Associazione italiana biblioteche. BollettinoAIB 2004 n. 2 p. 115-131
Appunti per un'ontologia delle biblioteche digitali:
considerazioni sulla Biblioteca digitale italiana
di Claudio Leombroni
1. Premessa
Nelle pagine che seguono esaminerò le caratteristiche salienti delle politiche pubbliche del nostro paese riguardanti le biblioteche digitali. Naturalmente le mie argomentazioni, più politico-istituzionali che tecniche, daranno ampio risalto al progetto di Biblioteca digitale italiana (d'ora in poi anche BDI) promosso dal Ministero per i beni e le attività culturali, ma almeno con pari ampiezza tenteranno di enucleare, anche sulla base del confronto con tale progetto, una sorta di ontologia delle biblioteche digitali. Qui userò il termine ontologia semplicemente per indicare le specificazioni di un determinato ambito concettuale unitamente alle relative relazioni e per definire l'impegno che il linguaggio assume verso quello stesso ambito.1 In concreto dunque cercherò di enumerare e definire un nucleo minimo di oggetti e concetti inclusi nel dominio di interesse delimitato dalle biblioteche digitali, di delineare un possibile accordo (in ontologia lo si definirebbe ontological commitment) su un vocabolario coestensivo con quel dominio. L'impegno ad accordarsi sull'adozione di un vocabolario condiviso è d'altra parte essenziale per tentare di delineare una visione o almeno per immaginare una strategia di lungo periodo per le politiche pubbliche in questo settore.
Tralascerò tuttavia di definire il concetto stesso di biblioteca digitale, comprensivo delle sue varie declinazioni, confidando sul fatto che l'ormai amplissima letteratura professionale sull'argomento ci consenta di convenire almeno sui suoi tratti essenziali. Mi preme invece sottolineare, per le finalità di questo scritto, anzitutto che il concetto di biblioteca digitale è intrinsecamente complesso poiché comprende componenti tecnologiche, gestionali, giuridico-amministrative, organizzative e così via, e secondariamente che esso fa parte di una famiglia di concetti (biblioteca elettronica, biblioteca virtuale, biblioteca multimediale ecc.) formulati nel corso del tempo per rappresentare il cambiamento dell'ambiente operativo delle biblioteche. Si tratta, da questo punto di vista, di un tentativo analogo a quello compiuto dalla cultura d'impresa per elaborare modelli concettuali e strumenti organizzativi capaci di governare il cambiamento e di supportare la necessità di adattarsi ad esso. Tre fattori in particolare, o «tre C» come sono state chiamate,2 hanno indotto le imprese a cambiare modelli organizzativi, stili di management, catena del valore e, in taluni casi persino la tipologia di business: il cliente, la concorrenza e il cambiamento.
Gli aggettivi attribuiti al sostantivo biblioteca dalla nostra professione sono spesso analoghi a quelli assegnati all'impresa dagli studi manageriali o dalla scienza dell'organizzazione. Il sostantivo e i diversi aggettivi diventano così allusioni più o meno efficaci, più o meno eleganti, a metodologie e tecniche per affrontare il cambiamento, emblemi di un adeguamento organizzativo caratterizzato da flessibilità, modularità, agilità, snellezza: tutte caratteristiche che consentono all'impresa di competere e di adattarsi alle mutevoli condizioni del mercato. Alcune allusive espressioni escogitate dalla cultura d'impresa come impresa flessibile o modulare,3 impresa estesa,4 impresa agile,5 impresa orizzontale,6 impresa senza confini,7 impresa virtuale,8 fabbrica digitale,9 business ibrido,10 ci consentono di scorgere forti analogie con concetti o espressioni a noi più familiari. Si tratta di analogie verosimilmente non casuali, come ho cercato di argomentare altrove,11 anche se inconsapevolmente sottovalutate o non considerate anche per una certa dose di autoreferenzialità della nostra professione. Per entrambi i domini di interesse -la cultura d'impresa e la cultura biblioteconomica- il problema è infatti rendere sostenibili alle rispettive organizzazioni le tre C sopra indicate: cliente, concorrenza, cambiamento. Per il dominio di interesse coincidente con le biblioteche quelle tre C potrebbero essere riformulate in termini di "cittadino, concorrenza, cambiamento", senza tuttavia mutare il dato di fondo: due organizzazioni diverse, dotate di finalità diverse, negli ultimi quindici anni si sono dovute confrontare sostanzialmente con gli stessi problemi, con gli stessi mutamenti profondi che hanno segnato l'economia e la società. Naturalmente per le imprese accettare questo confronto è essenziale per la loro sopravvivenza. Lo è anche per le biblioteche orientate al servizio, per le quali il cambiamento è connaturato al loro modo di essere, di agire, di percepirsi e di essere percepite.12 Nelle pagine seguenti, pertanto, questo scenario costituirà un costante punto di riferimento e sarà qua e là maggiormente approfondito allo scopo di comprendere quale architettura della cooperazione o quale modalità gestionale sia più appropriata per 'governare' il dominio di interesse delle biblioteche digitali.
2. La Biblioteca digitale italiana: il contesto
Il progetto BDI nacque tra la fine del 1998 e il 1999 nell'ambito della Direzione generale per i beni librari, le istituzioni culturali e l'editoria. Nel corso del 1999 la stessa Direzione generale, a seguito di gara europea, affidò alle società Unisys e Intersistemi un corposo studio di fattibilità. Lo studio, due volumi, fu reso disponibile nel corso del 2000.13 Prima di esaminarne sinteticamente i contenuti è bene rimarcare due fatti: il ritardo del nostro paese rispetto ad analoghi progetti promossi e finanziati dai paesi più avanzati; l'estraneità dell'ICCU rispetto alla gestazione del progetto nonostante per certi aspetti appaia evidente come esso costituisca il possibile sviluppo di SBN.
Il ritardo del nostro paese non è consistito tanto nella mancanza di progetti, di idee o di competenze. Già nella prima metà degli anni Novanta compaiono o si affermano esperienze applicative di digitalizzazione e di gestione delle risorse digitali: basti solo pensare ai progetti della biblioteca Nazionale centrale di Firenze (SDIEF, Fondi galileiani) e alla straordinaria creatività del compianto Pino Ammendola;14 o ai progetti che diverse istituzioni promuoveranno negli anni successivi nel campo della musica, dei periodici, della cultura letteraria, e così via, peraltro ben documentati nello stesso studio di fattibilità. Il vero ritardo si è manifestato piuttosto nell'affrontare in modo organico il complesso tema del digitale. In altre parole il nostro paese ha scontato la mancanza di un raccordo fra i vari progetti e l'assenza di una politica nazionale, come evidenziato nella tabella seguente che riporta alcune date significative riguardanti le politiche del settore dei paesi più avanzati. Inoltre considerando la questione dal punto di vista dell'articolato sistema di competenze definito dal nuovo titolo V della Costituzione, accanto al ritardo del livello di governo nazionale occorre constatare l'assenza di una strategia, o almeno di indirizzi coerenti, nei livelli di governo sub-nazionali e in modo particolare in quello regionale, nonché l'assenza di una politica di ampio respiro concertata fra il livello nazionale e quello regionale.
Nella definizione di una politica inoltre, è mancato e manca tuttora il contributo del mondo universitario.
