La disponibilità di nuove tecnologie per il trattamento digitale di documenti, che caratterizza l'era presente, viene correntemente enfatizzata soprattutto per quanto riguarda il versante della potenza di calcolo e della trasmissione dei dati, che indubbiamente contribuiscono a una circolazione delle informazioni più vasta e rapida, e quindi ad una notevole accelerazione nello scambio e nell'elaborazione della conoscenza [1]. Ma in realtà anche sul versante documentario, e quindi biblioteconomico in senso lato, essa implica profonde evoluzioni, che la nostra cultura ha soltanto cominciato ad assimilare.
I documenti destinati ad essere pubblicati in rete sono tipicamente codificati secondo linguaggi di marcatura, quali il comune HTML e l'XML di crescente diffusione. Nei linguaggi di marcatura gli elementi che costituiscono il documento, sia testuali che di altro genere, sono racchiusi da marcatori (tag) che ne caratterizzano il ruolo: ad esempio titoli, titoli di sezioni e di sottosezioni, citazioni, collegamenti ad altri documenti, ecc. Tale struttura può essere interpretata dai diversi tipi strumenti di lettura (browser) rendendola in vario modo: la disposizione del testo sullo schermo, i tipi di carattere, la visualizzazione delle immagini, il numero di pagine utilizzate e così via saranno adattati di volta in volta a seconda dell'interfaccia disponibile e delle particolari configurazioni impostate dall'utente. La presentazione, in altre parole, viene codificata solo in minima parte da marcatori: perlopiù è invece svincolata dalla struttura del documento, e affidata ad una fase successiva del processo comunicativo. Il contenuto diventa così indipendente dalle tradizionali costrizioni fisiche contingenti e può svilupparsi più liberamente a seconda delle esigenze della propria natura concettuale.
Questa improvvisa libertà non manca di suscitare dapprima un certo timore e disorientamento in chi produce i documenti. Gli autori infatti dimostrano spesso di rimanere troppo ancorati alla logica dei documenti cartacei: per esempio, utilizzando strumenti di videoscrittura che definiscono minuziosamente aspetti di presentazione pensati originariamente in funzione della stampa, e che possono essere convertiti solo in un codice HTML contro natura, male impostato e forzosamente zeppo di istruzioni di dettaglio; oppure realizzando siti web che come è stato osservato [2] assomigliano a "incunaboli digitali", riproducendo caratteristiche dei documenti cartacei diventate in realtà inutili e d'impedimento nel nuovo mezzo digitale: è il caso delle pagine "di copertina" di certi siti, tra i quali anche l'interfaccia web del principale catalogo italiano [3], che non hanno quasi altro effetto che obbligare ad un passaggio in più per accedere al nucleo del contenuto, oppure a memorizzare un indirizzo più complesso di quello di base.
La natura, e per così dire la filosofia, dei linguaggi della rete è un'altra: l'integrazione, a prescindere dai dettagli della resa percettiva, di più forme comunicative in un'interfaccia unica (multimedialità), inserita in una rete di collegamenti a scala potenzialmente globale (ipertestualità), in aggiornamento e accrescimento continuo (integrabilità), navigabile secondo rotte disegnate da ciascun utente a seconda degli interessi e delle modalità di accesso (interattività) [4-5]. Il corpus globale delle conoscenze pubblicate, quello che Theodor Holm Nelson chiama "docuverso" [6], realizza così finalmente in modi più diretti e tangibili la sua già preesistente natura ipertestuale: ossia la caratteristica di essere formato da innumerevoli unità informative, collegate fra loro da una trama di rimandi e citazioni, per seguire la quale però fino ad ora è stato necessario percorrere faticosi itinerari di note a pie' di pagina, note in fondo al volume, bibliografie, cataloghi, librerie, biblioteche, tessere, fotoriproduzioni, servizi interbibliotecari... La Rete, in questa prospettiva, non è che la realizzazione di una biblioteca globale, nella quale dovrebbero essere accessibili documenti su tutti gli argomenti che qualcuno si sia mai dato la pena di trattare e in tutte le tipologie comunicative, che ora "convergono al digitale" [7]. La tendenza all'integrazione si percepisce anche al livello dei cataloghi, le cui interfacce di rete possono ora offrire accesso contemporaneamente a descrizioni di formati assai diversi fra loro (ISBD, Dublin Core, abstract, ...), e talvolta addirittura ai documenti stessi [8-9].
Ma se la Rete è una grande biblioteca, allora per gestire in modi efficaci l'accesso ai suoi contenuti sono necessarie tecniche di tipo bibliotecario. Allora i bibliotecari, preoccupati del futuro del loro ruolo nella nuova era di disintermediazione fra documenti e lettori, dovrebbero invece considerarsi proprio i principali detentori delle competenze di organizzazione della conoscenza, delle quali c'è palesememente bisogno affinché il pubblico possa sfruttare Internet in modi realmente fecondi [10-12]. Provando a prendere sul serio l'analogia trita della biblioteca virtuale, l'accesso a qualsiasi documento può essere curato tenendo presente le sue funzioni informative nel contesto globale in cui esso andrà a inserirsi. Ogni piccolo tassello può così contribuire alla realizzazione di un "WWW da bibliotecari", secondo l'espressione adottata dal vice-coordinatore di AIB-WEB Eugenio Gatto. È con questo spirito che in AIB-WEB [13] vengono sperimentati numerosi aspetti organizzativi per la manutenzione e lo sviluppo di un sito che sia non soltanto prodotto da bibliotecari e destinato a bibliotecari, ma anche concepito, a rischio di andare controcorrente, secondo criteri "da bibliotecari" [14-18].
A ben guardare, in effetti, molti aspetti del tradizionale lavoro bibliotecario (accessibilità, reference, politica delle acquisizioni, indicizzazione, collocazione, aggiornamento e conservazione, promozione, organizzazione del personale, ...) hanno un corrispettivo nell'applicazione delle tecniche professionali alla rete globale di documenti ipertestuali.
