intero complesso legislativo e non, come spesso accade, la sola legislazione più recente.
Ma è fondamentale anche prestare attenzione alla copertura tipologica: la normativa rilevante può non essere semplicemente quella statale. Si tocca qui il noto problema della normativa "grigia", che può essere la normativa regolamentare, la prassi amministrativa, certi allegati ai provvedimenti, la normativa regionale, locale, delle autorità indipendenti, eccetera. Ma anche senza addentrarsi troppo nella giungla delle potestà normative, basterà notare che la stessa codicistica non è generalmente integrata nelle raccolte elettroniche generali di legislazione. E' interessante rilevare che da questo punto di vista gli stessi comuni repertori generali su CD-ROM possono risultare più esaustivi di banche dati full-text più evolute.
Quanto agli archivi elettronici di testi completi, va notato che la loro utilità non è limitata all'aspetto puramente conservativo di materiale altrimenti ingombrante, ma consiste piuttosto in una accentuazione della ricercabilità delle norme, consentendo di isolare all'interno dell'articolato di legge argomenti altrimenti non attribuibili al significato complessivo di un provvedimento.
Nella valutazione delle risorse elettroniche che propongono il testo vigente della legislazione, bisogna tenere presente il delicato rapporto dialettico che intercorre tra l'autorevolezza e il coordinamento dei testi. L'interpretazione dell'efficacia abrogativa o modificativa delle norme non è sempre univoca e spesso l'indagine dello studioso o del professionista non è rivolta alla ricostruzione del testo vigente attualmente, ma ad una certa data trascorsa. Per questi motivi alcune basi di dati propongono una serie di rinvii che legano fra loro i provvedimenti, ma non intervengono sui testi, preferendo consentire all'utente un autonomo coordinamento a partire da testi garantiti e ufficiali. Del resto, anche fra gli strumenti elettronici caratterizzati da un massiccio intervento editoriale di coordinamento, è utile notare la differenza tra i rinvii reciproci esplicitamente presentati nei provvedimenti e quelli impliciti o supposti dai curatori, nonché tra quelli che direttamente incidono su altre leggi (ad esempio modificandole, abrogandole o convertendole) e quelli che indicano una generica correlazione fra le norme.
Come si vede, da queste considerazioni emergono alcuni criteri generali di valutazione delle fonti elettroniche di documentazione normativa: 1) l'affidabilità/ufficialità dei testi; 2) la copertura cronologica e tipologica delle basi di dati; 3) la ricercabilità delle norme, che investe la qualità dei sistemi di information retrieval e dell'indicizzazione, e infine 4) il delicato problema della rappresentazione elettronica dei testi normativi. Vorrei soffermarmi in particolare sui punti 3 e 4, intimamente correlati fra loro e qui schematizzati solo per utilità espositiva.
2.1. Ricercabilità delle norme: information retrieval e indicizzazione
A proposito di ricercabilità è utile considerare distintamente la funzionalità dei singoli sistemi di information retrieval (IR) impiegati in banche dati strutturate, e le problematiche relative agli strumenti di network information retrieval (NIR) disponibili per il recupero della documentazione in Internet.
Quanto alla prima questione (IR), non si può non prendere come caso di studio il sistema di ricerca delle banche dati della Corte di Cassazione. E' necessario soffermarsi su Italgiure-Find perché ancora oggi capita di leggere dichiarazioni di incondizionato elogio per questo sistema, mentre credo che non siamo in pochi a condividere un'opinione nettamente contraria. E' quindi da scongiurare l'eventualità che nel futuro della documentazione giuridica italiana, un futuro che si preannuncia ricco di novità, questo sistema possa fungere da modello.