Data |
Descrizione |
1993 |
La nuova amministrazione statunitense Clinton-Gore promuove l'infrastruttura nazionale dell'informazione (NII: National Information Infrastructure) |
1993 |
In USA esce il rapporto nazionaleThe National Information Infrastructure: Agenda For Action |
1993 |
Al Gore include le biblioteche digitali fra le componenti del nuovo mercato dell'informazione15 |
1993 |
Le biblioteche digitali diventano oggetto delle politiche pubbliche statunitensi16 |
1993 |
Esce il libro bianco della Commissione Europea intitolato "Crescita, competitività, occupazione" |
1993 |
In Inghilterra viene pubblicato il Rapporto Follet |
1994 |
In un discorso all'UCLA il vice-presidente Al Gore annuncia l'inclusione delle biblioteche nelle strategie della National Information Infrastructure17 |
1994 |
In Canada viene pubblicato il rapporto sulle nuove tecnologie dell'informazione |
1994 |
Al summit europeo di Corfù e al successivo summit di Essen viene approvato il Rapporto Bangemann sulla società dell'informazione. Si tratta della risposta europea alle politiche dell'amministrazione statunitense Clinton-Gore |
1994 |
Viene pubblicato in Francia il Rapporto Théry sulle "autostrade dell'informazione"18 |
1995 |
Il 25 il 26 si svolge a Bruxelles il G7 sulla Società dell'informazione. In quella sede viene lanciato il progetto di Bibliotheca universalis riguardante le risorse digitali |
Dal punto di vista del sistema paese sono invece mancate per buona parte degli anni Novanta, come ha notato Tommaso Giordano, alcune condizioni presenti invece negli altri paesi occidentali: l'iniziativa dei governi, il coinvolgimento dei grandi centri di ricerca, l'inserimento dei progetti in programmi più generali di sviluppo, la tendenza a superare le frontiere nazionali della cooperazione e un proficuo rapporto di collaborazione fra pubblico e privato.19 Le ragioni di questo ritardo sono sicuramente molteplici e in parte imputabili ai tradizionali difetti dell'apparato pubblico italiano o agli strutturali ritardi del nostro paese nel campo dell'innovazione tecnologica. Ciò è vero soprattutto per la lunga assenza di una politica nazionale sulle nuove tecnologie in generale. Per attendere la definizione di una politica non occasionale sulla questione, collegata anche ad un piano di interventi strutturali e ad un piano di investimenti occorrerà aspettare il Rapporto e-Italia20 del Forum per la società dell'informazione, i successivi piani di e-government nazionali e i vari programmi di sviluppo telematico regionali. Occorrerà in sostanza attendere la fine degli anni Novanta e la fuoriuscita dalla lunga e controversa fase di transizione dalla prima alla seconda Repubblica.
Lo storico del futuro, tuttavia, troverà plausibile collegare tali ritardi anche alla priorità accordata dall'agenda di buona parte dei servizi bibliotecari italiani al lento decollo della rete nazionale prevista dal SBN. Il lungo periodo di gestazione dell'Indice (1985-1992) ha infatti prodotto almeno due conseguenze: ha condizionato il mercato nazionale del software di fatto relegato in una nicchia e sostanzialmente incapace di produrre soluzioni innovative anche per la difficoltà di remunerare gli investimenti; ha reso il Servizio bibliotecario nazionale per tutti gli anni Novanta costantemente inattuale rispetto agli standard tecnologici coevi costringendo le comunità SBN ad una sorta di relativa chiusura verso il mondo o, il che è lo stesso, ad una sorta di intensa concentrazione su se stesse per indirizzare tutte le risorse possibili, tutta l'attenzione possibile, prima al tuning e al consolidamento dei programmi e del lavoro cooperativo nel nuovo ambiente, poi all'evoluzione dello stesso. Questa condizione ha influenzato anche la cultura organizzativa delle biblioteche SBN rendendola probabilmente poco compatibile col modello organizzativo richiesto dalla biblioteca virtuale o digitale.
Da quest'ultimo punto di vista però la questione è più complessa e rimanda a considerazioni concernenti in generale le biblioteche italiane. La letteratura specializzata definisce la cultura organizzativa come un modello, costituito da opinioni, ideali e valori condivisi, che aiuta gli individui a comprendere il funzionamento dell'organizzazione di appartenenza e pertanto fornisce loro le norme che ne governano il comportamento interno.21 Tale modello è influenzato dalla combinazione di almeno tre fattori esterni: i valori sociali sottostanti, la storia delle singole organizzazioni (biblioteche, enti di appartenenza ecc.) e fattori contingenti, come ad esempio la tecnologia impiegata.22 Il SBN inteso come organizzazione possiede conseguentemente valori, fini e comportamenti che ne connotano l'identità e ne alimentano le caratteristiche di comunità fondata anche sul senso di appartenenza, ma questo complesso di tratti identitari è fortemente condizionato dalle tradizionali modalità operative delle biblioteche del nostro paese, dalla concezione sociale e professionale del servizio bibliotecario e dalla percezione che il bibliotecario ha di sé, dalla storia organizzativa della singola biblioteca e, come in un gioco di specchi, dalle caratteristiche del sistema informatico o dalle sue particolari implementazioni. Così se è plausibile individuare e definire una cultura organizzativa del Servizio bibliotecario nazionale è parimenti ragionevole ammettere che essa rispecchia, in parte più o meno ampia e in modo più o meno articolato, la cultura organizzativa delle biblioteche italiane, singolarmente o collettivamente intese e della Pubblica Amministrazione alla quale in prevalenza esse appartengono.
Il progetto BDI nasce pertanto in un momento storico particolare, caratterizzato, da un lato, dall'avvio, sia pure non privo di contraddizioni, di politiche istituzionali (nazionali e locali) concernenti la cosiddetta società dell'informazione e, dall'altro, dal manifestarsi di una delle crisi più acute della storia del Servizio Bibliotecario Nazionale; una crisi caratterizzata non solo dalla dispendiosa e inadeguata rincorsa all'adeguamento tecnologico del sistema, ma anche dalla vana ricerca di modelli organizzativi alternativi capaci di governare un ambiente cooperativo più complesso che in passato. Le difficoltà di SBN sul finire degli anni Novanta erano anche le difficoltà dell'ICCU. Ciò forse spiega, per certi aspetti, la relativa emarginazione dell'Istituto dall'avvio del progetto BDI; ma ciò spiega come SBN per questo progetto sia un costante punto di riferimento, tanto maggiore quanto più tenderà ad allontanarsene.