Presupposto necessario all'efficacia di qualsiasi servizio documentario è che esso sia accessibile a tutte le categorie di potenziali utenti, come espresso dal Manifesto dell'UNESCO: ciò tanto dal punto di vista architettonico quanto da quello regolamentare e da quello culturale. Allo stesso modo, anche l'accesso ai documenti in rete deve essere favorito indipendentemente dalle limitazioni contingenti [19] di carattere fisico (utenti disabili o in condizioni ambientali anomale, che utilizzano interfacce differenti da quelle di massa quali dispositivi output a sintesi vocale o braille, dispositivi input diversi da tastiera e mouse, ecc.), tecnologico (utenti provvisti di collegamenti poco potenti, o costosi, di browser relativamente spartani non aggiornati all'ultima moda), e anche culturale (utenti non esperti della navigazione in rete, disorientati da interfacce troppo complesse e da indicazioni esclusivamente gergali) [20-21].
In contrasto con la moda, alimentata dai grandi produttori di software, di consigliare l'utilizzo di browser all'ultimo grido e di una determinata marca -- considerati alla stregua di status symbol -- per fruire al meglio del contenuto di una certa pagina, la campagna "Viewable with any browser" [22] promuove la diffusione di documenti accessibili indipendentemente da strumenti di ricezione specifici. Questo approccio è in effetti molto più coerente con i principi della progettazione dei linguaggi di marcatura, e in particolare con la loro caratteristica di separare le funzioni di strutturazione dei documenti da quelle di presentazione. Non a caso, infatti, la campagna si rifà alle parole pronunciate in questo senso già nel 1996 da uno dei principali artefici del WWW, Tim Berners-Lee: "Chiunque sbatta nelle proprie pagine un'etichetta del tipo "questa pagina si consulta meglio con il browser X" sembra che provi un forte desiderio di tornare a quei terribili giorni, prima del Web, dove si avevano poche possibilità di leggere un documento scritto su un altro computer, da un altro elaboratore testi, o in un'altra rete" [23].
AIB-WEB aderisce esplicitamente alla campagna "Viewable with any browser", e inoltre promuove le "Linee guida per l'accessibilità ai contenuti del Web", delle quali ospita sul sito la traduzione italiana [24]. Queste raccomandazioni sono emanate dallo stesso World Wide Web Consortium (W3C), l'organismo ufficiale dedicato allo sviluppo del Web e alla definizione dei suoi standard tecnici. Anche in questo caso, le indicazioni provenienti dalle fonti più autorevoli appaiono ben diverse dalla moda, attualmente tanto diffusa nella Rete, di compiacersi dell'uso di sofisticati effetti speciali [25]. La filosofia di fondo infatti è quella di consentire la fruizione dei documenti a tutti gli utenti, indipendentemente dai mezzi percettivi e dalle condizioni con cui accedono alla Rete; ciò è pienamente realizzabile sfruttando proprio la separazione tra struttura e presentazione: in particolare, degli elementi di contenuto espressi in forma di immagini, animazioni, disposizioni e accostamenti sullo schermo (come nel caso dei "frame"), suoni e così via si raccomanda di fornire sempre un equivalente testuale che sia utilizzabile in alternativa alla presentazione multimediale.
Il testo semplice, infatti, è la lingua franca più universale per i diversi tipi di software di interpretazione: esso può essere gestito graficamente secondo l'opportunità, interpretato da interfacce braille e di sintesi vocale, nonché indicizzato dagli strumenti automatici (i cosiddetti "motori di ricerca") che costituiscono un ausilio fondamentale per il reperimento delle informazioni a livello sia dei singoli siti che dell'intera Rete. È perciò imperativo che almeno le informazioni essenziali di un sito, ma possibilmente la sua totalità, siano disponibili in forma di testo -- il che non impedisce affatto di realizzare pagine gradevoli ed immediate, né di utilizzare elementi multimediali quando ne valga la pena: infatti "queste linee guida non invitano gli sviluppatori di contenuti a non utilizzare immagini, video, ecc., suggeriscono invece come rendere i contenuti multimediali accessibili a un pubblico più vasto" [24]. Sotto questo profilo, il sito dell'AIB e in particolare la sua homepage sono noti per essere clamorosamente anticonvenzionali, limitando le immagini al solo logo dell'Associazione e presentando gli indici in forma di semplicissimi e apparentemente obsoleti menù testuali. Alle critiche spesso giunte a suggerire di allontanarsi almeno di qualche passo da questa "ascesi" documentaria [26], la redazione ha finora resistito consapevolmente, preferendo continuare a proporre un esempio -- sicuramente migliorabile, com'è ovvio -- di come si possano fornire contenuti di accessibilità immediata senza bisogno di mezzi espressivi sofisticati.
Il secondo presupposto perché l'utente possa raggiungere le informazioni che soddisfano le sue necessità è la disponibilità di indicazioni efficaci, che lo aiutino a orientarsi e impostare correttamente il suo percorso attraverso la moltitudine dei documenti che gli si offrono.
Trasferita su un sito web, tale funzione implica innanzitutto un oculato posizionamento delle informazioni nei punti dove esse saranno presumibilmente più utili. La homepage costituisce l'equivalente dell'atrio (o del banco informazioni) della biblioteca: perciò essa deve offrire tutte le indicazioni di uso più frequente e immediato, come ad esempio i recapiti e gli orari di apertura delle istituzioni delle quali il sito tratta. Informazioni pure generali ma di fruizione meno immediata, come la storia e il regolamento ufficiale dell'istituzione, non dovranno invece costituire il primo contatto dell'utente con il servizio, bensì essere facilmente raggiungibili all'occorrenza -- in una sezione o una pagina apposita, collegata a quella centrale attraverso un solo passaggio.