Non è certo questa la sede per analizzare in dettaglio le carenze di questo linguaggio di interrogazione. Ma mi sembra utile elencarne alcune particolarmente macroscopiche: i colleghi più navigati (e per esserlo bastano pochi anni, a questo ritmo tecnologico ed editoriale) potranno confrontarle non già con le caratteristiche degli attuali evoluti software di ricerca disponibili per banche dati in linea o su CD-ROM, ma anche con sistemi ormai datati come il linguaggio Dialog di una decina di anni fa o lo stesso Stairs impiegato nelle banche dati parlamentari ancora accessibili in modalità TN3270.
L'astrusità della sintassi dei comandi di Italgiure-Find è una caratteristica immediatamente evidente e frequentemente discussa. E' interessante notare che la stessa interfaccia EasyFind fornisce solo un rimedio parziale al problema, attirandosi critiche puntuali anche da un appassionato sostenitore di questo sistema informativo come Maurizio Barbarisi [5]. Per parte mia, vorrei notare un particolare minore ma significativo: a mio avviso una delle complicazioni non necessarie di Italgiure-Find consiste nella proliferazione incontrollata di comandi diversi (tutti in sigla) per compiere ogni operazione. Ebbene: l'interfaccia semplificata pretende dall'utente una sottile discriminazione, prevedendo l'uso del comando INVIA per iniziare una ricerca "monodato" e del comando COMPONI nel caso che la ricerca sia basata su una qualsiasi combinazione booleana di criteri.
Quanto alla ricerca per parole, va notato che essa non è esercitata su tutti i termini effettivamente presenti nei documenti, magari con la consueta esclusione di una lista di stopwords, ma è filtrata da un thesaurus alimentato manualmente che contiene le variazioni morfologiche delle parole. Questo escamotage risponde all'intento di facilitare l'utente finale (il CED della Cassazione non prende generalmente in considerazione il fatto che gran parte dei suoi utenti siano degli intermediari) non avvezzo a considerare le varianti grammaticali. Di fatto, questo meccanismo impone all'utente di porre i termini della ricerca sempre al singolare maschile o all'infinito, nel caso di voci verbali, e di ottenere comunque in risposta anche documenti contenenti termini non richiesti.
Italgiure-Find non prevede la possibilità di qualificare i termini in base ai campi in cui sono contenuti: in sostanza non è quasi mai possibile limitare la ricerca ai soli termini presenti in posizione preminente, ad esempio nei titoli, nelle voci dello schema di classificazione, eccetera.
Italgiure-Find non consente l'uso di operatori posizionali (adiacenza, prossimità, eccetera): questa carenza è particolarmente grave quando si effettuino ricerche su basi di dati full-text come quelle legislative. Al posto degli operatori posizionali, il sistema prevede ancora una volta uno strumento costruito manualmente: un thesaurus di "sintagmi" (di solo due termini). Ciò ovviamente preclude l'impostazione di strategie basate su elementi fraseologici o comunque su una distribuzione più articolata delle parole in un contesto discorsivo complesso, mentre l'eventuale assenza dal thesaurus del "sintagma" utilizzato nella ricerca, provoca fatalmente la combinazione in AND dei due termini.
In complesso, si tratta a mio avviso di un sistema di interrogazione caratterizzato da una eccessiva innaturalezza di linguaggio che provoca massicci effetti di rumore e alternativamente di silenzio.
In realtà le singolarità di questo linguaggio (le cui caratteristiche non sono confrontabili con nessun sistema di ricerca in uso nel mercato delle banche dati) sono nate dal tentativo di risolvere, con metodi che forse qualche decennio fa potevano essere all'avanguardia, alcuni arcinoti problemi semantici e documentari connessi a qualsiasi sistema di ricerca basato sulla logica booleana.