3. La Biblioteca digitale italiana: i contenuti dello studio di fattibilità
Lo studio di fattibilità si pone esplicitamente cinque obiettivi:
- definire il modello di Biblioteca digitale italiana
- fornire indicazioni sulla articolazione organizzativa a supporto della BDI
- specificare criteri di trattamento delle informazioni (digitalizzazione, descrizione delle risorse, accesso a fonti digitali)
- elencare requisiti tecnologici, architetturali e di qualità prescritti
- proporre una metodologia di gestione "dinamica" del piano d'azione
- definizione di un piano di massima per la realizzazione della BDI
Nel seguito analizzerò essenzialmente i primi due obiettivi, ma è chiaro che complessivamente si tratta di obiettivi caratterizzanti una visione strategica. L'ampiezza degli obiettivi, e dunque dell'importanza del progetto, pone immediatamente l'urgenza del confronto con SBN, il progetto che sino ad allora era stato espressione della politica nazionale in tema di servizi bibliotecari. A questo proposito, e non a caso, lo studio dichiara che tutti gli elementi caratterizzanti la cooperazione SBN (sistema distribuito, federazione di biblioteche, estensione nazionale, concertazione interistituzionale, modello decisionale trasversale, collaborazione fra varie componenti del Ministero per i beni e le attività culturali, collaborazione con il mondo privato) dovranno essere inclusi nella futura Biblioteca digitale italiana, « in quanto portatori di esperienza politica e tecnico-biblioteconomica di grande rilievo».23 Inoltre le biblioteche aderenti a SBN costituiscono già l'ipotetica Digital Library Federation italiana, anche se un ruolo centrale in fase di avvio dovrà essere affidato ad un nucleo di biblioteche o istituti centrali ai quali dovranno essere affidati precisi ambiti di responsabilità: la Biblioteca nazionale centrale di Firenze per la conservazione delle risorse digitali e le metodologie di digitalizzazione; l'ICCU per la definizione di standard bibliografici e metadati; la Discoteca di Stato per le risorse sonore; la biblioteca nazionale Marciana per i materiali speciali (musica e carte geografiche); la Biblioteca nazionale Braidense per i periodici.24
In effetti nell'individuazione degli ambiti di competenza lo studio teneva conto dei progetti promossi dalle biblioteche prescelte. L'ICCU, dal canto suo, proprio contestualmente alla predisposizione dello studio di fattibilità e probabilmente per definire e ribadire il proprio ruolo istituzionale aveva istituito un gruppo di studio sui metadati che, come vedremo, si rivelerà una scelta felice.
La complessità della situazione italiana, l'esperienza accumulata da SBN e la pluralità degli attori istituzionali, rafforzata dal dibattito politico sul federalismo, suggeriscono giustamente agli estensori dello studio la proposta di un modello di tipo federato e coordinato, di «un centro che interagisca con sistemi esistenti; questi ultimi intesi come entità ibride, quindi biblioteche che estendano le loro competenze e i loro servizi all'ambito digitale».25 In sostanza la soluzione proposta non prevede la realizzazione di un "magazzino centrale" degli oggetti digitali, ma la realizzazione di una struttura orientata al coordinamento, al supporto e alla gestione del digitale: insomma una Biblioteca digitale italiana distribuita e unica solo virtualmente grazie agli strumenti tecnologici e organizzativi oggi disponibili.
Di fronte a questo scenario composito il governo della BDI acquista ovviamente un ruolo essenziale. A questo proposito lo studio di fattibilità propone l'istituzione di una struttura centrale capace di coordinare e monitorare le varie iniziative nell'ambito del digitale e di governare la complessità tecnica, organizzativa ed economica della BDI. È il caso di notare che proprio in quegli anni anche la comunità SBN, o meglio le istituzioni rappresentate nel governo di SBN, stavano discutendo sull'adeguamento del tradizionale assetto organizzativo della rete e sulla governance del sistema. Invero il dibattito in SBN non ha prodotto soluzioni convincenti o condivise ed è lungi dall'essere concluso. In ogni caso per lo studio di fattibilità la struttura di coordinamento del progetto dovrà interfacciarsi con istituzioni locali e centrali e, indipendentemente dai nomi proposti (authority, agenzia, osservatorio, istituto centrale), dovrà avere una «struttura molto agile e flessibile quasi di tipo privatistico a partecipazione MINBBCCAA di maggioranza, ma con soci esterni, aziende nel settore della BD e privati consulenti su tematiche specifiche».26
L'organizzazione della struttura di coordinamento, così connotata, ricorda nei tratti essenziali un'analoga struttura proposta per SBN (agenzia aperta ai privati) e rimasta sulla carta.27 Sia nel caso di SBN, sia nel caso della BDI, si tratta di soluzioni che, ove non corredate dagli opportuni anticorpi, contengono intrinsecamente il rischio di riesumare architetture di tipo parastatale o di tipo meramente burocratico. Inoltre, come è stato giustamente notato, una struttura come quella proposta necessita di un'attenta riflessione, anche sulla scorta della base empirica fornita dalle difficoltà di individuare nuove strutture gestionali per SBN, per evitare sovrapposizioni con i compiti istituzionali degli istituti esistenti, per evitare che diventi un organo interno al Ministero e per contemperare agilità e flessibilità con la necessaria rappresentanza della pluralità dei soggetti coinvolti nel digitale.28
Maggiormente definiti sono invece i compiti della struttura, a cominciare dall'individuazione della missione della Biblioteca digitale italiana: la definizione di linee guida e di un quadro di riferimento culturale e scientifico, la stesura di una sorta di carta costituzionale del digitale.29 Questa attività preliminare, insomma, consiste nel conferire un linguaggio unitario ad un'organizzazione distribuita, nell'incoraggiare le iniziative coerenti con i principi adottati e nello scoraggiare quelle divergenti o contrastanti. Un compito simile, naturalmente, dovrebbe poter contare su un patto forte, unanimemente condiviso e sostenuto da un'ampia rappresentanza degli attori coinvolti.
Accanto all'elaborazione delle scelte fondamentali della BDI, la struttura di coordinamento dovrà essere una sorta di clearinghouse delle problematiche suscitate dai vari progetti. Da questo punto di vista lo studio propone un'articolazione in gruppi di lavoro permanenti su varie materie di interesse (metodologie, tecnologie, normativa e servizi) e il mantenimento di una autorevole directory nazionale del digitale che dovrà diventare il punto di riferimento per fornire alle Regioni o alle grandi strutture bibliotecarie un adeguato supporto per la corretta impostazione dei progetti. L'attività di consulenza tecnico-scientifica viene invece sostanziata nella proposta di un workflow standard, nell'individuazione, suffragata anche dall'indicazione di esperti, di programmi di valorizzazione della cultura nazionale e di precise aree tematiche. Tali programmi sono finalizzati a favorire la crescita di iniziative locali (preferibilmente col concorso di più enti), pur all'interno di un quadro di riferimento generale, incentivandole mediante riconoscimenti o finanziamenti ad hoc. Questa attività viene giustamente affiancata dallo studio di fattibilità a quella di formazione. In merito il compito assegnato alla struttura di coordinamento è l'individuazione delle esigenze formative, la definizione del livello di formazione o aggiornamento professionale, lo sviluppo di nuove modalità e contenuti formativi, anche mediante l'adozione di strumenti di formazione a distanza e la progettazione di articolate campagne di alfabetizzazione, l'attivazione di appropriati strumenti di monitoraggio. Infine la struttura dovrà sovrintendere alle attività di comunicazione, promozione e relazioni esterne riconoscendo ad esse, ancora una volta giustamente, il rilievo in precedenza trascurato. Le attività di comunicazione dovranno prevedere, non solo campagne pubblicitarie, ma anche una capillare e costante informazione sui progetti conclusi o in corso. Strumenti fondamentali del flusso comunicativo dovranno essere il portale della BDI e una conferenza nazionale a cadenza regolare.30
Per concludere questa rapida disamina dei punti essenziali dello studio di fattibilità, che comunque non prende in considerazione l'ampia trattazione degli aspetti più tecnici, riassumo nella tabella seguente il piano di progetto previsto per la realizzazione del risultato finale: un portale del digitale e dei servizi correlati.