L'organizzazione delle varie parti del sito dovrà altresì risultare chiara, grazie ad un'opportuna disposizione di indici, menù e di un'eventuale mappa; al pari di come la disposizione dei servizi nei locali della biblioteca è chiarita da un'adeguata segnaletica. Tanto una biblioteca fisica quanto un sito tenderanno ad assomigliare sempre più ad un labirinto (per la gioia dei borgesiani) in funzione dell'aumento delle loro dimensioni; è quindi importante curare che in ciascun punto l'utente possa trovare indizi che lo aiutino a spostarsi da una parte all'altra senza smarrirsi né perdere tempo.
Ciascuna pagina web, pur nell'autonomia dei suoi contenuti, deve quindi essere contestualizzata nell'ambito del sito: per esempio ricordando di includervi, a mo' di intestazioni, il nome o il logo principale del sito e il nome della sezione nella quale ci si trova. Collegamenti con la homepage e con le pagine capostipiti della sezione corrente e di altre sezioni affini o comunque rilevanti dovrebbero essere sempre offerti, attraverso una semplice "barra di navigazione" in fondo alla pagina, o a lato, ed eventualmente in alto. Anche una disposizione ordinata degli elementi che si ripeta in tutte le pagine faciliterà notevolmente l'orientamento dell'utente. Nel progettare queste indicazioni, è importante ricordare che, per la natura degli ipertesti, non è possibile prevedere da quale direzione l'utente sarà giunto a quella particolare pagina: il percorso gerarchico a partire dalla homepage verso le parti più specifiche del sito, infatti, è soltanto uno dei possibili; chiunque potrebbe aver definito un collegamento diretto ad una pagina subordinata, a partire da un altro sito del quale gli autori del primo non conoscono neppure l'esistenza. Di conseguenza risulterà scorretta qualsiasi indicazione che si riferisca al presunto percorso precedente dell'utente, del tipo di "torna indietro" (per quest'ultima funzione esistono invece apposite funzioni dei browser, che sono in grado di tenere conto del percorso effettivamente compiuto in quella particolare navigazione).
Può essere opportuno altresì fornire collegamenti ipertestuali trasversali, ossia che conducono da un punto a un altro del sito senza seguire la gerarchia principale: tali collegamenti assolvono la stessa funzione logica di un rinvio di tipo "vedi anche" in un catalogo o un tesauro; l'importante che è all'utente che li segue sia chiara la loro differenza dai collegamenti gerarchici verso l'alto o verso il basso, e che egli non si trovi spaesato giungendo nella nuova pagina -- aiutato anche dai segni contestualizzanti presenti in quest'ultima.
Come avviene in biblioteca, l'utente può sentire il bisogno di rivolgersi direttamente a una persona per farsi aiutare. In un sito il reference umano, pur dovendo rinunciare all'immediatezza della comunicazione diretta, è realizzabile attraverso collegamenti ad indirizzi di posta elettronica. Ad evitarne l'abuso, occorre curare la posizione in cui tali collegamenti sono collocati, le indicazioni che li accompagnano, e la pertinenza dei destinatari con quanto è trattato in quella particolare sezione del sito: altrimenti si riveleranno solo un disturbo per il personale e uno strumento inefficace per l'utente, che si troverà a ricevere risposte vaghe, inutili o troppo ritardate.
Chi realizza un sito opera inevitabilmente delle scelte sui contenuti da inserirvi, scelte che sono per molti aspetti analoghe a quelle compiute da una biblioteca nell'acquisire determinati volumi piuttosto che altri.
Gran parte delle informazioni che può venire in mente di fornire sul proprio sito molto probabilmente sono già presenti da qualche parte sulla Rete. Fanno eccezione, naturalmente, le informazioni sulla propria istituzione, realtà locale, attività: perciò saranno innanzitutto queste che varrà la pena di pubblicare, in quanto nessun'altra fonte sarà altrettanto qualificata né interessata a curarne la disponibilità.
Accanto a queste, si può desiderare fornire anche informazioni riguardanti enti e attività affini o in qualche modo collegate, che si presumono utili per lo stesso tipo di pubblico. La politica di scelta dei contenuti di un sito dipende quindi dalla missione culturale dell'istituzione che lo realizza: è importante che tale missione sia chiara ai realizzatori del sito, e possibilmente anche espressa sinteticamente nel sito stesso. La definizione dell'ambito inoltre deve tener conto delle forze che si prevede saranno disponibili, anche nel medio termine, per tenere il passo degli inevitabili aggiornamenti e integrazioni, la cui onerosità viene facilmente sottovalutata nel momento in cui si viene catturati dall'entusiasmo di una nuova realizzazione.
Quando le informazioni ritenute rilevanti sono già disponibili in altri siti, i collegamenti ipertestuali offrono la possibilità di rinviare a questi ultimi invece che ripeterle. Il proprio sito va infatti considerato non come un'entità isolata, bensì come una parte della biblioteca globale, della quale ciò che conta non è soltanto il particolare contenuto ma anche il collegamento con il resto dell'universo documentario. E nella biblioteca globale (che consente la consultazione contemporanea da parte di più utenti) è sufficiente che sia presente una sola copia di ciascun documento -- a patto che sia garantita la sua conservazione. La scelta di rinviare a fonti già esistenti è quindi particolarmente opportuna quando queste fonti sono ritenute valide e durevoli. La riproduzione integrale di documenti già presenti altrove ("mirroring") -- a parte le questioni di copyright -- è consigliabile soltanto in presenza di accordi di cooperazione precisi e ben funzionanti tra le parti in causa, in particolare allo scopo di facilitare l'accesso a grandi quantità di dati da server posti in regioni geograficamente distanti; in tutti gli altri casi, la duplicazione delle informazioni contraddice i principi di economia documentaria e rischia di creare sconcertanti difformità quando gli aggiornamenti non siano paralleli (tipico ad esempio il caso dei programmi di congressi riportati sui siti di più enti organizzatori) [27].