E in effetti negli studi di informatica giuridica è sempre stata molto forte, e giustamente, la consapevolezza delle ambiguità legate al recupero informativo in archivi elettronici testuali. Di qui il forte interesse manifestato dalla dottrina per i temi dell'intelligenza artificiale e dei sistemi esperti. Paradossalmente, la vivacità e profondità di questi studi teorici ha avuto un effetto controproducente sul piano delle realizzazioni pratiche. L'adozione di soluzioni così macchinose ha privato fin qui la documentazione giuridica nazionale di banche dati "normali" e rende ora più difficile il rientro nell'orbita degli standard più diffusi, che a questo stadio dell'evoluzione tecnologica potrebbero invece fornire risposte più credibili a quegli stessi problemi logici, linguistici e documentari che si era tentato di risolvere con un'originalità fin troppo eccentrica.
Oltre che di questo scarto fra teoria e pratica, mi sembra che l'informatica giuridica documentaria abbia sofferto di un eccessivo isolamento culturale che spesso ha portato gli studiosi a sovradimensionare la specificità del proprio oggetto di studio. Non sembrano infatti condivisibili le ripetute affermazioni che assegnano al diritto il primato della irriducibilità alla logica informatica. E' ben vero che la complessità linguistica e documentaria del ragionamento giuridico rende drammaticamente difficile la rappresentazione elettronica dei suoi meccanismi, ma la stessa constatazione può essere applicata ad ogni disciplina umanistica che abbia qualche secolo di vita: basti pensare alla complessità e alle ambiguità connesse alla gestione elettronica del linguaggio e della documentazione di ambito filosofico o letterario.
E' appena il caso di ricordare che la ricercabilità delle norme presuppone non solo una adeguata strumentazione tecnologica, ma anche un solido quadro classificatorio o comunque di indicizzazione semantica, tanto più nel contesto attuale di diffusione di risorse elettroniche a carattere legislativo in Internet, che spesso corrispondono all'idea ingenua secondo la quale la possibilità di ricercare direttamente tutte le parole contenute nei testi normativi sia di per sé un potente mezzo di indagine.
Da questo punto di vista, mi sembra che l'esperienza più interessante condotta in Italia sia quella di Teseo [39], un thesaurus elaborato nell'ambito del sistema informativo del Senato, basato sulla Classificazione Decimale Universale. E' interessante notare che questo vocabolario strutturato è stato specificamente pensato per la documentazione normativa e viene applicato non solo in maniera sintetica ai provvedimenti o ai disegni di legge, ma anche analiticamente ai singoli articoli. Si tratta di un dispositivo metainformativo che a mio avviso potrebbe candidarsi a diventare uno standard nazionale nel contesto delle molteplici e scoordinate attività di documentazione di fonte pubblica in Internet: una sorta di Dublin Core per la legislazione italiana in rete.
2.2. Ricercabilità delle norme: network information retrieval
Seguendo l'accennata distinzione concettuale tra i sistemi di ricerca documentaria in insiemi strutturati (Information Retrieval) e gli strumenti impiegati per il recupero informativo nel contesto multiforme e mutevole della rete (Network Information Retrieval), esaminiamo ora questi ultimi.
Il problema della ricerca e selezione delle informazioni in rete è universalmente noto e coinvolge trasversalmente i vari ambiti disciplinari e i vari livelli intellettuali di fruizione di Internet. Ad un problema così intensamente vissuto da milioni di utenti si tenta di fornire soluzioni basate su modelli concettuali e tecnologici differenziati: i motori di ricerca, le guide e gli indici per soggetto, classificati o comunque sistematizzati, le recensioni di siti, i metamotori di ricerca, eccetera.
Anche nello specifico ambito della documentazione normativa, la repentina espansione del ciberspazio giuridico italiano rende necessario il ricorso a strumenti NIR che consentano di orientarsi nella giungla delle risorse, pubbliche e private, gratuite e a pagamento, che sono apparse nel corso degli ultimi due anni in Internet. Vorrei proporre alcuni casi di studio dell'applicazione di quei modelli concettuali e tecnologici all'ambito normativo.