Fase di preavvio |
Istituzione della struttura di coordinamento Aggiornamento dello studio di fattibilità Carta (censimento del digitale) |
Fase di avvio |
Coordinamento della fase di avvio Definizione della struttura per il rilevamento del digitale in Italia Repertorio dei progetti italiani Definizione delle specifiche degli elementi costitutivi della BDI Valutazione delle esigenze di formazione Stesura del piano di formazione |
Realizzazione infrastrutture |
Coordinamento e controllo della fase di realizzazione delle infrastrutture Realizzazione della struttura informatica del portale Conferenza nazionale di divulgazione dei risultati Manutenzione del portale Gestione redazionale del portale Formazione |
Implementazione servizi avanzati |
Coordinamento e controllo Individuazione nuovi servizi Realizzazione di una struttura di rete virtuale Realizzazione di una struttura per servizi di e-commerce Realizzazione di una struttura di hosting digitale Realizzazione di centri di digitalizzazione, ovvero di centri che aggreghino le esigenze di digitalizzazione delle realtà piccole o medio-piccole |
4. L'avvio della Biblioteca digitale italiana
L'avvio ufficiale del progetto coincide di fatto con la III Conferenza nazionale dei beni librari tenutasi a Padova nei giorni 14-16 febbraio 2001. Il documento finale della Conferenza riconosce nella cooperazione un fattore essenziale per avviare un progetto come la BDI che presuppone la convergenza di archivi, biblioteche, musei e auspica a tal proposito la costituzione di un gruppo di esperti del Ministero, delle Regioni, delle Università e degli istituti culturali per definire la «carta costituzionale» del digitale, ossia i principi fondamentali, il quadro di riferimento culturale e scientifico entro il quale collocare le iniziative attuali e future.31
In effetti la Conferenza padovana evoca spesso la cooperazione come strumento per definire un quadro di interventi omogeneo, per evitare lo spreco di risorse, per coinvolgere istituti di diversa titolarità, anche non coincidenti con le biblioteche, attorno ad un progetto come la BDI. Da questo punto di vista la BDI è presentata come «una nuova frontiera della cooperazione»;32 la stessa espressione utilizzata qualche anno prima da Tommaso Giordano per sottolineare la necessità per le biblioteche italiane di confrontarsi con i nuovi scenari aperti dalle tecnologie digitali.33 Tuttavia, a ben guardare, le caratteristiche essenziali della cooperazione in ambito BDI proposte in diversi interventi della Conferenza ricordano da vicino la cooperazione SBN. Evidentemente quest'ultima costituisce per attori istituzionali e stakeholders coinvolti nel nuovo progetto non solo un'esperienza di successo, ma anche un framework di sperimentate relazioni, di rodati meccanismi di concertazione, di consolidate modalità di definizione di intese.
A questo punto è doveroso chiedersi se la cooperazione sperimentata e praticata in ambito SBN possa essere sostanzialmente riutilizzata dalla BDI. Per rispondere a questa domanda è necessario preliminarmente richiamare l'accentuata polisemia che il termine cooperazione ha assunto all'interno del Servizio bibliotecario nazionale e le diverse occorrenze che ha reso possibili: cooperazione bibliotecaria, cooperazione interistituzionale, cooperazione applicativa. Questa ricchezza semantica consente di distinguere forme di cooperazione possibili, ossia ammesse da SBN ma non utilizzate, e forme di cooperazione storicamente determinate. A mio avviso la cooperazione SBN quale si è storicamente determinata dopo il 1985 e soprattutto a cavallo fra anni Ottanta e anni Novanta è inadeguata per la BDI. Il dominio di interesse delle biblioteche digitali richiede infatti per sua natura un nuovo ambiente cooperativo capace di governare con ragionevoli probabilità di successo i molteplici aspetti del cambiamento: attori eterogenei e aspettative molto più complesse che in passato, linguaggi diversi e diverse percezioni dei ruoli.
Da un altro punto di vista la semplice trasposizione in un nuovo ambiente dell'assetto cooperativo di SBN, soprattutto di quello che ha caratterizzato il periodo della più rigida 'chiusura' del sistema, potrebbe indicare l'adozione di un modello di governo di tipo relativamente accentrato o, se si vuole, di tipo accentrato e relativamente partecipato. La fisionomia di questa architettura della cooperazione SBN, che negli ultimi anni è stata oggetto di un ampio e appassionato dibattito, può essere così grossolanamente tratteggiata.
Annuncio di sé agli altri come «progetto totalizzante»34
In termini luhmaniani ciò significa costruire solidi "confini di senso" rispetto all'ambiente circostante. La costruzione di confini, accompagnata dalla definizione di gerarchie e tassonomie, può essere considerata la strategia adottata, anche inconsapevolmente, da SBN in quanto sistema per ridurre la complessità della realtà esterna. Di qui la distinzione tra ambiente SBN (biblioteche, istituzioni, culture ecc.) e ambiente non SBN. Di qui anche la percezione di SBN come sistema chiuso, dotato di un proprio linguaggio, di un proprio codice, di una propria cultura organizzativa storicamente determinata, di una propria delimitazione 'territoriale' e conseguentemente di un insieme predefinito di possibilità, prescrizioni e interdizioni al tempo stesso.
Predominio della cooperazione interistituzionale su quella bibliotecaria
SBN nel corso degli anni ha collaudato positivi meccanismi di concertazione e di collaborazione fra Stato, Regioni e Università. Dopo vent'anni tuttavia, la crescita della rete nazionale e le nuove componenti di complessità dell'ambiente esterno impongono il ripensamento della governance complessiva del sistema; un ripensamento che non può non mettere in conto una maggiore partecipazione e responsabilizzazione dei servizi bibliotecari soprattutto se si intende costruire un ambiente cooperativo capace di fornire realmente valore all'utente finale.
Esclusione degli enti locali, anche nelle loro espressioni associative, dagli organi di governo
Le Province, ma soprattutto Comuni, sui quali peraltro grava la maggior parte dei costi dei servizi bibliotecari pubblici, sono ab origine esclusi dal governo del sistema. Ciò ha prodotto, salvo qualche eccezione, un sostanziale disimpegno relativamente al consolidamento e allo sviluppo del sistema che non può ragionevolmente essere compensato dal ruolo storicamente assegnato alle Regioni. In questo caso il necessario ripensamento della governance del sistema dovrà individuare forme e modalità di partecipazione degli enti locali.
Attenzione prevalentemente indirizzata all'automazione e alla catalogazione a scapito dei servizi
Non si tratta di una condizione connaturata in SBN, ma generatasi storicamente nel lungo periodo di gestazione dell'Indice.
Chiaramente un assetto cooperativo avente queste caratteristiche non può essere piattamente riprodotto nel nuovo ambiente della BDI, caratterizzato da soggetti e oggetti eterogenei, senza pregiudicarne l'efficacia del governo. Armonizzare le iniziative di digitalizzazione o di gestione del digitale, definire un quadro di riferimento, una articolata politica nazionale in materia, richiede un'alta capacità di concertazione, complesse abilità di gestione delle relazioni fra le componenti di un ambiente estremamente composito, quasi strutturalmente privo di un centro35 e caratterizzato da una catena del valore e da modelli di business molto diversi da quelli tradizionali,36 difficilmente governabili con le logiche e la cultura organizzativa proprie degli apparati amministrativi ministeriali o regionali, anche se questi ultimi sono comunque indispensabili per le politiche pubbliche. Da questo punto di vista la composizione e le prime manifestazioni delle modalità operative del Comitato guida della BDI, nominato con decreto ministeriale del 30 aprile 2001, per taluni aspetti ricordano la struttura del Consiglio nazionale SBN.