Una funzione appropriata del sito può essere la realizzazione di repertori di altre fonti disponibili in rete per l'ambito di interesse (in sostanza bibliografie di documenti in rete), corredati da collegamenti ipertestuali diretti. Il repertorio creato secondo un certo taglio può caratterizzarsi come risorsa utile per il proprio particolare pubblico e dimostrarsi originale nella scelta delle fonti citate e nella loro organizzazione. Anche in questo caso peraltro è opportuno verificare se non esistano già repertori equivalenti, magari più ampi e meglio aggiornati, ai quali convenga rinviare piuttosto di impegnarsi in una versione personale dell'invenzione dell'acqua calda. Può essere utile anche prendere contatto con i manutentori dei siti affini al proprio, per informarsi sulle rispettive politiche di sviluppo ed eventualmente accordarsi per una suddivisione del lavoro nel proprio ambito disciplinare.
Momento centrale nella gestione di grosse quantità di documenti è l'indicizzazione. Nel caso del Web, i documenti e i loro indici sono integrati in modi più fini e complessi di quanto avvenga per il tradizionale binomio costituito dai volumi posseduti dalla biblioteca e dal loro catalogo. Elementi di indicizzazione sono infatti forniti già dagli autori stessi dei documenti, attraverso la scelta dei termini (che potranno essere indicizzati dagli strumenti automatici) impiegati in tutte le parti del testo, e in modo particolare in quelle delimitate da marcatori di intestazioni e titoli: H1, H2, H3, ..., TITLE, META.
La scelta dei titoli di documenti e loro sezioni e la completezza della loro indicazione assume quindi importanza non soltanto ai fini dell'utilizzo del documento, come avviene per i capitoli di un libro, ma anche del suo reperimento. Il marcatore H1 dovrebbe essere riservato al titolo generale, e quelli gerarchicamente inferiori H2, H3 ecc. utilizzati per identificare coerentemente sezioni e sottosezioni. Il marcatore TITLE, nonostante il suo nome, non equivale esattamente al titolo riportato sul frontespizio di un volume, quanto ad un'indicazione parzialmente esterna, che si viene a ritrovare nell'intestazione della finestra del browser, negli elenchi di "segnalibri" memorizzati, e nell'intestazione delle schedine fornite dagli indici automatici come risposta alla richiesta di parole chiave; perciò esso sembra piuttosto assimilabile a una forma alternativa di titolo riportata sulla costa del volume. La descrizione del documento può essere completata dai metadati inseriti in corrispondenza dei marcatori META, in forma libera oppure secondo determinati standard, fra i quali com'è noto si va consolidando il Dublin Core.
Infine, è importante che sul documento vengano riportati responsabilità tecnica, eventuale collegamento con versioni precedenti o alternative, data di creazione, data di ultimo aggiornamento e indirizzo univoco di rete (URL): in AIB-WEB queste informazioni, insieme al copyright, sono sempre riportate in una porzione finale e in minore evidenza del documento, detta "coda", paragonabile al verso del frontespizio o al colophon di una pubblicazione a stampa [28].
Il fatto che l'indicizzazione dipenda in buona parte dagli autori stessi del sito pone problemi deontologici (l'indicizzatore non è più una terza parte neutrale che media fra autore e utente) [29] e di competenza tecnica. Nel caso dei documenti prodotti da bibliotecari, in verità, la competenza per l'autoindicizzazione non dovrebbe mancare, a patto che ci si renda conto che si tratta di applicare anche qui logiche e principi tradizionali dell'indicizzazione, senza lasciarsi abbagliare dalla novità del supporto. La scelta dei termini e del loro ordine di citazione è in fin dei conti una vecchia questione biblioteconomica...
Come sarebbe poco utile catalogare un volume sotto l'intestazione "Libro" (e, per lo stesso motivo, sotto "Autori vari"), così espressioni quali "Homepage" o "Biblioteca", che purtroppo compaiono nel TITLE di molti siti bibliotecari, sono evidentemente troppo vaghe per svolgere la loro funzione. Occorrerà invece identificare i termini più specifici e significativi che riassumono il contenuto di una pagina, e dar loro la precedenza in titoli e metadati, possibilmente concentrandoli nella loro parte iniziale (front loading), quella che inciderà in un eventuale ordinamento alfabetico e che più probabilmente verrà comunque riportata anche nel caso di espressioni troppo lunghe per essere visualizzate interamente.
L'attribuzione ad un documento di un indirizzo (URL) al quale potrà essere reperito sulla Rete equivale all'attribuzione ad un volume di una collocazione negli scaffali della biblioteca attraverso un apposito codice (segnatura). Come è noto, l'unico requisito indispensabile di una collocazione è che sia associabile all'ubicazione del documento; e tuttavia, piuttosto di assegnare ad essa una sequenza arbitraria -- ad esempio quella dei numeri di ingresso -- conviene sfruttarla per creare disposizioni più utili ai fini della consultazione, esprimendo sinteticamente in essa qualche caratteristica del volume -- ad esempio classe semantica, periodo di pubblicazione, cognome dell'autore, ecc.
Parimenti, i nomi di directory, sottodirectory e file nei quali un sito si articola possono essere scelti con attenzione, in modo da essere espressivi e ordinabili in modo utile. Generalmente i primi elementi dell'indirizzo, come il nome del dominio e del server, sono già dati in quanto dipendono dalle istituzioni che forniscono l'accesso alla Rete; mentre le sue parti terminali sono sotto il controllo degli autori dei documenti.
Come per il caso delle intestazioni, non conviene sprecare caratteri attribuendo nomi generici e ovvi quali <sito> e <homepage>; né ripetere informazioni già espresse nei nomi di livello superiore, come in <biblio/biblio12.htm>. I nomi dovrebbero essere abbastanza espressivi, in modo da suggerire qualcosa in merito al contenuto ed essere facilmente memorizzabili e scandibili a voce (ad esempio indicando l'indirizzo della biblioteca per telefono), come in <biblioteche/fisica/servizi.htm#prestito>.