Il primo esempio è Cicerone [17, 11], presente nel sito della rivista elettronica "Diritto & diritti". A prima vista sembrerebbe trattarsi di uno di quei particolari motori di ricerca che consentono di condurre indagini documentarie non già nel complesso della rete, ma solo in uno specifico ambito disciplinare. In realtà, come la stessa nota dei curatori spiega esplicitamente, Cicerone è semplicemente un'interfaccia che facilita l'elaborazione di stringhe di ricerca ben calibrate per la ricerca di testi legislativi. Tali stringhe di ricerca vengono poi proposte, a scelta dell'utente, a Hotbot, che è considerato il motore di ricerca dotato della maggiore copertura percentuale rispetto alla totalità del WWW, oppure a Metacrawler, un metamotore che a sua volta ripropone sequenzialmente il medesimo quesito ad altri motori di ricerca.
L'impressione che le ricerche condotte da Cicerone siano esercitate in un'area limitata è quindi smentita: al contrario l'area di intervento è decisamente espansa e coinvolge i maggiori fra i motori di ricerca generali e multidisciplinari.
Al di là degli evidenti rischi di rumore e di recupero di documentazione inaffidabile, Cicerone può rappresentare per l'utente finale in casi d'emergenza una alternativa alla Gazzetta ufficiale cartacea o a pubblicazioni ancor più difficilmente accessibili. Ma bibliotecari e documentalisti, che generalmente possono disporre di fonti accreditate per il semplice accesso alle leggi, non troveranno grande utilità nell'uso di questa interfaccia che presuppone la conoscenza degli estremi del testo legislativo desiderato, non consente ricerche per argomento e non può garantire la credibilità della documentazione reperita.
Del tutto diverso il modello concettuale de La documentazione di fonte pubblica in rete [55], curata da Fernando Venturini e pubblicata nel sito AIB-WEB, che si presenta come una guida a risorse Internet selezionate in base all'ambito disciplinare e al tipo di documentazione che rendono disponibile. La guida fornisce delle recensioni, anche a carattere valutativo, ed è costruita sulla base di una selezione operata principalmente da bibliotecari e documentalisti. Le varie sezioni sono presentate nella forma di un elenco bibliografico e, sebbene dietro le quinte esista una banca dati di lavoro, all'utente non viene proposto l'uso di un motore di ricerca. Potremmo definirla una webografia ragionata della documentazione di fonte pubblica, particolarmente utile nel lavoro dei bibliotecari e dei documentalisti chiamati a predisporre selezioni e integrazioni di fonti da utilizzare nei servizi di documentazione legislativa.
Caso analogo, e altrettanto utile strumento di lavoro, è Diritto Italia. Banca dati dei riferimenti ai materiali d'interesse giuridico e amministrativo in rete [34], a cura dell'IDG/CNR. Questo strumento di consultazione si distingue dal precedente per vari aspetti, come la tipologia documentaria coperta e i criteri di selezione, ma qui interessa principalmente notare che Diritto Italia è una vera e propria banca dati e quindi si caratterizza per la presenza di un motore di ricerca interno e la presentazione delle informazioni in forma strutturata. L'analogia con il caso precedente consiste invece principalmente nel fatto che anche questo repertorio deriva da un lavoro di catalogazione e di selezione di tipo bibliografico.
Complessivamente, le differenze fondamentali fra queste risorse investono l'oggetto del recupero informativo e la modalità di generazione della banca dati.
Quanto al primo aspetto: mentre Cicerone recupera documenti primari, cioè testi legislativi, i due repertori selettivi forniscono principalmente informazioni a carattere secondario, relative cioè ai siti che a loro volta contengono documentazione normativa.
A proposito della generazione del database, va notato che Cicerone, che in quanto interfaccia non ha un patrimonio informativo proprio, si appoggia a basi di dati robot generated, costruite cioè (come la maggior parte dei motori di ricerca) da agenti software che automaticamente percorrono la rete e indicizzano i documenti sulla base di determinati algoritmi. Al contrario, AIB-WEB e IDG/CNR propongono degli intellectual indexes, cioè degli archivi alimentati da specialisti o bibliotecari: si basano quindi su banche dati human generated.