In tre anni di attività il Comitato guida ha promosso una serie organica di interventi:37 la digitalizzazione dei cataloghi storici delle biblioteche pubbliche italiane, il sostegno, anche finanziario, alla partecipazione del nostro paese alla rete di cooperazione europea Rinascimento virtuale, la definizione di un programma di digitalizzazione di documenti musicali manoscritti e a stampa, la progettazione di un piano di digitalizzazione delle pubblicazioni periodiche. Accanto a queste iniziative di ampio respiro è il caso di ricordare altre azioni di supporto come la predisposizione di capitolati o di linee guida.38 Si tratta, insomma, di un complesso di interventi che testimoniano la volontà di coordinare uno scenario complesso, di definire un quadro di riferimento che consenta di superare la frammentarietà, come peraltro raccomandato dai Principi di Lund. Tuttavia se alcuni di questi interventi sembrano delineare l'avvio di una strategia nazionale coerente con l'acquisizione di una nuova consapevolezza, ma anche con il ruolo svolto dal nostro paese all'interno di programmi internazionali come il progetto europeo Minerva, altri destano alcune perplessità. Fra questi, in primo luogo, la digitalizzazione dei cataloghi storici.
Questo progetto, anche se accompagnato da un apposito studio comparativo,39 mi è sembrato, e mi sembra tuttora, una scelta non felice o non altrettanto felice quanto altri progetti promossi in ambito BDI come ad esempio la digitalizzazione dei periodici in vista della costituzione di una emeroteca nazionale, che meriterebbe ben altro slancio. La digitalizzazione dei cataloghi storici, infatti, è per molti aspetti estranea al core business delle biblioteche digitali in senso stretto (la digitalizzazione dei dati, non dei "metadati") e non tiene conto delle aspettative della maggior parte degli utenti finali prevalentemente rivolte a collezioni di ampio interesse.
In ogni caso il progetto ha riguardato una trentina di biblioteche appartenenti al Ministero per i beni e le attività culturali, a enti locali e a istituti culturali. L'esito del lavoro è consultabile attraverso un apposito software di interrogazione con interfaccia Web.40 Nei prossimi mesi dovrebbe dispiegarsi il già menzionato programma relativo alla digitalizzazione delle pubblicazioni periodiche: un programma, almeno nelle intenzioni, davvero di grande spessore che dovrebbe fornire alla comunità professionale strumenti tecnici e un quadro di riferimento per affrontare la tematica con consapevolezza tecnico-scientifica e per evitare la duplicazione degli interventi. Il programma ha adottato i metadati amministrativo-gestionali (MAG) elaborati dal Gruppo di studio sugli standard e le applicazioni di metadati nei beni culturali, come standard di riferimento. E' il caso di notare che lo standard MAG è continuamente aggiornato e mantenuto da un apposito Comitato istituito presso l'ICCU.41
Una componente non secondaria del progetto BDI, il portale, non è invece ancora stato realizzato a meno di non considerare tale, ma il buon senso lo vieta, il sito Web <http://www.superdante.it> che effettivamente reca una voce Biblioteca digitale italiana, ma quest'ultima indirizza a una pagina che annuncia una sezione in allestimento. L'intero sito sembra peraltro non più aggiornato da almeno un anno. Il portale, invece, dovrebbe essere un elemento prioritario del progetto, capace di fornire un autorevole punto di riferimento, una vista unitaria dei diversi progetti interni o esterni alla BDI, un ambiente collaborativo dove la pluralità in senso ampio possa trovare una unità logica.42
Infine, per concludere questa sommaria disamina dei primi tre anni di vita della Biblioteca digitale italiana, è doveroso registrare un'assenza fondamentale: un programma specifico mirato al digitale nativo, alla gestione di 'oggetti' che stanno gradualmente permeando l'ambiente operativo delle biblioteche, ma anche di 'oggetti' che da dieci anni ci sono familiari: ad esempio i siti Web istituzionali o l'informazione comunitaria veicolata dalla reti civiche. La disattenzione per il digitale nativo, propria più in generale dei nostri istituti, tradisce da un lato una certa mentalità conservativa e dall'altro una concezione parziale del virtuale o del digitale. Occorre al contrario essere consapevoli che ciascuna biblioteca, così come ciascuna organizzazione moderna, presenta diversi gradi di virtualità percepiti come un continuum.43 Le biblioteche tradizionalmente hanno sempre implementato un certo grado di virtualità attraverso le pratiche cooperative. Ciò che è cambiato è lo spessore e l'ampiezza di quel grado di virtualità: lo sviluppo tecnologico e le aspettative degli utenti hanno dilatato smisuratamente la catena del valore dei servizi bibliotecari e consentono di creare valore per il cittadino attraverso il sistematico ricorso a una rete più o meno strutturata e stabile di fornitori eterogenei, che per le biblioteche pubbliche sarà costituita da archivi, musei, agenzie informative, basi dati, URP, risorse digitali e così via. Biblioteca virtuale, insomma, non significa digitalizzare documenti tout-court, magari senza porsi nemmeno il problema dei possibili utenti, ma significa piuttosto gestire una catena virtuale di fornitura orientata a produrre valore all'utente; significa sentirsi al centro di una comunità di distribuzione che sfrutta le nuove tecnologie e la 'vecchia' cultura del servizio delle biblioteche per fornire valore al cittadino-utente. Ciò vuol dire, ad esempio, non respingere un cittadino che si rivolge in biblioteca per avere informazioni sulle graduatorie degli asili nido o sui vari aspetti dell'informazione di comunità, ma sfruttare magari un robusto sottosistema informatico per dare una risposta utilizzando le risorse digitali fornite dall'URP o dall'ufficio comunale competente. In caso contrario, anche in presenza di un'ampia possibilità di accesso a risorse digitali, la biblioteca non avrebbe un grado di virtualità elevato.
5. La Biblioteca digitale italiana e il Network turistico-culturale
Come abbiamo visto SBN è per la BDI un costante punto di riferimento almeno per quanto riguarda alcuni aspetti del modello organizzativo e dell'architettura della cooperazione. Ciò rappresenta al tempo stesso un'opportunità e un rischio: l'opportunità di sfruttare le straordinarie potenzialità contenute nel Servizio bibliotecario nazionale e il rischio di mutuarne taluni aspetti negativi determinatisi ad un certo punto della sua storia. Il progetto BDI, tuttavia, non disegna tra i due domini di interesse connessioni fondate su un ambiente tecnologico condiviso. Si consideri ad esempio la figura sottostante.