Trattando serie di file omogenei, si può attribuire loro numeri o lettere consecutivi, come in <mai.htm>, <mai2.htm>, <mai3.htm>, in modo che in un ordinamento alfabetico vengano a trovarsi vicini secondo il principio che Ranganathan chiama di successione conveniente; l'ordinamento risulta particolarmente importante nel caso di liste lunghe, come quelle che ci si può trovare a gestire durante le operazioni di trasferimento dei file sul server (FTP).
Poiché anche la biblioteca globale "è un organismo che cresce", ovvero il Web è illimitatamente integrabile, conviene prevedere una notazione ospitale: per esempio, se si prevede che in futuro il sito conterrà più di una decina di file, preferire fin dall'inizio <biblio05> a <biblio5>. La questione è collegata ad un'altra esigenza ben più basilare, quella della stabilità degli indirizzi: una volta attribuito un URL ad un documento, bisognerebbe fare tutto il possibile perché esso non cambiasse più, in quanto ogni spostamento creerà problemi a chi abbia registrato l'indirizzo precedente o abbia definito collegamenti ipertestuali verso di esso. Come osserva Luigi Crocetti, la riclassificazione (e quindi ricollocazione) è probabilmente l'operazione più costosa di tutta la biblioteconomia. Trovandosi costretti a cambiare un indirizzo, si raccomanda naturalmente di lasciare all'indirizzo vecchio un rinvio, automatico o meno.
Infine, è comodo che gli indirizzi siano corti, in modo che siano più facilmente contenuti entro lo spazio di una riga della carta o dello schermo. A questo scopo si possono utilizzare sigle e abbreviazioni, possibilmente di interpretazione intuitiva, come in <www.aib.it/aib/lis/opac1.htm> che equivale a "AIB-WEB. Il mondo delle biblioteche in rete. OPAC italiani". Per lo stesso fine si può attribuire alla pagina principale di un sito o di una sezione i nomi <index.html> o <default.html> (a seconda del sistema operativo del server), che vengono richiamati come predefiniti in mancanza di altre specificazioni: per cui per ottenere <comune/bib/index.html> è sufficiente richiedere <comune/bib/>. Se d'altra parte non esiste alcuna pagina chiamata con questi nomi, richiedendo l'indirizzo breve si ottiene invece la struttura della directory con l'elenco dei file che comprende: questa soluzione di trasparenza è adottata in AIB-WEB, permettendo a chi vi sia interessato di esaminare il modo in cui sono stati organizzati i contenuti.
Una volta organizzati e resi disponibili i documenti, perché essi siano fruibili costantemente occorre prevedere alcune operazioni di manutenzione. Le indicazioni in essi contenute potrebbero necessitare di aggiornamenti (ad esempio per quanto riguarda gli orari e i servizi di una biblioteca, l'ammontare delle registrazioni presenti nei suoi cataloghi, ecc.). Ma l'aspetto più oneroso è il controllo dei collegamenti verso siti esterni, che andrà compiuto periodicamente, in quanto come è noto gli indirizzi di rete sono soggetti a variare senza preavviso. Alcuni strumenti, reperibili anche gratuitamente in rete, possono aiutare nel lavoro di controllo, segnalando automaticamente, tra gli indirizzi collegati a partire da una certa pagina web, quali non risultano più esistenti; ma un esame umano è sempre necessario, anche se eventualmente con una cadenza minore, in quanto alcuni indirizzi potrebbero continuare ad esistere ma corrispondere a contenuti completamente diversi. Un documento che non si trovi più ad un certo indirizzo può spesso essere ritrovato ad un altro parzialmente diverso, che si può individuare ripartendo da una pagina di snodo di livello superiore (provando ad accorciare progressivamente la parte finale dell'URL) o dalla homepage del sito, oppure cercandolo per parole o per classi negli indici della Rete.
Nuove pagine e sezioni possono essere man mano integrate alle prime versioni del sito, anche singolarmente, grazie alla natura integrabile del Web. In questa fase è necessario prestare particolare attenzione all'aggiornamento dei menù e degli indici del sito, ai quali vanno aggiunti nei punti appropriati i collegamenti alle parti nuove. Se la struttura preesistente è stata progettata con sufficiente lungimiranza, l'aggiunta di nuovo materiale non ne comporta l'alterazione, cosicché gli utenti che abbiano già visitato il sito vi si ritrovino senza essere costretti a reimpararne l'organizzazione.
La presenza degli elementi nuovi dovrebbe essere percepibile a chi andrà a consultare i rispettivi menù perché interessato a quel tipo di informazione, senza bisogno che sia segnalata in modi troppo vistosi che disturbino chi invece non vi è interessato. È possibile riservare uno spazio alla segnalazione di novità nel sito, ma occorre prestare molta attenzione al suo aggiornamento, pena la caduta nel ridicolo davanti agli utenti che trovassero segnalazioni di "novità" relative all'anno precedente... In alcune parti di AIB-WEB viene sperimentata una tecnica per la segnalazione delle pagine nuove o modificate di recente: in corrispondenza dei collegamenti verso quelle pagine, è evidenziata la loro data di aggiornamento in rosso vivo (se molto recente) o in rosso scuro (se meno recente); tale dato è derivato dalla data di aggiornamento del file, e una volta trascorso un mese la segnalazione scompare automaticamente, senza che i gestori debbano preoccuparsi della scadenza e della conseguente eliminazione [30].
L'introduzione di qualsiasi modifica in una pagina preesistente è documentata in AIB-WEB mediante l'inserimento di una breve ma precisa nota all'interno di un marcatore di commento, comprendente descrizione della modifica, data e sigla del redattore intervenuto: la nota, pur non essendo visualizzata nella forma corrente di presentazione della pagina, resta così archiviata per gli scopi documentari e redazionali. In particolare, questa tecnica permette di evitare equivoci nella manutenzione di documenti ai quali lavorino più redattori.
