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Se la censura entra in biblioteca

Una prestigiosa casa editrice italiana (Einaudi) pubblica un libro di Virginie Despentes intitolato Scopami. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali include questo libro in un elenco di testi consigliati agli adolescenti nell'ambito della campagna contro la droga Il vero sballo è dire no. Una biblioteca comunale collocata all'interno di una scuola acquista il libro. Un'utente della biblioteca, una ragazza di quattordici anni, chiede e ottiene il libro in prestito. La bibliotecaria che ha autorizzato il prestito viene per questo denunciata ai carabinieri e condannata dal giudice per le indagini preliminari al pagamento di una multa ai sensi dell'art. 528 del codice penale: l'opera sarebbe oscena e la bibliotecaria colpevole di averla fatta circolare. La vicenda è cominciata nel 2000 ed è tuttora in corso. L'interessata ha presentato opposizione alla condanna, e tutta la comunità bibliotecaria attende con fiducia l'esito della causa: l'esame attento degli elementi di fatto e di diritto non potrà che portare alla piena assoluzione.

Un episodio simile si era verificato nel 1976, quando una bibliotecaria di Trento fu processata per aver messo a disposizione in biblioteca l'Enciclopedia della vita sessuale Mondadori, destinata a bambini e ragazzi. Il processo suscitò sconcerto e mobilitazione da parte di bibliotecari, intellettuali, cittadini. Alla fine il tribunale assolse la bibliotecaria, "perché il fatto non costituisce reato".

Secondo il codice penale, osceno è ciò che offende il senso del pudore, e non c'è nulla di più vago, ambiguo e controverso del comune senso del pudore. La biblioteca ha certamente il compito di selezionare opere di qualità, che soddisfino i bisogni degli utenti, ma la selezione deve avvenire secondo criteri oggettivi, e non secondo i gusti personali del bibliotecario di turno: a che titolo la biblioteca dovrebbe escludere dalla consultazione un'enciclopedia scientifica o un'opera letteraria inclusa in un programma ministeriale a favore dei minori? Chi ha il potere di censurare?

La censura è una pratica che caratterizza i regimi dittatoriali; il livello di accesso alle informazioni è un indicatore della democrazia. La biblioteca non può e non deve applicare forme di censura. In nessun caso il bibliotecario - secondo il Codice deontologico elaborato dall'Associazione Italiana Biblioteche - potrebbe negare accesso a un libro, salvo che il volume non rechi sulla copertina un formale divieto ai minori o che non sia stato sequestrato dalla magistratura. La professione del bibliotecario consiste proprio nel facilitare l'incontro tra lettori e conoscenza registrata nei documenti, e nel prevenire e rimuovere qualunque ostacolo alla libera fruizione. La dichiarazione sulle biblioteche e sulla libertà intellettuale dell'International Federation of Library Associations and Institutions, l'organizzazione internazionale delle biblioteche e dei bibliotecari, è assai chiara su questo punto: "L'impegno per la libertà intellettuale costituisce una responsabilità primaria per le biblioteche". Ancora più espliciti sono i Manifesti IFLA/UNESCO per le biblioteche pubbliche e per le biblioteche scolastiche nel sostenere che l'accesso ai servizi e alle raccolte non può essere soggetto "ad alcuna forma di censura ideologica, politica o religiosa, o a pressioni commerciali". Nel 1976, Angela Vinay, allora presidente dell'Associazione Italiana Biblioteche, osservò che "il processo di Trento ha portato all'attenzione del paese una categoria di operatori culturali solitamente trascurata, i bibliotecari, per attribuire loro responsabilità assai gravi in ordine alla diffusione di un prodotto culturale qual è un libro. [...] Siamo ben lontani nel nostro paese dall'aver afferrato il rapporto tra biblioteca e democrazia". Trent'anni dopo, le tecnologie innovative hanno aperto infinite possibilità alla libera circolazione dei saperi, l'Italia è nell'Unione Europea e partecipa ai programmi comunitari per l'apprendimento per tutta la vita e per l'economia della conoscenza, eppure il commento rimane tristemente attuale. Se la censura entra in biblioteca, a uscirne svilita non è solo l'istituzione bibliotecaria, ma il profilo democratico del nostro paese nel ventunesimo secolo.

Il Presidente dell'Associazione Italiana Biblioteche
Prof. Mauro Guerrini

Pubblicato anche in AIB notizie, 2005 (17) n. 3/4.
Versione inglese: When censorship gets in libraries.
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