La figura rappresenta in modo grossolano quelle che sembrano le componenti logiche di una biblioteca digitale. Il dibattito italiano è molto concentrato sulle componenti metadati e oggetti digitali trascurando o ignorando le altre. Da questo punto di vista anche il progetto BDI non introduce elementi di novità. L'interazione fra BDI e SBN è conseguentemente limitata, eventualmente, alla componente metadati. Nel progetto tuttavia questo tema non è affrontato in modo strutturato, né sono disegnate componenti di integrazione. L'integrazione fra i due domini di interesse è tuttavia necessaria e in questo senso il disegno originario dell'Indice SBN, concepito come semplice instradatore verso le basi dati locali, può costituire un interessante paradigma tecnologico anche per la BDI.44
Un modello di integrazione è invece proposto nel progetto «Biblioteca digitale italiana e Network turistico culturale» (d'ora in poi anche NTC). Questo progetto è stato presentato dal Ministero per i beni e le attività culturali al Comitato dei Ministri per la società dell'informazione presieduto dal Ministro per l'innovazione e le tecnologie ed è stato da quest'ultimo approvato nella seduta del 18 marzo 2003.45 Il progetto, sin dalle prime pagine, si pone esplicitamente l'obiettivo di integrare SBN e la BDI e tutta una serie di azioni strategiche intraprese dal Ministero nel corso degli ultimi anni.
[...] La DGBL, attraverso l'ICCU, ha sviluppato il progetto di riferimento "La Biblioteca digitale italiana ed il Network turistico culturale" che consentirà l'evoluzione della rete SBN al fine di far confluire in un'unica architettura le biblioteche ed i loro cataloghi e le nascenti biblioteche digitali (Digital Library) nonché i centri specialistici di gestione della conoscenza, centri di Knowledge Management (KM) e che prevede la realizzazione di un network di digital library coerente con le strutture di SBN, la possibilità di interfaccia con partner ancora non aderenti a SBN, l'ampliamento dello spettro di tipologie di materiale documentale trattato e lo sviluppo di metodologie, strutture e tecniche organizzative che realizzino, nel tempo, la transizione di SBN dall'attuale rete di informazioni ad una più efficace rete della conoscenza.
Operativamente, ciò comporta la creazione di una struttura nazionale, con articolazione a livello territoriale mirata al potenziamento dell'attrattività del territorio, con il trattamento di materiale documentario che valorizzi la storia e l'identità locale, per supportare il settore del turismo culturale (NTC, Network Turistico Culturale).46
Come si può notare la portata strategica di questo progetto è notevole ed è tale da meritare un'ampia discussione all'interno della nostra professione. Già il titolo, che richiama un rapporto tutto da costruire tra biblioteche e turismo, potrebbe suscitare qualche perplessità. In realtà chi ha una qualche responsabilità nella gestione dei servizi bibliotecari o culturali degli enti locali troverà una certa dose di familiarità in questo approccio. Spesso in queste realtà il manager pubblico deve tentare di inserire i servizi bibliotecari all'interno di politiche più ampie ed articolate per cercare risorse finanziarie non più disponibili nei tradizionali capitoli di bilancio della cultura. L'inserimento dei servizi culturali all'interno delle politiche di valorizzazione e di marketing del territorio costituisce inoltre una strategia generalmente condivisa dai decisori locali. Da questo punto di vista, pertanto, la direzione dell'ICCU ha sapientemente colto l'opportunità delle variegate politiche governative per il rilancio del nostro turismo per intercettare risorse aggiuntive. Il punto critico mi sembra invece un altro, e cioè un'insufficiente attenzione in sede progettuale alle alleanze istituzionali necessarie per la realizzazione del progetto NTC: infatti un progetto così ampio, così ambizioso, deve necessariamente essere condiviso dalle politiche nazionali e locali, nonché da tutti i livelli di governo previsti dal nostro ordinamento soprattutto in uno scenario istituzionale che ha affidato le politiche turistiche ai governi regionali.
Il progetto NTC ha essenzialmente tre finalità: offrire ai cittadini nuovi strumenti per l'accesso all'informazione e alla conoscenza; sviluppare nuovi servizi di carattere commerciale a supporto del digitale; definire standard e metodologie. I servizi al cittadino consistono concretamente nella realizzazione di un portale dedicato alla cultura e alla valorizzazione del territorio, nella predisposizione di un centro di "governo della conoscenza" per la creazione di percorsi turistico-culturali e nel rafforzamento delle attività di coordinamento dei progetti di digitalizzazione.
Il portale previsto dal progetto, che sostituisce quello previsto dal progetto BDI, peraltro mai realizzato, dovrebbe conglobare una serie di strumenti e tecnologie capaci di consentire un accesso integrato a risorse tradizionali e digitali. In questo contesto l'attuale OPAC SBN dovrebbe essere integrato con nuovi servizi di fruizione delle risorse digitali. In altre parole SBN dovrebbe cessare di essere una rete di servizi basati su cataloghi per diventare anche una rete di servizi basati su contenuti.47
Il sistema di governo della conoscenza implementato dal network turistico-culturale dovrebbe invece garantire l'estrazione e l'organizzazione della conoscenza da record bibliografici, documenti digitali (attraverso una opportuna configurazione e gestione dei repository digitali) e siti Web. Infine il sistema di governo amministrativo dovrebbe consentire la creazione di una base dati anagrafica e contabile e l'interconnessione degli elaboratori collegati al NTC con i sistemi bancari e postali per l'attivazione e la gestione di transazioni economiche.
Questo in rapidissima sintesi il contenuto del progetto. Naturalmente ho evitato di commentare e illustrare le parti più tecniche a cominciare dall'architettura applicativa sia per tenere fede a quanto annunciato in premessa, sia perché ciò richiederebbe una specifica trattazione. Ciò che mi interessa in questa sede sottolineare è invece un dato relativo al governo del progetto. Come la BDI, anche il progetto NTC, proprio per l'ambizione di integrare sistemi e progetti precedenti, necessita di una accorta e intelligente implementazione per evitare la riproduzione di situazioni già storicamente verificatesi nella storia del Servizio bibliotecario nazionale: accentramento (nazionale o regionale poco importa), scarsa partecipazione delle biblioteche, attenuazione della portata innovativa dei progetti entro logiche burocratico-istituzionali o di pura negoziazione con stakeholders, e così via.
6. Appunti per un'ontologia
Per evitare questo rischio a questo punto è utile ricordare a noi stessi alcuni concetti e alcuni tratti distintivi propri del dominio di interesse delle biblioteche digitali.
Pluralità
La biblioteca digitale comporta il mutamento di diversi paradigmi che hanno caratterizzato l'operare dei servizi bibliotecari: la cultura organizzativa, i modelli della cooperazione, l'organizzazione del lavoro, l'agenda delle priorità, l'architettura dei sistemi di automazione, la gestione dei servizi. Lo spazio della biblioteca digitale, potentemente definito dalle nuove tecnologie, è caratterizzato da interoperabilità, poliarchia, pluralismo, relazioni di volta in volta contrattate nel rispetto della rispettiva autonomia, tecnologie di rete sulle quali si costruiscono organizzazioni meno gerarchiche e più decentrate, più federative che in passato, organizzazioni virtuali, modulari, agili, capaci di istituire e di governare una pluralità di relazioni con soggetti disparati e di gestire una catena virtuale di fornitura in grado di produrre valore per il cittadino della società dell'informazione. Non biblioteca digitale, quindi, ma biblioteche digitali; non grandi sistemi, grandi 'narrazioni' sistematiche, ma tanti discorsi tenuti insieme da un linguaggio comune, da una struttura comunicativa basata sull'assunzione di impegni fra istituti diversi per pubblici diversi, ma accomunati da quell'unica missione di garantire a tutti l'accesso all'informazione e alla conoscenza che fa parte dei valori duraturi, trascendentali, della professione bibliotecaria.