Le versioni di un documento precedenti all'ultima dovrebbero essere conservate, sia a scopo di sicurezza che a scopo archivistico. Eventualmente si può scegliere di non conservare gli aggiornamenti minori, stabilendo un criterio per distinguerli da quelli più consistenti. I file delle versioni obsolete possono essere conservati in copie locali, ed eventualmente messi a disposizione anche sul sito stesso quale documentazione storica sul suo sviluppo, naturalmente in una sezione secondaria il cui accesso non risulti ingombrante rispetto agli usi più correnti.
Particolarmente delicata risulta l'attribuzione dei nomi di file alle versioni obsolete: è infatti logico che l'indirizzo semplice di un documento sia ereditato dalla versione corrente, quella che l'utente dovrà trovare nel momento in cui andrà a consultare quel tipo di informazione. Le versioni obsolete devono quindi acquisire un nuovo nome, diverso da quello semplice per evitare rischiose sovrapposizioni con perdita delle informazioni più aggiornate. In AIB-WEB il nome d'archivio, definitivo, viene attribuito nel momento in cui la pagina è sostituita da un'altra più aggiornata, aggiungendo al nome corrente un trattino seguito da sei cifre che rappresentano la data in forma breve ("rename di archiviazione"); ad esempio, se il file <mai.htm> viene aggiornato il 23 luglio 2002, la versione che è stata in vigore fino a quel momento prende il nome <mai-020723.htm>. Questo sistema permette fra l'altro di ritrovare nella lista alfabetica dei file le diverse versioni della stessa pagina in ordine cronologico, secondo il principio di successione conveniente. [28, 30-31].
Una tecnica analoga è consigliabile per le riviste pubblicate periodicamente in rete (ammesso che la periodicità abbia ancora un senso, in un ambiente integrabile indefinitamente): la pagina di accesso all'ultimo numero pubblicato dovrebbe avere il nome più semplice, quello pubblicizzato e registrato dagli utenti, ad esempio <rivista>; mentre gli indici dei numeri precedenti, nel momento in cui saranno sostituiti da quello più recente, potranno prendere nomi d'archivio corrispondenti alla numerazione del periodico, ad esempio <rivista-35-02>.
L'offerta documentaria di un sito, come quella di una biblioteca fisica, può essere utilmente pubblicizzata segnalandone la disponibilità attraverso canali pertinenti. In particolare si possono considerare i repertori, sia nazionali che internazionali, dedicati a siti e pagine di ambito comprendente quello in questione: generalmente i repertori offrono indirizzi di posta elettronica, o anche moduli appositi, per sottoporre ai curatori segnalazioni da vagliare. Lo stesso può essere fatto per alcuni indici generalisti per parola e per classi, anticipando una "scoperta" delle nuove pagine che altrimenti avverrebbe solo in occasione delle scansioni della Rete da loro effettuate periodicamente.
Infine è possibile sfruttare i gruppi di discussione specificamente dedicati al proprio ambito; in questo caso tuttavia conviene segnalare soprattutto il materiale molto rilevante o originale, mentre nel caso di informazioni istituzionali la cui disponibilità è comunque prevedibile (ad esempio il sito di una biblioteca, raggiungibile a partire dalla homepage dell'ente di cui fa parte) è dubbio se convenga incrementare il traffico postale solo per segnalazioni di tipo "just in case". Il Web si presta infatti meglio al "just in time", ossia alla preparazione di punti di accesso convenienti e facilmente reperibili (come collegamenti ipertestuali da siti affini e inclusione in buoni repertori) per gli utenti che si trovassero a cercare il tipo di informazione che offriamo. In altre parole, in mezzo a un'offerta informativa sterminata quanto quella attuale, sembra più corretto e proficuo farci trovare nel posto giusto al momento giusto da chi ha effettivamente bisogno di noi, che andare di porta in porta ad offrire il nostro specifico prodotto nell'improbabile eventualità di incontrare il bisogno di qualcuno in quel particolare momento.
Per fornire un servizio documentario di dimensioni consistenti occorre solitamente il contributo di un certo numero di persone. Anche se il realizzatore materiale di un grosso sito può essere unico, egli avrà comunque bisogno dell'apporto continuo e accurato di informazioni aggiornate da molte fonti. È quindi cruciale l'allestimento di un sistema di flussi informativi efficaci, con la piena collaborazione di tutte le figure in qualche modo coinvolte: responsabili del server, del sito e dei singoli servizi, sia per quanto riguarda gli aspetti tecnici che per i contenuti. Gli utenti possono svolgere da parte loro un utile ruolo di "feedback", segnalando attraverso i collegamenti a indirizzi di posta elettronica (o appositi moduli web, funzionalmente equivalenti) impressioni, inesattezze e possibili integrazioni.
Gran parte, o anche la totalità, di tali flussi informativi possono esser fatti transitare attraverso la posta elettronica, che nell'integrarsi al lavoro per il WWW offre molti vantaggi: indipendenza dal luogo e dall'orario, molteplicità dei destinatari messi al corrente contemporaneamente delle stesse informazioni, possibilità di discutere con il contributo di tutti, possibilità di citare il testo dei messaggi e di utilizzarlo direttamente nell'elaborazione di testi per il Web, possibilità di archiviare ordinatamente i messaggi più rilevanti, per recuperarli successivamente e se necessario ricostruire le discussioni intercorse, ...
Un aspetto importante della sperimentazione di un metodo di lavoro nella realizzazione di AIB-WEB è in effetti il complesso di liste postali utilizzate dalla redazione per il proprio lavoro, accuratamente configurate e mantenute da Eugenio Gatto. Ad una lista principale, comprendente l'insieme dei redattori, se ne affiancano altre dedicate allo sviluppo delle sezioni del sito più attive e complesse, le quali comprendono soltanto i redattori e i collaboratori in esse coinvolti o comunque interessati [32-34]. La definizione degli indirizzi compresi in ciascuna lista è funzionale, più che a rispettare gerarchie di ruoli, a favorire una veloce circolazione delle idee e elaborazione di decisioni fra tutte le persone coinvolte, senza nel contempo disturbare gli altri redattori, già impegnati con un traffico postale generalmente alto: ci si trova dunque ad applicare un altro principio tradizionale, quello della disseminazione selettiva delle informazioni. Le pagine elaborate visibili a tutti, redattori compresi, sulla Rete (in punti più o meno in evidenza, a seconda della loro funzione) fungono a loro volta da bacheca comune alla quale fare riferimento nel corso del lavoro [35].