Esistono anche modelli intermedi di network information retrieval, che in qualche modo conciliano queste due antinomie. Fra questi, trovo particolarmente interessanti i LASE (Limited Area Search Engines), motori di ricerca costruiti da agenti software istruiti a percorrere ed indicizzare non già porzioni quanto più vaste ed indistinte della rete, ma solo determinati settori disciplinari. Di qui la definizione di questi robot come targeted web spiders.
Argos. Limited area search of ancient and medieval Internet [6, 7] è un esempio di LASE particolarmente interessante per il suo modello organizzativo e anche perché ha fornito lo spunto tecnologico e concettuale per alcune realizzazioni analoghe in campo giuridico: Project DIAL [3, 28] e JURIST [30].
Il modello si caratterizza come una proficua interazione tra la tecnologia dei motori di ricerca ed un metodo tipicamente accademico di peer-reviewing. Argos infatti è un'associazione di siti accomunati dalla specificità disciplinare, alla quale possono aderire quegli istituti che accettano di condividere determinati standard qualitativi e formali per la pubblicazione in rete di documenti e informazioni. Gli standard sono elaborati e sviluppati da specialisti della disciplina e bibliotecari, che in questo modo certificano la qualità della documentazione fornita dai siti associati. Lo spider viene poi istruito a percorrere ed indicizzare solo i siti certificati, riuscendo così a realizzare un database costruito automaticamente ma caratterizzato da una certa omogeneità qualitativa e formale. Questo consente anche l'impostazione di algoritmi piuttosto efficaci per garantire il grado di richiamo e di precisione dei risultati delle ricerche e minimizza i consueti problemi di volatilità e fossilizzazione dei links. In sostanza: il risultato di questo modello organizzativo è un database che reperisce documenti primari e che, pur essendo robot generated, è costruito sulla base di precisi criteri documentari definiti intellettualmente.
3. Rappresentazione elettronica dei testi normativi
Come accennato sopra, agli innegabili vantaggi derivanti dalla possibilità di interrogare basi di dati legislative a testo completo, si accompagnano delle ambiguità che suggeriscono di mettere a fuoco alcuni elementi critici.
In primo luogo, volendo concentrare la nostra attenzione sui bisogni informativi dell'utente, dobbiamo constatare che essenzialmente l'oggetto del suo interesse non è costituito dalle leggi in quanto tali, ma piuttosto dalle norme. Si tratta certo di un concetto da analizzare filosoficamente più che tecnicamente, tuttavia le concrete esigenze informative ci impongono anche di definire con una discreta approssimazione la misura e le caratteristiche di un'unità documentaria che si avvicini alla dimensione della norma: assumendo che questa non possa identificarsi con un intero provvedimento legislativo (che fra l'altro si caratterizza spesso per una interna eterogeneità di argomenti), si può definire come oggetto dell'information retrieval l'articolo, o forse il comma. La definizione dell'unità documentaria specificamente investita dalle ricerche elettroniche è problematica all'interno di banche dati strutturate e a maggior ragione nel contesto destrutturato della documentazione normativa distribuita in rete.
Da questo punto di vista, va sottolineata la fondatezza della scelta del CED della Cassazione, le cui banche dati legislative sono caratterizzate dalla definizione dell'articolo come oggetto basilare del recupero informativo. L'intuizione è giusta, a mio avviso, sebbene le caratteristiche di quell'interfaccia non consentano poi la necessaria agilità nella scomposizione e ricomposizione delle unità testuali reperite.
Quest'ultimo aspetto chiama in causa un altro elemento critico connesso alla digitalizzazione dei testi legislativi: la loro navigabilità. E' in sostanza il problema della rappresentazione elettronica della rete di interrelazioni reciproche che interessano il complesso della legislazione. La ricostruzione del testo vigente è in fondo solo una delle possibili esigenze e modalità di navigazione fra le unità testuali normative.