Convergenza
Da alcuni anni la convergenza di archivi, biblioteche e musei è divenuta parte essenziale delle politiche pubbliche. Ciò comporta alcune importante conseguenze, sia di ordine concettuale, sia di ordine operativo. Innanzitutto le istituzioni culturali o le istituzioni coinvolte nell'organizzazione e nella conservazione della memoria (locale o nazionale) possono ora essere considerate articolazioni di un'unica infrastruttura con ampie aree di intersezione e di sovrapposizione. Inoltre le richieste dell'utente a questa infrastruttura, nella sua generalità, possono essere descritte in termini di informazione, piuttosto che di libri, oggetti museali o carte archivistiche. La richiesta dell'utente, pertanto, complice le aspettative indotte dalle nuove tecnologie, può riguardare contenuti eterogenei e trasversali: ad esempio un oggetto museale, la relativa bibliografia e la relativa documentazione d'archivio. Ciò che prima era inevitabilmente distinto o fruibile separatamente e successivamente oggi può essere potenzialmente fruito simultaneamente e in modo integrato. In altre parole, ad esempio, biblioteche e musei, in quanto specifici istituti, sono profondamente diversi. Tuttavia, dal punto, di vista dell'infrastruttura integrata resa possibile dalle nuove tecnologie, esistono in un certo senso più differenze fra due biblioteche (ad esempio, biblioteche pubbliche e biblioteche universitarie) piuttosto che fra una biblioteca e gli altri istituti culturali.
La convergenza, abilitata e assecondata dalle nuove tecnologie, comporta un cambiamento di linguaggio o, il che è lo stesso, l'adozione di un linguaggio comune; un cambiamento di obiettivi e soprattutto la definizione di servizi convergenti. La convergenza, in sostanza, è un concetto più ampio della mera convergenza tecnologica e richiama modelli organizzativi, comportamenti, stili manageriali e modalità di servizio convergenti.
Interoperabilità
Per interoperabilità si intende la capacità di assicurare che sistemi, procedure e cultura di una specifica organizzazione siano gestiti in modo tale da massimizzare le opportunità di scambiare e riusare informazioni all'interno e all'esterno. Da questo punto di vista l'interoperabilità è qualcosa di più della semplice compatibilità hardware e software e implica almeno quattro diverse accezioni:48
- interoperabilità tecnica: la garanzia dell'interoperabilità fra sistemi e applicazioni;
- interoperabilità semantica: le varie componenti del sistema devono essere definite da concetti il cui significato è condiviso;
- interoperabilità delle risorse umane: nell'ambito della convergenza dei servizi è richiesto un discreto tasso di interoperabilità delle competenze;
- interoperabilità organizzativa: nell'ambito della convergenza dei servizi i confini fra gli istituti culturali sono più sfumati.
7. Conclusioni
Il progetto BDI e il successivo scenario di integrazione di sistemi disegnato dal progetto NTC, a parte qualche elemento architetturale discutibile, definiscono una strategia nazionale del settore. Il successo di tale strategia dipenderà dalla capacità di affrontare tre ordini di problemi: 1) condividere gli obiettivi con tutti i livelli di governo previsti dal nostro ordinamento; 2) garantire la partecipazione dei servizi bibliotecari e degli istituti culturali; 3) definire un nuovo ambiente cooperativo che sia in grado di far cooperare fra loro istituti diversi (archivi, biblioteche, musei e altre agenzie coinvolte nel digitale), culture e linguaggi diversi senza sacrificare le differenze e senza sacrificare l'intelligenza complessiva, ossia l'abilità di gestire la complessità.
Sinora Regione ed Enti locali, da un lato, Università dall'altro, non hanno fornito un contributo apprezzabile alla definizione di una politica nazionale del digitale né alla costruzione di una infrastruttura nazionale avente le caratteristiche sopra indicate, che possa dare nuovi contenuti e nuove prospettive all'attuale configurazione del Servizio bibliotecario nazionale. In questo contesto l'intervento statale colma un vuoto, ma è un vuoto che per più ragioni lo Stato non può e non deve colmare da solo.
Su questo il dibattito è aperto.
NOTE
[1] Sui diversi significati del termine ontologia (naturalmente a parte la tradizione metafisica occidentale) si vedano in prima approssimazione Thomas R. Gruber, Toward Principles for the design of ontologies used for knowledge sharing, «International journal of human and computer studies», 43 (1995), n. 5-6, p. 907-928; Nicola Guarino, Formal ontology and information systems, in: Formal ontology in information systems. Proceedings of Fois '98, Trento, Italy, 6-8 June, 1998, Amsterdam: IOS Press, 1999, p. 3-15.
[2] Michael Hammer, James Champy, Reengineering the corporation: A manifesto for business revolution, rist., New York: HarperCollins, 2001, p. 20.
[3] Cfr. Carliss Y. Baldwin, Kim B. Clark, Managing in age of modularity, «Harvard Business Review», 75 (1997), n. 5, p. 84-93; Homa Bahrami, The emerging flexible organization: Perspectives from Silicon Valley, «California Management Review», 34 (1992), n. 4, p. 33-52.
[4] Noel P. Greis, John D. Kasarda, Enterprise logistics in the Information Era, «California Management Review», 39 (1997), n. 3, p. 55-62 in particolare. Cfr. Jim Browne, Jiangang Zhang, Extended and virtual enterprise: Similarities and differences, «International Journal of Agile Management Systems», 1 (1999), n. 1, p. 30-36.
[5] Robert J. Vovurka, Gene Fliedner, The journey toward agility, «Industrial Management & data Systems», 98 (1998), n. 4, p. 165-171; Chester W. Richards, Agile manufacturing: beyond lean, «Production & Inventory Management Journal», 37 (1996), n. 2, p. 60-64.
[6] John A. Byrne, The horizontal corporation, «Business Week », n. 3351, Dec. 20, 1993, p.76-81. Cfr. Frank Ostroff, Douglas Smith, The horizontal organization, «McKinsey Quarterly», 1992, n. 1, p. 148-168.
[7] Larry Hirschhorn, Thomas Gilmore, The new boundaries of the "boundaryless" company, «Harvard Business Review», 70 (1992), n. 3, p. 104-115.
[8] William J. Semich, Information replaces inventory at the virtual corporation, «Datamation», 40 (1994), n. 14, p. 37-40. Pare che l'espressione "impresa virtuale" sia stata coniata a inizio anni Novanta da un manager della Digital.
[9] Cfr. Gene, Bylinsky, The digital factory, «Fortune», 130 (1994), n. 10, p. 92-99.
[10] Frances Mcnair, Edward E. Milam, The limited liability company: An idea whose time has come, «Management Accounting», 76 (1994), n. 6, p. 30-33.
[11] Claudio Leombroni, Il bibliotecario tra 'reale' e 'virtuale', in Fast library, slow library: biblioteche provinciali e statali nella società dell'informazione, 6. convegno nazionale, Pescara, 26-27 settembre 2002, Roma: AIB, 2003, p. 71-91.
[12] Cfr. Giovanni Solimine, Le culture della biblioteca, i saperi del bibliotecario, «Biblioteche oggi», 22 (2004), n. 4, p. 19.