Rispetto a metodi di lavoro più tradizionali e ufficiali, la pariteticità e la trasparenza dei gruppi di lavoro per posta elettronica (tutti sono messi al corrente di tutto) può incontrare qualche resistenza psicologica; è fondamentale invece che chi vuole partecipare concretamente al lavoro colga sia le responsabilità che le opportunità implicate da questo spirito collaborativo, pena la sostanziale inefficacia della parte di lavoro che lo riguarda: "la comunicazione elettronica sarà dunque capillare, continua, onnicomprensiva, oppure non sarà" [36].
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
[1] Ad esempio, Bernardo Huberman e collaboratori studiano presso i laboratori Hewlett Packard la dinamica della conoscenza distribuita e dei possibili modi di incanalarla e sfruttarla: cfr. James Gleick. Connected: life in the wireless age. «New York times magazine», 22 April 2001, oppure <http://www.around.com/connected.html>.
[2] Riccardo Ridi. Il web bibliotecario come incunabolo digitale. In: Riforma universitaria e rivoluzione dei media: una sfida per le biblioteche universitarie, atti del convegno internazionale a Bolzano, 28-29 Settembre 2000, a cura di Franz Berger e Klaus Kempf. Firenze: Casalini libri, 2001, p. 59-72, oppure <http://www.digital.casalini.it/unibolzano/pdf/88-85297-64-1_i_007.pdf>.
[3] OPAC del Servizio bibliotecario nazionale <http://opac.sbn.it>.
[4] Riccardo Ridi. La biblioteca virtuale come ipertesto. «Biblioteche oggi», 14 (1996), n. 4, p. 10-20.
[5] Riccardo Ridi. Ipertesti, ipercataloghi e ipermappe: il ruolo dell'immagine nel cuore della biblioteca. In: Biblioteca e nuovi linguaggi: come cambiano i servizi bibliotecari nella prospettiva multimediale, atti del convegno di "Biblioteche oggi", Milano, 13-14 marzo 1997, a cura di Ornella Foglieni. Milano: Bibliografica, 1998, p. 52-63.
[6] Theodor Holm Nelson. Literary machines 90.1: il progetto Xanadu, traduzione di Valeria Scaravelli e Walter Vannini, revisione di Giancarlo Mauri. Padova: Muzzio, 1992.
[7] Fabio Ciotti - Gino Roncaglia. Il mondo digitale: introduzione ai nuovi media. Roma - Bari: Laterza, 2000, p. 348.
[8] Antonella De Robbio. La biblioteca nel Web, il Web nella biblioteca. «Bibliotime», 2 (1999), n. 2. <http://spbo.unibo.it/bibliotime/num-ii-2/derobbio.htm>.
[9] Le risorse elettroniche nei cataloghi: una discussione telematica della redazione di "OPAC italiani", a cura di Claudio Gnoli. In: «AIB-WEB Contributi». <https://www.aib.it/aib/contr/gnoli3.htm>, 2000.
[10] Riccardo Ridi. Il ruolo del bibliotecario nella società dell'informazione elettronica reticolare. In: Il futuro è arrivato troppo presto? Internet, biblioteche ed accesso alle risorse informative: convegno di studi, Cagliari, 14-15 novembre 1996, a cura di Beniamino Orrù, Pasquale Mascia. Roma: AIB, 1997, p. 51-57.
[11] Riccardo Ridi. Dal canone alla rete: il ruolo del bibliotecario nell'organizzazione del sapere digitale. In: Come cambia la professione nell'era digitale: atti del convegno, Milano, 12-13 marzo 1998, a cura di Ornella Foglieni. Milano: Bibliografica, 1999, p. 62-76, oppure <http://www.ondemedia.com/FHRN/Prog98/ridi.html>. Anche «Biblioteche oggi», 16 (1998), n. 5, p. 12-19.
[12] Carla Basili. Verso la società dell'informazione: le professioni dell'informazione fra ricerca d'identità e linee di convergenza. «Biblioteche oggi», 16 (1998), 6, p. 50-53.
[13] AIB-WEB: il web dell'Associazione italiana biblioteche, coordinatore Riccardo Ridi, vicecoordinatore Eugenio Gatto. <https://www.aib.it>.
[14] Documentazione e materiale di lavoro AIB-WEB, a cura di Eugenio Gatto, con la collaborazione di Vanni Bertini, Alessandro Corsi. <https://www.aib.it/aib/w/w.htm3>.
[15] Sonia Minetto. Adding value to professional information: the AIB-WEB example. In: Online information 98: 22nd International information meeting proceedings, London 8-10 December 1998, conference chairman David Raitt, project editor Brian McKenna, conference editor Catherine Graham. Oxford: Learned information, 1998, p. 317-320, oppure <https://www.aib.it/aib/commiss/cnur/onl98en.htm>; trad. it. a
<https://www.aib.it/aib/commiss/cnur/onl98it.htm>.
[16] Sonia Minetto. Roma, 27 maggio 1998: dietro le quinte di AIB-WEB. «AIB notizie», 10 (1998), n. 7, p. 4-5, oppure <https://www.aib.it/aib/editoria/n10/98-07mine.htm>.
[17] Maurizio di Girolamo. Da AIB-WEB al resto del mondo: presentazione al convegno IAL, Brescia, 5 giugno 1999. <http://www.biblio.unimib.it/intra/MdG/ial/index.htm>.