La questione ha ovviamente a che fare anche con le tecniche legislative, che nel nostro paese non sono state ancora ricondotte ad uno standard unico, applicabile dalle diverse potestà normative. La legistica e la legimatica (che applica strumenti software alla redazione dei testi legislativi) potranno fornire un fondamentale contributo per migliorare la comprensibilità e più in generale la razionalità documentaria delle leggi, affrontando problemi come la scarsa pertinenza dei titoli agli argomenti contenuti nelle leggi, l'ambiguità semantica del linguaggio impiegato, la proliferazione incontrollata di commi all'interno di singoli articoli e l'esplicitazione dei rinvii reciproci ai fini del coordinamento dei testi.
C'è comunque qualcosa nelle caratteristiche stesse di come le leggi sono scritte, anche quando sono scritte male, che ci aiuta nella soluzione dei problemi legati all'individuazione delle unità testuali di base e alla loro navigabilità: la tipica modularità della legge, il fatto cioè che essa sia composta di segmenti di testo combinati e ricombinabili (nelle modifiche, nelle abrogazioni, nei quesiti referendari ) e la sua ipertestualità.
Da tempo, da prima che la diffusione di WWW rivoluzionasse le nostre vite, la dottrina proclama l'insita ipertestualità della legislazione, del "testo vigente" in particolare, o più in generale dello stesso ragionamento giuridico che, nella sua reticolarità, troverebbe nell'ipertesto una più fedele rappresentazione.
Eppure, sembra che a scorrere la letteratura su questi argomenti, quasi mai ci si possa imbattere nella menzione di uno standard ormai comune e addirittura popolare che finalmente consentirebbe di concretizzare questo assunto teorico: HTML.
Certo, forse la digitalizzazione di un insieme di testi tanto complesso come la legislazione, richiederebbe l'applicazione di linguaggi di marcatura più evoluti, e potrebbe essere utile un confronto con le sperimentazioni di SGML che vengono condotte dagli studiosi di letteratura, evidentemente molto interessati a valorizzare la reticolarità dei testi di cui si occupano. Ma già una maggiore concentrazione sulle potenzialità del più comune linguaggio di marcatura, cioè su un terreno più concreto e standardizzato rispetto agli eterogenei e sperimentali sistemi esperti legali, migliorerebbe notevolmente le prestazioni dei vari servizi di documentazione normativa elettronica, fornendo fra l'altro anche una risposta più economica e amichevole alla nota esigenza di recupero elettronico del cosiddetto dato giuridico globale. Questo scaturirebbe dall'intimo legame ipertestuale che può stabilirsi fra legislazione, giurisprudenza e dottrina, mostrando così anche le potenzialità euristiche connesse ad una standardizzazione della pubblicazione di documenti giuridici in rete.
Al contrario, si nota come la maggior parte dei testi legislativi che i più vari soggetti pubblici e privati diffondono in rete conservi un aspetto decisamente "tipografico", con scarsissimi elementi di marcatura ipertestuale e ingombranti trasposizioni a video di caratteristiche proprie del supporto cartaceo.
4. Diritto di accesso alla documentazione normativa
Concludendo, torniamo a riflettere sull'utente che ritiene, forse ingenuamente, che la Gazzetta ufficiale costituisca la fonte fondamentale di soddisfazione dei suoi bisogni informativi. Non si può certo dire che egli abbia torto, e qui ragioniamo anche su come le amministrazioni pubbliche, centrali e periferiche debbano garantire l'accesso ai loro documenti, e massimamente garantire pubblicità alle leggi.
A partire dalla constatazione dei problemi di distribuzione della Gazzetta cartacea e della scarsa consultabilità dei suoi indici, negli ultimi anni si è sviluppato in Italia, particolarmente in alcune riviste giuridiche elettroniche, un dibattito sul rapporto tra il diritto di accesso alla legislazione (e alla giurisprudenza) e Internet.