[13] Il primo volume intitolato «La situazione attuale» è disponibile all'indirizzo <http://www.iccu.sbn.it/BDI-SDF.pdf>; per il secondo volume, intitolato «Il progetto di massima», si consulti <http://www.iccu.sbn.it/BDI-SDF-Prog.pdf> [di seguito citati come Studio I o Studio II]. Nel corso del 2003 lo studio è stato aggiornato e arricchito di documenti complementari. L'intera documentazione è disponibile sul sito Web dell'ICCU <http://www.iccu.sbn.it/docbdi.html>.
[14] Cfr. Giuseppe Ammendola, La memorizzazione di immagini su dischi ottici, in Id., Automazione e multimedialità in biblioteca, Milano: Editrice Bibliografica, 1998, p. 126-135.
[15] Remarks by Vice President Al Gore at National Press Club, December 21, 1993 <http:// www.ibiblio.org/nii/goremarks.html>.
[16] Per un inquadramento generale cfr. Lois F. Lunin, Edward A. Fox, Perspectives on digital libraries: Introduction and overview, «Journal of the American Society for Information Science», 44 (1993), n. 8, p. 440-445.
[17] Cfr. Michael Rogers, Gore includes libraries in future information policy, «Library Journal», 119 (1994) n. 3, p. 109.
[18] Gérard Théry, Les autoroutes de l'information: rapport au Premier ministre, Paris: La Documentation françaises, 1994.
[19] Tommaso Giordano, Biblioteche digitali: la nuova frontiera della cooperazione, «Bollettino AIB», 38 (1993), n. 3, p. 272.
[20] E-Italia: un progetto per l'Italia e l'Europa, un contributo per la comunità internazionale, Milano: Il Sole 24 ore, 2000.
[21] Rohit Deshpandé, Frederick E. Webster, Organizational culture and marketing: Defining the research agenda, «Journal of Marketing», 53 (1989), n. 1, p. 3-15: p. 4. Cfr. Linda Smirchic, Concepts of culture and organizational analysis, «Administrative Science Quarterly», 28 (1983), n. 3, p. 339-358; Geert Hostfede, Attitudes, values and organizational culture: Disentangling the concepts, «Organization Studies», 19 (1998), n. 3, p. 477-492.
[22] Cfr. Yvan Allaire, Mihaela Firsirotu, Theories of organizational culture, «Organization Studies», 5 (1984), n. 3, p. 193-226.
[23] Studio II, p. 5.
[24] Ivi, p. 6.
[25] Ivi, p. 7.
[26] Ivi, p. 12.
[27] Cfr. Documento sulla riorganizzazione di SBN, 1999, <http://www.iccu.sbn.it/riorgsbn.html>.
[28] Gianni Bonazzi, Intervento in La biblioteca digitale: produzione, gestione e conservazione della memoria nell'era digitale: atti della III Conferenza Nazionale delle Biblioteche, Padova, Biblioteca del Monumento Nazionale di Santa Giustina, 14-16 febbraio 2001, Roma: Tiellemedia Editore, 2002, p. 112.
[29] Studio II, p. 12.
[30] Ivi, p. 15-17.
[31] Documento finale, in La biblioteca digitale cit., p. 229.
[32] Francesco Sicilia, Intervento, in La biblioteca digitale cit., p. 25.
[33] Cfr. Tommaso Giordano, Biblioteche digitali cit., p. 273.
[34] L'espressione è di Giovannella Morghen: si veda Intervento alla tavola rotonda «Sbn e la cooperazione», in La cooperazione interbibliotecaria: livelli istituzionali e politiche, Atti del convegno regionale, Firenze, Palazzo degli Affari, 27-29 novembre 1989, a cura di S. Peruginelli, A. M. Speno, Firenze, Giunta regionale toscana; Milano Editrice Bibliografica, 1990, pp. 169-174.
[35] In proposito sono molto utili le considerazioni di Giulio Giorello, Un mondo senza centro nella reti delle reti, «Telèma», 1995/1996, n. 3 <http://www.fub.it/telema/TELEMA3/Giorell3.html>.
[36] Cfr., ad esempio, Business models for distribution, archiving and use of electronic information: towards a value chain perspective. A study by Mark Bide & Associates, Luxembourg: Office for Official Publications of the European Communities, 2001.
[37] Per una chiara sintesi cfr. Luciano Scala, L'evoluzione di SBN e le nuove prospettive della Biblioteca digitale italiana, in La biblioteca condivisa: strategie di rete e nuovi modelli di cooperazione, a cura di Ornella Foglieni, Milano: Editrice Bibliografica, 2004, p. 195-199.
[38] Si veda la documentazione disponibile all'indirizzo <http://www.iccu.sbn.it/bdi.html>.
[39] Cataloghi digitalizzati disponibili su Internet: studio di confronto e valutazione, 2001, <http://www.iccu.sbn.it/studio_cataloghi.pdf>.
[40] Il modulo di interrogazione è disponibile all'indirizzo <http://cataloghistorici.bdi.sbn.it/code/index.asp>.
[41] Come si è detto, il "Gruppo di studio sugli standard e le applicazioni di metadati nei beni culturali" fu istituito dall'ICCU nel corso del 2000. Il Gruppo, composto da appartenenti al mondo degli archivi, delle biblioteche e delle arti, si suddivise subito in due sottogruppi dedicati ai metadati descrittivi e ai metadati amministrativo gestionali. Nel luglio 2003 i due gruppi sono confluiti nel Comitato MAG, che, oltre alle finalità del gruppo originario, ha lo scopo di curare la diffusione e l'evoluzione del set di metadati MAG. Sull'attività e la composizione dei gruppi si veda <http://www.iccu.sbn.it/grupmeta.htm>.
[42] Sui portali culturali in generale cfr. Giuseppe Vitiello, Introduzione ai portali culturali, «Biblioteche oggi», 19 (2001), n. 4, p. 56-65.
[43] Sul concetto di grado di virtualità cfr. Christian Scholz, Virtuelle Unternehmen: Organisatorische Revolution mit strategischer Implikation, «Management und Computer», 4 (1996), n. 1, p. 24-36.
[44] Cfr. Giovanni Bergamin, Intervento, in La biblioteca digitale cit., p. 115-118.
[45] Si veda <http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/progetti_comitato/progetto_bibliodigitale.html>. Nella stessa pagina sono disponibili link alle pagine informative degli altri progetti approvati.
[46] ICCU, La Biblioteca digitale italiana e il Network turistico-culturale: realizzazione del primo nucleo di innovazione tecnologica, 2003 [dattiloscritto], p. 10-11.
[47] La Biblioteca digitale italiana e il Network turistico-culturale cit., p. 20.
[48] Per una disamina dei vari significati del concetto di interoperabilità cfr. P. Miller, Interoperability: What is it and why should I want it? «Ariadne», 2000, n. 24 <http://www.ariadne.ac.uk /issue24/interoperability/>.
CLAUDIO LEOMBRONI, Provincia di Ravenna - Servizio Biblioteche, via Garatoni, 6, 48100 Ravenna, e-mail cleombroni@mail. provincia.ra.it.
N.B. An English abstract of this article is also available.
Copyright AIB 2004-07-21, a cura di Anna Galluzzi
URL: https://www.aib.it/aib/boll/2004/0402115.htm