[18] Antonio Scolari. Lavorare insieme nell'era digitale: il modello italiano. In: L'automazione delle biblioteche nel Veneto: tra gli anni '90 e il nuovo millennio: atti del decimo Seminario Angela Vinay, 29-30 gennaio 1999, a cura di Chiara Rabitti. Venezia: Fondazione scientifica Querini Stampalia, 2000, p. 110-113, oppure <https://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/scolari.htm>.
[19] Riccardo Ridi. Dal villaggio a Xanadu e ritorno. «Technology review», 13 (2000), n. 3, p. 46-53, oppure <http://www.cselt.it/libri/techreview/n3_2000/ridi.htm>. Anche in: «ESB forum». <http://www.burioni.it/forum/ridi-cselt.htm>, 2000. Versione ridotta in «AEI: rivista ufficiale dell'Associazione elettrotecnica ed elettronica italiana», 87 (2000), n. 7/8, p. 53-59.
[20] Riccardo Ridi. Vittime del fuoco amico: mito e realtà delle interfacce amichevoli. «Biblioteche oggi», 17 (1999), n. 5, p. 12-17. Anche in: La biblioteca amichevole: nuove tecnologie per un servizio orientato all'utente: atti del convegno di "Biblioteche oggi", Milano, 11-12 marzo 1999, a cura di Ornella Foglieni. Milano: Editrice bibliografica, 2000, p. 47-56.
[21] Claudio Gnoli. Informazioni o rumore? Gli utenti di fronte alla complessità dei servizi in rete. In: Convegno Servizi formativi e informativi in rete, Modena, 3-4 giugno 1999. Anche «Biblioteche oggi», 18 (2000), n. 1., p. 24-29.
[22] Cari D. Burstein. Viewable with any browser (consultabile con ogni browser): campagna per un WWW indipendente da browser specifici, versione italiana di Nik Soggia. <http://www.anybrowser.org/campaign/anybrowser_it.html>.
[23] The Web maestro: an interview with Tim Berners-Lee. «Technology review», 99 (1996), n. 5, p. 32-40, oppure <http://209.58.177.220/articles/july96/bernerslee.html>.
[24] Wendy Crisholm, Gregg Vanderheiden, Ian Jacobs. Linee guida per l'accessibilità ai contenuti del Web: raccomandazione del W3C del 5 maggio 1999, traduzione di Vanni Bertini, Michelangelo Bottura, Annalisa Cichella, Maria Cristina Giavoni, Adelmo Taddei. AIB <https://www.aib.it/aib/cwai/WAI-trad.htm>, 2000.
[25] Sara Franzoso. I siti web delle biblioteche venete: analisi, censimento e valutazione. Tesi di laurea, Università di Venezia Ca' Foscari, Corso di laurea in conservazione dei beni culturali, relatore Riccardo Ridi, correlatore Giorgio Busetto, a.a. 1999-2000. Versione ridotta in: «ESB Forum».
<http://www.burioni.it/forum/franz/franz1.htm>, 2001.
[26] Ad esempio, da una voce pur molto equilibrata e consapevole dei pericoli degli effetti speciali: Franco Carlini. Lo stupore di Tim, l'inventore. «Il manifesto», 19 novembre 2000, p. 9, anche a <http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/19-Novembre-2000/art31.htm>.
[27] Riccardo Ridi. La qualità del web della biblioteca come equilibrio tra forze centrifughe e centripete: alcuni requisiti fondamentali. «Biblioteche oggi», 18 (2000), n. 7, p 50-61. Anche in: La qualità nel sistema biblioteca: innovazione tecnologica, nuovi criteri di gestione e nuovi standard di servizio: atti del convegno di "Biblioteche oggi", Milano, 9-10 Marzo 2000, a cura di Ornella Foglieni. Milano: Editrice bibliografica, 2001, p. 194-215.
[28] Vanni Bertini. Manuale di redazione AIB-WEB: redatto per il ramo Sezioni regionali: bozza. <https://www.aib.it/aib/sezioni/manuale.htm>, 2000.
[29] Riccardo Ridi. Metadata and metatag: the indexer between author and reader. In: The digital library: challenges and solutions for the new millennium: proceedings of an international conference held in Bologna, Italy, June 1999, Pauline Connolly, Denis Reidy editors. Boston Spa: IFLA offices for UAP and international lending, 2000, p. 107-118. Anche, in trad. it.: Metadata e metatags: l'indicizzatore a metà strada fra l'autore e il lettore. <https://www.aib.it/aib/commiss/cnur/dltridi.htm>, 1999.
[30] Eugenio Gatto. Tecniche e forme di datazione in AIB-WEB. <https://www.aib.it/aib/w/date.htm>, 1999.
[31] Eugenio Gatto. Prassi FTP per AIB-WEB. <https://www.aib.it/aib/w/m0001a.htm>, 2000.
[32] Gabriele Mazzitelli. AIB-WEB: una presentazione: testo della relazione presentata al Convegno CNBA, Torino, 22-24 maggio 1997. In: «AIB-WEB Contributi». <https://www.aib.it/aib/contr/mazzitelli1.htm>, 2001.
[33] Stefania Manzi. La collaborazione in AIB-WEB. In: Seminario AIB-WEB: per un'integrazione delle risorse in rete, Roma, 27 maggio 1998. <https://www.aib.it/aib/commiss/cnur/awmanzi.htm>, 1998.
[34] Maurizio di Girolamo. Dietro le quinte di "AIB-CUR lavoro". In: Seminario AIB-WEB 2: l'evoluzione della specie: dagli OPAC al MetaOPAC, Roma, 18 maggio 1999. <https://www.aib.it/aib/lav/d9905a.htm>, 1999.
[35] Maurizio di Girolamo. WWW come intranet: linee guida per la realizzazione del sito web della nostra biblioteca. In: «AIB-WEB Contributi». <https://www.aib.it/aib/contr/digirolamo1.htm>, 2001.
[36] Riccardo Ridi. Lo specchio digitale: la comunicazione elettronica della biblioteca tra integrazione e interazione. «Biblioteche oggi», 19 (2001), n. 6, p. 46-52.
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