Si è sottolineato come il compito proprio del legislatore di far conoscere ai cittadini i comandi imperativi contenuti nelle leggi sia particolarmente cruciale in un paese in cui si lamenta la pletoricità della legislazione (200.000 leggi) e la sua confusione. A questo proposito è stata spesso richiamata la pronuncia della Corte costituzionale che ha parzialmente ammesso il principio che in certe condizioni ignorantia legis excusat. Si è in sostanza voluto dimostrare, e credo che i protagonisti di questo dibattito ci siano riusciti, il principio della gratuità dei sistemi informativi pubblici, riferendosi chiaramente in primo luogo alle banche dati del Poligrafico dello Stato e del CED della Cassazione.
In particolare, dall'iniziativa LEGGIGRATIS della rivista giuridica elettronica "Zaleuco" è scaturito un disegno di legge (A.S. 3068) che impone la pubblicazione anche su Internet della Gazzetta ufficiale e delle massime giurisprudenziali redatte dagli appositi uffici del massimario [37, 23].
Non possiamo che rallegrarci della possibilità di un accesso gratuito ai sistemi informativi del Poligrafico e della Cassazione, ma dopo le considerazioni svolte fin qui credo risulti evidente che la gratuità non è condizione sufficiente per l'attuazione di un concreto diritto di accesso alla documentazione normativa da parte dei cittadini e dei professionisti del diritto. Il raggiungimento di questo obiettivo non sarebbe infatti garantito dalla sola liberalizzazione di sistemi che restassero accessibili esclusivamente via Telnet o TN3270 o che proponessero la mera riproduzione a video della Gazzetta ufficiale in quanto tale.
E' auspicabile quindi che i servizi pubblici di documentazione elettronica si orientino (come del resto già hanno iniziato a fare i sistemi informativi parlamentari, senza bisogno di una legge che lo imponesse) verso l'adozione di diversi standard qualitativi relativi all'accesso, alla ricercabilità e alla navigabilità della normativa in rete.
Tali parametri qualitativi, che fin qui ho cercato di mettere in luce con prevalenti riferimenti ai grandi sistemi informativi delle amministrazioni centrali, vanno in realtà verificati complessivamente sulla qualità della presenza in Internet della pubblica amministrazione. Infatti, la proliferazione delle iniziative di informazione e documentazione in rete da parte degli enti locali e di altre amministrazioni periferiche, che vanno ad aggiungersi ai tanti siti privati a carattere più o meno commerciale, provoca effetti di disomogeneità e sovrapposizione di risorse e risulta sostanzialmente antieconomica, oltre a rendere notevolmente problematico l'orientamento dei cittadini e degli stessi professionisti dell'informazione fra le tante risorse disponibili.
E' dunque evidente l'urgenza di un coordinamento delle attività di documentazione elettronica ai vari livelli della pubblica amministrazione. A questo proposito, è frequentemente citato il progetto statunitense Argonaut [46], che intende appunto realizzare un coordinamento dei sistemi informativi pubblici e privati di quel paese in modo da rendere disponibile su Internet con un'unica interfaccia tutta la documentazione giuridica primaria di livello federale. E' interessante notare che il progetto, che dovrebbe portare alla conversione della maggior parte delle basi di dati già esistenti in un formato standard, non prevede l'implementazione di software particolare, ma l'uso dei fondamentali protocolli e dei più comuni programmi usati dalla maggior parte degli utenti Internet in tutto il mondo.
Anche il LASE Argos cui s'è accennato sopra potrebbe a mio avviso essere preso in considerazione come modello di coordinamento e di interfacciamento standardizzato per la pubblicazione e il recupero della documentazione normativa presente nei siti giuridici italiani.
In ogni modo, sembra che ci si possa aspettare una serie di iniziative in questo senso da parte dell'Autorità per l'Informatica nella Pubblica Amministrazione (AIPA), nell'ambito del progetto di Rete Unitaria. In particolare, la riflessione del Gruppo di lavoro su "Internet e la Pubblica Amministrazione", costituito presso l'AIPA, si è concentrata fra l'altro proprio sul tema della "norma in rete", sottolineando molti degli elementi critici che ho voluto esaminare fin qui. Prossimamente il gruppo di lavoro rilascerà delle linee guida per la costruzione di siti Web delle pubbliche amministrazioni, che probabilmente prevederanno sistemi di certificazione dei siti pubblici contenenti norme e di standardizzazione dello stile HTML per i testi legislativi.
Si tratta di notizie consolanti, sulle quali tuttavia possiedo solo informazioni generiche a carattere confidenziale. Infatti inopinatamente non si trova documentazione di pubblico dominio su queste attività, anzi: il sito Internet dell'AIPA non dà conto nemmeno dell'esistenza di questo Gruppo di lavoro. Mi sembra che questa circostanza non sia che un esempio, tutto sommato non dei più gravi, di un più generale atteggiamento di chiusura culturale che a mio avviso caratterizza complessivamente il mondo dell'informatica giuridica pubblica nel nostro paese, tradizionalmente concentrato su riflessioni teoriche e sperimentazioni originali che di rado si aprono al confronto con l'universo esterno delle tecnologie standard, del mercato dell'informazione elettronica e delle diverse applicazioni disciplinari dell'informatica.
Questo generale atteggiamento di chiusura in una nicchia culturale, da cui si distacca solo la felice eccezione dell'Istituto per la Documentazione Giuridica del CNR, è connesso anche con una impostazione poco amichevole dei rapporti con l'utenza dei sistemi informativi elettronici, in particolar modo con la categoria degli utenti intermedi.
A questo proposito vorrei portare ad esempio, fra i tanti possibili, un breve brano tratto da un recente manuale di informatica giuridica: "Le principali tecniche informatiche applicate ai testi giuridici sono: parole-chiave; riassunti o abstracts; thesaurus" [33, 33]. Il corsivo è mio: mi domando se una persona che per mestiere estrae o attribuisce parole chiave finalizzate al recupero documentario, redige abstracts e usa o compila thesauri per l'indicizzazione di testi, sia da qualificare come un informatico. E pensare che il manuale citato è uno dei pochi che opportunamente dedica un breve capitolo alla rassegna delle più importanti classificazioni bibliografiche, come la CDD o la CDU.
In realtà, la forma mentis che si desume da questo brano è ampiamente diffusa negli studi di informatica giuridica che, anche laddove si concentrano sulla parte specificamente documentaria di questa disciplina, continuano a ritenere di muoversi all'incrocio di due soli campi di conoscenze: l'informatica e il diritto.
Mi sembra insomma importante, in questa circostanza, rilevare come l'attività di documentazione elettronica dei soggetti del mondo giudiziario, e l'apparato dottrinario che gli è cresciuto attorno, abbiano continuato per anni a coltivare una liaison dangereux con la documentazione e la biblioteconomia sostanzialmente ignorando l'esistenza dei bibliotecari, dei documentalisti e degli archivisti.
Al contrario, basta una veloce occhiata ai più importanti sistemi informativi legali pubblici e privati esteri, dai citati JURIST e DIAL fino ai celebri Thomas e Findlaw, per notare come le biblioteche e i bibliotecari siano sempre presenti, a fianco dei giuristi e degli informatici, nell'impostazione e nella gestione dei servizi.
La scoperta dell'esistenza delle professioni documentarie potrebbe quindi costituire un utile contributo per una diversa impostazione stilistica dei siti "ufficiali" in Internet. Infatti la presenza della pubblica amministrazione in rete non si riduce alla comunicazione, al marketing o ad una generica ottemperanza ai principi di trasparenza della L. 241/90, ma consiste anche in una attività di documentazione in senso proprio e quindi non può basarsi esclusivamente sulla tecnologia e sul design.
Bibliografia